Novas sardas de sa chida, settimanale on-line della Fondazione Sardinia, Anno IV, n° 7, domenica 15 febbraio 2015.
IN CUSTA CHIDA: notiziario settimanale della Sardegna.
Soru: «L’ENI BONIFICHI E POI SE NE VADA».1. L’Eni non può nascondersi dietro al progetto della chimica verde per coprire un passato disastroso che può essere corretto solo con un piano serio di bonifica e pulizia del territorio. E siccome continua a tentennare e a viaggiare con un passo troppo lento, allora la Regione e il Governo nazionale devono obbligare l’Eni a risanare l’area industriale di Porto Torres. Poi può anche andare via. É questa la sintesi del convegno promosso dal Partito democratico che si è svolto ieri pomeriggio nella sala riunioni del Grazia Deledda. E allora, secondo Soru, bisogna ripensare tutto. Stavolta davvero senza più l’Eni, che deve sanare i guasti causati nel territorio di Porto Torres e poi andare via. Forse non a caso, Renato Soru dice che «bisogna bonificare anche le teste».
Soru: «L’ENI BONIFICHI E POI SE NE VADA».2 . Il segretario del PD si rivolge a Catia Bastioli, amministratore delegato di Novamont e Matrìca, presidente di Terna, riconoscendole il valore dell’iniziativa della chimica verde, dell’innovazione che merita rispetto. Ma non può essere un paravento per il passato. «Credo che un po’ l’abbiano usata – dice – utilizzando la sua immagine di grande ricercatrice affermata in Europa, bravissima e punto di riferimento anche all’estero. Ma Matrìca occupa ora 130 persone, arriverà a 300. Non si può più parlare di migliaia di lavoratori».
Soru: «L’ENI BONIFICHI E POI SE NE VADA». 3. E il pensiero del segretario regionale del Pd torna ai giovani, a quelli che a migliaia cercano lavoro perché l’hanno perso o non ce l’hanno mai avuto: «Cosa dico a quelli che mi fermano? Aspetta che organizzo un altro convegno? No, noi ci siamo per fare proposte, per fare in modo che si creino opportunità, progetti dai quali nascano posti di lavoro. Perché non si può finire a morire come topi in un angolo». É quasi brutale Renato Soru, e lo riconosce. Si guarda indietro e dice: «Abbiamo perso dieci anni in una battaglia che non ci ha dato niente, non siamo riusciti a salvare posti di lavoro, la fabbrica ha chiuso. L’Eni non c’è più. E penso che in tutto questo periodo potevamo formare giovani, scoprire talenti, aggiungere qualità per formare lavoratori e imprenditori capaci di entrare in un mercato dove oggi c’è grande richiesta».
Soru: «L’ENI BONIFICHI E POI SE NE VADA». 4. Dice che è arrivato il tempo «per costruire un nord Sardegna nuovo, fatto di competenze, di saperi e di talenti, perché le risorse nel territorio ci sono». L’elettroshock finisce così, “alla Soru”. Con una apertura alle iniziative del partito, ma anche un richiamo indiretto alla Regione e, in fondo, al Governo che sulle questioni che riguardano l’Eni, i progetti di sviluppo alternativi al crollo della grande industria li ha spacciati come soluzioni che sono finora rimaste sulla carta. Poco prima, il senatore Silvio Lai aveva servito l’assist al segretario regionale: «Porto Torres deve diventare Area complessa nazionale, l’intervento della chimica verde è benvenuto ma non basta. Secondo me l’Eni prima se ne va e meglio è per il territorio. E Matrìca non può essere ancorata alle esigenze che Eni ha di coprire il passato».
Soru: «L’ENI BONIFICHI E POI SE NE VADA».5. Luciano Mura, presidente provinciale del partito, indicato come candidato a sindaco a Porto Torres: «Il progetto di chimica verde è credibile perché ovunque fa parte dei nuovi modelli di sviluppo, ma deve essere completato dalle filiere a monte e a valle per evitare il fallimento». Occupando … tutto il territorio.
Soru: «L’ENI BONIFICHI E POI SE NE VADA».6. Catia Bastioli Ad di Matrìca, ha detto che il disastro nell’area industriale di Porto Torres «c’è ed è innegabile. I problemi di oltre 25 anni fa vanno risolti con una certa logica e chi arriva per proporre innovazione va accolto con fiducia. Abbiamo bisogno di capire se il territorio ci vuole, se siamo nel posto giusto o meno. Noi facciamo ricerca».
