Come ti sotterro il passato e ti trivello il futuro: scacco matto in tre mosse all’ambiente come luogo di vita. A cura di Agostino Di Ciaula, Patrizia Gentilini, Ferdinando Laghi, Vincenzo Migaleddu.

 

Il vertice delle Nazioni Unite sul clima si è concluso da poco con la preoccupante assenza dei Capi di Stato Cinese e Indiano che governano due Paesi chiave per affrontare seriamente il problema dei cambiamenti climatici.

Il contributo dell’Italia comunque non è mancato con l’intervento del Premier Italiano che può essere riassunto secondo i lanci di agenzia in queste dichiarazioni “L’accordo sul cambiamento climatico a cui si sta lavorando per il summit di Parigi del 2015 dovrà essere vincolante”. Quello che lascia perplessi è l’azione di Governo di questi ultimi mesi articolati su tre atti normativi che sembrano andare invece reiteratamente in direzione contraria a iniziative che ostacolino i cambiamenti climatici: il D.Lgs. 23 Dicembre 2013, n. 145, convertito con modificazioni dalla L. 21 Febbraio 2014, n. 9 (in G.U. 21/2/2014, n. 43), noto come Decreto “Destinazione Italia”, e la recente approvazione del il D.Lgs. n. 91 del 24 Giugno 2014; e per ultimo il DECRETO-LEGGE 12 Settembre 2014, n. 133 meglio noto come “Sblocca Italia”.

Decreto “Destinazione Italia”

Nel “Destinazione Italia” l’articolo 1 effettua una revisione delle competenze dello Stato e delle Regioni, assegnando allo Stato il ruolo di guida e di coordinamento per lo sviluppo del settore geotermico. Settore tutt’altro che strategico se si considera che una risorsa geotermica ad alta entalpia può manifestare un flusso di calore pari a una potenza di circa 100mW/m2 (contro la media 600 W/ m2 di una pannello fotovoltaico); impianti di poche decine di MWe di potenza richiedono un consumo di territorio di decine di miglia di ettari da sottoporre a concessioni di ricerca e produzione e danno luogo a possibili inquinamenti di falde acquifere e ad emissioni tutt’altro che salutari tra cui H2S, Radon, Arsenico, Mercurio e altri metalli pesanti, oltre che alla CO2. Le condizioni di criticità epidemiologica dell’area intorno al Larderello; in Provincia di Pisa, testimoniano la fondatezza dei tali rischi.

Nello stesso articolo sono presenti una serie di interventi finalizzati a ridurre in modo strutturale il costo dell’energia elettrica in Italia. Gli interventi riguardano, in particolare, la componente (denominata A3) posta a copertura degli oneri di sistema, relativi agli incentivi erogati alla produzione di energia elettrica rinnovabile. Tali oneri di sistema rappresentano attualmente circa il 20% della bolletta elettrica di una famiglia tipo e la componente A3 “pesa” per il 90,6%, ossia ne costituisce la quasi totalità di tali oneri. Mentre, da un lato, si mettono in atto misure di contenimento nei confronto delle rinnovabili, si confermano gli incentivi – fino ad esaurimento del termine contrattuale – per le cosiddette assimiliate, mantenendo di fatto la distorsione del mercato a loro favore e concentrando i benefici sugli operatori ancora sotto contratto

Significativo nello stesso articolo è l’apertura al cosiddetto “carbone pulito”, nello stesso articolo 1, dove recita: “Entro il 30 Giugno 2016”, la Regione Sardegna avrà infatti la facoltà di bandire una gara per realizzare una centrale termoelettrica da 50 MWe “dotata di apposita ISDE Italia

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Impugnazione decreto “Sblocca-Italia” davanti alla Corte Costituzionale

 

L’ISDE Sardegna (Medici per l’ambiente)  ed i Comuni sono i protagonisti.

 

Carissimi,

Vi informo che  ad oggi circa 50 Comuni italiani e 12 Sardi (tra cui Aggius , Martis, Bortigiadas, Padru e gli altri comuni dell’alta Gallura nonché  Ottana, Villacidro)    hanno espresso con delibera consiliare la propria contrarietà al Decreto Sblocca-Italia e la volontà di ricorrere alla Consulta. Arborea, Irgoli, Posada e Lula delibereranno entro la fine dell’anno.

