QUARANT’OTTO ORE DOPO dicono … Cappellacci, Murgia, Pigliaru.
Interviste a L’UNIONE SARDA del 19 febbraio 2014.
L’UNIONE SARDA – Politica: Cappellacci: «Guardo avanti»
19.02.2014
Consigliere Cappellacci, deluso? «Certamente dal risultato. Ma, potrà sembrare strano, pronto a iniziare con con passione ed entusiasmo questa nuova esperienza politica alla guida dell’opposizione». Si è già abituato a sentirsi chiamare consigliere e non più presidente . Ugo Cappellacci guarda avanti: «Sono sereno». Il giorno dopo la sconfitta delle urne, l’ex governatore riordina le idee, partecipa a un pranzo, dedica la serata alla famiglia. E replica a chi – come l’ex presidente del Senato Renato Schifani – fa notare che sul suo ko possano aver influito gli interventi del Cav: «Berlusconi è il leader dei moderati italiani e rappresenta un valore aggiunto del centrodestra», dice Cappellacci. «Anche grazie al contributo di Berlusconi siamo arrivati a un passo, pochi punti percentuali, da quella che sarebbe stata una vittoria storica, in quanto la conferma di una coalizione alla guida della nostra Regione è un fatto più unico che raro». Ha sentito Silvio Berlusconi? «Sì». E che cosa le ha detto? «Era amareggiato per il risultato e per il fatto che abbiano influito fattori esterni. Mi ha voluto parlare del mio futuro». Nuovi incarichi in vista? «Sono considerazioni personali che preferisco tenere per me». Il (quasi) 6% di Mauro Pili non le ha permesso di essere confermato a Villa Devoto… «Ha influito, lo dice l’aritmetica. Il Pd deve essere grato a uno come lui, che vende fumo da vent’anni. Se avesse una coscienza dovrebbe porsi qualche interrogativo». Anche Claudia Lombardo non ha votato per lei. Perché? «L’argomento non mi suscita alcun tipo di interesse». Si sono buttati a sinistra un uomo d’ordine come Antonio Pitea e un uomo di destra come Nanni Campus… «Vale la stessa risposta che ho dato per Claudia Lombardo». Con chi ha seguito lo spoglio? «Con la mia famiglia». Ha girato per seggi? «No. Ho guardato lo speciale elettorale di Videolina, controllato il sito della Regione e sono stato in contatto con l’ufficio stampa». Che cosa ha influito sulla mancata conferma? «Principalmente il fuoco amico. Senza avremmo vinto». Si riferisce al voto disgiunto? «Certamente. Il fuoco amico ha influenzato il voto, ed è figlio di una politica malata che non guarda al progetto ma a carriere e rancori personali. Questo ci deve dare lo spunto per lavorare a rigenerare la politica, a iniziare una fase nuova, di costruzione. Grazie al cielo la politica è anche altro. È passione, determinazione e spirito di servizio. Come quello dei giovani e delle donne che ho conosciuto nei territori: basta il loro entusiasmo per farmi continuare a lottare con passione». Resta il fatto che da subito qualcuno ha notato che le liste avevano preso più voti di lei. Strano no? «Senz’altro e ci rifletteremo». Ammetterà che, soprattutto a Cagliari, il risultato è stato al di sotto delle attese. «A Cagliari abbiamo pagato un prezzo. Valuteremo con attenzione ogni elemento che è mancato». Colpa di Zedda o dell’astensione? «Colpa dell’astensione. Più che altrove: domenica era una bella giornata, la gente è andata al mare. E in queste situazioni il centrodestra paga un prezzo più alto del centrosinistra». Si parla in assoluto di 35 mila schede nulle: tutte vostre? «Stiamo valutando se sia utile assumere delle iniziative. Ventimila voti di differenza rispetto a 35 mila voti nulli sono pochi. Comunque non sto pensando né a ricorsi né a chiedere riconteggi». Che cosa avrebbe fatto in caso di rielezione? «Avrei continuato le mie battaglie. Con la stessa passione le combatterò dall’opposizione». Anche sul Ppr? «Sento, da sinistra, propositi non nuovi di azzeramento. Riporteranno l’Isola nel caos in cui si trovava prima dell’approvazione. Sarà un altro colpo durissimo per la nostra economia. È curioso che Pigliaru parli di scelte autonome per la Giunta e, nel frattempo, qualcuno nel Pd stia già scrivendo l’agenda per gli assessori. E siccome il buongiorno si vede dal mattino…». Riapproverebbe il Piano paesaggistico nell’ultima seduta della Giunta senza Vas? «Sì. Vorrei ricordare che quell’approvazione è l’atto finale di un percorso serio e complesso durato cinque anni. La Valutazione ambientale strategica arriverà a giorni». Ora la Zona franca sarà accantonata? «Il centrosinistra lo ha detto esplicitamente». Era solo un sogno? «No, è una proposta concreta e combatteremo per realizzarla». Proseguirà la battaglia a quelli che ha definito i signori del mare? «Continueremo senza fare sconti a nessuno». Il centrodestra è davvero in crisi? «Di certo deve riprendere a occuparsi della gente, deve essere più nel territorio. Non è un caso che il presidente Berlusconi ne abbia parlato a lungo nei suoi interventi in Sardegna». Che cosa lascia Ugo Cappellacci alla Sardegna? «Cinque anni in cui si è avviato un processo di cambiamento profondo. Sono stati ottenuti alcuni risultati storici su trasporti, autonomia, fisco, nucleare, energia, credito e potrei continuare a lungo». E che cosa augura a Francesco Pigliaru? «Di poter essere indipendente dai partiti almeno la metà di quel che dice che sarà. Anche se non credo che farà un buon lavoro: non mi sembra attrezzato per farlo». Che cosa farà ora. «Guiderò l’opposizione a tempo pieno e troverò finalmente il tempo per la famiglia e gli amici».
