Di ritorno dai paesi baschi …. riflessioni, di Enrico Lobina.

EDITORIALE DELLA DOMENICA.

Riflessioni di ritorno dai paesi baschi

Enrico Lobina

 

“Nei Paesi Baschi esiste in questo momento un vivo dibattito tra i movimenti sociali sulla possibilità dello sviluppo di un nuovo modello economico. Partiamo dalla constatazione che l’attuale modello ha fallito, e che da tempo non soddisfa le necessità della maggioranza della popolazione, e tanto meno è capace di far fronte alla disoccupazione, ed anzi aumenta la povertà e la precarietà lavorativa, e fa diminuire l’aspettativa di vita per un numero crescente di abitanti sulla terra. Senza dimenticare l’annichilimento delle risorse naturali ed il deterioramento ecologico”[1].

Il passo è stato scritto nel 2010, o forse nel 2009, ma la due giorni basca mi lascia pensare che ancora oggi sia quella la situazione. Il dibattito su un nuovo modello di sviluppo, non legato ai principi di Bruxelles, là è vivo ed in Sardegna è assente.

In Sardegna non c’è né la qualità, né la massa critica, ma soprattutto non c’è il coraggio di andare contro corrente. Hanno fatto eccezione alcuni OST (Open Space Technology) di Sardegna Possibile, ma è stato troppo poco.

È disarmante, ma allo stesso tempo ci spinge ad assumerci una funzione storica non rinviabile.

Nei Paesi Baschi è diverso. EH Bildu è stata la lista più votata alle elezioni europee. EH Bildu è una coalizione di forze politiche, in cui SORTU ha un ruolo preponderante. SORTU, sino a qualche anno fa illegale, rappresenta oggettivamente i movimenti sociali e di trasformazione dei paesi baschi. Uno dei suoi motti è che “un popolo piccolo può fare grandi cose precisamente perché è un popolo piccolo”. EH Bildu fa parte del gruppo parlamentare GUE-NGL. Quello di Alexis Tsipras, per intenderci.

Nei prossimi anni EH Bildu si giocherà l’egemonia con il PNV (Partito Nazionalista Basco), il quale detiene il potere, che in questi anni non è riuscito a fare ciò che sta accadendo in Catalogna.

La storia di SORTU e di EH Bildu sono interessanti per capire cosa non funziona in Sardegna. Nel 2007, dopo la grande sconfitta della sinistra basca, cominciò una profonda ed ampia discussione collettiva sulle ragioni della sconfitta e su come riorganizzarsi e ripartire. Si confrontarono diverse tesi, diverse opzioni e diverse proposte organizzative. Dopo due anni di dibattiti e di aggiustamenti, nel 2010 si arrivò alla formulazione di una proposta politico-organizzativa nuova, inclusiva e moderna. Si attuò un processo così riassunto: sconfitta-discussione-sintesi-rinnovamento-soluzione.

In Sardegna l’esperienza di Pigliaru è fortemente al di sotto delle aspettative. I sovranisti non si sentono e non si vedono, la sinistra non ottiene nulla di concreto. Sardegna Possibile, pur con un forte spirito innovatore e con un buon risultato elettorale, non ha retto alle elezioni amministrative di giugno ed è, per ora, scomparsa.

Lo scenario italiano, inoltre, impone una riflessione. Se il PD attua i due punti forza della destra e di Berlusconi, e cioè la riforma della costituzione e l’abolizione dell’art. 18, perché dobbiamo continuare a definirlo una forza progressista?

A questi interrogativi, se ne dovrebbe aggiungere un altro: vogliamo fare un bilancio di quelle realtà, città e paesi, dove governiamo? Abbiamo migliorato le condizioni di vita dei nostri concittadini?

EH Bildu, nei prossimi mesi, entrerà un’ulteriore fase di riforma organizzativa e politica, che la porrà come forza unitaria e di governo, seppur su posizioni di rottura rispetto alle misure di austerità di Bruxelles.

Noi abbiamo da imparare. Perché non avviare quel processo che parte dalla sconfitta, per poi svilupparsi in discussione-sintesi-rinnovamento-soluzione? O pensiamo che ognuno, da solo, possa rispondere ai bisogni di un popolo povero e senza speranza?

 


[1] Nekane Jurado, Indipendencia – de reinvidicación historica a necesidad economica, Txalaparta, Nafarroa 2010, p. 209.  Traduzione propria, originale in castigliano.

 

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