Partendo dal documento ISDE che vi allego, si sta  proponendo ai Sindaci di essere promotori per un atto deliberativo consiliare o di giunta nel quale si partecipi  con questi Comuni nel manifestare contrarietà al Decreto.

E’ evidente come le Regioni a Statuto speciale, come la nostra, possono giocare un importante ruolo in questa partita essendo la gestione l’Ambiente e dell’Energia materia concorrente tra Stato e Regione e regolata tra le due Istituzioni  attraverso i rispettivi Statuti di autonomia e le norme attuative correlate. Tutto viene regolatalo dall’articolo 116 e 117 del titolo V delle costituzione.  Quindi le giunte comunali con questa delibera  devono rafforzare la propria Istituzione oltre l’ Istituzione Regionale nel difendere lo Statuto pattizio delle Regioni a Statuto Speciale che è di rango costituzionale e non può essere abrogato da una legge ordinaria dello Stato senza modificare la costituzione in senso centralista.A tale proposito nella delibera proposta si fa riferimento ad una recente sentenza  la  n.  255 del novembre scorso  che ha osservato come non sia garante di costituzionalità il controllo preventivo delle Corte costituzionale sulle leggi della Regione Siciliana e quindi anche delle altre Regioni a Statuto Speciale  .  Queste tematiche  credo siano sempre al centro della politica locale  anche se non sempre sufficienti per la difesa degli interessi delle comunità locali.

Un cordiale saluto

 

 

Vincenzo  Migaleddu Presidente  ISDE Sardegna Medici per l’Ambiente

 

Oggetto: impugnazione decreto “Sblocca-Italia” davanti alla Corte Costituzionale

Egregio Sig. Sindaco,

La recente approvazione del D.Lgs. 133 del 12 settembre 2014 (denominato “sblocca-Italia”) già preceduto dalla approvazione del D.Lgs. 23 Dicembre 2013, n. 145, convertito con modificazioni dalla L. 21 Febbraio 2014, n. 9 (in G.U. 21/2/2014, n. 43) (denominato “Destinazione Italia”, e la approvazione del il D.Lgs. n. 91 del 24 Giugno 2014 pone a rischio il futuro sostenibile del territorio e genererà un incremento del rischio ambientale e sanitario per numerosi cittadini Italiani.

Tale decreti comprendo misure (in particolare l’art. 1 e 4 del “Destinazione Italia”, l’art 14 del D.Lgs. n. 91 e gli art. 7, 34, 35, 36, 37, 38 dello Sblocca Italia) che:

 favoriscono le compagnie e società petrolifere o di ricerca geotermica in danno alla tutela ambientale e sanitaria dei residenti negando la possibilità di autodeterminazione dei territori e delle Comunità, che vedono espropriato il diritto di esprimersi sull’utilizzo del proprio territorio da parte di soggetti privati;

 mettono a rischio le procedure di bonifica e messa in sicurezza dei siti contaminati;

 minacciano il diritto all’acqua come bene pubblico non privatizzabile;

 sostengono la pratica dell’incenerimento dei rifiuti, muovendosi in direzione opposta a recenti direttive e tendenze Europee e in contrasto con una gestione sostenibile dei rifiuti che preveda il rispetto della scala di priorità e il recupero di materia;

 espropriano le pubbliche amministrazioni (Comune, Regione) del potere politico-autorizzativo, in violazione di principi Costituzionali e di specifiche sentenze della Corte Costituzionale.

 

Sono ad oggi oltre 30 i Comuni Italiani che hanno espresso specifica volontà, con delibera di Giunta, di impegnare il Governatore della propria Regione ad impugnare la legittimità del D.L. 133/2014 davanti alla Corte Costituzionale. E’ opportuno che si crei tale mobilitazione in difesa del territorio.

Qualora il Suo Comune volesse aggiungere la propria voce a quella delle altre Comunità che hanno espresso ferma contrarietà alle norme dei D.ls. su citati , potrebbe proporre alla Giunta Comunale l’adozione della proposta di delibera in allegato, con la quale si chiede al Presidente della Giunta Regionale di mettere in atto tutti gli adempimenti necessari all’impugnazione dei D.Lgs. 133 del 12 settembre 2014 (denominato “sblocca-Italia”) già preceduto dalla approvazione del D.Lgs. 23 Dicembre 2013, n. 145, convertito con modificazioni dalla L. 21 Febbraio 2014, n. 9 (in G.U. 21/2/2014, n. 43) (denominato “Destinazione Italia”, e la approvazione del il D.Lgs. n. 91 del 24 Giugno 2014 davanti alla Corte Costituzionale.

