L’intellighentzia italiana dei Lincei si informa sugli antichi guerrieri sardi. Le corrispondenze degli inviati dei nostri giornali.
L’UNIONE SARDA – Cultura e istruzione : I Lincei onorano i Giganti. 22.01.2015. La Barracciu: «Sono un simbolo più dei Quattro mori». LA NUOVA SARDEGNA, 22 gennaio 2015-01-22. Mont’e Prama tesoro inesauribile. Area di 5 ettari con altri Giganti.
L’UNIONE SARDA – Cultura e istruzione : I Lincei onorano i Giganti.
22.01.2015
La Barracciu: «Sono un simbolo più dei Quattro mori»
Roberto Cossu INVIATO ROMA Nella loro marcia trionfale i Giganti travolgono anche il governo. O almeno Francesca Barracciu. E nella mischia rischiano di ruzzolare persino i gloriosi e già contusi Quattro mori. A Roma, in un luogo d’eccellenza della cultura nazionale, l’Accademia dei Lincei, dove tutto è maestoso e ovattato, il sottosegretario alla Cultura lancia un petardo: «Le statue di Mont’e Prama sono ormai il nostro simbolo, più ancora dei Quattro mori». E allora – questo il senso – perché non fare la sostituzione pure nella bandiera? Via quelli, che sono un po’ stanchi, dentro gli altri, che fanno anche botteghino ai musei. Sul momento sembra una cosa così, tanto per spiegare l’eccezionalità del fenomeno. Ma poi il viceministro insiste cocciutamente: «Lo so, lo so», quante «me ne diranno, e spero che non ci siano giornalisti sardi in sala, altrimenti domani…». Il popolo potrebbe divorarla. I giornalisti ci sono, e c’è anche il sospetto che la Barracciu lo sappia. Tant’è che poi davanti alle telecamere concede di mostrare un “disegno” sullo smartphone: la faccia del Gigante moltiplicata per quattro al posto dei tizi bendati. Neanche male, forse una birichinata, ma cosa dirà la Storia? Agli esperti, ai docenti, agli studenti che affollano la sala del palazzo Corsini probabilmente la questione collaterale interessa poco. Magari ascoltano con più attenzione l’idea ripescata (eh sì, la Barracciu oggi è vulcanica) di trasferire una statua al Quirinale. Un po’ di mormorio, non sarà una sorta di parodia nel mezzo della già arruffata corsa al Colle? No. «Si può organizzare un’ospitalità temporanea, aiuterebbe a valorizzare il ritrovamento dei nostri amati Giganti». Che «sono rimasti per troppo tempo nell’ombra». Anche «la classe politica deve espiare la colpa di averli trascurati». E l’Accademia dei Lincei «ci può sostenere». RICORDO DI LILLIU Per ora l’Accademia cerca di capire sul piano scientifico. Collegandosi idealmente a un suo membro, Giovanni Lilliu, e ascoltando con attenzione le novità sugli scavi. La meraviglia per le notizie e le immagini che scorrono sullo schermo si incrociano con le perplessità sul gioco delle interpretazioni storiche, tra le pareti ricamate, gli ampi tendaggi, le decorazioni barocche del soffitto, il legno scricchiolante del pavimento, le sedie scure e severe. A lato del tavolo dove Michel Gras dirige l’incontro, passa in una sola giornata l’intero team dell’operazione Mont’e Prama. E poiché il momento è solenne, un ulteriore riconoscimento alle intelligenze e agli sforzi di casa nostra, anche l’emozione è palpabile. Del resto, e lo ripetono tutti, «si parla della Sardegna, ma anche del Mediterraneo, del mondo». Con un’antica cronaca che può essere riscritta. L’APPELLO DI TORELLI Forse il vero padrone di casa è Mario Torelli, altro membro dell’Accademia, che ha insegnato per sette anni nell’Isola e ha voluto l’incontro al quale altre voci avrebbero voluto partecipare. Proteste su Facebook (forse «la prima volta» che il social viene nominato in questo luogo), ma «qui si vuole fare il punto della campagna di scavi organizzata dall’ateneo di Sassari» e nient’altro. Insomma, no alle polemiche di bottega. E anche Torelli lancia un appello: «Per favore, non separate queste statue. Appena prima di andare via dalla Sardegna ho visto le prime distese dei frammenti. Vorrei rivedere quelle sculture tutte insieme, non separate. E nel loro ambiente». È «una raccomandazione» accorata a tutti e a Francesca Barracciu. Sembra che si viaggi in direzione opposta, ma non è certo un’opinione trascurabile. LE SCOPERTE Poi si compone un affascinante mosaico: Raimondo Zucca spiega la strategia dello scavo, Pier Giorgio Spanu ridisegna i remoti paesaggi attorno a Mont’e Prama, Gaetano Ranieri fa vedere il sottosuolo dell’area e dà una notizia: nelle ultime settimane, con le tecnologie più sofisticate, si sono intraviste le ombre di quelle che potrebbero essere tre capanne nuragiche. Alessandro Usai ed Emina Usai entrano nel “titolo” della giornata, “I riti della morte e del culto”. Salvatore Rubino indaga col pennello della microbiologia e Paolo Bernardini e ancora Zucca raccontano l’ipotesi di Heroon: Mont’e Prama luogo di culto degli eroi. Lo “statuto eroico”, per dirla con lo stesso Torelli. LA CRONOLOGIA L’Accademia e gli studiosi – c’è anche Alessandro Bedini, che avviò le ricerche nel 1975 – chiedono e precisano. Non fanno sconti. Sulla cronologia, innanzitutto. I frammenti sono dell’Età del ferro, ma gli scheletri sono sicuramente più antichi: come si spiega? Qual è il nesso fra le tombe e le statue, posto che nulla conferma (neppure un’impronta) che i Giganti siano stati poggiati sulle lastre? Perché sono stati trovati solo scheletri di maschi, con un’unica eccezione? E cosa ci dirà l’analisi delle ceramiche? Un dibattito già aperto, più dubbi che certezze. Resta una suggestione di Alessandro Usai: «Fragilità, instabilità, dinamismo, competenze, capacità di adattamento e reazione, creatività. Queste le condizioni in cui maturò il fenomeno Mont’e Prama». Un grande passato per i futuri (e ora pericolanti) Quattro mori.
