A cento anni dal primo Congresso dei Sardi in Roma: un incontro a Sassari, di Federico Francioni

Il 27 ottobre si è svolta a Sassari una conferenza-dibattito sul tema “Dal primo congresso degli emigrati sardi (1914) un messaggio per il governo della Sardegna di oggi”,  che ha avuto luogo nell’aula umanistica del Dipartimento di Storia, Scienze dell’uomo e della formazione. L’iniziativa è stata promossa dalla Fondazione “Sardinia”, dall’Università di Sassari, dalla Fasi (Federazione associazioni sarde in Italia) e dall’Associazione ex-consiglieri regionali.  L’obiettivo era quello di avviare una riflessione sull’evento, che si tenne dal 10 al 14 maggio 1914 in Castel Sant’Angelo, organizzato dall’Associazione fra i Sardi in Roma, progenitrice dell’attuale “Gremio dei Sardi”, tuttora operante nella capitale.  Indubbiamente dietro una vicenda così importante si staglia la forte personalità di Francesco Cocco Ortu (1842-1929) che ebbe una lunga e fortunata carriera politica: oltre che consigliere comunale ed assessore a Cagliari, sindaco facente funzioni nello stesso capoluogo, consigliere e presidente della Provincia, fu sottosegretario al Ministero dell’Agricoltura nel governo presieduto da Benedetto Cairoli (1878); sottosegretario alla Giustizia nel primo e nel  secondo ministero di Francesco Crispi (1888-91); ministro dell’Agricoltura nel terzo governo di Antonio Starabba, marchese di Rudinì (1897); ministro di Grazia e Giustizia nella compagine guidata da Giuseppe Zanardelli (1901-1903); di nuovo ministro dell’Agricoltura con Giovanni Giolitti (1906-1909). Cocco Ortu, come capo di vaste e ramificate clientele, fu oggetto di aspre critiche; ma ciò non deve farci dimenticare che a lui si deve il testo unico n. 844, del  I novembre 1907, il primo complesso di provvedimenti speciali su credito agrario, agricoltura, sistemazione idraulica, viabilità, opere portuali, pubblica istruzione ed altro. In ogni caso all’appuntamento romano diedero la loro adesione anche esponenti dello schieramento di sinistra, come il radical-repubblicano sassarese Filippo Garavetti (legato al gruppo de “La Nuova Sardegna”) ed il socialista Giuseppe Cavallera (già leader dei “lavoratori del mare”, cioè della lotta dei battellieri carlofortini, che trasportavano i minerali). Nei Quaderni del carcere Antonio Gramsci riconobbe che la critica più calzante alla politica fiscale, esercitata dai governi italiani contro la società isolana, era venuta proprio dalle precise denunce di quell’assise romana.

Un’iniziativa per niente rituale e scontata. I saluti portati all’incontro sassarese da Attilio Mastino, rettore magnifico dell’Università, dal vicesindaco Gianni Carbini, (delegato dal sindaco Nicola Sanna, figlio di emigrati), dall’on. Gianfranco Ganau, presidente del Consiglio regionale, da Serafina Mascia, presidente della Federazione degli emigrati, lungi dall’essere formali, sono stati, in generale, interventi problematici, pieni di spunti critici, in grado di toccare aspetti diversi del grave momento che  stiamo attraversando.

Il presidente Ganau ha sostenuto che è indispensabile porre correttamente gli interrogativi riguardanti i bisogni reali della comunità isolana, squassata da una crisi socioeconomica profonda, cui si aggiunge un attacco neocentralistico senza precedenti, capace di mettere in discussione lo Statuto speciale e la faticosa conquista di una sia pure limitata autonomia. Nel giro di pochi anni si è passati dal federalismo – meglio sarebbe dire pseudo-federalismo leghista, dilagante ed allo stesso tempo escludente – ad un vento di segno pressoché antitetico versus le istanze delle Regioni. Ganau ha fatto cenno, fra l’altro, alla mancanza di una rete adeguata di trasporti – che aggrava lo spopolamento dei centri minori – alle decisioni di politica economica e fiscale ed al peggioramento delle condizioni soprattutto nei settori della sanità e dell’istruzione.

