L’OMBRA DEL SOLE, di Aldo Antonelli
Ruth Renkel: “Non temere le ombre, sono solo la prova che c’è una luce che splende”.
L’OMBRA DEL SOLE, di Aldo Antonelli
Il sole di stamattina, tutto novembrino, cristallinamente pallido, mi ha cacciato fuori da questo studio dalla pareti foderate di libri. Cammin facendo sono stato calamitato dalla mia stessa ombra che in maniera taccagna e cocciuta mi seguiva, ricopiando il mio profilo, seguendo il mio tracciato e tenendo la mia stessa andatura. Accelero il passo e lei accelera. Mi metto a correre e lei corre. Mi fermo e lei si blocca. Vado a destra e lei si mette a sinistra. Giro a sinistra e lei si pone a destra. Vado avanti e lei mi si mette davanti. Impertinente, sfacciata e pedissequa! Ma cosa devo fare per liberarmene? Incominciava a darmi fastidio.
“Mah, mi dicevo, forse il sole deve stare sulla mia testa, in perfetta perpendicolarità…”
Ma anche in quel caso lei non mollerebbe. Starebbe comunque sotto di me.
“Ma che problema…, lasciala in pace!”
Niente da fare. Mi da fastidio e basta!
Ah! Ma se fosse di notte l’ombra non ci sarebbe. Ed anche con il sole, in pieno deserto, senza cose e senza persone, senza alberi e senza montagne, l’ombra non ci sarebbe.
Il buio pesto e il deserto vuoto sarebbero senza ombre!
Come questo nostro mondo politico-sociale, senza un’ombra di dignità e senza una traccia di onestà. Un panorama di un grigiore desertificante spaventoso. Deserto senza luce…
Quasi quasi incomincio a rimpiangere l’ombra che, ormai di ritorno, mi seguiva di dietro e che non vedevo. Mi è venuta in mente la frase di Ruth Renkel: “Non temere le ombre, sono solo la prova che c’è una luce che splende”.
Nel frattempo ho lasciato la strada e sono entrato in un prato, tuffandomi in una sinfonia di vita: la vita morta delle foglie secche, la vita bambina dell’erba verde, la vita giocherellona dei moscerini ed anche la vita fatua dei funghi.
Sono rientrato in casa rinfrancato nel corpo e nello spirito.
Su uno degli ultimi numeri di “Interculture” (22/12, pagina 9) che trovo sul mio tavolo di studio leggo, sottolineate, queste parole: «La sorte della sopravvivenza del genere umano è strettamente legata alla nostra volontà di riconoscerci un’unica cosa con la materia. abbandonando l’arroganza del potere, ritrovando il valore del limite e riscoprendo la “natura” come compagna e maestra, e non più come materia inerte o schiava» (Chieregatti-Amoroso).
Un abbraccio