Nel ringraziare per l’attenzione, porgo cordiali saluti.

( Vincenzo Migaleddu ISDE- Medici per l’Ambiente )

Sassari 25 11 2014

PROPOSTA DI DELIBERAZIONE DELLA GIUNTA COMUNALE

 

Oggetto: determinazioni generali finalizzate ad impegnare il Presidente della Regione ad impugnare la legittimità dei D.Lgs. 133 del 12 settembre 2014 (denominato “sblocca-Italia”) già preceduto dalla approvazione del D.Lgs. 23 Dicembre 2013, n. 145, convertito con modificazioni dalla L. 21 Febbraio 2014, n. 9 (in G.U. 21/2/2014, n. 43) (denominato “Destinazione Italia”, e la approvazione del il D.Lgs. n. 91 del 24 Giugno 2014 davanti alla Corte Costituzionale

 

LA GIUNTA COMUNALE

 

Considerato che:

- l’art. 1 del “D.Lgs. Destinazione Italia” effettua una revisione delle competenze dello Stato e delle Regioni, assegnando allo Stato il ruolo di guida e di coordinamento per lo sviluppo del settore geotermico. Settore tutt’altro che strategico se si considera che una risorsa geotermica ad alta entalpia può manifestare un flusso di calore pari a una potenza di circa 100mW/m2 (contro la media 600 W/ m2 di una pannello fotovoltaico); impianti di poche decine di MWe di potenza richiedono dunque un consumo di territorio di decine di miglia di ettari da sottoporre a concessioni di ricerca e produzione e danno luogo a possibili inquinamenti di falde acquifere e ad emissioni tutt’altro che salutari tra cui H2S, Radon, Arsenico, Mercurio e altri metalli pesanti, oltre che alla CO2

-Nell’art. 13 del D.Lgs. n. 91 del 24 Giugno 2014: viene inserita nel D.Lgs 152/2006 la «procedura semplificata» per le operazioni di bonifica e messa in sicurezza (articolo 242-bis). In tal modo, si permette agli operatori interessati di riutilizzare i siti contaminati dopo aver ridotto nei limiti di legge i soli valori inquinanti relativi al suolo, consentendo loro di mettere a norma quelli relativi alle acque di falda in una fase successiva. La nuova procedura prevede inoltre che l’attestazione dell’abbattimento dei valori inquinanti per la matrice suolo, presentata con autocertificazione dagli operatori all’esito degli interventi di bonifica, si intenda approvata dalle autorità pubbliche competenti, decorsi 45 giorni dalla sua presentazione, in virtù del principio del silenzio-assenso. Tali disposizioni sono valide anche per i siti inquinati di interesse nazionale, e avranno inoltre applicazione retroattiva (compresi i piani di bonifica avviati entro il 31 Dicembre 2007), e potendovi confluire tutti i procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del Decreto.

- con l’approvazione del D.L. n. 133 del 12/9/2014 concernente  ”Misure  urgenti per l’apertura dei  cantieri, la  realizzazione delle opere  pubbliche, la  digitalizzazione del paese,  la semplificazione burocratica, l’emergenza del dissesto  idrogeologico e per  la ripresa  delle attività produttive”, meglio identificato come decreto  “Sblocca-Italia”, vengono stabilite una serie  di misure che compromettono lo sviluppo sostenibile della nostra Regione (in particolare con gli  articoli 7, 34, 35, 36, 37, 38), annullano il ruolo politico-decisionale di Comuni e Regioni e generano un incremento del rischio sanitario per i cittadini;

