Novas sardas de sa chida, settimanale on-line della Fondazione Sardinia, Anno III, n° 32, domenica 31 agosto 2014.
IN CUSTA CHIDA: notiziario settimanale della Sardegna.
GOINSARDINIA, società marittima espressione di operatori turistici del Nord – Est della Sardegna naufraga: ventimila persone a terra. La Caporetto del turismo sardo finirà nel giro di qualche giorno dentro un fascicolo della Procura di Tempio. I danni sono incalcolabili – economici, di immagine per la Sardegna, di fiducia in sè dei Sardi – ed è stata già annunciata una raffica di esposti, di singoli passeggeri e associazioni. L’armatore Anek Lines, avrebbe bloccato il traghetto El Venizelos, per il mancato pagamento del nolo. Per ora nessuno ha posto esplicitamente i dovuti interrogativi. A chi giova in realtà quello che sta succedendo?
«Abbiamo versato regolarmente tutto, controbatte Scano, il presidente della società sarda. È inspiegabile il blocco del traghetto da parte della Anek Lines». Che ci sia lo zampino della concorrenza? Proviamo a pensare a chi ha interesse che i Sardi non si mettano in proprio: nell’agricoltura (Eni), nell’energia (Saras e varie), nel territorio (Esercito italiano), nelle istituzioni (i partiti italiani), nella cultura …. E’ bene che la magistratura vada fino in fondo, per capire le responsabilità dell’armatore greco, che ha lasciato a terra 20.000 passeggeri, e di eventuali suoi complici.
Il Movimento dei pastori sardi invaderà Cagliari a settembre e c’è chi, ieri nell’assemblea di Oliena, ha pure proposto una data indicativa: venerdì 19. Ma niente è stato deciso: una
parte dei pastori presenti ha chiesto la convocazione di altri incontri per meglio stabilire la griglia di rivendicazione da portare ai tavoli politici della manifestazione, che verosimilmente vedrà arrivare nel capoluogo regionale migliaia di allevatori da tutta la Sardegna.
Contro la crisi che condiziona il mercato del lavoro nell’Isola, una boccata d’ossigeno potrebbe arrivare dall’agricoltura. Perciò Copagri Sardegna invita la Regione a varare un progetto che possa consentire ai giovani di trovare un’occupazione stabile nel settore agricolo.
Raggiunta l’intesa sul San Raffaele. Il grande ospedale gallurese potrebbe avere un nome sardo, con riferimenti alla cultura mediterranea. Di sicuro dal 28 agosto il San Raffaele è una realtà, non più solo un’intenzione. L’accordo tecnico è stato chiuso alle 15, dopo una maratona di 16 ore.
La Regione spenderà 55,6 milioni all’anno per garantire i servizi sanitari in convenzione, anche se ci sarà bisogno di una deroga al decreto sulla spending review. Il premier Renzi ha assicurato che si provvederà in tempi rapidi. Una deroga dovrà essere concessa anche per i posti letto: all’apertura, prevista per il primo marzo 2015, saranno 178, che poi a regime diventeranno 242 (142 per le emergenze e 100 per la riabilitazione). Altri 50 posti saranno a pagamento, senza oneri di servizio pubblico a carico della Regione.
Di sprangarlo e allestirlo altrove si è cominciato a parlare il giorno dopo la sua apertura. Sei anni e diverse rivolte dopo, il Centro per l’immigrazione di Elmas – la cui chiusura è stata confermata dalla Regione a inizio agosto – non solo non sbaracca ma viene confermato e modificato per le nuove esigenze. L’ondata di rifugiati che approdano sulle spiagge italiane in condizioni pietose continua a crescere, il Viminale – nell’ambito dell’operazione Mare Nostrum – ha chiesto a tutti un ulteriore sforzo. Il conto lo paga lo Stato, 35 euro al giorno a profugo.
Sono sbarcati tra gli ombrelloni e le sdraio, nel bel mezzo della spiaggia di Is Arenas Biancas al confine tra Sant’Anna Arresi e Teulada. Undici migranti, tra cui anche due donne e una bambina di otto anni, il 28 pomeriggio, hanno messo piede sulla costa sud occidentale della Sardegna dopo aver lasciato tre giorni prima il porto di Annaba, in Algeria, a bordo di un barchino di cinque metri lasciato poi andare alla deriva non appena sbarcati a due passi dalle dune di sabbia bianchissima.
All’hotel Janas di Sadali sono rimasti solo in tre, due uomini e una donna, del Mali e del Sudan. Stanno definendo la pratica (identificazione e richiesta di asilo politico) per ottenere il permesso di soggiorno in Italia. Gli altri quarantasette migranti arrivati in Sardegna mercoledì scorso dalla Sicilia, hanno scelto di lasciare Sadali. Sono andati via tra domenica sera, 24. e lunedì mattina, rifiutandosi di sottoporsi all’iter previsto per il permesso di soggiorno. Con mezzi propri e nel silenzio più assoluto. Hanno scelto la clandestinità, rinunciando al percorso di legge stabilito per il riconoscimento dell’asilo politico. Hanno confidato che ad attenderli in Svezia, Norvegia e Svizzera c’erano altri parenti. Per questo avevano scelto di lasciare l’Africa e la fame.
La conferma della “fuga” arriva dal vice prefetto vicario di Nuoro Pietro Pintori. «Del resto non possono essere obbligati a stare in un posto contro la loro volontà. Lo fanno spesso certe etnie che hanno soldi e passaporto. Molti proseguono il loro viaggio da clandestini senza farsi identificare». Il nastro si riavvolge. Prima dei siriani erano stati i quarantasette migranti nigeriani a far accendere le luci sul paesino al confine tra le province di Cagliari e Nuoro, angolo di Sardegna incantato nella Barbagia di Seulo. Troppo isolato secondo i rifugiati. Arrivati nel capoluogo sardo lunedì scorso e poi trasferiti a Sadali, si erano rifiutati di entrare negli alloggi dell’albergo pronto ad accoglierli.
Sardigna Natzione si costituirà parte civile al processo che si aprirà il 23 settembre a Lanusei per il presunto inquinamento nel poligono militare di Quirra. Lo annuncia il coordinatore Bustianu Cumpostu che invita tutti i sardi a fare lo stesso.
«I sardi di Sni – spiega – si costituiranno parte civile in quanto le polveri generate dalle esposioni, contenenti anche uranio impoverito ed altri metalli pesanti, sono talmente sottili che trasportate facilmente dal vento per molti chilometri e filtrate negli alimenti prodotti nella zona e nelle acque, possono essere state respirate o ingerite da qualunque sardo».