I pericoli dell’autocensura; la paura di dire sempre ciò che si pensa condiziona i media. Filippo Petrucci

Riflessione sulla stampa occidentale e sulla vera libertà di espressione.

 

Il vortice di pensieri stimolato dal recente attentato a Parigi induce una sere di riflessioni; una di queste riguarda la libertà di espressione oggi negata, “compressa” o rischiosa in moltissimi paesi del mondo, ma talvolta autolimitata per paura.

Settant’anni fa la maggior parte degli italiani vivevano in case senza fogne, spesso senza acqua e luce, con una mortalità infantile spaventosa e una alfabetizzazione limitata; enormi progressi sono avvenuti in questi ambiti, altrettanti se ne sono compiuti per ciò che riguarda la libertà di espressione e la censura.

Poche settimane fa mi è capitato di parlare con una persona “di sinistra” che ha conoscenza del mondo musulmano. Tentavo di porre in evidenza che, oggettivamente, in Europa è in atto un’autocensura su alcuni temi; autocensura che limita la nostra libertà di espressione e che nasce fondamentalmente dalla paura. Come esempio portai proprio Charlie Hebdo, la cui sede era stata fatta saltare da una bomba nel novembre 2011, dopo una minaccia già nel 2006 a seguito della pubblicazione delle caricature sul Profeta Maometto apparse in precedenza sul giornale danese Jyllands-Posten.

La replica fu che Charlie Hebdo era un giornale inutile e di fascisti (a dire il vero usò un termine molto più pesante). Ho ripensato a quel colloquio in questi giorni e credo che un problema rilevante oggi in Europa sia esattamente quello dell’autocensura e della paura; probabilmente Charlie Hebdo era percepito da tanti come un giornale che poteva creare problemi e inutili tensioni. Per capirci, è la stessa terminologia che è stata usata, per altri temi, contro Saviano o Cavalli, da alcuni sbrigativamente definiti come un problema, anzi, per essere chiari, a volte  avvertiti come un vero fastidio, persone che alla fin fine, come disse Andreotti di Ambrosoli, “se la sono cercata”.

Il mio pensiero corre a Héctor Oesterheld, grandissimo autore argentino dell’Eternauta che venne fatto scomparire (insieme alle 4 figlie) dalla dittatura fascista dei generali argentini; credo che nessuno si sognerebbe di pensare in questo caso che “se la sia cercata”.

Viviamo in un’ Europa che è riuscita, dopo secoli di lotte, a permettere ai giornalisti e agli artisti di potersi esprimere liberamente: espressioni artistiche blasfeme, irrisorie, visivamente o verbalmente violente. Da cattolico spesso non ho amato certi eccessi, ma sono comunque felice di vivere in una parte di mondo dove tutti possono esprimere le proprie opinioni liberamente.

Con un distinguo: un conto è l’espressione di satira o artistica (per quanto contestabile, deprecabile o di scarso valore), un conto quando un politico soffia sul fuoco coscientemente (come Calderoli con le magliette anti-Islam o il “maiale day” contro la costruzione di nuove moschee), per raccattare due voti nati dall’odio. Charlie Hebdo ha attaccato sia il cristianesimo che l’ebraismo, usando toni pesantissimi e suscitando aspre critiche, ma il dato di fatto è che le minacce prima e poi gli attacchi sono arrivati da fondamentalisti musulmani. Quello che sarebbe importante cominciare a fare da oggi (e forse sarebbe stato corretto iniziare da tempo, è interrogarsi seriamente all’interno del mondo accademico, politico e giornalistico, sulla nostra paura, sugli eventuali limiti alla libertà di espressione e sulla nostra autocensura. Perché oggi, ed è questo il dato di fatto su cui ci si dovrebbe soffermare, nei confronti dei fondamentalisti islamici c’è un’evidente paura, che spinge a non affrontare alcuni temi per evitare di scatenare possibili pericolose reazioni (si vedano le prese di posizioni dei giornali anglosassoni che hanno deciso di non pubblicare le vignette né prima né dopo il massacro).

Questa autocensura, non percepita solo da chi non la “vuole” vedere (spesso le stesse persone che ogni giorno si avvalgono di queste libertà che in gran parte del resto del mondo gli sarebbero negate), condiziona la nostra libertà di espressione e rischia di condizionarla sempre più. Se selezioniamo l’uso della satira, della critica, delle riflessioni autocensurandoci rispetto a determinate religioni stiamo abdicando alla nostra libertà. Se  decidiamo che i cittadini musulmani (francesi, italiani, in generale europei) sono, come devono essere, cittadini uguali e integrati e se la nostra vuole essere una società multiculturale, non possiamo per paura abdicare al diritto di satira, altrimenti tradiremmo il concetto universale di libertà di espressione.

(articolo apparso sull’Unione Sarda il 12 gennaio 2014)

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