- l’art. 7 minaccia il diritto all’acqua come bene pubblico. Il capo III modifica il D.Lgs. 3 aprile 2006, n.152, particolarmente nella sua parte terza relativa alla gestione del servizio idrico integrato e all’affidamento di tale servizio ad “enti di governo dell’ambito” in sostituzione delle autorità d’ambito. Alla gestione degli ATO (ambiti territoriali ottimali) sono chiamati “gli enti locali” i quali “partecipano obbligatoriamente all’ente di governo dell’ambito individuato dalla competente regione per ciascun ambito territoriale ottimale, (…)”. Il passaggio verso la privatizzazione del servizio idrico integrato si ha con l’introduzione del “gestore del servizio” idrico integrato con le modifiche all’articolo 151, l’introduzione dell’art. 149 e l’abrogazione dell’art. 150. Con tale disposizione, il principio della Unicità delle gestione sostituisce quello della Unitarietà, e legittima l’introduzione di gestori privati, contrariamente alla concezione di acqua come bene pubblico, universale e non privatizzabile. L’articolo citato rappresenta di fatto una norma blocca-ripubblicizzazione, che impedisce i processi di ripubblicizzazione in atto imponendo al gestore che subentra di corrispondere al gestore uscente un valore di rimborso definito secondo i criteri stabiliti dall’AEEGSI. Impostazione corretta nel caso che a subentrare sia un privato, impossibile da realizzare qualora sia il pubblico che voglia tornare a farsi carico della gestione del servizio, come auspicabile. In questo caso, infatti, non è previsto lo sforamento del patto di stabilità. Tutto ciò anche se l’art. 153 del D. Lgs 152/2006 prevede che le infrastrutture idriche siano di proprietà pubblica e che le concessioni di tali infrastrutture siano ad uso gratuito. Per come è impostato l’articolato, quindi, il gestore pubblico per rientrare in possesso del servizio dovrebbe pagare per ciò che già gli appartiene.

- L’art. 34 mette a rischio le procedure di bonifica e messa in sicurezza dei siti contaminati, con gravi conseguenze dovute al potenziale protrarsi del rischio sanitario di cittadini che continuerebbero a vivere in aree non efficacemente ed efficientemente bonificate. I primi sei commi di tale articolo sono finalizzati ad alleggerire i controlli sui requisiti e le competente delle imprese ammesse all’appalto per le bonifiche e in particolare a ridurre il numero dei concorrenti fin quasi ad arrivare all’affidamento diretto. Vengono meno le garanzie sulle competenze di chi farà l’opera e sono vanificate le norme UE a tutela della concorrenza.  Inoltre, il silenzio-assenso, introdotto allo scopo di tutelare il cittadino contro la possibile inefficacia della pubblica amministrazione (Legge 241/90), viene, a partire dal comma n.7 e sino al n. 9, rimodellato sulle esigenze dell’inquinatore, sia nella prima fase di caratterizzazione anteriore alla bonifica sia, in particolare, nella fase di verifica dell’efficacia della stessa. Non viene garantita alcuna forma di trasparenza e partecipazione per i cittadini, così come le varie normative internazionali richiederebbero affinché i cittadini siano messi in grado di controllare i determinanti di salute, per la promozione della salute stessa (Carta di Ottawa 1986) e di partecipare alla formazione delle decisioni istituzionali per la gestione dei rischi ambientali e sanitari (Convenzione di Aarhus 25.6.1998; Direttiva 2003/35/CE).  Infine, in linea con quanto già predisposto dal decreto “Destinazione Italia”, che apriva alla reindustrializzazione dei siti contaminati, le nuove norme agevolano la realizzazione in questi stessi siti di nuovi interventi o opere necessarie per l’esercizio di impianti inquinanti già presenti.

