Aree interne e progetti d’area: incontro convegno a Seneghe dal 22 al 24 Settembre 2014
La nona edizione della Summer School di Sviluppo Locale “Sebastiano Brusco” si svolgerà a Seneghe dal 22 al 24 Settembre 2014, sul tema “Aree interne e progetti d’area”, argomento centrale nella futura PAC e nelle attività previste nei PSR regionali.
La Scuola di Sviluppo Locale “Sebastiano Brusco” è emanazione congiunta del Dipartimento di Scienze Sociali e delle Istituzioni dell’Università di Cagliari, del Dipartimento di Giurisprudenza, Scienze Politiche, Economiche e Sociali (Istituto di Ricerca Sociale) dell’Università del Piemonte Orientale, del Dipartimento di Culture, Politica e Società dell’Università di Torino, del Laboratorio di Economia Locale dell’Università Cattolica di Piacenza e del Centro Studi di Sviluppo Rurale dell’Università della Calabria.
incontro convegno su
Aree interne e progetti d’area
Scuola Estiva
di Sviluppo Locale
Sebastiano Brusco
La nona edizione della Summer School di Sviluppo Locale “Sebastiano Brusco” si svolgerà a Seneghe dal 22 al 24 Settembre 2014, sul tema “Aree interne e progetti d’area”, argomento centrale nella futura PAC e nelle attività previste nei PSR regionali.
PROGRAMMA
Lunedì 22 Settembre – mattina
INTRODUCONO
Benedetto Meloni (Direttore della Scuola)
Antonio Luchesu (Sindaco di Seneghe)
1. LECTURE INIZIALE
Fabrizio Barca (Dirigente Generale del Ministero dell’Economia e delle Finanze)
UN PROGETTO PER LE “AREE INTERNE” DELL’ITALIA
Discutono:
Francesco Pigliaru (Presidente Regione Sardegna)
Giovanni Cannata (Università del Molise e INEA – Istituto Nazionale di Economia Agraria)
Filippo Barbera (Università di Torino)
Lunedì 22 Settembre – pomeriggio
2. LE AREE INTERNE E LO SVILUPPO ECONOMICO ITALIANO: UNA LETTURA DI LUNGO PERIODO
Coordina:
Angelo Pichierri (Università di Torino)
Intervengono:
Piero Bevilacqua (Università “La Sapienza”, Roma), Una lettura di lungo periodo
Giuseppe Dematteis (Politecnico di Torino e Associazione Dislivelli), Montanari e contadini per scelta
Ugo Baldini (Caire – Cooperativa Architetti e Ingegneri-Urbanistica), I confini delle aree interne
Gianfranco Bottazzi (Università di Cagliari), Le aree interne e loro caratterizzazione
Discutono:
Giovanni Cannata (Università del Molise e INEA – Istituto Nazionale di Economia Agraria)
Franco Mantino (INEA – Istituto Nazionale di Economia Agraria)
Elena Battaglini (ABT-ISF- IRES Roma)
Martedì 23 Settembre – mattina
3. LE AREE INTERNE COME RISORSA
Coordina:
Ada Cavazzani (Università della Calabria)
Intervengono:
Daniela Poli (Università di Firenze), Il territorio come patrimonio: il caso toscano
Tonino Perna (Università di Messina), I parchi come risorsa: il caso dell’Aspromonte
Matilde Ferretto (Università di Milano Bicocca), Sinergie e interdipendenze tra aree urbane e aree marginali
Matteo Puttilli (Università di Cagliari), Aree interne, energie rinnovabili
Discutono:
Fiorenzo Ferlaino (IRES Piemonte – Istituto di Ricerche Economiche e Sociali)
Filippo Barbera (Università di Torino)
Giovanni Carrosio (Università di Trieste)
Martedì 23 Settembre – pomeriggio
4. LE AREE INTERNE IN MOVIMENTO
Coordina:
Enrico Ciciotti (Università Cattolica, Piacenza)
Intervengono:
Paolo Rizzi (Università Cattolica, Piacenza), Lo sviluppo delle comunità rurali oggi. L’esperienza appenninica
Silvia Sivini e Annamaria Vitale (Università della Calabria), Territori “in movimento”. L’esperienza calabrese
Giovanni Carrosio (Università di Trieste), Gli innovatori della Val di Vara. Alcune considerazioni a margine di un intervento di co-progettazione
Benedetto Meloni e Domenica Farinella (Università di Cagliari), Il pastoralismo in evoluzione
Discutono:
Massimo Bressan (Iris Prato – Strumenti e Risorse per lo Sviluppo Locale)
Matteo Puttilli (Università di Cagliari)
