LA SARDEGNA E IL FEDERALISMO DI GIANFRANCO CONTU, di Vindice Ribichesu

L’Autore è pass – president della Fondazione Sardinia. L’articolo è tratto dal ‘liber amicorum’ dedicato a Gianfranco Contu in occasione dei suoi 80 anni (a cura di A. Contu, Questione sarda e dintorni. Ed. Condaghes, Cagliari, 2012). In questo sito – sotto il titolo di ‘pubblicazioni’ sono disponibili, di Gianfranco Contu i volumi ‘Lussu e il sardismo’ e  Il federalismo sardo’. Frequente è pure sua presenza nei convegni qui presentati in video.

Gianfranco Contu ha scritto e pubblicato moltissimo e su materie mol­to diverse tra loro.

Da medico e docente universitario ha scritto di scienza e di pro­blemi medici, di argomenti didattici, ma in tutta la Sardegna – e non solo – è noto soprattutto per i suoi saggi storici, anche questi su mate­rie diverse.

Un argomento è però prevalente nella sua produzione saggistica ed è il federalismo; o, meglio, il federalismo e la Sardegna. E questo non per limitare l’argomento, anzi per partire dalla Sardegna per il vasto mondo e attraverso i secoli per poi ritornare in Sardegna e sotto­lineare le sue soggettività su un tema politico così importante. Prende infatti in esame le varie storie politiche nei diversi tempi storici, ci si accorge così che certe organizzazioni sociali della Sardegna antica si potevano ascrivere ad organizzazioni di tipo federalistico, così come anche il Regnum Sardiniae nella Corona d’Aragona poteva qualificarsi come un sistema simile al Commonwealth ante litteram.

D’altra parte nei tempi moderni la Sardegna ha avuto sempre cul­tori dell’utopia federalistica a cominciare da Giovanni Battista Tu­veri – il filosofo studiato (e riscoperto ) da Gianfranco Contu – e poi continuando con Giorgio Asproni fino a molti altri esponenti repub­blicani e federalisti, ma anche cattolici e federalisti (i “giobertiani” che ebbero molti seguaci nell’Isola), liberali e federalisti. E così sino alla fine dell’ Ottocento per giungere poi al Partito Sardo d’Azione che nel 1921 pose nel suo statuto l’obiettivo degli Stati Uniti d’Europa. Questo avevano richiesto nella loro assemblea i combattenti (in prevalenza della Brigata Sassari) confluiti nella lista “Elmetto” nella prima consultazione elettorale del dopoguerra. Lo ha documentato in un suo scritto il figlio di Gianfranco, Alberto.

Alberto Contu, infatti, ha seguito le orme del padre ponendo Sar­degna, federalismo, Tuveri, Gioele Solari (studioso di Tuveri, del gior­nalismo sardo e che, dopo l’esperienza all’Università di Cagliari, ebbe allievi a Torino sia Gramsci sia Gobetti) al centro dei suoi studi. Pur nella sua personale originalità Alberto può considerarsi un’ altra bella opera di Gianfranco; ricordo Alberto ancora giovanissimo, discutere, nella pausa di un convegno, con Norberto Bobbio che approvava an­nuendo. Con tutto il rispetto per l’accademia, mi pare che ciò equival­ga ad una laurea.

Quando ho cominciato a lavorare al Consiglio regionale era presidente il fratello di Gianfranco, Felice Contu. Felicetto per gli amici e tale mi considerava perché presentatogli da Michelangelo Pira. Ri­cordo quando lo accompagnai ad Armungia in occasione della com­memorazione di Emilio Lussu appena scomparso. Felicetto lo aveva già ricordato in Consiglio, ma non aveva voluto mancare nella mani­festazione sotto il nuraghe del paese natale di Lussu. Felicetto ancora commosso, mi raccontò di quando, studente a Cagliari e compagno di stanza di Michelangelo Pira, allora già sardista, era rimasto affascinato dalla figura del grande Sardo e con lui anche il fratello minore Gian­franco. Felicetto passò dopo alla Democrazia Cristiana. Gianfranco invece rimase lussiano, una scelta che ha mantenuto tutta la vita.

Gianfranco Contu è sempre stato un lussiano, dalla scissione del PSd’ Az alla Manifattura Tabacchi fino al Partito Sardo d’Azione So­cialista e quindi alla confluenza nel Partito Socialista Italiano. Ciò che non ebbe la possibilità di seguire direttamente lo ha indagato con i suoi studi successivi. In particolare, le vicende di Lussu in Francia e Spagna, l’omicidio dei fratelli Rosselli, l’ intitolazione della batteria sardista comandata da Dino Giacobbe in Catalogna.