La presidente della Fasi ha ricordato che in età giolittiana e, più precisamente, nel 1914, erano ben 100.000 i sardi emigrati, che si erano prevalentemente diretti in America Latina. All’inizio degli anni trenta del Novecento sorgono le Società di mutuo soccorso e prendono corpo i primi legami associazionistici che uniscono sos sardos disterrados. Gradualmente essi prendono coscienza dei loro / nostri problemi. Si è arrivati così, sia pure faticosamente, alla formazione di organismi che tutelano, valorizzano e fanno conoscere i prodotti tradizionali, che mantengono un rapporto stretto con gli intellettuali isolani, onde dotarsi di quell’educazione, di quella formazione e di quella coscienza che gli emigrati di prima generazione non erano stati in grado di darsi. Discende da questa premessa l’attenzione particolare della presidenza della Fasi verso i giovani, che devono essere in grado di raccogliere  il testimone lasciato da nonni e genitori.   La presidente Mascia ha concluso il suo intervento dichiarando che, dopo gli incontri di Sassari e di Cagliari (a Palazzo viceregio), la Fasi promuoverà ed organizzerà un convegno a Roma, in Campidoglio (dove, tra l’altro, siede, come consigliere comunale, la sarda Gemma Azuni), non solo per celebrare degnamente il centenario del Congresso di Castel Sant’Angelo, ma anche per valorizzare  adeguatamente eredità, insegnamenti e limiti di quell’iniziativa alla luce dei gravi problemi del presente.

Moderatore della conferenza sassarese è stato Salvatore Cubeddu, direttore della Fondazione “Sardinia”, che ha, fra l’altro, ricordato le recenti iniziative dello stesso organismo a Palazzo viceregio e le proposte di nuovo Statuto, giacenti presso il Consiglio regionale (cfr. il suo articolo La Sardegna nel cunicolo della Storia, sulla rivista “Camineras”, n. 1, 2010, pp.  37-61).

L’intervento di chi scrive, incentrato in prevalenza sulla relazione di Enrico Carboni Boy al Congresso del 1914, sarà riportato integralmente nei prossimi giorni.

Dal suo canto Paolo Pulina ha tracciato brevi e stimolanti profili di alcuni dei personaggi che contribuirono all’organizzazione del Congresso, soffermandosi, in particolare, su Efisio Mameli, fratello di Eva, madre dello scrittore Italo Calvino. Come la sorella, anche Efisio fu eminente scienziato, docente e rettore dell’Università di Padova (si rinvia al saggio che Pulina ha scritto per l’ultimo numero della rivista “Quaderni bolotanesi”).

Paolo Fois, docente emerito di Diritto internazionale nell’Università di Sassari, ha ricordato la recente presa di posizione della ministra Maria Elena Boschi, che si è chiaramente espressa contro le autonomie regionali speciali. Sul “Corriere della sera” e su altri quotidiani, Stella, Rizzo ed altri giornalisti tuonano sempre più contro le Regioni, viste esclusivamente come luogo di spreco, di parassitismo e di malversazione. Contro tale deriva, ha detto Fois, si rende essenziale contrastare la tesi delle autonomie come privilegio. Le decisioni vanno assunte il più vicino possibile ai cittadini. Gli Stati non possono, non devono schierarsi contro il principio di prossimità. Nell’era della globalizzazione dilagante, del neocentralismo, dell’uomo solo al comando, si tende sempre meno a sottolineare ricchezza e valori rappresentati dalle diversità e dai diritti delle minoranze nazionali e linguistiche. In sede di dibattito, infine, Fois ha formulato la proposta di elaborare e far sottoscrivere un impegnativo documento politico che si esprima contro la tesi della specialità come privilegio.