- L’Art. 35, riguardante le Misure urgenti per l’individuazione e la realizzazione di impianti di recupero di energia, dai rifiuti urbani e speciali, costituenti infrastrutture strategiche di preminente interesse nazionale, rappresenta un sostegno di fatto alla pratica dell’incenerimento dei rifiuti e va in direzione opposta ai recenti indirizzi della Comunità Europea finalizzati a preferire il recupero di materia a quello di energia,  rappresentando un grave rischio per la salute pubblica e per lo sviluppo di una gestione sostenibile dei rifiuti. Nel primo comma, il Governo così si esprime sugli inceneritori: “Tali impianti di termo-trattamento costituiscono infrastrutture e insediamenti strategici di preminente interesse nazionale, ai fini della tutela della salute e dell’ambiente.” Gli impianti di incenerimento di rifiuti rientrano, per la normativa italiana, fra le industrie insalubri di classe I e, indipendentemente dalla tecnologia adottata, danno origine a diverse migliaia di inquinanti, con conseguenze sanitarie ben documentate dalla letteratura scientifica internazionale e riconosciute anche ufficialmente dal Ministero della Salute. Inoltre, non si tiene conto dell’attuale normativa comunitaria e statale che, attraverso la Direttiva quadro 2008/98/CE, indica la scala delle priorità nella gestione dei rifiuti e afferma come prioritaria “la preparazione per il riutilizzo, il riciclo”, per cui, all’interno del recupero diverso dal riciclo, va privilegiato il recupero di materia rispetto al recupero di energia. Tale scala gerarchica è già recepita nella normativa italiana con la modifica dell’art. 179 del D.Lgs n. 152/2006 operata dal D. Lgs n. 295/2010. Lo stesso Sesto Programma di Azione per l’ambiente della UE, in materia di riduzione dei rifiuti, prevede la riduzione della produzione dei rifiuti del 20% al 2020 e del 50% al 2050, rispetto alla produzione del 2000 e prevede inoltre la sostituzione di tutti i termovalorizzatori in attività in Europa con impianti di riciclo completo entro il 2020.  I commi 5, 6, 7 rappresentano inoltre un evidente tentativo di soccorso economico agli impianti di incenerimento già esistenti, che hanno difficoltà nel reperire i rifiuti nei bacini di riferimento in relazione all’aumento della raccolta differenziata. Essi, infatti, abbattono i confini degli ambiti territoriali ottimali e offrono la possibilità della libera circolazione dei rifiuti sul territorio nazionale per favorire la saturazione termica di impianti in diverse Regioni. A tale scopo sono messi insieme, contro le normative comunitarie e statali, gli RSU e i “rifiuti speciali non pericolosi o pericolosi” di origine industriale “a solo rischio sanitario, adeguando coerentemente le autorizzazioni integrate ambientali alle presenti disposizioni nei termini sopra stabiliti.”

- Il capo VIII tende a favorire le compagnie  petrolifere in danno alla tutela ambientale e sanitaria dei residenti e alla possibilità di autodeterminazione dei territori e delle Comunità, attribuendo “carattere di interesse strategico (…) di pubblica utilità” a tutti i progetti di prospezione, ricerca ed estrazione di idrocarburi in terraferma ed in  mare,  alle infrastrutture dedicate al trasporto, alla rigassificazione ed allo stoccaggio sotterraneo del gas in programma in  Italia, comprese quelle di “servitù” per l’Europa che attraverserebbero il nostro Paese,  classificandoli come urgenti e indifferibili. L’art 36 , che delinea le “Misure a favore degli interventi di sviluppo delle regioni per la ricerca di idrocarburi” da emanare, entro il 31 luglio di ciascuno degli anni 2015, 2016, 2017 e 2018,  di concerto con il ministro dell’Economia e delle finanze,  prevede per le regioni l’esclusione dal Patto di Stabilità delle sole spese destinate ad interventi di sviluppo dell’occupazione, industriale e miglioramento ambientale nelle aree in cui si svolgono le ricerche e le coltivazioni di idrocarburi, per gli importi stabiliti con decreto del ministro dello Sviluppo economico. In questo modo è lecito incrementare il debito pubblico non per necessarie opere di immediata utilità per le Comunità ma solo se ciò comporta opportunità di guadagno a favore delle compagnie petrolifere con un impegno di autofinanziamento relativo ai trasferimenti in royalty. Tutto ciò è limitato esclusivamente all’aliquota derivante da eventuali incrementi di produzioni.  Quindi, chi ha subito in passato l’inquinamento non verrà compensato socialmente e per poter accedere all’impiego dei nuovi finanziamenti dovrà subire il ricatto dell’incremento di produzione.