Gianfranco ha dimostrato con gran parte della sua opera come il federalismo sia congeniale alla Sardegna e ciò ha fatto dire al prof. Martin Clark dell’Università di Edimburgo che la Sardegna è forse la regione più federalista d’Europa, ma non ha mai avuto il coraggio di rivendicare tutta la sua sovranità fino alla statualità. Questa considerazione il prof. Clark l’ha scritta per un libro di Alberto Contu e l’ha detta presentando quest’opera alla Fondazione Sardinia.

È stato proprio il federalismo che mi ha portato a diventare un let­tore degli articoli e delle opere di Gianfranco Contu prima di diventar­ne un amico e a ricercarne la collaborazione nella Fondazione Sardinia che proprio nel dicembre scorso ha celebrato il suo ventennale con interventi di prestigiosi oratori, tra i quali c’era appunto anche Gian­franco, con una relazione su Le occasioni perdute del federalismo.

Ho pubblicamente condiviso i suoi giudizi soprattutto sugli erro­ri della Lega circa il cosiddetto federalismo fiscale che è di fatto un nuovo centralismo come sta dimostrando il nuovo governo che vuole portare tutte le risorse finanziarie di Comuni, Province e Regioni alla tesoreria centrale: dello Stato. Ora i leghisti protestano, ma le premes­se le hanno dettate loro. Il Presidente della Regione farebbe bene a pretendere di partecipare al Consiglio dei Ministri come gli dà diritto la Costituzione quando vengono toccati i diritti della Sardegna.

All’origine del mio interesse per il federalismo c’è stata una mia esperienza giovanile: il preside del liceo “Domenico Alberto Azuni” di Sassari, divenne presidente del Movimento Federalista Europeo non ricordo più se di Sassari o dell’intera Sardegna.

Il Preside (il prof. Giuseppe Chiarini), dopo la maturità, chiese ad alcuni studenti che riteneva meritevoli di iscriversi al Movimento Fe­deralista Europeo. E fu così che un folto gruppo di giovani sardi andò a Roma per frequentare un corso “di preparazione politica” presieduto da Altiero Spinelli e da Ernesto Rossi, due dei tre firmatari del mani­festo per gli Stati Uniti d’Europa elaborato e scritto nei primo anni ’40 al confino nell’isola di Ventotene, mentre gran parte del Continente era in mano dei tedeschi e i confinati erano nella condizione di detenuti.

Il terzo firmatario del Manifesto di Ventotene (che è riconosciuto come precursore dell’Europa odierna), fu Eugenio Colorni che, duran­te l’occupazione tedesca di Roma dopo l’armistizio, fece parte della Resistenza assieme al sardo Francesco Fancello (uno dei fondatori del partito Sardo e poi autore dello statuto del Partito d’Azione e infine confluito con i lussiani nel PSI). Un altro dei personaggi di “Giustizia c Libertà” studiato da Gianfranco Contu. Quando ho ricordato Fancel­lo a Dorgali, suo paese d’origine, Gianfranco, per documentarmi, mi prestò la raccolta di “Italia Libera”, il giornale che Fancello, in clande­stinità, faceva uscire a Roma.A proposito di Francesco Fancello ricordo un episodio che mi

raccontò proprio Gianfranco: Fancello aveva fondato il giornale nella breve parentesi di libertà tra la liberazione dal confino e l’occupazio­ne tedesca: ne uscirono alcuni numeri, poi il silenzio. “Italia libera”, organo del Partito d’Azione, continuò ad essere stampato e distribuito clandestinamente grazie a Fancello, Lussu, La Malfa, Colorni e altri. La polizia fascista però individuò la tipografia e, con la Gestapo, fece un’irruzione: in tipografia c’era anche Fancello, ma era vestito come un “clochard” e disse di essere un pastore sardo che cercava di vende­re qualche agnello. Un milite delle brigate nere che era stato guardia a Ventotene però lo riconobbe: “Tu sei Fancello!” urlò, e lo arrestò, affidandolo ai tedeschi. La guerra prima, gli anni di galera fascista e il lungo confino avevano forgiato Fancello (tra l’altro era stato decorato con la medaglia d’argento durante la Grande Guerra) e cogliendo un  attimo di disattenzione del soldato tedesco messo di guardia, riuscì a sgattaiolare: solo pochi attimi e i tedeschi si precipitarono giù per le scale alla sua ricerca, ma era già scomparso. Semplicemente aveva usato una tecnica che gli aveva suggerito anni prima un ladro d’appar­tamenti conosciuto in carcere: non scendere per le scale, ma salire fino al tetto. Così fece, nascondendosi tra gli abbaini.

Dopo molto scese tranquillamente in strada e incontrò Lussu e La Malfa che allarmati, accorsero al giornale a cercarlo.

Riconquistata la libertà, Fancello, con lo pseudonimo di France­sco Brundu, si dedicò anche alla letteratura: le sue opere sono state pubblicate dalla EDES nella collana “La Biblioteca di Babele” con prefazioni di Nicola Tanda.