Mercoledì 24 Settembre – mattina
5. LE AREE INTERNE: POLITICHE E NODI DI GOVERNANCE, ANCHE ALLA LUCE DELL’ESPERIENZA LEADER
Coordina:
Paolo Perulli (Università del Piemonte Orientale)
Intervengono:
Francesco Mantino (INEA) Da Rossi-Doria ad oggi: cosa cambia nell’impostazione delle politiche per le aree interne
Domenico Cersosimo (Unical), La strategia nazionale per le aree interne oggi
Gianluca Cadeddu (Centro Regionale di Programmazione della Sardegna), La strategia per le aree interne in Sardegna: come si innesta nelle politiche regionali e comunitarie
Discutono:
Annalisa Motzo (Presidente GAL Marghine), Progetto aree interne: lezioni apprese dall’esperienza LEADER
Lucia Chessa (Comunità Montana Gennargentu Mandrolisai)
Elisabetta Falchi (Assessore dell’Agricoltura e Riforma Agro-Pastorale, Regione Sardegna), Il ruolo degli enti locali nelle politiche per le aree interne
Mercoledì 24 Settembre – pomeriggio
5. RESISTENZE NATURALI
Presenta:
Ester Cois (Università di Cagliari)
Laboratorio 1 Formaggi e territorio
Coordina: Roberto Rubino (Anfosc)
Partecipano:
Giovanni Agostino Curreli (Azienda Erkìles)
Andrea Marchi (Consorzio per la Tutela del Fiore Sardo)
ANFOSC Logudoro
Laboratorio 2 Vini e territorio – a cura dell’associazione culturale Malik
Coordina: Dario Cappelloni (Doctor Wine)
Partecipano:
Francesco Sedilesu (Azienda vitivinicola Giuseppe Sedilesu)
Gianfranco Manca (Azienda Agricola Panevino)
Paolo Savoldo (Cantina Fradiles Vitivinicola)
Alessandro Dettori (Tenute Dettori)
COMITATO SCIENTIFICO
Benedetto Meloni (Direttore), Filippo Barbera, Enrico Ciciotti, Maria Fonte, Paolo Perulli, Angelo Pichierri, Silvia Sivini
SEGRETERIA ORGANIZZATIVA
Silvia Podda – Carla Locci – Ester Cois – Domenica Farinella
Dipartimento di Scienze Sociali e delle Istituzioni
Viale Sant’Ignazio da Laconi, 78 – 09123 Cagliari
070-6753750
scuolaestiva@tiscali.it
www.scuolasviluppolocale.it
www.facebook.com/ScuolaSviluppoLocale
AREE INTERNE E PROGETTI D’AREA
Chi organizza
La nona edizione della Summer School di Sviluppo Locale “Sebastiano Brusco” si svolgerà a Seneghe dal 22 al 24 Settembre 2014, sul tema “Aree interne e progetti d’area”, argomento centrale nella futura PAC e nelle attività previste nei PSR regionali.
La Scuola di Sviluppo Locale “Sebastiano Brusco” è emanazione congiunta del Dipartimento di Scienze Sociali e delle Istituzioni dell’Università di Cagliari, del Dipartimento di Giurisprudenza, Scienze Politiche, Economiche e Sociali (Istituto di Ricerca Sociale) dell’Università del Piemonte Orientale, del Dipartimento di Culture, Politica e Società dell’Università di Torino, del Laboratorio di Economia Locale dell’Università Cattolica di Piacenza e del Centro Studi di Sviluppo Rurale dell’Università della Calabria.
Collaborano alla realizzazione il Comune di Seneghe, il Dipartimento Interateneo Territorio dell’Università degli Studi di Torino e Politecnico di Torino, l’IRES Piemonte, l’Associazione Italiana di Scienze Regionali, l’Istituto Nazionale di Economia Agraria (INEA).
Finalità e obiettivi
La Scuola Estiva di Sviluppo Locale è dedicata a Sebastiano Brusco e cerca di raccoglierne lo spirito delle sue azioni finalizzate allo sviluppo. La Scuola si svolge a Seneghe, nell’Alto Oristanese e rappresenta simbolicamente il trait d’union con il Progetto Sardegna dell’Oece (1958-1962), che in quei territori ebbe luogo. Quel Progetto aveva infatti assunto, per primo e in largo anticipo, le dimensioni sociali dello sviluppo, il capitale umano, la formazione e il capitale sociale come precondizioni dei progetti di sviluppo locale. Il modello di sviluppo e i metodi di attuazione prospettati si basavano sulle risorse locali – sia fisiche che umane – su quelle proprie della quotidianità, nonché su quelle potenziali, implicite nelle attività esistenti.