L’UNIONE SARDA – Politica: Murgia, «Lo so, faranno le larghe intese»
19.02.2014
MICHELA MURGIA Soddisfatta o delusa? «Delusa? Scherza? Ciò che abbiamo fatto ha del miracoloso. Riuscire ad affermare in sette mesi simboli che non erano mai stati in una scheda elettorale e passare dallo zero al 10 per cento è stato straordinario». Vuol dire che non vi aspettavate di più? «Certo, sembrava che tutte le condizioni fossero a favore del cambiamento ma evidentemente non è stato così». Che cosa è mancato? «La speranza. Abbiamo constatato che molte persone pensano che non ci sia niente da fare, che tutti siano uguali. È il danno alla democrazia che ha fatto chi ha governato sinora». A ventiquattr’ore dalle elezioni Michela Murgia è serena. Più di lunedì. Ha dormito, pranzato con il marito e parte dello staff, ha analizzato un po’ il voto, ha cenato con amici. Il telefono ha squillato in continuazione. «Tanta gente mi ha ringraziato». Niente twitter, niente facebook, niente blog. L’ultimo cinguettio è delle 19.52 del 16 febbraio. Su facebook il “Grazie” è delle 18 di lunedì e alle 21 di ieri aveva circa 5200 mi piace, 381 condivisioni e 516 commenti Beh, che la gente abbia perso le speranze era chiaro, voi però non siete riusciti a restituirgliela. «L’abbiamo restituita a 76 mila sardi. Ma se 55 mila persone sono andate alle primarie e si sono trovate il candidato sostituito, se chi ha votato alle politiche si è trovato centrodestra e centrosinistra che governano assieme, se il presidente del Consiglio è scelto nella segreteria di un partito e non dai cittadini la sensazione che nessun elettore possa influire è giustificata». Sardegna possibile ne è la dimostrazione: nonostante 76 mila voti non siete rappresentati in Consiglio. «Esatto. Come fai a dire a quelle persone torna a votare la prossima volta se c’è gente che entra con lo 0,1 e noi che abbiamo preso il 10 non abbiamo eletto nessuno? Noi abbiamo pagato anni di umiliazione dell’elettore, anni di rottura del patto di cittadinanza». Non avete intercettato il partito del non voto né gli elettori orfani di Grillo. Avete sbagliato a non mirare di più alla pancia degli elettori? «Noi avevamo una proposta ma per quanto potesse essere semplificata non poteva esserlo sino al punto di dire “andate tutti a casa”». È stata la scelta giusta? «La nostra è una promessa di durevolezza. I grillini hanno catalizzato un forte consenso di rabbia ma un anno dopo non sono stati capaci di dargli continuità. Preferisco avere un progetto che prende meno in partenza ma sa costruire piuttosto che fare un exploit del 30% e poi un anno dopo non essere in grado di fare le amministrative». Avete analizzato il voto? «Abbiamo preso consensi in tutti gli strati sociali. Non abbiamo un elettorato preciso ma un elettorato accomunato dalla voglia di cambiamento». I sardi non sono maturi per la rivoluzione dolce da lei auspicata? «Proprio oggi un amico mi diceva di preferire il diavolo che conosce piuttosto che l’incerto. Per questo dico che c’è un lavoro di bonifica civica da fare per ripristinare un livello accettabile di fiducia, per affermare l’idea che ciascuno di noi votando possa essere rappresentato, possa vedere un suo progetto aver forza». Colpa della legge elettorale che lei ha definito il porchettum? «Come si può definire democratica una regione dove 76 mila sardi non sono rappresentati? In Catalonia lo sbarramento è del 3 e del 5%. Solo in Turchia è al 10 come da noi». Questo lo sapevate anche prima. «Lo so, ma è inaccettabile. Che livello di rappresentanza abbiamo se delle 11 liste a sostegno del centrosinistra ne entrano solo quattro. Tutti gli altri sono ridotti a portatori d’acqua. Questa legge rafforza chi è già forte. E non è vero che garantisce governabilità. Obbliga a fare patti con l’altro». Vuol dire che ci saranno le larghe intese anche da noi? «Ne sono certa». Beh, non sull’urbanistica. «Vedremo subito se Pigliaru dirà no al Pps di Cappellacci e quali