Oggi inizia la partita delle riforme: è pronta la squadra sarda?, di Salvatore Cubeddu

L’EDITORIALE DELLA DOMENICA. La ‘fusione perfetta’ è solo rimandata? Politica e task force tecnica.

La Regione sarda è, dunque, salva? La risposta che ha risollevato l’umore della nostra politica, spaventata dopo essere rimasta troppo a lungo distratta, si trova nelle tre righe che  i senatori Zeller, Laniece, Berger, Palermo, Fravezzi, Panizza hanno strappato in extremis alla commissione affari costituzionali del Senato: “13. Le disposizioni di cui al Capo IV della presente legge costituzionale non si applicano alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome di Trento e di Bolzano fino all’adeguamento dei rispettivi statuti sulla base di intese con le medesime Regioni e Province autonome”. Il Capo IV parla soprattutto del contenuto dei poteri e  dell’abolizione delle Province e si capisce la capacità di pressione di Trento e di Bolzano, dove Renzi ed il cancelliere autriaco hanno concluso qualche settimana fa un convegno sul ruolo delle regioni in Europa. Ma nei confronti del governo e del parlamento ha anche pagato l’azione concorde delle regioni speciali in sede di accordo con le regioni a statuto ordinario.

E delle altre disposizioni previste nei tanti articoli e commi (sono sei i capitoli del ddl  presentata dal governo), che entreranno lunedì nella discussione del Senato della Repubblica, cosa se ne pensa in Sardegna? Ci si attende che, almeno presso l’assessorato alle riforme, una task force di esperti controlli le ricadute di ciò che si andrà a decidere a Roma. Ad esempio: cosa ci cambiarà con l’esclusiva che il governo chiede sul tema dell’energia? Legalizza ulteriormente il laisser faire per Saras ed ENI? Ed in quale comma verrà nascosto l’interesse nazionale italiano per le servitù militari in Sardegna?

A Roma tutti concordano che il prossimo senato non voterà il governo né il bilancio dello Stato e che il senatori saranno in numero di cento (5 indicati dal Presidente della repubblica, 21 dai comuni, 74 dalle regioni). Nella legge di Renzi la presenza dei senatori provenienti dalla regioni dovevano essere in numero paritario: è ciò che succede per gli stati nel senato USA, sottolinea il carattere egualitario del rapporto federale tra le regioni, riconosce il valore anche delle regioni meno popolate. In Sardegna, nessuno (tranne noi …) ha sottolineato la bontà della scelta governativa. Evidentemente la cosa non è stata debitamente difesa in sede di confronto tra le regioni. Così le regioni più popolose hanno prevalso. E’ una questione importante, ma è recuperabile tramite l’azione dei nostri parlamentari nel lungo tragitto che attende la riforma istituzionale?

Arriviamo al dunque: la questione dei rapporti di forza. La Sardegna non ha i numeri elettorali della Sicilia, né i referenti stranieri (Austria, Francia, Croazioa-Slovenia) che servono alle regioni speciali del Nord (Sud Tirolo, Valle d’Aosta, Friuli). Da noi non c’è lo spreco finanziario delle istituzioni siciliane, ma neanche usciamo bene dallo spettacolo deprimente dell’utilizzo dei soldi pubblici. Tant’è che l’autonomia della Sardegna va difesa dal centralismo dello Stato ma va pure nuovamente motivata nei confronti dei cittadini sardi.

E su quale base la Sardegna andrà alla ormai ineludibile ‘intesa’ con le istituzioni italiane? Quale progetto di futuro le classi dirigenti propongono, oggi per il futuro,  al Popolo sardo?

La partita dell’omogeneizzazione delle regioni speciali è solo rimandata, la Sardegna arriverà alla prossima partita ancora più debole. A meno che … non decidiamo  di giocarla sul serio, la partita delle riforme.

Ci si offre l’occasione e, contemporaneamente, siamo obbligati a perfezionare e portare a termine quanto in tanti hanno pensato ed elaborato negli ultimi decenni. Ognuno faccia la sua parte. C’è spazio, fatica e gloria per tutti.

 

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