Il sardismo, una risorsa che fa gola a molti partiti, di Luciano Marrocu
Destra e sinistra pescano a piene mani da questo patrimonio perché sul sardismo politico si basa la contemporaneità sarda.
Tutti ci diciamo sardisti. Anzi, riecheggiando Benedetto Croce, tutti dobbiamo ammettere di non potere non dirci sardisti. Ciò che spiega come il sardismo rappresenti oggi più ancora di ieri una risorsa politica ed elettorale a cui i partiti, di destra e di sinistra, guardano con una qualche ingordigia. C’è poi una ragione sostanziale alla radice di tutto questo: che proprio l’emergere del sardismo politico ha rappresentato l’atto fondativo della contemporaneità sarda. Tutto cominciò con la Grande Guerra quando i centomila richiamati sardi vissero al fronte un doppio processo di nazionalizzazione. E se il ritrovarsi italiani fu il risultato di una durissima pedagogia in cui l’esperienza della trincea ebbe una parte decisiva, il riconoscersi come sardi rappresentò una risorsa eminentemente difensiva, un abbracciarsi solidale contro la violenza della storia: poco o niente a che fare, insomma, con la mistica belluina dei “sardi ottimo materiale di guerra” o con le marcette militari stile “Dimonios”. L’esperienza messa a fuoco dai padri fondatori del sardismo ha attraversato potente il ventennio tra le due guerre, segnando, con un apparente paradosso, sia il fascismo sia l’antifascismo. L’antifascismo di Emilio Lussu accompagnò il sardismo nel territorio, italiano ed europeo, del liberal socialismo. Il “sardo fascismo” di Paolo Pili non fu solo opportunismo ma anche il risultato di un compromesso – non del tutto fallimentare, va detto – in cui la Sardegna, cedendo gran parte della autonomia politica conquistata sul campo, acquisiva, in compenso, scampoli di modernizzazione e sviluppo. Per un nuovo inizio occorrerà attendere gli anni Ottanta del Novecento, quando prende forma l’idea apparentemente ovvia (ma in buona sostanza estranea ai padri fondatori) del sardismo come soggettività politico-culturale, che quindi non deve essere solo rivendicata ma praticata come quotidiano esercizio di responsabilità e autonomia. È appunto negli anni Ottanta che il sardismo trova un nuovo impulso e un rapporto più diretto con la vita dei sardi, ponendo al centro il tema della lingua, quella che i sardi, del nord e del sud, parlano quotidianamente, sentendola sempre di più come ricchezza e valore. Ed è degli anni Ottanta la giunta presieduta da Mario Melis, un sardista della vecchia scuola ma capace di cogliere quanto di nuovo, sul terreno politico e culturale, offriva l’universo sardista. Le forze che nella campagna elettorale in corso si richiamo alla tradizione sardista raccontano capitoli, a volte diversi, di questa storia. L’ indipendentismo presentatosi all’inizio come un momento di rottura rispetto alla tradizione sardista appare oggi interessato a creare un collegamento non solo elettorale con forze e culture politiche di matrice “autonomistica”. Dice questo in sostanza Franciscu Sedda, uno degli animatori del Partito dei sardi. Riconosce a Pigliaru, e alla battaglia sulle entrate da lui condotta all’interno della Giunta Soru di aver fatto passi in avanti nella direzione della conquista di maggiori spazi di sovranità. Va nella stessa direzione Gavino Sale, il leader storico dell’Irs, candidandosi a un percorso di governo rispetto al quale le forze indipendentiste non vogliono essere più ai margini. Per non dire poi dei Rossomori, che su questo terreno si sono posti dall’inizio. Traendo frutto, a me pare, da un saggio indirizzo che indipendentisti e a maggior ragione sovranisti hanno scelto dall’inizio. Di tenersi fuori da qualsiasi ipotesi di una rottura traumatica con lo Stato Italiano.
By Giovanni Usai, 4 febbraio 2014 @ 09:04
Articolo di una terribile logica annessionista. Fa i complimenti a Muledda, Sale e e Sedda per la loro ‘resa? al potere di Pigliaru, uomo che incarna la più splendida tradizione economicista e centralista del fu PCI. Sentire Marroccu, uno dei più terribili nemici della lingua sarda, parlare di bilinguismu fa accaponare la pelle. Ma pensa, Marrocu, mediocre assessore provinciale di qualche anno fa e ancor più mediocre scrittore, che abbiamo l’anello al naso?
By Franco, 1 febbraio 2014 @ 09:32
Molto parziale la lettura di Luciano sulla distribuzione del sardismo tra le diverse coalizioni che si presentano alle elezioni. Sembra tesa soprattutto ad accreditare il sardismo nelle liste del centrosinistra. Tutto sommato forse lo scopo è questo. Non di grande interesse.