Pigliaru almeno ci prova: mentre Soru si fa gli affari suoi e la Barracciu sprofonda nel ridicolo, di Vito Biolchini

L’EDITORIALE DELLA DOMENICA, 7 dicembre 2014


Può bastare mezza giornata in Sardegna del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Graziano Del Rio per capire e risolvere i problemi dell’isola? Certamente no. Però, se per una volta vogliamo guardare al bicchiere mezzo pieno, dobbiamo ammettere che finalmente il presidente Pigliaru è riuscito nell’intento di far venire in Sardegna un rappresentante del governo Renzi e con lui affrontare una serie di problemi in maniera organica. “Vertenza Sardegna” l’ha ribattezzata La Nuova Sardegna, ma purtroppo non è così perché una vertenza è qualcosa di più strutturato e presuppone un livello di interlocuzione diverso (ministri e presidente del Consiglio), chiamati a dare soluzioni concrete al termine una istruttoria sui vari temi molto più approfondita. Invece Del Rio come è arrivato è ripartito, non dando risposte praticamente su nulla e negando l’esistenza stessa della controversia tra la Regione e lo Stato (e quindi negando alla radice l’ipotesi della vertenza richiamata dai giornali).

Pigliaru comunque ci ha provato e ha fatto quello che ha potuto, potendo contare solamente sulla forza politica di cui dispone (poca) e sulla credibilità personale che ha (molta). In realtà, per costringere il governo Renzi ad affrontare in maniera diversa l’emergenza che si sta vivendo in Sardegna ci sarebbe bisogno di una vera e propria mobilitazione del Pd isolano, soprattutto dei suoi esponenti più importanti, quei pochi che a livello nazionale possono (almeno sulla carta) contare qualcosa: il segretario regionale ed europarlamentare Renato Soru e il sottosegretario alla Cultura Francesca Barracciu.

E invece cosa succede?

Due giorni fa, mentre i giornali locali davano conto della visita di Del Rio, il Fatto Quotidiano ci spiegava che

“il governo, attraverso la Consip – la società che cura gli acquisti centralizzati per lo Stato – sta per affidare i servizi telefonici e Internet di tutta la pubblica amministrazione per i prossimi sette anni al segretario del Pd della Sardegna, Renato Soru”. Un affare da “265 milioni per dare telefonia e Internet a tutta la pubblica amministrazione centrale e locale per sette anni. La base d’asta era 2,4 miliardi, il ribasso dunque dell’89 per cento. L’offerta di Telecom Italia, quarta classificata, è stata di 746 milioni, il triplo di Tiscali”.

Evidentemente c’è poco da spiegare: il governo nazionale a guida Pd potrebbe far vincere una gara di questa importanza alla società di un suo esponente locale. Senza nessun imbarazzo né da parte del governo né da parte dell’imprenditore-politico. Che evidentemente non ha molto interesse a mettersi contro Renzi per difendere con maggior vigore le ragioni della Sardegna.

E alla luce dei suoi interessi privati si capisce benissimo la benevolenza che il padrone di Tiscali accorda al governo Renzi. La Nuova Sardegna, 23 novembre. Dall’articolo “Un governo attento all’isola ma deve esserci più dialogo”:

«Credo che Renzi si stia comportando come il buon padre di famiglia che ha molti figli e molti problemi. Il suo obiettivo è chiaro: far uscire tutta la Nazione insieme dalla crisi senza lasciare nessun indietro e per questo continua richiamare ciascuno alle proprie responsabilità». E il rapporto con la Sardegna? «Il Governo ci sta dando una grande mano nel provare a risolvere le vertenze industriali e ci ha sostenuto quando siamo riusciti ad attirare i primi investitori stranieri». Per concludere: «Ma dobbiamo essere onesti anche nell’autocritica, perché diversi errori li abbiamo commessi noi e non a Roma ma a casa nostra».

Vertenza entrate, trivelle, servitù militari, statuto di autonomia a rischio, soldi per l’alluvione che non arrivano: per Soru “il governo ci sta dando una grossa mano”.

