Sos meres de su logu, di Salvatore Cubeddu.

L’EDITORIALE DELLA DOMENICA. Jus solii a favore degli  extracomunitari? – I ladri de su logu sardu – Sinistra: inconsapevole del nuovo accaparramento delle terre sarde? – Sa die delle perenni domande e dell’eterno anelito alla libertà, alla fraternità e all’eguaglianza-  AUGURIOS.

E’ successo in questa settimana, per la prima volta in questo modo, segniamocelo: un diverbio tra un bianco/a  e un nero/a   in un pubblico bus cittadino, con il coinvolgimento degli altri viaggiatori, la notizia sui giornali, il commento preoccupato della direzione del quotidiano cittadino. Il problema ora è aperto: cominciano le lagnanze sul controllo informale dei parcheggi cittadini con la ‘pretesa’ dell’obolo, diverrà esplicito il fastidio per la richiesta di elemosina da parte di giovani neri e su tutto questo la pubblica opinione non tarderà a coinvolgere le autorità, cittadine e non solo. La delega dei problemi degli ‘stranieri poveri’ alla Charitas da parte delle istituzioni – tra irresponsabilità ed opportunismo – sta arrivando al capolinea. La sinistra, soprattutto, dovrà utilizzare, insieme ai propri valori, anche il dovuto senso di responsabilità nei confronti dei cittadini. Prima che, anche a Cagliari, vere forme di intolleranza cerchino e individuino reali motivi di giustificazione.

L’assuefarsi alla frequentazione e a un qualche utilizzo di un luogo, facilmente si trasforma in un diritto, lo jus solii. Il pastore che si abitui a pascolare le proprie pecore in strade campestri abbandonate o in chiusi marginali non utilizzati, primo o poi considererà un diritto il pascolo permessogli solo per distrazione, inavvertenza o per non convenienza.  Questo dei nostri paesi, se lo sposti in città, rappresenta un forma di usucapione, mai dichiarata ma difesa se messa in discussione. I ristoratori del quartiere di Marina, a Cagliari, si sono impadroniti delle strade e delle notti degli abitatori delle  case del vicinato, devastando il rapporto di costoro con gli amministratori comunali.

L’uso che, nel tempo, si fa diritto. Anche se stiamo parlando di beni ‘miserabili’. Niente in confronto a quello che da anni, decenni e secoli, avviene in Sardegna da parte dei veri predatori, che si fanno (si sono fatti/si faranno) meres de su logu nostru. Predano e ci lasciano le scorie, in terra, in cielo, in mare. E nella salute di piccoli e grandi tra di noi: uomini, animali e piante.

Fenomeni degli ultimi centocinquant’anni: sfruttamento fino ad esaurimento delle miniere: silicosi e scorie di Monteponi, Montevecchio, Carbonia. Esplosione della pastorizia per produrre il ‘pecorino romano’: reddito da fame per il mondo pastorale sardo. Trasporti, tardi e costosi: provocati dai ministeri romani che sempre hanno boicottato le nostre esperienze di autogestione, ad iniziare dalle società Airone (areonatica) e Sardamare alla fine degli anni quaranta. Spostamento della Rinascita nella direzione della petrolchimica, nonostante le immediate denunce.

Dal 1978 ad oggi, la difesa ad oltranza della petrolchimica da parte delle organizzazioni imprenditoriali, dei sindacati e dei partiti – con i loro corifei nei media – ha portato ad  un immenso spreco di risorse economiche e di energie sociali e culturali nel difendere l’indifendibile. Nel frattempo la classe dirigente ha svenduto le banche e il risparmio dei sardi agli emiliani, i comuni hanno regalato il commercio ai gruppi delle città-mercato, il turismo ricco è continuato a passare di mano in mano tra i gruppi finanziari internazionali. Intanto è in arrivo la conferma, maggiorata, delle servitù militari, aggravata dall’arrivo delle scorie nucleari. La servitù dell’energia solare ed eolica  ha esplicato tutto il suo potenziale di impossessamento negli anni di Cappellacci. Ci si prepara un futuro di centrali a biomasse con l’utilizzo delle ‘balle’ campane. Perché noi non siamo ‘meres de su logu’ nostru. Lo sono stati, lo sono, e lo vogliono diventare altri.