L’esperimento dell’Oece si concluse con l’indicazione di un Centro di Ricerca e Formazione Internazionale per lo sviluppo locale in area mediterranea.
È questo lo spirito che ha orientato le prime otto edizioni della Scuola e che ci accompagnerà nelle future iniziative.
La Scuola si conferma come un’esperienza di rilievo nel panorama nazionale e internazionale, non soltanto in quanto punto di riferimento sul versante accademico, ma anche quale vetrina delle migliori pratiche di sviluppo territoriale. Infatti, il costante richiamo reciproco tra momento analitico e attuazione progettuale, tra ricerca scientifica-accademica e politiche territoriali di sviluppo, rappresenta un tratto specifico della Scuola, che è quello di coinvolgere non solo accademici e studenti, ma anche gli operatori territoriali di sviluppo (Camere di Commercio, Gal, Distretti, Agenzie di Sviluppo), i soggetti chiave dell’attuale quadro istituzionale (Regione ed enti strumentali, Province, Comuni), pubblici amministratori, aziende (produttori di agroalimentari di qualità, cantine, imprese agrituristiche e del settore alberghiero, B&B), esponenti delle comunità locali, con il fine di creare una comunità di esperti che ogni anno si incontra per discutere come progettare strategicamente e attuare le politiche legate al territorio.
L’approccio con cui finora la Scuola Estiva di Sviluppo Locale ha affrontato il tema dello sviluppo locale consiste infatti nel costante richiamo reciproco tra momento analitico e attuazione progettuale, tra ricerca scientifica-accademica e politiche territoriali di sviluppo.
Il tema della nona edizione: Aree interne e progetti d’area
Le aree interne come risorsa
Nel corso del XX secolo lo stesso processo che ha trasformato pianure e coste in aggregati urbanizzati sempre più scollegati dal territorio di riferimento, ha marginalizzato le aree interne italiane. Colpisce la straordinaria dimensione di un universo variegato che è stato definito nell’insieme per differenza (fisica, culturale, strutturale) rispetto al resto del territorio. Vale a dire che il sistema delle zone interne risulta essere tutto ciò che resta una volta tolte le aree costiere, le pianure fertili, le città.
Le aree interne sono state spesso rappresentate in senso negativo nei discorsi pubblici come periferiche caratterizzate da diversi punti di debolezza: lo spopolamento innanzitutto, l’isolamento, l’abbandono delle campagne e dell’agricoltura, la penuria di alcune risorse strategiche, la disoccupazione, l’inadeguata dotazione di infrastrutture. Investite da una deriva che, come effetto della desertificazione demografica (65% del territorio a fronte del 33,6% della popolazione residente), ha generato rarefazione sociale e produttiva, abbandono della terra e modificazioni del paesaggio, con ricadute negative: dalla vulnerabilità idrogeologica alla rinaturalizzazione incontrollata, alla perdita dei valori antropici. Aree protette e turismo hanno talvolta arginato, ma non certo invertito il processo.
Tuttavia le aree interne si sono spesso rivelate più resistenti e resilienti dei territori fortemente urbanizzati e hanno conservato maggiormente i caratteri e le modalità con peculiari stili di vita e di sviluppo. In molte di queste zone infatti si sono verificati processi di riassetto diversificati che hanno preservato, più che in altri contesti, i territori, gli insediamenti, le vocazioni produttive, la qualità dell’ambiente (“Diverse tipologie di ruralità” Bertolini, 2013). Siamo di fronte ad una lunga storia di abbandoni, ma anche di processi di adattamento più sfumati, che ha consentito ad alcune risorse di mantenersi allo stato nascosto, di restare sottovalutate e, al contempo, preservate.
Le aree interne possono essere quindi definite in positivo e, in quanto meno soggette a pressioni antropiche, offrono servizi (ambientali, paesaggistici, culturali) e potenzialità di sviluppo (energetiche, turistiche), ancora inespressi che possono concorrere allo sviluppo del Paese (Dematteis, 2013). Esse dunque generano beni collettivi (paesaggio, qualità delle acque, biodiversità) che si presentano come esternalità positive sul territorio (OECD, 2001 e 2003) e che si caratterizzano come risposte a una serie di richieste provenienti da tutta la società in grado di rafforzare nuovi legami tra le aree interne e le città (Ploeg, 2009). Le aree interne vanno quindi pensate non solo come destinatarie di beni collettivi ma anche per la loro capacità di produrne.