Soru poteva essere il condottiero dei sardi e invece, ha scelto di legarsi mani e piedi ad un partito nazionale perché solo in questo modo può alimentare quei rapporti e quelle relazioni che possono dargli la speranza di mantenere in piedi la sua impresa. Lo scrissi lo scorso 14 maggio (“Soru e Cappellacci, la prepotenza dei peggiori. Perché non meritano di essere loro i candidati alla Regione”) ed ora mi copio-incollo perché i fatti ormai sono sotto gli occhi di tutti:

Io penso che Soru (…) abbia solo bisogno di essere presente nel dibattito politico in maniera massiccia, e questo perché ha necessità di avere rapporti nazionali importanti per la sua azienda, Tiscali. Soru ha bisogno di essere un politico riconosciuto a livello nazionale perché questo gli consente di essere credibile anche come amministratore delegato di una azienda in ripresa certo, ma pur sempre in gravi difficoltà come la sua.
Noi finora abbiamo pensato a lui come ad un politico che fa anche l’imprenditore: è esattamente il contrario. Soru è soprattutto un imprenditore che ha capito che la politica può essere straordinariamente funzionale ai suoi obiettivi aziendali.
Se Soru avesse voluto fare politica sul serio avrebbe innanzitutto venduto Tiscali, perché è indecente che quel conflitto di interessi tanto sbandierato nei confronti di Berlusconi non valga anche per un imprenditore che dice di riconoscersi nei valori del centrosinistra. Invece non lo ha fatto, né lo farà: perché Soru amerà pure la Sardegna come afferma, ma di sicuro al momento dimostra di amare di più la sua azienda. Molto di più.

Ora, cosa possiamo pretendere dal povero Pigliaru se il segretario regionale del partito oggi egemone, invece di aiutarlo e fare politica, molto più semplicemente si fa gli affari suoi?

Poi c’è Francesca Barracciu, unico esponente politico sardo presente nella compagine governativa guidata da Matteo Renzi, con il ruolo di sottosegretario alla Cultura.

Ce la vedete voi la Barracciu assumere oggi una posizione dialettica nei confronti del governo e questo per difendere con maggior forza le ragioni della Sardegna? Per farlo dovrebbe avere una autorevolezza che, ahinoi, non ha. E questo non perché confonde Sebastiano con Salvatore Satta, ma perché nella gestione anche di questa piccola crisi ha mostrato tutti i suoi limiti politici e caratteriali, scaricando interamente sui suoi collaboratori una responsabilità che in ultima analisi era sempre e solo sua. Perché, come ha giustamente scritto su Facebook il giornalista Francesco Giorgioni

“La cosa più triste di questo infortunio è il tentativo di far ricadere ogni responsabilità su un povero addetto stampa. Come se ad un governante fosse concesso andare a tenere discorsi pubblici senza sapere di cosa parla”.

Senza nemmeno chiedere scusa per l’accaduto, in una intervista a Videolina la sottosegretaria ha intimato a tutti di non dubitare del fatto che lei, per gli studi che ha fatto, conosce bene la differenza tra Sebastiano e Salvatore Satta. Io però sinceramente mi sono stancato di dovermi fidare ciecamente della bontà delle sue affermazioni: sia se si parla di ottani, sia che si parli di letteratura. Per cui ora voglio essere libero di mettere in dubbio il fatto che sappia distinguere correttamente i due Satta, così come attendo fiducioso il responso della magistratura sui fondi destinati ai gruppi e che la ex consigliera regionale avrebbe tutti spesi in benzina. E allo stesso modo a questo punto mi sento libero di non credere che Soru metta l’interesse della Sardegna davanti a quello della sua azienda. Dubito ergo sum.

D’altra parte, come ha scritto sempre il Fatto Quotidiano, Soru è diventato prima europarlamentare poi segretario del Pd sardo, e per ottenere questi successi

“non è stato d’ostacolo il processo in corso per evasione fiscale (ma per i renziani sardi, come insegna il caso del sottosegretario Francesca Barracciu, le disavventure giudiziarie non intralciano bensì agevolano la carriera politica)”.

Riflessione finale: Renato Soru è stato presidente della Regione, Francesca Barracciu voleva esserlo. Questi due esponenti politici, che ora potrebbero e dovrebbero essere i primi ad aiutare Pigliaru a risolvere i problemi della Sardegna, invece lo stanno lasciando da solo.

Con un Pd sardo in queste condizioni, c’è veramente poco da rimproverare al presidente della Regione: se non di aver completamente sbagliato la sua giunta. Ma questa, cari amici, è tutta un’altra storia.

 

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    1 Comment to “Pigliaru almeno ci prova: mentre Soru si fa gli affari suoi e la Barracciu sprofonda nel ridicolo, di Vito Biolchini”

    1. By Mario Pudhu, 8 dicembre 2014 @ 21:30

      Ndhe tenimus de «giganti di pietra» in ziru: b’at bisonzu de che ndhe leare àteros a montecitóriu!…