Anno nuovo: come continuare a camminare, di don Aldo Antonelli.

 

“Nella nostra civiltà meccanica siamo dominati dal tempo metrico degli orologi. Ne subiamo il ricatto”.

Non ricordo in quale delle molte prefazioni scritte per le varie Mostre di Roma Umberto Eco ha così, lapidariamente, liquidato il nostro rapporto con il tempo; tempo che S. Agostino diceva di saper bene cosa fosse finché non gli venisse chiesto, ma di non saperlo più quando gli veniva domandato di darne una definizione.

Nondimeno Umberto Galimberti, su Repubblica del 25 marzo 1998, scriveva testualmente: “Il senso del nostro tempo è sempre meno tempo dell’uomo e sempre più tempo della tecnica che ha fatto crollare tutte le ideologie“.

Non sono molto tenero con questi riti sguaiati di fine anno, che sembrano esorcizzare l’usura del tempo e il tramonto dei sogni. Uno dei trionfi della ragione umana è stato quello di aver dato un ordine al tempo dividendolo secondo misure precise in modo di avere l’illusione di dominarlo. “Ciò che si misura si domina”! Con la funesta conseguenza di considerate il tempo solo in termini quantitativi e non più nella sua qualità.

“L’anno che è passato”; “l’anno che viene”; “quanti anni hai?”; “quanti anni mi rimangono?”; “ci siamo fatti vecchi”… Tutte espressioni che connotano il nostro rapporto con il tempo imprigionato in una unidimensionalità che ammuffisce la ricchezza esperienziale del già vissuto e sterilizza le potenzialità sorgive di un futuro tutto verboso, ridotto a semplice bella copia del presente, senza più l’ardire di pensare e di osare l’impossibile.

Nonostante il progresso, o forse per sua disgrazia, siamo ancora figli della cultura greco-pagana che vedeva il tempo come un ripetersi ciclico di fatti e misfatti, un succedersi circolare di enti ed eventi.

Mentre non abbiamo tenuto in considerazione la concezione cristiana del tempo inteso come “καίρόσ”: opportunità, occasione propizia, tempo giusto. Mummificati dalla dittatura del pensiero unico e drogati dall’etica del consumismo, abbiamo imprigionato anche il cosiddetto “tempo libero”, talmente condizionato e manipolato, che le sue possibilità umanizzanti e socializzanti appaiono ormai gravemente compromesse.

L’inizio di un anno, pertanto, mentre pone una questione filosofica che ci porta a meditare sul tempo, dovrebbe aprirci anche ad una questione etica: come continuare a camminare?

 

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