Restare umani, anche in Sardegna: prima, durante e dopo le elezioni, di Francesca Madrigali.

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Restare umani, anche in Sardegna: prima, durante e dopo le elezioni.

Le elezioni per il rinnovo del consiglio regionale si sono concluse con la vittoria della coalizione di centrosinistra guidata dall’economista Francesco Pigliaru. Una campagna elettorale breve, giocata forse per la prima volta in maniera strategica sui social network e la Rete, oltre che, naturalmente, sul territorio. I principali avversari sono stati – e saranno ancora, se il progetto Sardegna Possibile si svilupperà ulteriormente in vista delle future amministrative- il centrodestra raccolto intorno a Ugo Cappellacci (al 39,65% con 292.395) e appunto il movimento guidato da Michela Murgia (10,30% con 75.981 voti). Gli altri competitors – Movimento Zona Franca allo 0,82, Fronte indipendentista Unidu con 1,03 , Unidos con 5,72% – hanno raggiunto risultati più modesti, ognuno comunque significativo a suo modo.

Prima e durante la campagna elettorale, la situazione complessiva della Sardegna è stata ed è tuttora caratterizzata da problemi importanti e mai veramente aggrediti con forza– disoccupazione, dispersione scolastica, infrastrutture, desertificazione produttiva, incapacità di mettere le risorse a “sistema”- che hanno dato alla campagna e allo scenario successivo un carattere “emergenziale”: prima nell’evidenziare le questioni risolte o irrisolte dalla Giunta precedente, poi nella complessa individuazione delle priorità attuali, infine nelle enormi aspettative verso il nuovo presidente.

Le note vicende giudiziarie delle maggiori coalizioni di centrodestra e centrosinistra hanno creato un clima favorevole al ricambio, se soltanto si saprà cogliere l’occasione. Ma hanno anche, insieme alla presenza di un concorrente inedito come Sardegna Possibile, favorito delle modalità di scontro politico che spesso hanno trasceso nel “personale”.

Che certamente in qualche modo è sempre “politico”, ma deve sempre essere “umano”. Cioè non necessariamente gentile, ma corretto.

“Restare umani” (il riferimento è alla frase di Vittorio Arrigoni, reporter ucciso a Gaza e riferita a contesti di ben altro tormento individuale e di popolo) insomma si può e si deve.

Non perché è giusto, o “buono” così, ma perché in qualche modo fornisce la “cifra” della persona. Questione apparentemente superflua, in realtà si dimostra sempre più importante ad ogni livello e soprattutto per un leader. E’ stato un fattore determinante per la vittoria di Francesco Pigliaru, talvolta considerato poco vivace e aggressivo, ma allo stesso tempo percepito come rispettabile e competente, forse perfino più “affidabile” della sua coalizione. I 23. 409 voti in più del candidato presidente rispetto alle sue liste sono un segnale da considerare attentamente.

Il senso della politica per la lotta aspra ma comunque correttamente centrata sulla politica si è invece perso durante la campagna. Abbiamo assistito a delle manifestazioni riconducibili più a una curva ultras da stadio che a delle elezioni regionali; verrebbe da dire che talvolta i candidati- e molto più spesso i loro sostenitori, ai quali i primi  vengono comunque accostati con conseguenti risultati sul piano dell’immagine- hanno ceduto alla tentazione dell’immaginario berlusconiano da spettacolo del Bagaglino, alle enfatiche modalità di espressione del pensiero grilline, alla tentazione di strumentalizzare temi importanti come il sessismo e le questioni di genere.

Non credo ci siano state forme di misoginia o di sessismo acuto verso le due  donne che a diverso titolo hanno caratterizzato la campagna elettorale, e cioè Francesca Barracciu per il centrosinistra e Michela Murgia per Sardegna Possibile. Si tratta di due persone che sono anche “personaggi”, per le vicende politiche o professionali precedenti la candidatura. Mostrano un temperamento forte che ovviamente produce forti simpatie o antipatie nell’opinione pubblica. I “passi indietro”, ove richiesti, o i pessimi commenti da osteria sull’aspetto fisico possono essere letti come manifestazioni della consueta avversione alle novità e ad una mala-educazione e aderenza a un sistema generale di (dis)valori basato sull’estetica.

Interessante, invece, l’osservazione scandalizzata di alcuni/e sulla ferocia della critica femminile alle donne: come se queste ultime fossero, appunto, una specie a parte che per mere questioni biologiche non dovrebbe attaccare mai le proprie simili (ed è speculare alla singolare convinzione che per riequilibrare la rappresentanza politica le donne dovrebbero votare le donne in quanto tali).

E dopo le elezioni? C’è in Sardegna una enorme aspettativa per quella che sarà la squadra di governo del nuovo presidente, e una scia di polemiche che attraversa le analisi del voto.

Come si può “restare umani”? Con le scelte politiche: il che significa non solo un approccio inclusivo a tutte le fasce della popolazione, ma soprattutto una maggiore aderenza alla realtà della Sardegna, una indicazione forte per il bene comune, per la collettività di una regione stremata dalle troppe emergenze. Soltanto le competenze e la conoscenza della situazione “vera”, quotidiana, oltre ai numeri e prima ancora del complesso Risiko degli accordi partitici, possono fare la differenza.

 

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