- L’art 37 determina una grave violazione del diritto delle Comunità locali di esprimersi sull’utilizzo del proprio territorio da parte di soggetti privati. Le pubbliche amministrazioni sono espropriate del potere autorizzativo. Esso dispone misure urgenti per l’approvvigionamento e il trasporto del gas naturale, attribuendo loro “carattere strategico (…)” visto che “costituiscono una priorità a carattere nazionale e sono di pubblica utilità, nonché indifferibili e urgenti ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n.327”. Tra queste infrastrutture sono individuati “i gasdotti di importazione di gas dall’estero, i terminali di rigassificazione di GNL, gli stoccaggi di gas naturale e le infrastrutture della rete nazionale di trasporto del gas naturale, incluse le operazioni preparatorie necessarie alla redazioni dei progetti e le relative opere connesse”. I “soggetti titolari o gestori di beni demaniali, di aree demaniali marittime e lacuali, fiumi, torrenti, canali, miniere e foreste demaniali, strade pubbliche, aeroporti, ferrovie, funicolari, teleferiche, e impianti similari, linee di telecomunicazione di pubblico servizio, linee elettriche, che siano interessati dal passaggio di gasdotti della rete nazionale di trasporto o da gasdotti di importazione di gas dall’estero” sono espropriati di qualsiasi possibilità reale di decisione in merito all’attraversamento. Tali soggetti, infatti, anche se “partecipano al procedimento di autorizzazione alla costruzione e in tale ambito sono tenuti ad indicare le modalità di attraversamento degli impianti ed aree interferenti” di fatto possono solo “ indicare le modalità (…)”, ma non è prevista la possibilità di opposizione o di indicazione di scelte alternative. Inoltre “qualora tali modalità non siano indicate entro i termini di conclusione del procedimento, il soggetto richiedente l’autorizzazione alla costruzione dei gasdotti entro i successivi trenta giorni propone direttamente ai soggetti sopra indicati le modalità di attraversamento, che, trascorsi ulteriori trenta giorni senza osservazioni, si intendono comunque assentite definitivamente e approvate con il decreto di autorizzazione alla costruzione”. Le modalità di attraversamento di tali beni demaniali, dunque, o vengono indicate dai soggetti espropriati  oppure dal proponente con la regola aurea dei 30 giorni. Una terza opzione o il rifiuto dell’attraversamento non vengono prese in considerazione.

- L’art 38 rappresenta una grave minaccia ambientale e sanitaria per le Comunità interessate da attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi e di fatto annulla il ruolo dei Comuni e della Regione nei processi decisionali. Per questo articolo, le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi e quelle di stoccaggio sotterraneo di gas naturale rivestono carattere di interesse strategico e sono di pubblica utilità, urgenti e indifferibili. I relativi decreti autorizzativi comprendono la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza dell’opera e l’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio dei beni in essa compresi.  Questa è la premessa necessaria perché i decreti autorizzativi siano già espropri per pubblica utilità e varianti urbanistiche (comma 2 e 3). Secondo tale articolo, “qualora le opere comportino una variazione del piano urbanistico, la relativa autorizzazione ha effetto di variante urbanistica”. Ciò comporta un’attrazione in capo allo Stato delle funzioni amministrative esercitate dai Comuni. Il comma 4 riguarda le VIA in corso a livello regionale, che dovranno essere concluse tassativamente entro il 2014. In caso contrario tutta la documentazione dovrà essere trasmessa al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare per i seguiti istruttori di competenza, dandone notizia al Ministero dello sviluppo economico.

Il Decreto legge reca, dunque, una nuova disciplina dell’efficacia degli atti di consenso che devono trovare espressione in seno alla Conferenza. Questa previsione potrebbe essere illegittima, in quanto tende a considerare la partecipazione della Regione al procedimento alla stregua di qualsiasi amministrazione pubblica chiamata a rilasciare un semplice nulla osta o una mera autorizzazione. L’intesa della Regione si configura quale atto “politico” e non quale atto “amministrativo”, in quanto la sua previsione si giustifica con la necessità di porre rimedio alla perdita di competenza subita a seguito dell’attrazione in capo allo Stato dell’esercizio della materia per esigenze di carattere unitario. Come stabilito dalle sentenze della Corte Costituzionale n. 482 del 1991 e n. 283 del 2005, nelle quali si è precisato che la partecipazione delle Regioni non possa ridursi all’acquisizione da parte dello Stato di un mero “parere”, occorrendo, in sua vece, un’intesa “in senso forte”, ossia “un atto a struttura necessariamente bilaterale”. “Nel caso limite del mancato raggiungimento dell’intesa – conclude il Giudice Costituzionale – “potrebbe essere utilizzato, in ipotesi, lo strumento del ricorso a questa Corte in sede di conflitto di attribuzione tra Stato e Regioni”. Evenienza questa, che presuppone che l’atto della Regione conservi, appunto, intatta la propria autonomia. L’espressione in Conferenza dell’assenso o del diniego risulterebbe, al contrario, assorbita dal provvedimento finale adottato dalla Conferenza.

