Editoriale, HABEMUS EPISCOPUM !, di Bachisio Bandinu
Habemus episcopum ! di Bachisio Bandinu
Habemus episcopum! La notizia ci dà un gaudium rnagnurn, seppure con il retrogusto amaro del ritardo. Ma (si sa) i tempi del Vaticano sono eterni e la sua diplomazia presume la sapienza dei secoli.
L’annuncio del Vaticano dà un nome nuovo per la diocesi di Cagliari ma non c’è una dipartita del vecchio a cui viene concesso ancora una bella manciata di tempi supplementari. La metafora della partita di calcio che allunga il tempo regolamentare a dismisura non teme neppure lo stadio vuoto per abbandono dei fedeli. Noi avremmo preferito che la partita si decidesse ai rigori ma in tutto questo affaire nulla è stato di rigore. E’ stato il trionfo dell’arbitrio.
Comunque in questi altri mesi di avvento viviamo la trepidazione con la certezza cristiana dell’insediamento che (da voce che corre) pare avvenga a fine aprile. Noi auspichiamo che l’evento capiti il 28 aprile, sa Die de sa Sardigna, per godere di un tempo supplementare di festa.
Ma intanto non ci piace la parola” insediamento” perché non abbiamo stima della sedia gestatoria e della stanza del potere (che peraltro a Cagliari è stata già occupata per nove lunghi anni), crediamo invece in una chiesa itinerante, che nel cammino faccia esperienza del giorno e della notte, senza eleggere a propria dimora gli hotel di lusso. È più umana e più cristiana l’umiltà della cella francescana che non la stanza arredata di paramenti sfarzosi e di calici d’oro. La passione di qualche presule per la collezione di ‘mitra’ (parola di una rischiosa ambivalenza) rimanda a una inquietante vocazione militare.
Ma, su via (basta con lo sguardo rivolto al passato che non può mostrare altro che un cumulo di rovine!) bisogna nutrire fede e speranza. I tempi stanno per compiersi e dobbiamo essere festinanti per fare festa al nuovo Arcivescovo, con l’augurio che non sia nuovo in quanto successore ma venga come nuovo pastore. Così non lo sentiremo lontano un miglio bensì nella prossimità di fare chiesa insieme. Siamo stanchi della lontananza ma siamo anche addolorati per la lontananza della Chiesa cagliaritana istituzionale così distante dall’alleanza e dalla carità comunionale.
Come associazione “Cresia” siamo nati dal dissenso perché non abbiamo condiviso scelte e decisioni imperiose che ci hanno turbato nella nostra stessa identità di cristiani.
Certo, i motivi scatenanti sono stati due episodi di sopraffazione e violenza: la negata consacrazione di un diacono che spera di avere giustizia dal tribunale ecclesiastico, e la rimozione di un parroco perpetrata per spirito vendicativo. Ci hanno offeso i modi, le motivazioni, le procedure e il rifiuto di auspicate riconciliazioni.
Ma non ci siamo nutriti di questi veleni, che pure per qualche tempo ci hanno intossicato, abbiamo intrapreso un cammino di fede e di parola che vogliamo tradurre in atto.
Ci siamo interrogati sulla ricchezza del significato “Chiesa” per condannare la miseria della clericalizzazione, abbiamo meditato sul ruolo dei laici liberandolo dalla contrapposizione al clero, crediamo nella partecipazione a una Chiesa che si istituisce nella carità.
Esplorando la ricchezza degli insegnamenti del Concilio Vaticano II° e del Concilio Plenario Sardo, vi abbiamo trovato messaggi di un grande rinnovamento della Chiesa contro le forze della conservazione, dell’inquadramento e del dominio.
Certamente la parola di Cristo non può essere imprigionata nella stanza del potere: è parola di libertà, è annuncio di buona novella, è seme che porta i suoi frutti. L’augurio che facciamo al nuovo arcivescovo è proprio quello di farsi nunzio e testimone di un nuovo cammino della Chiesa
cagliaritana. Bachisio Bandinu