Il Papa comunista? di don Aldo Antonelli
È un classico.
A partire solo dai ricordi personali, tutte le persone più aperte, sensibili, desiderose di giustizia e di equità, sono state “accusate” di comunismo. Papa Giovanni con il suo Concilio, Paolo VI con la sua “Populorum Progressio” ed ora Papa Francesco con la recente “Evangelii Gaudium“. Ma anche il grande vescovo brasiliano Helder Camara che usava confessare: “quando do da mangiare ai poveri mi dicono che sono un santo; quando mi chiedo perché esistono i poveri dicono che sono un comunista”. E don Primo Mazzolari? E don Milani? E Carlo Carretto, Arturo Paoli, Italo Mancini, Ernesto Balducci? E tutti i Teologi della Teologia della Liberazione, le Comunità di Base dell’America Latina, le centinaia e centinaia di sacerdoti, diaconi e catechisti massacrati dai cecchini dei dittatori latinoamericani finanziati dagli Stati Uniti?
Se ritornasse in carne ed ossa Gesù Cristo sarebbe esso stesso tacciato, perseguitato e riammazzato come comunista!
Anche a me, in prima persona, giovane sacerdote direttore del centro missionario della diocesi e animatore di un gruppo giovanile “Mani Tese” che studiava la geografia della fame nel mondo, è capitato di incorrere nella gogna mediatica della condanna. Il giornale “Il Tempo” intitolò a tutta pagina e a caratteri cubitali: “Il tarlo del Maoismo nel centro missionario“, sollecitando il vescovo ad intervenire per estirpare il male. Erano gli anni ’70 ed io, allora, ancora votavo Democrazia Cristiana! Mi piaceva, sempre in quei tempi, ripetere la bella citazione di Ennio Flaiano: “Non sono Comunista. Non posso permettermelo”! Non è il caso, in questa sede, di definire cosa sia il comunismo e chi sia un comunista.
Interessa e mi intriga, invece, l’uso strumentale del termine da parte di una destra ottusa e collusa nei confronti di quanti osano criticare gli assoluti idolatrici del mercato, evidenziare le macerie della cultura nascoste sotto quella che Ernst Junger definiva la “maschera mortuaria della civiltà”, denunciare l’arrovesciamento di un mondo posto a testa in giù dove i paesi sono posti al servizio dei prodotti e gli uomini al servizio delle cose.
Sarebbe da psicanalizzare l’aggettivazione di “comunista” nei confronti di quanti criticano e lottano e testimoniano la necessità di un mondo diverso e migliore e più umano: condannando promuovono! In realtà ciò che loro temono è la perdita dei loro privilegi. Ben se ne avvide il santo Vescovo Oscar Romero che a proposito di anticomunismo ebbe a dire: “In Salvador noi cristiani non possiamo parlare di anticomunismo, perché verremmo considerati complici delle ingiustizie dei ricchi i quali parlano di anticomunismo solo per difendere i propri interessi e non certo per difendere principi cristiani”. Dando ragione a Rossana Rossanda che sul Manifesto del 24 febbraio 1993 scriveva testualmente: “Il comunismo è un problema del capitalismo, figlio delle sue negazioni”.
Si mettano comunque l’animo in pace, lor signori: noi credenti non siamo più disposti a fare da garanti di una fede esibita nelle chiese e violata nelle strade. Né ci piace rifugiarci nell’apnea del silenzio opportunistico, anche se foraggiato.
In questo mondo di solitudini incomunicanti, in questo nomadismo senza orizzonti, contro il pensiero unico del monoteismo della merce in cui l’essere è stato ridotto a merce di scambio, noi non taceremo e non staremo con le mani in mano. E cercheremo di strappare anche Dio, oltre che l’uomo, al suo sequestro dal parte del potere.