Competenze, posti di lavoro e idee-zombi, di Paul Krugman
Traduzione di Gianni Mula. Il New York Times – 31/3/2014.
Pochi mesi fa, Jamie Dimon, l’amministratore delegato di J. P. Morgan Chase, e Marlene Seltzer, l’amministratore delegato diJobs for the Future, hanno pubblicato sul sito politico.com un articolo intitolato “Colmare il gap delle competenze”. L’articolo inizia con toni drammatici: “Oggi quasi 11 milioni di americani sono disoccupati. Eppure, sempre oggi, ci sono 4 milioni di posti di lavoro che non trovano chi li occupi” – il che presumibilmente dovrebbe dimostrare “l’ampiezza del divario tra le competenze di chi cerca di lavoro e quelle delle quali i datori di lavoro hanno bisogno”.
In realtà in una economia in continua evoluzione ci sono sempre alcune offerte di lavoro che rimangono non soddisfatte anche quando alcuni lavoratori rimangono disoccupati, e il rapporto attuale (posti disponibili)/(lavoratori disoccupati) è di gran lunga inferiore al normale.
Nel frattempo, diversi accurati studi di questo fenomeno non hanno trovato alcuna conferma all’ipotesi che la mancanza di competenze adeguate spieghi l’alto tasso di disoccupazione. Tuttavia la convinzione che l’America soffra di un grave “divario di competenze” è una di quelle cose che tutte le persone importanti sanno che deve essere vera perché tutti sanno che è vera. Si tratta di un esempio da manuale di un’idea zombi – cioè di un’idea smentita dai fatti ma che si rifiuta di scomparire. E continua a fare un sacco di danni.
Prima di arrivare al perché non scompare, chiediamoci che cosa sappiamo della relazione tra competenze e posti di lavoro. Pensate a quello che ci aspetteremmo di trovare se davvero ci fosse una carenza di competenze. La prima cosa dovrebbe essere che i lavoratori con le competenze giuste se la passano bene, mentre quelli senza se la passano male. Ma questo non è ciò che si trova.
Sì, i lavoratori con un alto livello di formazione culturale hanno un indice di disoccupazione inferiore a quello dei lavoratori con un basso livello di formazione, ma questo è vero sempre, sia quando l’economia va bene che quando va male. Il punto cruciale è che la disoccupazione è molto maggiore tra i lavoratori a tutti i livelli di istruzione di quanto non lo fosse prima della crisi finanziaria. È una regola che vale in tutti i campi: i lavoratori in ogni categoria importante se la passano peggio che nel 2007.
Alcuni datori di lavoro si lamentano che non riescono a trovare lavoratori con le competenze che servono. Ma non sono credibili: se davvero i datori di lavoro volessero alcune competenze particolari, sarebbero disposti a offrire salari più alti per attirare lavoratori con quelle competenze. Purtroppo è molto difficile trovare gruppi di lavoratori che ricevono grandi aumenti salariali, e anche quei casi che si trovano non corrispondono all’idea di competenze che tutti hanno. Ad esempio i lavoratori che sanno come far funzionare una macchina da cucire riescono a ottenere aumenti significativi dei salari, ma dubito molto che siano queste le persone alle quali pensano coloro che fanno un sacco di chiasso sul presunto divario di competenze.
Ma non sono solo questi studi sulla relazione tra disoccupazione e salari a dimostrare l’inconsistenza di questa tesi. Anche studi sistematici condotti negli ambienti imprenditoriali – come quelli recentemente condotti da ricercatori del M.I.T. e dal Boston Consulting Group – trovano, le parole sono del Boston Group, che “la preoccupazione che esista un divario di competenze è esagerata”.
L’unico elemento di prova che si potrebbe citare a favore di questa storia del divario è il forte aumento della disoccupazione di lunga durata. Questa potrebbe essere la prova che molti lavoratori non hanno le competenze cercate dai datori di lavoro. Ma non è così. Sappiamo molto sui disoccupati di lunga durata, e quello che sappiamo ci dice che sono praticamente indistinguibili, in termini di competenze, dai lavoratori licenziati che trovano rapidamente nuovi posti di lavoro. Allora qual è il loro problema? È il fatto stesso che siano senza lavoro a rendere i datori di lavoro maldisposti persino a guardare i loro curriculum.
Come fa il mito della scarsità di competenze non solo a persistere, ma a continuare a far parte di ciò che “tutti sanno”? Beh, un bell’esempio di questo processo c’è stato lo scorso autunno, quando alcuni mezzi di informazione hanno riferito che il 92 per cento dei top manager riteneva che un divario di competenze esistesse davvero. Su che base? Il sondaggio telefonico chiedeva ai dirigenti “Quale delle seguenti affermazioni descrive il divario di competenze che esiste nella forza lavoro degli Stati Uniti”? Seguito da un elenco di risposte alternative. Data la formulazione della domanda è in realtà sorprendente che l’8 per cento degli intervistati abbia dichiarato che non esisteva alcun divario.
Il punto è che le persone influenti si muovono in ambienti nei quali ripetere la storiella del divario di competenze, o meglio ancora, scriverne su siti come politico.com – è un distintivo di serietà, un’affermazione di identità tribale. Ed ecco l’idea zombi che ancora si trascina.
Purtroppo il mito del divario di competenze – come quello di un’incombente crisi del debito – sta producendo effetti terribili sulla politica economica nel mondo reale. Anziché concentrarsi sul come una politica fiscale sbagliata e l’insufficiente azione della Federal Reserve abbiano paralizzato l’economia e chiedere quindi un deciso intervento, le persone importanti si torcono piamente le mani sulle manchevolezze dei lavoratori americani.
Inoltre dar la colpa ai lavoratori per la condizione nella quale si trovano allontana l’attenzione dal fatto che mentre profitti e bonus aumentano in maniera spettacolare l’occupazione e i salari ristagnano. Certo questo può essere un altro motivo per cui il mito del divario piace così tanto ai dirigenti aziendali.
Abbiamo bisogno di uccidere quest’idea zombi, se appena possiamo, e smettere di inventarci delle scuse per un’economia che penalizza i lavoratori.
(Traduzione di Gianni Mula)
Martedì 01 Aprile,2014 Ore: 15:40