saranno i poteri ai quali anche lui dovrà obbedire. Lo vedremo anche sulle servitù militari: come farà a dire no se un ministro del suo partito ha detto che sono strategiche? Se il candidato più votato del suo partito vuole allargare il gruppo a carbone di Eon che cosa farà, si metterà contro il primo dei suoi eletti?». Secondo lei? «Ha scarso margine di manovra. Il centrosinistra sino ad ora ha difeso poteri fortissimi». Il confronto in tv con la Santanché l’ha danneggiata? «Penso di sì. L’opinione pubblica ti chiede di essere diverso, e io lo sono, ma quando ti trovi nell’arena e ricevi l’attacco se non reagisci come una bestia furiosa la percezione di chi ti guarda è che tu sia perdente». Lei ha citato spesso Francesca Barracciu. Le dispiace non esserci confrontata con lei? «Penso che se non ci fossimo stati noi il Pd avrebbe candidato lei». E perché non l’avrebbe fatto? «Perché contro di me era perdente». Qual è il ricordo più bello di questa campagna elettorale? «Riportare a votare un amico di 35 anni che non aveva mai votato». Il più brutto? «Vedere come la partigianeria induce a fare scorrettezze prive di giustificazione politica». Faccia i nomi «Non è il caso». Un errore che non commetterebbe più? «Sinceramente penso di non aver sbagliato niente» Che cosa farà ora? «Siamo cercando il modo per fare opposizione fuori dalle istituzioni e lavoreremo per le amministrative».
L’UNIONE SARDA – Politica: Pigliaru «Giunta di assi, senza indagati»
19.02.2014
Vuole una Regione-modello. Istituzioni efficienti come in Svezia, istruzione di alto livello come in Trentino, sostegno ai disoccupati come in Danimarca. Dopo la prima notte da governatore, Francesco Pigliaru non ha paura di dire che si ispirerà alle migliori esperienze, in giro per l’Europa, per la sua Sardegna del buongoverno. «Punteremo sulla competenza, anzitutto nella squadra». Già pronti i nomi per la Giunta? «No. Ho qualche idea». Su quali criteri sarà formata? «Il criterio è avere gente competente. Persone che siano molto convinte delle cose che abbiamo detto in campagna elettorale». Ci saranno indagati? «No. Quando si chiariranno le vicende giudiziarie in corso, potremo tenerne conto». Solo assessori tecnici? «Neppure questo. Quando parlo di competenze, non intendo solo quelle tecniche. Servono anche quelle politiche». Quindi non sarà una Giunta del presidente, senza i partiti? «Mai pensato a una Giunta del presidente, almeno in quel senso distorto. Abbiamo vinto insieme ai partiti, nel centrosinistra ci sono risorse eccellenti. Molte delle migliori competenze dell’Isola». Solo maschili però, a giudicare dagli eletti in Consiglio. La Giunta servirà a rimediare un po’? «Considero molto negativo il fatto che ci siano poche elette. Quando si vedono poche donne nelle istituzioni significa che qualcosa non funziona, è una società poco aperta. Giunta e Consiglio sono mestieri diversi, ma le competenze ci sono in entrambi i generi». Si impegnerà per far modificare la legge elettorale? «È un tema tipicamente consiliare. Ma lo approfondirò. A occhio mi sembra che ci sia qualcosa da correggere, ma ancora non me ne sono occupato a fondo». La Giunta Cappellacci ha fatto alcune nomine anche di recente. Cercherà di revocarle? «Le vedremo una a una. Non sono così favorevole a uno spoil system totale. Bisogna distinguere chi ha lavorato bene e chi male. Se Cappellacci ha nominato una persona in gamba, sarà considerata una risorsa preziosa. È successo in qualche caso anche quando si è insediato il centrodestra, e io l’ho apprezzato». Non teme che una dirigenza politicamente poco affine, anche negli assessorati, crei problemi? «Non mi aspetto boicottaggi, se è questo il timore. Nell’amministrazione regionale c’è tanta gente in gamba. Ma davvero tanta. Ricorda il Master and back?». Sì, perché? «Fu fatto in quindici giorni. E lo fece la struttura, gli uffici. Su nostre precise indicazioni politiche. Era difficile, bisognava modificare un programma