In questi contesti rurali si riscontrano attualmente fenomeni qualitativi di riscoperta che portano a un ritorno alla montagna e all’attività rurale di soggetti che si scoprono “montanari e contadini per scelta”. La crisi strutturale dell’economia, che ora interessa anche le aree urbane un tempo trainanti, trova proprio nelle aree interne, intese qui come riserve di capitale territoriale, un laboratorio nel quale sperimentare una possibile alternativa strategica, tra reti lunghe e reti corte dell’economia.
Si sta anche delineando a livello nazionale una sorta di ritorno ai paesi da parte di fasce sempre più ampie di popolazioni urbane, spesso pensionati ma non solo, che risiedono per periodi più o meno lunghi in luoghi oggi spesso totalmente abbandonati che la civiltà rurale italiana ha plasmato. È questo un fenomeno già individuato dal rapporto CENSIS del 2003: “Il borgo non è più soltanto luogo fisico, ma anche luogo della mente”. Rispondono ad una domanda in crescita di spazi rurali per il tempo libero e per le vacanze da parte di una nuova popolazione con redditi medio alti. Questa domanda non è assimilabile al turismo estivo e balneare, perché non è soggetta alla tradizionale stagionalità. È una nuova domanda che si differenzia dalle precedenti e che viene espressa da una nuova popolazione che potremo definire – riadattando il termine city users usato da Martinotti per gli utilizzatori degli spazi urbani – come rural users (Meloni, 2006).
Dall’insieme di questi elementi deriva la necessità di politiche pubbliche place-based fondate sia sulla allocazione sia sulla produzione di beni collettivi (Barca, 2009).
Le aree interne e lo sviluppo economico italiano
La categoria delle “aree interne” è di derivazione meridionalista, essa nasce nella riflessione e nell’azione di economisti come Saraceno, Rossi-Doria e altri, impegnati fin dagli anni ‘50 nello sviluppo del Mezzogiorno, che mettevano in luce aree sacrificate, depauperate o inespresse (riassumibile nella celebre metafora della polpa e dell’osso). I tentativi di colmare questo divario hanno per lo più puntato ad una “modernizzazione produttivistica” (De Benedictis, 2002), volta a sostenere nelle aree interne lo stesso modello tecnologico e organizzativo che aveva garantito la crescita delle aree più dinamiche. Tuttavia, a partire dal recupero di alcune esperienze di ricerca importanti degli anni ’80 (Cannata, 1993; Scarano, 2001) che mettono al centro i processi di sviluppo locale si afferma il concetto di sviluppo endogeno basato sulle risorse locali e il loro inserimento in un quadro economico in transizione dalla produzione di massa alla produzione differenziata e di qualità (Brunori, 1994; Cavazzani, 2013). Si sviluppano studi sulle reti di città minori (Eupolis, 1993), sulle aree montane e vallive (Val Bormida e Alta Langa, 1998; Val di Bisenzio e Alta Maremma 1998-2000), sulle aree minerarie dismesse (piano di fattibilità parco minerario naturalistico di Gavorrano 1998-2000), mettendo a punto il concetto di “analisi patrimoniale del territorio” (Magnaghi, 2010) e dello strumento del “parco agricolo” (Ferraresi, 2008; Magnaghi, Fanfani 2010; Ferretto, 2009). In quegli anni si sono portate avanti sperimentazioni nel Parco d’Aspromonte con i contratti di responsabilità e la pratica di autogoverno (Perna, 2002). Nel campo dell’economia agraria sono diventati focali i concetti di repertorio rurale (Ray, 1999) capitale territoriale (Ray et al, 2006; Brunori, 2006), sinergia e coerenza tra attività economiche a livello territoriale (Brunori e Rossi, 2000 e 2006), finalizzati a una governance rurale (Ploeg et al., 2008). Il filone di ricerca sui sistemi locali territoriali ha recentemente approfondito il tema delle aree interne montane, segnalando la priorità della sussidiarietà con i territori urbani limitrofi in un’ottica di sviluppo multi-scalare (Dematteis, 2005 e 2012).
Le aree interne. Politiche e nodi di governance
La Scuola dialoga con il quadro della programmazione europea 2014-2020 per fornire strumenti operativi per l’allocazione coerente di risorse finanziarie alle aree interne, opzione strategica dal documento “Metodi e obiettivi per un uso efficace dei fondi comunitari 2014-2020” dell’ex Ministro della Coesione Territoriale Fabrizio Barca. Le stesse tematiche sono presenti nel Programma UE Horizon 2020.
