Il veleno nella coda, di Mario Cubeddu

La mela avvelenata per i festival letterari. L’editoriale della domenica.

La giunta Cappellacci, prima di sgombrare il campo, lo ha disseminato di mine vaganti per chi fosse stato chiamato a governare la Sardegna dopo un’eventuale sconfitta, ora certa. La prima mina è stata l’approvazione del piano paesaggistico sardo. Lo scopritore dello Stato patrigno, dopo aver sistemato il destino del territorio sardo, ha anche pensato a che fine dovessero fare i festival letterari. Siccome non sono mai piaciuti né a lui né alla sua giunta, hanno pensato semplicemente di soffocarli, facendo mancare i fondi necessari. La notizia, rimasta occulta prima delle elezioni regionali, è questa: non ci sono soldi spendibili in bilancio per i festival letterari, quindi c’è il rischio concreto che nel 2014 non si possano fare. Questo è stato comunicato ai rappresentanti dei 16 festival selezionati per il finanziamento nel 2013, riuniti nella sala della Biblioteca Regionale a Cagliari, da parte dei funzionari del Servizio Beni Librari che per dieci anni hanno gestito in modo encomiabile i fondi destinati a queste iniziative.  Non si tratta di cifre enormi. Se si pensa che la somma dei rimborsi destinati ai gruppi politici in Consiglio Regionale, per i quali una parte dei nostri rappresentanti è oggi inquisita per un cattivo uso di quei denari, ammonta a dieci milioni di euro in dieci anni, si può affermare che, per un equivalente periodo di tempo, il costo dei festival letterari per i cittadini sardi equivale più o meno a un terzo di quella cifra.  Si fa presto a fare i conti: meno di 300.000 euro all’anno per tutti i festival nei primi anni, sino al 2008, circa 500.000 euro dal 2010 al 2013. Con quelle cifre si finanziavano tutti i festival, che nelle ultime stagioni non hanno ricevuto più di 50.000 euro ciascuno.

Proviamo a fare un po’ di storia, anche a rischio di essere imprecisi: i festival letterari nascono nel 2003 con Marina Cafè Noir, sotto il segno della nuova narrativa sarda, di Sergio Atzeni e della rinascita del quartiere di Marina. Nel 2004 c’è la prima edizione del Festival Isola delle Storie a Gavoi, voluta dall’amministrazione di Renato Soru appena eletta. Il festival si occupa quasi esclusivamente di narrativa. L’anno successivo nasce il festival di poesia di Seneghe, Cabudanne de sos poetas.  Seguono negli anni successivi il festival di narrativa per ragazzi Tuttestorie, il festival dell’Argentiera, leggendo Metropolitano e altri. L’ultimo, nato dall’attività dell’associazione Liberos, è il festival itinerante Entula.

Nel corso di questi undici anni di attività dei festival letterari vi sono state realtà durature ed altre effimere che non vengono citate, ma tutte hanno dato un contributo importante alla diffusione della lettura e della cultura in Sardegna. Certamente è presto per fare un bilancio del contributo alla crescita culturale delle nostre comunità, sia nei grandi centri, sia nei piccoli paesi. Lascia perplessi il grande impegno che talvolta viene speso per portare in giro per la Sardegna personaggi stranoti tramite televisione e mass media, che non sembrano avere alcun bisogno di essere presentati e raccomandati al pubblico. La cosa sarebbe comprensibile se venissero proposti nell’ambito dei festival “sulla sedia a sdraio”, complemento intelligente per le vacanze, come avviene in tutta Europa. Ma in quel caso il festival non pretende quarti di nobiltà intellettuale e viene sostenuto e finanziato da amministrazioni comunali, Pro Loco, privati, e ogni organismo deputato al sostegno delle attività turistiche.

Forse sarebbe il caso di provare a riflettere sui risultati ottenuti in questi anni. L’attività dei festival con il passare del tempo è diventata una cosa seria e impegnativa. Non sono tutti uguali: parte sono il frutto degli entusiasmi di una generazione giovane che ha fatto dell’arte, della musica, della cultura, un segno di identità che vorrebbe essere anche destino esistenziale; qualcuno si fonda sull’attività di volontariato e sulla mobilitazione delle comunità che hanno scoperto in esse una nuova forma di “sacro”, assimilabile, per suggestioni e capacità di coinvolgimento, alle tradizionali feste che scandivano il tempo nelle società agrarie; per altri si tratta di imprese che operano nel campo dell’industria culturale ed editoriale, con tutti i pregi, i diritti e i doveri connessi a questo tipo di attività. Per la Sardegna in generale si può dire che i festival rappresentino anche un modo per uscire dall’isolamento, per tenere rapporti costanti con il mondo culturale e artistico italiano ed europeo.

Gli organizzatori dei festival chiedono che la regione sarda prosegua nella politica di sostegno, magari aumentando le somme complessive disponibili, per consentire a nuovi soggetti di proporsi con successo. Si rivolgono per questo alla Giunta Pigliaru che si spera arrivi al più presto a insediarsi e a gestire in modo nuovo una Regione che ha bisogno di un cambiamento profondo. Il nuovo presidente ha posto la cultura in primo piano e non c’è alcun dubbio sul fatto che capirà le esigenze di questo settore. Come è stato detto, le cifre sinora impegnate sono irrisorie, a confronto di ciò che è stato realizzato in termini di mobilitazione di addetti, di volontari, di pubblico. L’assessore uscente, nel mentre rimandava i termini di presentazione delle domande, lamentava l’inadeguatezza dei criteri in base ai quali erano stati selezionati i festival premiati con il contributo. Chiedeva che un maggior numero di domande trovassero accoglienza. Poiché non si parla di aumento dei fondi a disposizione, poiché 50.000 euro sono già una cifra minima per un’iniziativa che possa presentarsi in modo degno sulla scena regionale, nazionale e internazionale, la richiesta dell’assessore della giunta uscente era la premessa per proporre ai festival un altro modo per cessare di vivere. Certamente non è questo che vogliono le comunità sarde, grandi e piccole, che hanno sperimentato l’importanza dei festival letterari. Chi scrive può parlare per quello di Seneghe, dove Cabudanne de sos poetas ha svolto un ruolo importante nella vita culturale, sociale, civile, della comunità di riferimento. E spera di poter continuare a farlo ancora per molti anni.

 

 

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