operativo. Ma gli uffici lavorarono benissimo. Se ci sono indirizzi chiari succede così». Non è sembrato molto sorpreso di vincere. Ma ci sarà qualcosa che l’ha colpita di più, nel risultato. «Forse il fatto che siamo andati molto bene anche a Cagliari. O più ancora, l’entusiasmo che siamo riusciti a creare in pochissimo tempo, in una campagna elettorale partita molto in ritardo». Perché l’estate scorsa non si è presentato alle primarie? «Se n’era parlato, ma all’epoca non avevo la percezione di riuscire a unire. La mia disponibilità a entrare in campo era legata alla possibilità di essere un fattore di unione, non di divisione». Contento del trionfo a Sassari? «È un grande piacere personale, essendo nato e cresciuto lì. Ma abbiamo avuto un buon esito un po’ ovunque». Qual è stata la carta vincente? «Credo che si sia vista la serietà della nostra proposta. Abbiamo fatto una campagna elettorale non urlata, per alcuni fin troppo pacata. Ma è stata apprezzata». Non ha neppure risposto a chi la chiamava Topo Gigio, assesSoru… «…e non ho intenzione di farlo neppure adesso». Questo era scontato. Ma la domanda è: al di là della scelta di non rispondere, quelle cose le hanno dato fastidio? «I fastidi ci possono stare, ma si gestiscono. In politica serve l’educazione all’autodisciplina. Altrimenti non fai un buon servizio a te stesso e alla gente che vuoi rappresentare». Forse l’ha irritata di più Michela Murgia, accostando destra e sinistra. «Perché stimo Michela Murgia. E da una persona che stimo mi aspetto il massimo di correttezza delle argomentazioni. Talvolta mi è sembrato che lei forzasse certe convinzioni per ragioni elettoralistiche. Non credo che pensi davvero che siamo uguali al centrodestra, eppure ha ritenuto di doverlo dire spesso». Tra le priorità, cita spesso l’istruzione. Qualcuno le ha mai detto di parlarne meno, per puntare su argomenti più elettoralistici? «Non me l’hanno detto, ma lo vedevo da alcune facce… Poi però anche Renzi, quando è venuto qui, ha detto che bisogna ripartire dalla scuola». A proposito: ha detto che alzerà la voce anche con Renzi, per farsi ascoltare dal governo. Su cosa? «Bisognerà stare molto attenti al patto di stabilità. È necessario poter spendere le risorse che abbiamo, per immediati investimenti sull’assetto idrogeologico e sull’edilizia scolastica». Serve un’altra vertenza entrate? «Forse, ma per quella non serve alzare la voce, semmai l’autorevolezza tecnica per andare a Palazzo Chigi con buoni numeri che dimostrino le tue ragioni». Cosa farà del Ppr di Cappellacci? «Ci lavorerò appena sarò insediato. Non mi è sembrata una vera approvazione». Come si rilancia l’occupazione? «Il lavoro lo creano le imprese. Dobbiamo metterle in condizione di farlo. Ci chiedono di alleggerire la burocrazia, perciò partirà subito il tavolo per la semplificazione. Contiamo anche di ridurre la pressione fiscale, ma responsabilmente». E se una miniera non ce la fa? «Se è fuori mercato, è fuori mercato. Però per Alcoa, per esempio, ho detto spesso che valuteremo se ci saranno imprenditori seri. In quel caso, di certo non li faremo attendere anni per una risposta». Ma se un’impresa non riesce a riprendersi, la sosterrete? «Su questo sono stati fatti errori gravi. Non sarà mai la Regione a sostituirsi a un’azienda senza mercato. Credo nella flessibilità: se un’impresa deve cambiare settore, e perciò magari anche la manodopera, bisogna rispettare il mercato. Ma a quel punto è necessario accompagnare da vicino i lavoratori nei periodi di disoccupazione». Lei crede nella possibilità di far funzionare i Centri per il lavoro, eppure tutti siamo abituati a pensare che il lavoro non si trova lì. «Questa è la sfida delle sfide: far funzionare bene le istituzioni. Tutte, non solo i Csl. Se altri Paesi e altre regioni d’Italia ci riescono, perché non noi?». La Sardegna come una regione modello? «Se non andiamo in quella direzione, non avremo nessuna speranza di cambiare le cose».