Per tutte le altre domande (comma 5), le attività sono svolte previo rilascio di un “titolo concessorio unico” che consente una prima fase di ricerca di 6 anni prorogabile per altri 6 , cui segue, in caso di rinvenimento “tecnicamente ed economicamente coltivabile da parte del Ministero dello Sviluppo Economico” la fase di coltivazione, formalmente di 30 anni, in pratica senza limite in quanto prorogabile “una o più volte”. A giacimento esaurito o non più economicamente vantaggioso, dovrebbe seguire il “ripristino finale”, per il quale, però, non viene fissato alcun termine temporale.

La scelta “strategica” di agevolare e incentivare attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi pone il governo Italiano tra quelli che si oppongono in maniera “fattiva” agli accordi internazionali sui cambiamenti climatici. Inoltre, sul piano interno pone problemi relativi alla gestione di territori già fortemente sacrificati sul piano ambientale e sanitario, anche in termini di consumo di territorio. Per le autorizzazioni per le concessioni in terraferma si fa riferimento a generiche “intese” con le Regioni interessate, tutte in seno ad un titolo concessorio unico (concesso dal ministero dello Sviluppo economico). Ciò sembra illegittimo ed incompatibile con il diritto dell’Unione Europea per l’estromissione degli enti locali dal procedimento amministrativo che porta al rilascio del “titolo concessorio unico”, e rappresenta una possibile violazione del diritto Costituzionale di proprietà dei privati. Il sottosuolo appartiene al proprietario del fondo fino a quando il giacimento minerario non sia scoperto, e ne sia dichiarata la coltivabilità. Solo a partire da questo momento si ha l’acquisizione del giacimento al patrimonio indisponibile dello Stato.

- Il decreto legge 133/2014 estromette di fatto completamente gli Enti locali dalla partecipazione ad ogni procedimento. Ciò si porrebbe in contrasto con l’articolo 118 della Costituzione, che disciplina l’esercizio delle funzioni amministrative in quanto, alla luce dell’orientamento del giudice Costituzionale, l’esercizio di tali funzioni d parte dello Stato può ritenersi legittimo solo in quanto si assicuri “la partecipazione dei livelli di governo coinvolti attraverso strumenti di leale collaborazione o, comunque, (attraverso) adeguati meccanismi di cooperazione per l’esercizio concreto delle funzioni amministrative allocate agli organi centrali” (Corte Costituzionale, sentenza n. 6 del 2004; v. anche sent. N. 303 del 2003 e sent. N. 383 del 2005).

 

DELIBERA

 

1. di impegnare il Presidente della Giunta Regionale ad impugnare la legittimità D.Lgs. 133 del 12 settembre 2014 (denominato “sblocca-Italia”) già preceduto dalla approvazione del D.Lgs. 23 Dicembre 2013, n. 145, convertito con modificazioni dalla L. 21 Febbraio 2014, n. 9 (in G.U. 21/2/2014, n. 43) (denominato “Destinazione Italia”, e la approvazione del il D.Lgs. n. 91 del 24 Giugno 2014 davanti alla Corte Costituzionale, così come riferito in premessa;

2. di inviare copia di tale deliberazione della Giunta Comunale al Sig. Presidente della Giunta Regionale per gli atti conseguenti;

3. di delegare il Sindaco a stipulare ogni intesa necessaria con gli altri enti locali, finalizzata all’impugnazione davanti alla Corte Costituzionale del succitato decreto legge;

4. di dichiarare il presente atto immediatamente eseguibile ai sensi dell’ex art. 134 – comma 4, del D.L.vo 267/2000

5. di ricordare che la Corte Costituzionale, con sentenza n. 255 depositata il 13 novembre scorso, redatta dal giudice Sergio Mattarella, ha osservato che “il peculiare controllo di costituzionalità delle leggi dello statuto di autonomia della Regione siciliana – strutturalmente preventivo – è caratterizzato da un minor grado di garanzia dell’autonomia rispetto a quello previsto dall’art. 127 delle Costituzione”.

 

 

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