A tutto questo si aggiunge la vicenda di Matrica, il mostro che divorerà le pianure bloccandoci qualsiasi futuro di recupero alimentare.

Abbiamo letto, su La Nuova Sardegna dello scorso 14 aprile, la dichiarazione del candidato della sinistra a sindaco della città di Sassari: “…Io immagino una Nurra coltivata con sementi di specie che producono materie prime per il ciclo industriale».

E’ del 23 u.s. la notizia: Nicola Sanna si presenta ai cittadini con l’appoggio, oltre che del PD, anche di Sel, Upc, Idv, Cd, La Base che raccoglie anche il Psi, Sinistra Sarda e Rossomori insieme con Rifondazione comunista e Pdci, Partito dei sardi, Irs, Libertà di Movimento, il movimento Ora Sì e la lista civica “Bella Dentro” che raccoglierà anche La Sinistra.

Per la Nurra  il nuovo sindaco auspica, quindi, la chiusura della coltivazione dei carciofi, delle vigne, degli orti, delle stalle. Dovranno chiudere i casolari. Per un’immensa distesa di fiori viola, dai cui semi si estrarrà la pasta per la plastica ecologica e si produrrà energia dal fuoco degli sterpi. Nella P. Torres sempre inquinata nuovi impianti ingoieranno questi steli, integrati, o sostituiti negli anni di magra agricola, dalle ‘balle delle immondizie campane’.

Meno chiassosa, ma non meno chiara, viaggia la stesssa proposta di impiegare gli operai dell’ex-zuccherificio di Villasor per un’altra centrale a biomasse nel Cagliaritano. La miseria operaia appare oggi lo strumento politico-sociale più utilizzabile per negare alla Sardegna un futuro agricolo e un approvvigionamento alimentare autonomo. Allora: anche gli operai nemici della Sardegna?

La sinistra: nuovamente nemica dei progetti della nostra sovranità alimentare? La sinistra  al servizio delle strategie dell’Eni? Del braccio statale che ha chiuso miniere e fabbriche, non bonifica i siti industriali ed è attiva nel cointeressare alla propria strategia  la classe dirigente sassarese?

I cardi, a partire dalle zone inquinate – e non risanate – di P. Torrese e Macchiareddu, invaderanno da sopra e da sotto le nostre terre. Forse, addirittura, saranno gli stessi ex contadini ed ex pastori a chiedere all’Eni di acquisirle. Tra venti/trent’anni queste stesse terre supersfruttate dai cardi, quelle buone irrigate e quelle sempre deturpate dall’inquinamento del sottosuolo e delle falde, saranno inservibili, ma sempre proprietà dell’Eni, in una Sardegna spopolata ed ormai disponibile ad essere offerta ad una gestione internazionale. Saranno i cinesi ad acquistarci e trasformarci  – magari in regime di zona franca integrale – in deposito internazionale per il nord ed il sud del mondo?

Fantascienza? Purtroppo no. Il contadino che, alla fine dell’Ottocento, lasciava l’aratro e si trasformava in pastore, allettato dal favorevole prezzo del latte, non avrebbe dato ascolto a chi gli avesse fatto notare che si stava consegnando armi e bagagli ai caseari romani. I loro nipoti, pastori ad Ottana, volevano raggiungere i loro fratelli di P. Torres e Cagliari e diventare operai. Non è stata una maledizione, ma la responsabilità dei loro gruppi dirigenti a spingerli a trasformare il granaio del Nuorese in un deserto inquinato.

Noi, che ora scriviamo di Matrica et similia,  sappiamo di assomigliare ai ‘gufi di Renzi’. Ma non possiamo tacere.

Domani, 28 aprile, ritorna sa die de sa Sardigna. Anche il governo Pigliaru continua con le sue e nostre domande rivolte alla Capitale. Le risposte non ci saranno, se pure saremo ricevuti nei piani alti del governo italiano. Tiratene voi le conseguenze. Non sono tante. L’importante è che siano oneste, consapevoli e ‘decise’.

Augurios.

 

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