Le guerre dei sardi, le nostre vittime del “secolo breve”: un coro da ascoltare, DI NATALINO PIRAS,

Sulle guerre dei sardi c’è ancora molto da ricercare, da portare alla luce e fare conoscere. Specie sulle ultime due cui presero parte nel Novecento, terribile “secolo breve” secondo la definizione di Eric Hobsbawm. La Grande Guerra 1914-1918, sa gherra europea, e quella che iniziata nel 1939 – nel 1940 per gli italiani: sempre un anno dopo arrivano i nostri eserciti – proseguirà ben oltre il 1945, data ufficiale di cessazione. Ci sono da considerare anche la guerra civile spagnola 1936-1939, le guerre coloniali italiane in Africa, l’Olocausto degli ebrei, la Resistenza, tante altre guerre civili. Il costo in vite umane si aggira intorno ai cinquanta-settanta milioni di morti. Ci sono molti sardi dentro il secolo breve, ma la loro storia continua a essere sconosciuta, dimenticata, nascosta. Leggo due interventi a proposito su questa pagina. Il primo di Manlio Brigaglia, sabato 7 giugno: “Storia mai scritta dei sardi nei lager”. Il successivo, domenica 8, di Giuseppina Fois: “La Grande Guerra e la Sardegna dimenticata”. Significative le titolazioni, che danno idea di come i due storici, professor Brigaglia e la professoressa Fois, dicano di conteggi e omissioni. Ma indicano pure prospettive e nuovi percorsi. Quasi 14 mila sardi perirono nella “inutile strage”, come il papa Benedetto XV definì la prima guerra mondiale appena all’inizio: i morti in totale sarebbero stati alla fine 10 milioni. I 14mila sardi rimangono il contributo più alto, in vite umane, tra gli italiani: Su chentuchimbantunu reggimentu / chin su chimbantaduos tott’impare / no’ sezis vois sos continentales / ch’azis mantesu su trinceramentu / Orune e Bitti chin tzente orgolesa / ja nde juchen de pilos in su coro / tottu su circondariu de Nugòro / Viti cun sa brigata tattaresa. La cantiamo pure a tenores, boch’e ballu. Ma chi, fuori da accezioni folcloristiche, ci sta a sentire? Pilos in su coro come i “pilous”, i veterani di Verdun, quell’altro immane carnaio nel fronte francese-tedesco. Niente memoria storica per la Brigata Sassari, protesta Giuseppina Fois, nella recente mostra sulla prima guerra mondiale al Vittoriano di Roma. Come se i sassarini siano stati una generica “brigata fuimme”. Altri scapparono, non i sardi. Manlio Brigaglia dice sui sardi che furono nei lager. Le storie e il loro oblio. Come se non facessero numero i soldati sardi periti nelle sconfitte degli eserciti del duce: El Alamein, Grecia, Albania, Jugoslavia, Armir sul fronte russo, sos laribiancos di Francesco Masala. Dicono che in Sardegna non ci siano state né Resistenza, né guerra di Liberazione. Chi sa dei 4mila ragazzi sardi che furono nella guerra di Liberazione? Presero parte alla Resistenza, in Italia ed Europa. Sono uno storico di paese e per quanto posso cerco di risarcire. Ho scritto e pubblicato nel 2012 come Anpi nuorese, insieme a Piero Cicalò, Pietro Dettori e Salvatore Muravera, un libro di 520 pagine titolato “Pitzinnos Pastores Partigianos eravamo insieme sbandati”. Il punto di partenza è l’8 settembre 1943. Ho ultimato un altro libro, dopo un viaggio in Polonia lo scorso settembre. Gli ho dato come titolo provvisorio “Il dio di Auschwitz”. Dentro questo viaggio ci sono anche i sardi nei lager di cui parla Brigaglia: i vari Pietro Tola di Thiesi, Modesto Melis di Gairo-Carbonia, Gian Gavino Tolis di Chiaramonti, Antonio Delrio di Tonara, Vittorio Palmas Cazzài di Perdasdefogu e diversi altri. Fanno coro. Le loro voci devono essere ascoltate.

LA NUOVA 14 GIUGNO 2014

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