La nuova sardegna 22 gennaio 2015-01-22
Mont’e Prama tesoro inesauribile
Area di 5 ettari con altri Giganti
gli scavi a cabras
di Simonetta Selloni wCABRAS E così i kolossòi di Mont’e Prama, i Giganti di Cabras attorno ai quali il mondo archeologico rivolge le sue attenzioni, hanno catturato l’interesse del più alto consesso culturale italiano, e tra i più importanti al mondo, certamente il più antico: l’Accademia dei Lincei. Ieri, nella giornata di studio su “I riti della morte e del culto del culto di Mont’e Prama-Cabras”, il gotha dell’archeologia italiana si è riunito a Palazzo Corsini, a Roma, sede dell’Accademia fondata nel 1605, attorno agli studiosi che hanno portato alla luce un giacimento di testimonianze destinato a riscrivere la storia della statuaria isolana; un giacimento emerso a partire dalle campagne degli anni Settanta per arrivare alle più recenti scoperte frutto della ripresa degli scavi da parte di Università di Sassari e Cagliari, della Soprintendenza archeologica della Sardegna accanto ai quali si pone il ministero dei Beni e delle attività culturali. Giornata di altissimo respiro culturale, dunque, ispirata dal professor Mario Torelli, Accademico dei Lincei – così come lo era il professor Giovanni Lilliu –, nell’ambito della convenzione tra l’Accademia e la Fondazione Balzan, che proprio lo scorso anno ha insignito del premio per gli studi archeologici il professor Torelli; l’ambito migliore per svelare le ultime scoperte attorno a una miniera, di cui i ritrovamenti fin qui acquisiti – 5000 frammenti recuperati, 28 statue antropomorfe, 26 modelli di nuraghe, cinquanta tombe, datazione tra il IX e l’VIII secolo avanti Cristo –, altro non sono, per dirla con il professor Raimondo Zucca dell’Università di Sassari, Alessandro e Emina Usai della Soprintendenza archeologica, che «la punta dell’iceberg». Un heròon a Mont’e Prama. «Riteniamo che Mont’e Prama possa essere un heròon, un luogo di sepoltura di un eroe. Non una necropoli nel senso tradizionale del termine, ma un luogo cultuale. Ne sono testimonianza l’accesso al sepolcro individuale, regolato dalla rigida selezione del sesso (uomini, con una sola eccezione), dell’età (giovani adulti)». Così la relazione del professor Zucca e del suo collega Paolo Bernardini, che hanno introdotto la correlazione del mito di Iolao e dei Tespiadi con il sito di Mont’e Prama. Mito cui ha fatto riferimento il professor Michel Gras, coordinatore del dibattito, archeologo e anch’egli studioso di Mont’e Prama, e lo stesso professor Torelli. Il mito di Iolao. La tesi proposta non punta a incardinare il mito di Iolao e i Tespiadi nell’isola, per quanto il professor Fausto Zevi, archeologo e Accademico, ieri stessa abbia concordato con l’ipotesi che i Greci abbiano conosciuto la sfilata di statue di Mont’e Prama; ma è un dato di fatto che dagli ultimi rilievi emergono due fatti assolutamente nuovi, rispetto alla lettura del sito, connessi a quel mito. I calzari e il gymnasion. Pugilatori, arcieri, guerrieri: a questa iconografia, si aggiungono ora cinque statue di kolossòi con i calzari. Due sculture già ritrovate, i piedi calzati da sandali, ricordano il bronzetto della tomba di Cavalupo di Vulci (IX sec. a. C). «I sacerdoti-militari di Mont’e Prama e di Vulci alludono verosimilmente a un aspetto dell’apparato cerimoniale del culto svolto nell’heroon, forse in connessione con l’avvio dei giochi, prove di aristeia, o, per usare un termine più prossimo alla cultura sarda, di balentìa», hanno detto Zucca e Bernardini. In sintesi: i ritrovamenti sono compatibili con un’area, individuata, a struttura semicircolare di circa 35 metri di diametro, dove è verosimile pensare potessero svolgersi attività ludiche, propiziatorie, rituali. C’è una mitologia sarda, ha sottolineato il professor Torelli, e le attività ad essa connessa sono assimilabili al gymnasion greco: luogo di esercizio del corpo e della mente. La capanna e il tempio. Una settimana fa il georadar ha evidenziato una capanna a struttura pluricellulare, composta da tre ambienti circolari e con all’interno una corte aperta. E un altro spazio, 14×26 metri, richiama fortemente il tempio di cui, già nel 1977 parlava il professor Lilliu. Per la prima volta, uno scavo archeologico sardo entra all’alta corte dei Lincei. Per continuare a indagarlo, «appare fondamentale l’acquisizione pubblica di altri cinque ettari circostanti l’area ristretta in cui si sono sviluppate le ricerche», è l’appello degli archeologi. «Abbiamo imparato moltissimo, oggi», ha detto il professor Torelli. La centenaria storia degli Accademici, con l’umiltà propria dei grandi, in rispettoso ascolto delle voci dei kolossòi del passato.