Non ebbe invece la stessa fortuna di Fancello il terzo firmatario del Manifesto di Ventotene, Eugenio Colorni. Anche lui partecipò alla Resistenza, ma fu individuato dalla banda Koch e ucciso dopo tortu­re. Lo stesso Koch, durante il processo dove fu condannato a morte, dichiarò che furono gli azionisti i più duri combattenti di quella crudelissima guerra. Questi sono gli uomini che hanno acceso la fantasia di

Gianfranco. E non solo …

Tra gli insegnanti di quel corso di preparazione politica al quale purtecipai c’era anche un altro personaggio studiato da Gianfranco, Aldo Garosci, e con lui anche Guido Calogero e altri di pari livello. Quasi tutti appartenevano a “Giustizia e Libertà” e avevano fatto la Resistenza in Francia o in Italia, e a noi sardi citavano sempre Emilio Lussu.

Altiero Spinelli era il primo firmatario del Manifesto di Ventote­ne: il coraggioso e utopistico documento che, sebbene al confino im­posto dalla dittatura fascista, rilanciava il federalismo europeo per su­perare i tragici traumi derivati dalle guerre mondiali, dagli eccidi della guerra totale, dai genocidi e, soprattutto, dal “sonno della ragione”.

Con questi precedenti non potevano non suscitare il mio interesse gli scritti di Gianfranco sul federalismo pubblicati sui giornali sardi e su alcune riviste, oltre alle sue opere maggiori.

Quindi prima da lettore, poi di persona, ho conosciuto Gianfranco Contu presentatomi non ricordo più da quale amico. Tanti sono gli umici che abbiamo o abbiamo avuto, in comune: da Michelangelo Pira ad Antonello Satta, da Francesco Masala a Giovanni Lilliu, da Antonio Simon Mossa a Eliseo Spiga, per citare alcuni di coloro che sarebbero statii contenti di partecipare a questo “liber amicorum”, ma che non possono più.

Ciascuno degli anici citati (e degli altri) è legato ad un episodio diverso della nostra vita. Metto qui alla rinfusa: la casa editrice EDES con le riunioni in casa di Virgilio Lai quando stava pubblicando il suo libro su Giovanni Battista Tuveri, i vari convegni sul federalismo organizzati dal Consiglio regionale, la presentazione dei libri di Gianfranco, il convegno su Lussu della Fondazione Sardinia di cui Gian­franco curò la pubblicazione degli atti. I lavori redazionali di “Na­zlonc Sarda” con Lilliu, Antonello Satta, Eliseo Spiga; la rivista di studi tuveriani nella quale mi aveva generosamente coinvolto; le molte riunioni della Fondazione Sardinia, la sua collaborazione ai “Quader­ni” della stessa Fondazione. Ancora oggi ricordo il convegno sul fede­ralismo al quale partecipò anche l’allora ministro Giuseppe Pisanu e numerosissimi intellettuali di ogni parte politica.

Le tematiche degli scritti di Gianfranco sono fortemente evocative di antiche suggestioni e di appassionate partecipazioni. Prendiamo ad esempio una delle sue ultime opere L’altra guerra di Spagna. A me ha fatto ricordare letture di tanti anni fa, l’addio alla Catalogna di George Orwell, una Catalogna rivoluzionaria tradita dal dittatore russo che di lì a poco si sarebbe alleato con Hitler, il quale, a sua volta, lo avrebbe poi tradito con l’attacco alla Russia. A questo proposito gio­va ricordare che finché durò il patto Molotof-Ribbentrop i comunisti francesi non fecero parte della resistenza nonostante la Francia fosse occupata, come invece fecero i laici, i socialisti, i gollisti e gli anarchi­ci che, cacciati dalla Spagna si erano rifugiati in Francia, in particolare nei Paesi Baschi. Un’altra etnia senza Stato, una delle tante studiate anche da Gianfranco.

 

Nessuna meraviglia, dunque se Gianfranco fa ancor oggi parte del rinato movimento di “Giustizia e Libertà”, se tiene ancora rapporti con ambienti e uomini che hanno fatto la storia non solo del nostro Paese, ma che sono testimonianza di coerenza e valore.

VINDICE RIBICHESU

 

P.s. Partecipò al corso presieduto da Spinelli anche il Prof. Giuseppe Contini che promosse la pubblicazione di un’antologia critica del Federalismo, quan­do insegnava alla Scuola Superiore di Pubblica Amministrazione.

Nella copia che mi diede c’è questa dedica: «A V.R., in ricordo di vec­chie battaglie che ahimè, sono ancora attuali».

Credo che anche Gianfranco Contu, guardando all’Europa di oggi inges­sata nelle tecnostrutture e ridotta ad una confederazione di governi nazionali, sia dello stesso parere.

 

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