Soru: «L’ENI BONIFICHI E POI SE NE VADA».7. Critiche le organizzazioni sindacali – con Giovanni Tavera Uil e Massimiliano Muretti Cgil – anche per i ritardi nell’azione della Regione. Hanno sottolineato che bonifiche e chimica verde sono due livelli diversi. Eugenio Cossu, ex sindaco di Porto Torres, ha parlato di una città «spesso lasciata sola a combattere anche battaglie di altri. E oggi ha bisogno di essere aiutata a contrastare l’Eni che deve essere costretta, anche con la forza, a fare le bonifiche». (g.b.)
ASSESSORE ALL’INDUSTRIA, SCELGA: CARDI O PRODOTTI AGRICOLI? 1. L’assessore regionale Maria Grazia Piras ha ribadito che «Matrìca da sola non basta», ha fatto riferimento alla formazione adeguata dei giovani, al ruolo prioritario dell’Università. Ha parlato di energia, di E.On e di metano, dell’impegno di aprire subito un confronto – possibilmente in Sardegna – con i cechi di Eph, nuovi proprietari della centrale di Fiume Santo. Il rettore Massimo Carpinelli ha detto che «l’Università vive di idee, possibilmente di grandi idee e innovazione. Da questo punto di vista la chimica verde è interessante, ci sono già collaborazioni significative. E l’intenzione è quella di creare a Sassari un corso internazionale per Chimica e farmacia sul filone della chimica verde che possa richiamare studenti da ogni parte d’Europa».
ASSESSORE ALL’INDUSTRIA, SCELGA: CARDI O PRODOTTI AGRICOLI? 2. L’assessore regionale all’Industria Maria Grazia Piras, sassarese :«Su mia proposta e del collega Paci, la giunta regionale – colmando un forte ritardo – ha aderito al Cluster nazionale della chimica verde, network di imprese e ricerca nel campo della bioeconomia. Rafforzeremo le azioni di sostegno alla biodegradabilità e alla ricerca in produzioni a basso impatto ambientale».
ASSESSORE ALL’INDUSTRIA, SCELGA: CARDI O PRODOTTI AGRICOLI? 3. La stessa Maria Grazia Piras, intervenuta alla tappa cagliaritana del roadshow “Italia per le Imprese, con le Pmi verso i mercati esteri”, promosso dal ministero dello Sviluppo economico. «Incentiveremo le forme di aggregazione di impresa e la formazione e allo stesso tempo dobbiamo individuare i nostri mercati di riferimento, la Sardegna è fatta da piccole e medie imprese e non possiamo andare dappertutto». E Riccardo Maria Monti, presidente dell’Ice, Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane. E lo ha sottolineato aprendo i lavori del convegno itinerante che ha già fatto tappa in molte città italiane. « La Sardegna rappresenta una grande opportunità e i settori su cui le aziende dovrebbero puntare per affacciarsi ai mercati esteri sono l’agroalimentare, le energie alternative e il turismo».
I SARDI NON FANNO FIGLI. La Sardegna ha il più basso tasso di natalità in Italia. La popolazione residente in Itaia ha raggiunto i 60 milioni 808 mila residenti (compresi 5 milioni 73 mila stranieri) al primo gennaio 2015 mentre i cittadini italiani continuano a diminuire – come ormai da dieci anni – e hanno raggiunto i 55,7 milioni (-125 mila rispetto all’anno precedente). Le nascite sono state 509 mila, il livello minimo dall’Unità d’Italia. I morti sono stati 597 mila unità. Il tasso d’incremento naturale è di 1,4 per mille. Il numero medio di figli per donna è pari a 1,39, come nel 2013 (nel 2010 era 1,46) a fronte di una media Ue di 1,58 (2012). Il tasso di natalità è di 8,4 per mille (era 8,5 nel 2013); al Trentino Alto Adige il primato per natalità (9,9), segue la Campania (8,9). Agli ultimi posti la Liguria (6,9) e la Sardegna (7,1).
SARDEGNA, NUOVA CAYENNA ITALIANA.1. «Se il ministero manda qui i detenuti al 41 bis deve prima colmare le carenze di organico, soprattutto nelle carceri di Uta e di Sassari», dove è prevista la reclusione di 184 criminali in isolamento, «e a Tempio e Oristano, dove ci sono gli ex 41 bis, “declassificati” ad alta sicurezza». Il segretario regionale di Ugl polizia penitenziaria, Alessandro Cara, protesta. «È vero che quelle strutture sono state costruite anche con questo fine», aggiunge, «ma non si può non tener conto che in base alla pianta organica mancano complessivamente 386 agenti, dei quali 108 a Cagliari e 106 a Sassari».
