Per Soru alle primarie una vittoria amara. E per il Pd l’ennesimo campanello d’allarme (che verrà ignorato), di Vito Biolchini.

Corre voce che ieri notte in via Emilia una mano pietosa, visti gli imbarazzanti esiti dell’affluenza alle urne alle primarie per l’elezione del nuovo segretario del Pd sardo, abbia aggiunto d’emblée diecimila votanti immaginari alla cifra dei veri votanti. Detta così sembrerebbe una cosa assurda. Ma a pensarci bene non ci sarebbe nulla di cui stupirsi visto che alle primarie di ieri hanno votato perfino il deputato di Forza Italia Settimo Nizzi e centinaia di ragazzi extracomunitari che il Pd non sanno neanche cosa sia (e verrebbe da aggiungere “beati loro”).

Trentamila o quarantamila votanti non fa alcuna differenza: le primarie del Pd sono state un fallimento.

Attendersi un’affluenza maggiore sarebbe stato insensato, visto il crollo del tesseramento (gli iscritti al partito in Sardegna sono poco più di sedicimila), i cinque congressi territoriali annullati, la linea antisindacale impressa da Matteo Renzi e tutte le contraddizioni interne al partito in Sardegna che non invogliano il cittadino qualunque a recarsi alle urne. Se poi a questo si aggiunge che i tre candidati (RenatoSoru, Ignazio Angioni e Thomas Castangia) non suscitano, per motivi diversi, l’entusiasmo delle folle, il quadro è completo e la frittata è fatta.

Tutto ciò però non basta a spiegare il generalizzato crollo verticale nella partecipazione alle primarie che in tanti (me compreso) hanno sempre visto come uno strumento attraverso il quale contrastare le decisioni delle nomenklature di partito. Cosa non sta più funzionando? Ho una risposta semplice da proporvi.

Le primarie hanno senso se sono il punto di partenza nel rapporto tra partiti e cittadini, se rappresentano cioè metaforicamente l’acconto che viene dato al cittadino a cui viene detto “il resto lo avrai quando inizieremo a governare o a fare opposizione, quando cioè continueremo a tener conto del tuo parere e della tua volontà più di quanto non abbiamo fatto finora facendoti scegliere in prima persona il nostro candidato”.

La promessa di partecipazione fatta con le primarie il Pd e il centrosinistra in generale non l’ha mai mantenuta: ecco perché alle primarie la gente va sempre meno. Perché non ha voglia di sentirsi presa in giro da chi si riempie la bocca con le parole “partecipazione” e “condivisione” e poi mette in atto i soliti giochi di potere.

E che queste primarie siano state solo un affare interno al Pd e non certamente un momento di più ampia condivisione lo dicono i numeri e lo dice soprattutto la vittoria col 51,2 per cento dell’europarlamentare ed ex presidente della Regione Renato Soru.

Con la sua visibilità, con i voti presi alle ultime elezioni europee e con l’appoggio datogli da Paolo Fadda e da Antonello CabrasSoru avrebbe dovuto prendere almeno il 60 per cento ma con una affluenza di almeno 50 mila persone. Il risultato di ieri ci dice dunque chiaramente che Soru ha vinto sostanzialmente con i voti di CabrasFadda e che l’apporto che ha dato alla sua stessa vittoria è stato minimo.

Ergo, Renato Soru ormai è percepito dall’elettorato come un politico organico al Pd, un politico qualunque: non è più il marziano che era nel 2004 quando si affacciò in maniera nuova e dirompente sulla scena politica isolana. Soru non è più in grado di mobilitare le masse (ieri lo hanno votato in appena ventimila!) e infatti si è ridotto a dover far conto su pacchetti di voti che arrivano da un passato politico ormai remoto (gli ex socialisti di Cabras, gli ex democristiani di Fadda), o su appoggi esterni al Pd (come quello per esempio arrivato da parte di Sel e soprattutto dal sindaco di Cagliari Massimo Zedda) o addirittura alieni allo stesso centrosinistra (d’altra parte non era stato lo stesso Soru a fare intendere che nel 2007 aveva perso la corsa alla segreteria perché il suo avversario non si era fatto remore di chiedere il voto agli amici del centrodestra? Stavolta pare che Soru non si sia fatto cogliere impreparato).

A dimostrazione di questo mio ragionamento ci sta il voto nelle due grandi città, Cagliari e Sassari. Laddove il voto di opinione avrebbe dovuto premiare SoruSoru ha perso, e pure male. Non solo: nel capoluogo i votanti sono stati appena 2241 (ecco i dati completi). Avete idea di che cosa questo significhi? Sono meno voti di quelli che compressivamente presero i tre candidati del Pd più votati alle comunali di appena tre anni fa! Ditemi voi se questo non è un campanello d’allarme per l’amministrazione Zedda oppure no.

Conclusione: la politica sarda è debolissima e l’esito delle primarie del Pd lo dimostra. Il partito sarà in grado di ascoltare questo ennesimo campanello d’allarme e di cambiare rotta? Secondo me no.

Soru puntava ad un’investitura piena ma non l’ha avuta, visto che ora dovrà anche battagliare in assemblea regionale dove potrà contare su una maggioranza risicatissima (e quindi sarà ostaggio diCabrasFadda, la famosa “vecchia politica” che nel 2004 diceva di voler combattere…). Pensava di vincere uno scooter invece gli hanno dato una bicicletta. E ora dovrà pedalare in salita, tra disavventure giudiziarie, casini aziendali e impegni europarlamentari. Vedremo come se la caverà.

 

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