L’etica della buona notizia come programma politico, di Gianni Mula
Nel suo ultimo editoriale Paul Krugman pone rilevanti considerazioni di natura etica al centro delle sue valutazioni sulla crisi occupazionale attualmente in corso negli Stati Uniti. Ad esempio parla esplicitamente di “comportamento ipocrita e crudele” in riferimento a quello che definisce il “conservatorismo anti-compassionevole” di un partito repubblicano che infierisce su milioni di disoccupati non soltanto negando loro ogni tipo di aiuto economico ma per di più attribuendo esplicitamente alla loro pigrizia la crisi economica in corso.
Analogamente Luciano Gallino, in un articolo pubblicato su Repubblica, ricorda che a fine 2012 un gruppo di giornalisti e politici greci ha presentato alla Corte Penale Internazionale dell’Aja una denuncia per sospetti crimini contro l’umanità a carico dei più alti esponenti della Commissione Europea, del Consiglio Europeo e del FMI, nonché della Cancelliera Merkel e del suo ministro delle Finanze Schäuble. Le accuse si riferiscono alle misure di austerità imposte alla Grecia e vanno dalla liquidazione della sanità pubblica alle politiche agricole che hanno affamato milioni di persone; dalla salvaguardia del sistema finanziario a danno dei cittadini ordinari sino a interventi nel campo del lavoro e della previdenza atti a ledere basilari diritti umani. Un rapporto sulla crisi della sanità in Grecia, pubblicato sul numero di fine febbraio di Lancet, numero uno delle riviste mediche, traduce queste accuse in un linguaggio più comprensibile: chi soffre di cancro non riesce più a procurarsi le medicine necessarie, divenute troppo costose, i bambini a rischio di povertà sono più del 30 per cento, dopo quarant’anni sono ricomparse malaria e tubercolosi, i suicidi sono aumentati del 45 per cento, non ci sono più siringhe sterili distribuite dal sistema sanitario, per cui i casi di infezione Hiv rilevati sono passati da 15 nel 2009 a 484 nel 2012.
L’intera questione, dice Gallino, si può quindi riassumere così: i massimi esponenti della dirigenza pubblica della UE stanno infliggendo privazioni insostenibili a milioni di cittadini; hanno mostrato una clamorosa incompetenza nella gestione della crisi; hanno scelto di favorire gli interessi dei grandi gruppi finanziari andando contro agli interessi vitali delle popolazioni; hanno dato largo ascolto alle maggiori élite europee, di cui in più di un caso fanno parte; hanno mostrato di non tenere in alcun conto le sorti delle persone cui si dirigevano le loro politiche. Così anche Gallino, come Krugman, pone una questione che non è più solo economica ma è anzi primariamente etica: è mai possibile che questi dirigenti pubblici non vengano chiamati a rispondere degli errori e delle illegalità che hanno commesso, e delle sofferenze che con i loro errori e le loro illegalità hanno causato alle popolazioni colpite?
Si tratta di un’interrogativo al quale non è facile rispondere perché il solo porlo mette in crisi le certezze intellettuali sulle quali abbiamo costruito la nostra cultura: la democrazia, i diritti dell’uomo, la separazione dei poteri. Vorremmo disperatamente credere in queste costruzioni illuministiche, vorremmo credere davvero alla realtà di un progresso irreversibile, ma il mondo nel quale viviamo testimonia il contrario: la democrazia muore soffocata dalla costante necessità di porre rimedio a situazioni eccezionali, i diritti fondamentali sono sempre più ignorati perché non corrispondono a realtà economiche di cui valga la pena tener conto, e lo stesso principio della separazione dei poteri è ridotto a un feticcio per il quale è sufficiente un ossequio formale.
Purtroppo la gran parte dei commentatori politici risponde a questo interrogativo ignorandone l’aspetto etico e inquadrando la soluzione dal punto di vista di chi ritiene di avere in mano la teoria “vera” con la quale risolvere ogni problema. Pertanto le tante analisi frettolose e semplicistiche che si sentono fare di questi tempi, siano esse di destra o di sinistra dal punto di vista politico, liberiste o keynesiane dal punto di vista economico, finiscono col distribuire condanne e assoluzioni senza rendersi conto che i valori di riferimento usati non hanno più alcuna corrispondenza con la realtà di fatto. Certo ci sono alcuni filosofi e sociologi che affrontano esplicitamente e in profondità il tema del crollo delle strutture fondanti della società contemporanea, segnatamente Giorgio Agamben e Zygmunt Bauman, ma sembra troppo pretendere che persone normali non “addette ai lavori” riescano a formarsi un giudizio autonomo sulla situazione politica ed economica.
Peraltro proprio le difficoltà poste da questo tipo di situazione ci fanno capire meglio l’attualità della buona notizia: come ai tempi di Gesù i potenti non l’hanno accolta e hanno lasciato che la “legge” avesse il suo corso, così oggi Gesù è messo a morte nei tanti milioni di persone che i ricchi dell’occidente (sempre meno di numero e sempre più ricchi) lasciano morire pur di non rinunciare a una briciola del proprio potere. Oggi, a duemila anni di distanza, la buona notizia è proclamata ovunque si gridi alto e forte che questo sistema economico è ingiusto, e che questo sistema politico è perverso. Quindi, anche se può sembrare paradossale, la verità è che il solo programma politico davvero realistico è l’etica della buona notizia, a dispetto dei tanti cristiani della domenica sempre pronti a giustificare il comportamento di “autorità” che, in campo politico ed economico, hanno perso ogni traccia di credibilità e legittimità (per non dire di umanità).