Pessimistico – e, allo stesso tempo, lucido e realistico – l’intervento di Omar Chessa, docente di Diritto costituzionale nell’Ateneo turritano, da poco nominato prorettore vicario, secondo il quale,  al di là del dibattito sui poteri dello Statuto sardo, sulla necessità di aggiornarlo e di ampliarlo, conta soprattutto l’autonomia finanziaria. Chessa è stato l’unico dei presenti che, sia pure con un breve cenno, ha richiamato la prospettiva di una Repubblica sarda indipendente come alternativa – per tutti coloro che ci credono – alla grave crisi attuale.

L’atmosfera politico-costituzionale oggi dominante è semplicemente “mefitica”. Giovanni Lobrano, docente nell’Ateneo turritano, ha svolto un intervento molto articolato e ricco di riferimenti storici. Occorre, egli ha detto, delineare un orizzonte. Mentre la società sarda rimane sostanzialmente passiva, le nuove regole del gioco vengono determinate da altri. Lobrano ha aggiunto: l’atmosfera costituzionale – neocentralistica – che noi respiriamo è, in effetti, “mefitica”;  basta pensare alla “riforma” del Senato.

Montesquieu aveva detto che senza la bilancia, senza l’equilibrio dei poteri, non c’è Costituzione, non c’è Stato. Tuttavia agli occhi dell’opinione pubblica viene attualmente avvalorato il rifiuto del fondamentale principio elaborato dal pensatore francese. Risulta dunque decisivo riflettere su un nuovo costituzionalismo che, dai gruppi dirigenti, dalle oligarchie,  sposti decisamente l’asse politico-teorico-giuridico verso i cittadini ed i territori. Si può fare riferimento a significative esperienze teoriche e politico-pratiche: la lotta per la Corsica indipendente, guidata da Pasquale Paoli – risultata vittoriosa almeno per il periodo 1755-1769 (anno della vittoria francese a Pontenuovo) – ed il progetto di Costituzione per la stessa isola, elaborato da Jean-Jacques Rousseau, dietro invito del corso Buttafuoco.

Davvero stimolante, nell’intervento di Lobrano, il drastico capovolgimento di quell’interpretazione (imperante non in tutta, ma sicuramente in certa cultura di tipo sardista-indipendentista) che ha visto nella cesura rivoluzionaria dell’Ottantanove francese solo giacobinismo e centralismo, considerati pressoché sinonimi. No, ha precisato Lobrano, bisogna fare riferimento alla Federazione delle città e dei municipi. A quel principio federativo si ispirava anche Giovanni Maria Angioy, docente universitario, magistrato, imprenditore, infine capo politico riconosciuto delle lotte rivoluzionarie del 1793-96 contro il baronaggio. Col notaio cagliaritano Francesco Cilocco e con l’avvocato sassarese Gioacchino Mundula, egli cercò di favorire la formazione di una vasta federazione di comunità in chiave nettamente antifeudale. Torrare a sas biddas, ha precisato Lobrano, significa altresì ripensare, nel presente, quel monumento giuridico che è la Carta de Logu, il ruolo delle “Corone” e delle curadorias, distretti costituiti per l’appunto da specifici territori e dai loro villaggi.  Nell’intervento di Lobrano – ed in altri – è stata più volte sottolineata l’esigenza di una nuova  progettualità politico-costituzionale. Del resto negli anni scorsi Lobrano, già assessore regionale, è stato fra i più autorevoli sostenitori del movimento per l’Assemblea costituente nazionale sarda, per la riscrittura dello Statuto, per ridefinire e ricontrattare il sistema di relazioni fra Sardegna e Stato italiano.

Nel dibattito sono intervenuti Bainzu Piliu – che ha di recente pubblicato un’autobiografia (Cella n. 21. Il lungo cammino verso la dignità) – Maria Laura Fois, Giuseppe Puddinu, anch’egli docente nell’Ateneo turritano ed Efisio Planetta, già consigliere regionale sardista.

 

 

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