SARDEGNA, NUOVA CAYENNA ITALIANA.2. Oggi in Sardegna ci sono dieci prigioni funzionanti tra “case di reclusione” (per l’espiazione delle pene), tra cui Isili, Is Arenas e Mamone, che sono le colonie penali più estese d’Italia, e “case circondariali” (per chi è in attesa di giudizio o ha condanne sotto i cinque anni). Macomer è stata chiusa definitivamente a dicembre scorso, per Iglesias la chiusura per il momento è temporanea, ma diventerà presto definitiva con la firma del decreto del ministro della Giustizia. La popolazione carceraria è di 1759 persone, meno di 40 le donne.
SARDEGNA, NUOVA CAYENNA ITALIANA.3. I detenuti in regime di 41 bis in Italia sono 722, distribuiti in 12 istituti penitenziari su tutto il territorio nazionale. Oltre un quarto, 184, saranno presto spediti in Sardegna. «Le carceri di Uta (Cagliari) e Sassari sono moderne e super sicure e per questo è stato deciso lì il trasferimento, che avverrà non appena le strutture saranno pronte», ribadisce il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, il giorno dopo l’audizione in Commissione antimafia del capo del Dap, Santi Consolo. Non ci sono santi, sembra, né tantomeno proteste di politici e l’allarme sulle possibili infiltrazioni mafiose del procuratore generale facente funzioni Claudio Lo Curto. «I provvedimenti saranno adottati ai sensi delle disposizioni in materia di sicurezza pubblica, varate con la legge 94 del 15 luglio 2009».
SARDEGNA, NUOVA CAYENNA ITALIANA.4. Dice, quel provvedimento adottato dal governo Berlusconi cinque anni e mezzo fa, che «i detenuti sottoposti al regime speciale di detenzione devono essere ristretti all’interno di istituti a loro esclusivamente dedicati, collocati preferibilmente in aree insulari, ovvero comunque all’interno di sezioni speciali e logisticamente separate dal resto dell’istituto». Le due strutture di Uta e di Sassari – continua il Dap – «assicurano i più elevati standard di sicurezza e di gestione. Il trasferimento avverrà non appena saranno ultimati i lavori della sezione 41 bis del carcere di Uta e l’attivazione del sistema di multivideoconferenza a Sassari. Le due sezioni hanno una ricettività di 92 posti ciascuna». Il Dipartimento precisa anche che «i costi complessivi, al netto del ribasso, sono pari a 18 milioni 600 mila euro per Uta e 16 milioni 350 mila per Sassari. I lavori sono stati richiesti dal Dap a novembre 2009». Intanto il deputato di Unidos Mauro Pili ha chiesto alla presidente della Commissione Antimafia Rosy Bindi la riunione della Bicamerale contro la lotta alla mafia, «con la convocazione del presidente della Regione per acquisire il suo parere su questo demenziale progetto».
SOLDI DEI SARDI VERSO … Ogni sardo paga in media 6.358 euro di tasse l’anno. I dati sono stati diffusi dal centro studi della Cgia di Mestre che ha elaborato i numeri del ministero dello Sviluppo economico e Istat del 2012 (ultimo anno disponibile). I contribuenti isolani si attestano al quindicesimo posto in Italia di una classifica guidata come sempre dai lombardi con oltre 11mila euro e chiusa dai siciliani con poco più di 5.500 euro. La media nazionale è di 8.824 euro. L’80,7% di quanto versato dai contribuenti finisce nelle tasche dello Stato, il 10,2% va alle Regioni e solo il 9% a Comuni e Province.
I DIRIGENTI REGIONALI SI INGRASSANO NELLA SARDEGNA CHE VA A PICCO. Per il 2013, per 137 dirigenti di viale Trento, l’ammontare dei premi è stato di 3 milioni 900 mila euro e spiccioli. Una media di 37 mila 134 euro lordi l’anno ai direttori generali, di 30 mila 569 euro ai dirigenti esterni, di 25 mila 251 ai direttori di servizio, di 21 mila 166 agli ispettori, di 17 mila 453 ai dirigenti di staff. Retribuzioni di risultato anche venti volte superiori rispetto a quelle percepite dai dipendenti regionali senza gradi che, in 2740, hanno preso complessivamente per lo stesso anno 6 milioni 200 mila euro. Ma la colpa non è loro, dei dirigenti. «È difficile innescare dall’interno un meccanismo virtuoso se poi sono per primi i politici a non essere interessati a cambiare le cose», sottolinea diplomaticamente la sindacalista Malavasi. Il discorso dovrebbe, invece, essere semplice. Non ci sono soldi per i premi, si chiuda il fondo.