Alla Germania va detto questo, di Ernesto Galli della Loggia

L’editoriale di E. Galli della Loggia è uscito su Il Corriere della Sera del 29 settembre 2014.

Alla Germania va detto questo

di Ernesto Galli della Loggia

 

Da tempo tra i protagonisti a ogni effetto della politica interna italiana ce ne sono almeno due che italiani non sono: l’Unione Europea e, principalmente per suo tramite, la Germania. E la loro presenza dietro le quinte serve spesso ad alimentare qui da noi progetti di natura ambigua, voci incontrollate. Il fatto è che la crisi sta portando a termine il radicale mutamento del profilo dell’Ue, che si sostanzia in una cruciale novità: l’ormai evidente, definitiva egemonia al suo interno della Germania. Da questo punto di vista Renzi è stato certo ingenuo a pensare che bastasse il suo 40 per cento elettorale a cancellare un dato di fatto così decisivo.

La Germania possiede tre formidabili punti di forza: 1) è la potenza economica dominante del continente; 2) ha dalla sua l’appoggio in pratica permanente di una cintura di Stati suoi satelliti di fatto (Repubblica Ceca, Austria, Belgio, Lussemburgo, un po’ meno Finlandia e Olanda, ma insomma stiamo lì); 3) può infine contare sugli uffici di Bruxelles dell’Unione, i quali, seppure non composti in maggioranza di cittadini tedeschi, della Germania hanno però assorbito la mentalità e i punti di vista circa ciò che l’Unione deve essere e come essa deve funzionare. La Germania insomma dispone di ben tre registri per la sua politica: la voce di Berlino, il pacchetto di Stati che essa ispira, le decisioni e le raccomandazioni di Bruxelles. L’Italia – come altri membri dell’Unione – è da anni presa in questa tenaglia. E alla fine, se vuole mantenere in piedi l’Ue e l’euro, non può che chinare la testa.

A meno che… a meno che l’Italia stessa non decida di porre con forza il grave problema, non solo politico ma di formidabile rilievo storico, rappresentato da questa evoluzione della costruzione europea, rappresentato dalla virtuale egemonia della Germania. Un’evoluzione non voluta né prevista da nessuno dei padri fondatori e da nessuna delle forze ideali dell’europeismo. E che pone una domanda: è proprio sicuro che una simile Europa corrisponda ai nostri interessi nazionali? Comunque, accettare una situazione nuova come questa con regole vecchie non può portare a nulla di buono. E contribuisce ancora di più ad alienare il consenso dell’opinione pubblica.

L’Europa dunque ha assoluto bisogno di un nuovo inizio. Il presidente del Consiglio può fare una cosa assai utile per sé e per tutti se invece di cercare di strappare qualche concessione economica su questo o su quello, come hanno fatto fin qui i suoi predecessori, porrà con forza questa esigenza nelle sedi opportune. Parlando alto e forte, con il linguaggio della dignità e della verità. E magari, come è buona regola da che mondo è mondo, facendo accompagnare discretamente le sue parole, nel caso trovassero scarso ascolto, con qualche credibile minaccia di ritorsione.

29 settembre 2014

 

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