DODICESIMA MARCIA SARDA PER LA PACE, Domenica 13 ottobre 2013

Come già da tre anni la CSS  mette a disposizione un pulman che partirà
dallo spiazzo antistante il Mercato di via Quirra-Is Mirrionis, Cagliari,  dove si può
parcheggiare  con comodo essendo il 13 ottobre giornata domenicale.
Fatemi sapere. Chi è interessato telefoni alla CSS 070/650379 oppure a
me al cellulare 3387028931 o alle email <meloni.giacomo@tiscali.it >
<css.sindacatosardo@tiscali.it > entro mercoledì 9/10/2013.
Giacomo Meloni Segretario

PROGRAMMA

ore 9,00 Messa a Laconi.

ore 10,00 Assemblea-Dibattito a Laconi, presso il Cineteatro sul tema:“La pace come difesa del territorio, per il lavoro e come nuovo modellodi sviluppo per la Sardegna”.

ore 13,00 Pranzo al parco Aymerich di Laconi (pranzo al sacco).ore 16,00 Partenza della Marcia da Nuragus.

ore 17,00 Arrivo a Gesturi dei marciatori ed interventi.Parleranno, tra gli altri: minatori del Sulcis, pastori, precari,pacifisti, rappresentanti di sindacati, associazioni e comuni.

ore 17,30 Concerto finale

DODICESIMA MARCIA SARDA PER LA PACE

Domenica 13 ottobre 2013

LAYOUT COPY BARESSA 0783 930103

Mandate le adesioni alla Marcia alla e-mail della Tavola: tavolasardadellapace@gmail.com

La pace come difesa del territorio, per il lavoro e come nuovo modello di sviluppo per la Sardegna.

Settanta anni fa, nei primi giorni dell’autunno, iniziava la Resistenza italiana, in una Europa in macerie e in un mondo

sconsideratamente proteso alla distruzione atomica. Fu sopra quella tragedia che la giovane repubblica fece del ripudio della guerra

l’oggetto del suo giuramento, e fu su quella immane devastazione che la volontà delle nazioni cercò una via alla convivenza attraverso

la pace. Non siamo stati fedeli a quel giuramento.

Oggi ci troviamo sempre più avviluppati entro le spire della guerra; i suoi tentacoli si sono moltiplicati e si sono diversificati,

fino a ricomparire ogni volta come necessari e soprattutto come suadenti. Ogni motivo di conflitto enuncia sempre speciali nuove

giustificazioni, che passano in tempo reale dalle strategie di impresa di potenti gruppi finanziari e industriali ai governi, e di qui ai

parlamenti e alla comunicazione pubblica in tutte le sue forme, fin dentro le nostre case e fino al fondo delle nostre anime. Quando

ci accorgiamo che tutte quelle ragioni non valevano in nulla il costo della distruzione che avevamo finito per accettare, altre ragioni

di conflitto sono gettate di colpo sulla scena.

Il grafico del mercato internazionale degli armamenti, in una nuda aritmetica, presenta la situazione del rischio del mondo

come in una radiografia. Le leggi di riforma delle forze armate, come la legge approvata con la quasi totale unanimità dal parlamento

italiano nel dicembre 2012, seguono sistematicamente i dettami di questo insaziabile capo dei capi dell’economia delle nazioni.

Qualunque spending review, ben lontano dal placarlo, lo rende più forte, più decisivo e più svincolato dal controllo democratico.

E’ così che l’industria della guerra trasforma il principio della difesa in suo strumento di offesa, e azzera per suo principio ogni possibile

investimento in vere economie di pace.

La Sardegna ha vissuto in questi mesi, come altre volte, l’avvilupparsi di questo crimine entro la stessa catastrofe produttiva

del suo territorio ed entro la vita civile in genere. Mentre la nuova escalation per la guerra di bombardamento in Siria entrava nelle

case, nella rigorosa forma di spot e di informazione drogata, e mentre il parlamento italiano confermava il folle piano di acquisto

dei bombardieri F35 per oltre venti miliardi di euro, la mappa dei poligoni militari sardi è stata rilanciata sia come centrale operativa

mediterranea sia in funzione delle nuove sperimentazioni di bombardamento a distanza. Le denunce sull’inquinamento di enormi

territori, le inchieste documentate e un grande processo sulle malattie e sulle morti, sono messi costantemente sotto silenzio. Fino a

quando una giornata di incendi, una sola, ha messo a nudo persino il totale disarmo delle nostre popolazioni per la mancanza di

aerei ed elicotteri adibiti allo spegnimento del fuoco.

Non si può certo uscire da questa situazione con una logica da riserve indiane, ponendo in contropartita i poligoni con un

canadair o i radar con un elitanker; si esce da questa situazione soltanto sottraendo grandi partite di investimento dall’industria della

guerra in favore di grandi investimenti su politiche attive di pace. Da settanta anni la repubblica attende una classe politica degna

dell’art. 11 della Costituzione.

Prima che di una opportuna riconversione, si tratta del necessario risarcimento nei confronti di un territorio sfregiato da

decenni di scelte di governo ciniche e da politiche militari irresponsabili, che da tempo hanno superato ogni limite di guardia.

Sospendere l’attività dei poligoni; avviare le bonifiche su programmi scientificamente comprovati; sostenere

con l’intervento pubblico il recupero agricolo, turistico, e marittimo delle aree militari alla vita produttiva

civile; investire su politiche attive di formazione e cooperazione nelle aree di crisi.

Il Coordinamento della Tavola Sarda della Pace

 

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