Le politiche per le aree interne hanno intrapreso un “nuovo corso”, che è stato recentemente formalizzato nell’Accordo di Partenariato sui Fondi comunitari per il periodo di programmazione 2014-2020. L’impostazione ha dei forti elementi di discontinuità con il passato, un passato assai ricco di interventi nelle aree montane e nelle aree interne, in particolare nel Mezzogiorno d’Italia. In questo senso già Rossi-Doria, negli anni ’60, aveva invocato una politica specifica per le aree interne. L’accordo di partenariato, dunque, è il punto di avvio di un lungo lavoro che sta coinvolgendo diversi livelli istituzionali (nazionale, regionale e locale) in un processo di costruzione delle politiche “sul campo”. Questo nuovo corso ha d’altra parte generato diffuse aspettative che certamente non possono essere disattese. L’obiettivo è quello di esaminare, da un lato, il ventaglio di politiche che appaiono necessarie per stimolare efficacemente dei processi virtuosi nelle aree interne. Dall’altro, si propone di discutere le principali criticità che si sono frapposte sinora e si potrebbero frapporre in futuro per la riuscita di queste politiche.
Chi partecipa
La Scuola, come si può dedurre dal programma e dai soggetti coinvolti, non ha un carattere esclusivamente accademico, ma intende aprirsi ai soggetti che nel territorio svolgono funzioni primarie relativamente al tema dell’implementazione delle politiche di sviluppo rurale. Si presenta di fatto come un corso di alta formazione intensiva, che si rivolge non solo ad accademici e studenti, ma anche alle agenzie che operano nei territori, e ai soggetti chiave dell’attuale quadro istituzionale (Regione, Province, Comuni e Camere di Commercio), operatori territoriali di sviluppo (Gal, Distretti), esponenti delle comunità locali, con il fine di creare una comunità di esperti che ogni anno si incontra per discutere come progettare strategicamente e attuare le politiche legate al territorio.
Questo aspetto dell’apertura alle buone pratiche territoriali è stato ulteriormente accentuato in questa edizione. I temi metodologici della progettazione dello sviluppo locale delle otto precedenti edizioni sono declinati a partire da progetti territoriali specifici, metodologicamente attrezzati, per mettere a fuoco il rapporto tra ricerca, politiche, programmi e progetti di sviluppo locale.
I destinatari
Studenti
- Studenti, laureandi, neolaureati e borsisti di ricerca possono iscriversi con una quota pari a 230 €, onnicomprensiva.
- Studenti del Master Sviluppo Locale in Teorie e Metodi per le Pubbliche Amministrazioni, del Master in Politiche per lo sviluppo locale, del Dottorato in Scienze Politiche e Sociali possono iscriversi con una quota pari a 230 € onnicomprensiva.
- 5 studenti, da selezionare sulla base del merito, usufruiranno di una borsa di studio e pagheranno una quota di iscrizione di 150 €, onnicomprensiva. L’importo della borsa coprirà le spese dell’ospitalità e sarà a carico delle Facoltà di appartenenza.
Pubblici dipendenti, operatori di sviluppo locale, aziende
- Soggetti Gestori della Programmazione Negoziata, Agenti di sviluppo, Dirigenti e funzionari di Regione, Enti regionali, Province e Comuni, operatori di sviluppo locale dei Gal, delle Camere di Commercio, aziende possono iscriversi con una quota di partecipazione di 300 €, onnicomprensiva.
Crediti formativi e attestati di partecipazione
L’iscrizione degli studenti è finalizzata ad attività formativa specifica interna ai corsi di laurea della Facoltà di Scienze Economiche, Giuridiche e Politiche. Per gli studenti dei corsi di Amministrazione e Organizzazione; Scienze Politiche; Politiche, Società e Territorio; Governance e Sistema Globale; Scienza dell’Amministrazione, verranno riconosciuti 3 crediti formativi a seguito della presentazione di un elaborato e verifica finale. I crediti di altri corsi potranno essere richiesti e saranno riconosciuti dagli istituti di appartenenza.
Inoltre, a coloro che ne faranno richiesta, verrà rilasciato un attestato formale di partecipazione alla Scuola.
Iscrizione
Per iscriversi alla Scuola è necessario inviare una richiesta di iscrizione, entro e non oltre il 24 Agosto 2014, all’indirizzo scuolaestiva@tiscali.it della Scuola Estiva di Sviluppo Locale Sebastiano Brusco, presso il Dipartimento di Scienze Sociali e delle Istituzioni, contenente i propri dati, l’organizzazione di appartenenza, recapiti telefonici, interessi di ricerca e curriculum vitae.
A seguito della comunicazione di conferma dell’iscrizione occorre provvedere al pagamento della relativa quota di iscrizione in base alle informazioni che verranno fornite successivamente.