«Caro, non ti amo più». Nell’isola boom di divorzi 25 giugno 2014, di Alessandro Pirina
Nel 1995 le separazioni erano 95 ogni mille matrimoni, ora sono salite a 318. Un dato in controtendenza: nel resto del Paese gli addii tra coniugi sono in calo. L’articolo è stato pubblicato su LA NUOVA SARDEGNA 25 giugno 2014.
Quando si parla di matrimoni al capolinea la Sardegna lascia il blocco meridionale e si trasferisce al nord. Anche quest’anno i dati Istat su separazioni e divorzi confermano per l’isola percentuali da Italia settentrionale. In 17 anni in Sardegna gli addii tra coniugi si sono più che triplicati. Un aumento, in qualche modo, in controtendenza, visto che a livello nazionale il 2012 ha fatto registrare una leggera battuta d’arresto dello scioglimento delle unioni coniugali. I divorzi, a onor del vero, sono in calo già da qualche anno, anche a causa di una crisi economica sempre più pressante che spinge sempre meno i quasi ex marito e moglie a chiedere al giudice di pronunciare la parola fine sul loro matrimonio. Per le separazioni, invece, è una novità. Per la prima volta dal 1995 in Italia la percentuale dei coniugi che hanno scelto di lasciarsi ha subito una frenata. Nel 2012, rispetto a 12 mesi prima, si è separato lo 0,6 per cento in meno delle coppie. Un segno meno che, però, non ha contagiato la Sardegna, dove, anzi, i numeri delle separazioni hanno raggiunto percentuali molto alte. Nel 1995 nell’isola si contavano 95,3 separazioni ogni mille abitanti, nel 2008 erano arrivate a quota 217,7 mentre nel 2012 sono state addirittura 318,1. In 17 anni gli addii davanti al giudice sono aumentati di oltre il 200 per cento. E così oggi i numeri della Sardegna non si discostano molto da quelli registrati da Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna, Toscana e Lazio, mentre sono decisamente più alti non solo di quelli delle regioni meridionali, dalla Sicilia alla Campania, dalla Puglia alla Calabria, tradizionalmente più allergiche ai divorzi, ma anche di Veneto, Trentino e Marche. «In generale oggi si divorzia meno perché si fanno meno matrimoni – spiega l’avvocato Giuseppe Bassu –. Sposarsi è un costo e i giovani ci rinunciano. In Sardegna, in questo momento, si registra al contrario un incremento delle separazioni perché anche in questo caso si verifica l’effetto onda lunga. Da noi tutto avviene con ritardo. Anche il ricorso al divorzio. Ma al di là di questo, i dati confermano come la nostra isola sia culturalmente più vicina all’Italia centrale che al Mezzogiorno». Il report dell’Istat ha messo in luce anche come, al momento della separazione, i mariti abbiano una media di 47 anni e le mogli di 44, mentre nel 2000 il maggior numero di divorzi ricadeva nella classe 35-39. Un innalzamento dell’età dovuto anche alla posticipazione del matrimonio. «Siamo passati dalla crisi del settimo anno a quella del 17esimo – dice ancora l’avvocato sassarese –. In questi ultimi anni, inoltre, a giocare un ruolo fondamentale sulla tenuta dei matrimoni è la crisi economica. Sono sempre più numerose le coppie che si lasciano perché uno dei due ha perso il posto di lavoro. Non sono pochi i casi in cui un fallimento economico comporta uno squilibrio familiare. Un trauma che causa un ulteriore trauma tra le mura domestiche. E, infatti, oggi a dirsi addio sono anche molte coppie avanti con l’età». Gli addii tra ultrasessantenni sono aumentate notevolmente: nel 2000 gli uomini separati over 60 erano il 5,9 per cento del totale, oggi sono il 12,8, mentre le donne sono passate dal 3,6 all’8,6. Tra i separati, inoltre, il 41 per cento degli uomini ha un titolo di studio di media superiore, una percentuale che arriva al 44,3 tra le donne. La maggior parte di separazioni e divorzi sono consensuali: si concludono in questo modo l’85,4 delle prime e il 77,4 dei secondi. Ma nel Sud e nelle isole la fine del matrimonio si rivela molto più litigiosa: in Sardegna e in Sicilia una separazione su 5 si chiude con rito giudiziale, ma è in genere nel Mezzogiorno che un matrimonio su tre finisce senza concordia tra gli ormai ex coniugi.