Scorie nucleari, torna l’incubo. L’Isola resta la prima della lista. SARDOS: e ita sezis dispostos a faghere? A dha gherrare?
Da L’UNIONE SARDA, 03.12.2014
Il modo per levarsi il pensiero ci sarebbe. Anzi, ce ne sono due: cospargere l’Isola di parchi naturali e aree protette oppure dare un via libera indiscriminato ai poligoni militari e realizzarne ovunque. In ogni altro caso la Sardegna – così poco popolata, tanto più libera dall’incubo dei terremoti rispetto alle altre regioni – resterà uno dei posti ideali per stoccare le scorie radioattive di tutta Italia. I depositi vanno realizzate in aree non sismiche, senza vulcani in attività, ad almeno 5 chilometri dalle coste e non oltre i 700 metri di quota. Oltre che in zone lontane da parchi naturali, aeroporti e poligoni militari, appunto. L’ipotesi si era già affacciata altre volte, in modo particolarmente concreto nel 2003, quando la Sogin, la società pubblica che deve gestire l’eredità del nucleare italiano, era guidata dal generale Carlo Jean. All’epoca l’opinione pubblica e il ceto politico dell’Isola si opposero nettamente e anche questo giornale ebbe un ruolo importante nel dire no alle scorie. Dodici anni dopo la Sardegna continua ad avere le caratteristiche che tanto piacquero alla Sogin: l’unica differenza sostanziale è che il tempo è passato, appunto, ed è più urgente che mai per il governo trovare un sito dove depositare novantamila metri cubi di rifiuti atomici. Si tratta delle scorie prodotte dal nucleare italiano fino al referendum del 1987, che lo spense per volontà popolare, ma anche gli scarti radioattivi che i depositi francesi e inglesi si apprestano a restituirci dopo averli presi in custodia per anni e quelli che ancora continuiamo a sfornare, ad esempio con l’attività medica. Ma ad allarmare non è solo l’avvicinarsi del termine ultimo per il ritorno a casa delle scorie italiane (a meno di pagare penali molto pesanti ai paesi che continuerebbero a ospitarle). C’è un campanello d’allarme politico ed è l’interrogazione al ministro dell’Ambiente presentata dal deputato di Unidos Mauro Pili, che in un comunicato diffuso nei giorni scorsi miscela timori e avvertimenti, rivolge un’allerta ai sardi e minacce non particolarmente velate al governo. “Il Piano per il deposito unico nazionale di Sogin – scrive Pili – sarà consegnato il 15 dicembre prossimo al governo e tra le sei ipotesi di sito viene inclusa anche la Sardegna. Si tratta di un progetto demenziale che rischia di mettere a rischio l’ordine pubblico in una regione che ha già abbondantemente espresso la netta e più totale contrarietà a tale nefasta ipotesi”. Dopo aver ventilato l’idea di rivolte popolari – o quantomeno di scenari alla No-Tav – Pili denuncia “la proposta che indicherebbe sei località in altrettante regioni. Tra queste la Sardegna. Si tratta di un’ipotesi sulla quale Sogin cercherebbe di dare una spiegazione tecnica del tutto fuorviante e che appare invece funzionale solo a scaricare nella regione più lontana e più debole questo tipo di progetto. È fin troppo evidente che tale progetto non potrà mai essere realizzato in Sardegna per la totale e netta contrarietà del Popolo Sardo ma evitate anche di indicare la Sardegna tra le sei ipotesi. Tale proposizione scatenerebbe reazioni tali da mettere a rischio lo stesso ordine pubblico di un’isola stremata da uno Stato strabico che guarda alla Sardegna come colonia dove scaricare ogni genere di rifiuto. Per questa ragione questa mia interrogazione è un monito preciso e deciso a Renzi e compagni perché non si azzardino a proporre la Sardegna tra le regioni previste nel piano perché avrebbe solo l’effetto di provocare reazioni durissime da parte della Sardegna e dei Sardi”. È nell’interrogazione al ministro che Pili spiega da dove gli deriva la certezza che agli occhi del governo la nostra regione sia la candidata ideale: “A decidere tutto sono i criteri di esclusione individuati da Ispra; prima di tutto vengono escluse le aree vulcaniche attive e quiescenti, poi quelle contrassegnate da sismicità elevata e infine quelle interessate da fenomeni di fogliazione; la Sardegna secondo tutti i piani connessi e richiamati non rientra in alcun modo in queste prime tre priorità di esclusione; le simulazioni geosatellitari confermano che la Sardegna sarebbe l’unica regione d’Italia a corrispondere a questi criteri individuati; il database realizzato dagli Stati Uniti (Database of Individual Seismogenic Sources) individua in modo esplicito l’unica regione che sarebbe esente da pericoli». Che il ministro risponda o meno, non ci vorrà molto per capire se i timori di Pili, che nel 2003 era presidente della Regione, siano fondati. Già il 23 maggio il Fatto, in un articolo di Thomas Mackinson, diceva che la lista era pronta e non veniva diffusa per non compromettere l’esito delle elezioni europee.