I GIGANTI DI MONTI PRAMA: gli eroi nuragici “uccisi” dai cartaginesi di Tharros , di Marcello Madau,
Quelle statue distrutte da una furia cieca: le recenti scoperte aiuteranno a chiarire le ragioni di un momento decisivo per la storia della Sardegna. In LA NUOVA SARDEGNA DEL 27 AGOSTO 2014.
Le statue degli imponenti eroi costruttori della civiltà nuragica erano, nel linguaggio magico della scultura antica, la presenza degli eroi stessi in terra sarda: difficile da accettare per il mondo punico. Sembrano ora chiarirsi le ragioni di un momento decisivo per la storia della Sardegna e del suo paesaggio. Le ricerche in corso ci ripropongono la scena del delitto – un centro sacro con statue eroiche distrutte volontariamente – e i responsabili, da individuare nel mondo fenicio-punico. Da queste parti significa con molta probabilità Tharros. Ho visto diverse volte i pezzi, prima del restauro. Non mi ha mai abbandonato l’idea di un’operazione violenta, decisa. Ad essa rimandano le fratture antiche di busti e arti, i tagli netti dei nasi. “Vi distruggiamo il santuario della memoria, e la sua distruzione la rovesciamo sulle vostre tombe” fu il messaggio. Quel paesaggio memoriale della Sardegna non poteva essere accettato, non era neppure il paesaggio di Sid. Raimondo Zucca ha ricordato l’invito biblico divino alla distruzione degli idoli, dei monumenti ‘degli altri’. Azioni ben note nell’antichità, tramite la divinità molto laiche e molto politiche, tipiche di un potere che non vuole lasciare spazio. Erano state sinora tre le ipotesi interpretative: la prima, più antica e complessa da dimostrare, rimandava ai fenici che, costruita Tharros, avrebbero regolato subito i conti con una cultura in parabola discendente, ma forte e ancora radicata nel territorio. Come spiegare allora i segni di coabitazione fra nuragici e fenici dati dalle necropoli? La seconda ipotesi conduceva, ancora in età arcaica, a Cartagine: la presa dell’isola attorno al 510 a.C., dopo la sconfitta di qualche decennio prima della campagna militare sarda guidata da Malco, e dopo la vittoria contro i Greci nel Mare Sardo, avrebbe giustificato un’azione decisa nel territorio. La terza ipotesi – finora suggerita dal materiale più recente nell’accumulo drammatico di statue spezzate sulle tombe, una parete di anfora punica di metà IV secolo a.C., – si legherebbe al nuovo e più duro imperialismo metropolitano volto a regolare i conti sia nella città sia nella campagna; pendant di quell’azione assai dura e distruttiva che i cartaginesi compirono su Tharros proprio nella seconda metà del IV secolo a.C. visibile anche nei reperti del pozzo sacro di Cuccuru Is Arrius. In recenti contributi scientifici – come per il convegno di Villanovaforru del 2007 – ho sostenuto questa ipotesi. Lo studio attento dei nuovi materiali da parte dell’ottima équipe di archeologhe e archeologi indicherà la soluzione, ma le parole che ieri ho ascoltato da Raimondo Zucca danno il conforto di dati stratigrafici. E’ probabile quindi che siano stati i Cartaginesi a compiere la distruzione della memoria nuragica. Quelle statue e quei modelli di nuraghe – costruzione e narrazione di mito fondante e memoria culturale – erano il racconto dei grandi eroi costruttori dei nuraghi; appartenenti alla cultura nuragica e alla raffinata committenza di una gigantesca operazione identitaria. Per Cartagine tale ricordo di pietra non poteva più essere ospitato, il paesaggio storico doveva essere cancellato, come gli eroi costruttori delle grandi torri, rinati a nuova vita. Anche per questo le sculture di Mont’e Prama devono tornare, nella loro totalità, nei luoghi dai quali sono state sradicate.