Lettera al Papa di un sardo malato di Hansen
Sul blog di Chorus di ieri è stata pubblicata integralmente la lettera che l’amico Antonio Aste ha scritto a Papa Francesco. Il suo desiderio di incontrare il Papa è stato esaudito. A comunicarglielo è stato l’Arcivescovo di Cagliari, mons. Arrigo Miglio (nella foto con Antonio Aste), nel corso di un lungo colloquio che ha avuto con lui – affetto da sessant’anni dal morbo di Hansen – nei giorni scorsi. La lettera di Antonio è molto bella e toccante. Chi lo desidera può leggerla qui di seguito:
Programma della visita a Cagliari di papa Francesco, domenica 22 settembre: alle 9,15 in piazza Yenne l’incontro con i lavoratori e il mondo dell’imprenditoria e alle 10,30 la solenne Messa con l’Angelus nel piazzale antistante la Basilica di Bonaria dopo l’incontro con gli ammalati sul sagrato della basilica. E’ stato deciso inoltre che Papa Francesco incontrerà i poveri della Caritas e un gruppo di carcerati nella Cattedrale di Cagliari nel pomeriggio, dopo un pranzo frugale in Seminario con i vescovi della Sardegna. Tappe quindi dai gesuiti alla Facoltà Teologica alle ore 16.00 per l’incontro con il mondo della cultura e con i giovani nel grande raduno finale del Largo Carlo Felice alle 17.00 prima della partenza per Roma alle 18.30.
Mio caro e amato Papa Francesco,
certamente questa mia lettera ti giungerà inattesa, forse ti sorprenderà un pochino, ma sono certo che con la tua grande sensibilità e premura per le necessità dei fratelli, soprattutto dei più deboli e dei più bisognosi di tutto, la leggerai con attenzione e ti sarà di consolazione e di sostegno nel gravoso servizio che sei stato chiamato ad esercitare come Vescovo di Roma e Pastore della Chiesa universale. Fin dal primo momento della tua elezione, quando ti sei affacciato alla loggia delle benedizioni per presentarti a Roma e al Mondo, ascoltando alla televisione la tua voce, che esprimeva il tuo modo semplice e diretto di comunicare con la gente, mi hai aperto il cuore e mi hai fatto esclamare: che bel dono ci ha fatto il buon Dio! Ci ha dato il Papa giusto per guidare la Sua Chiesa in questi tempi così turbolenti e difficili. Poi, seguendoti ogni giorno attraverso le notizie della televisione, mi ha conquistato il tuo modo di parlare e di rapportarti con le persone: sei sceso in mezzo a noi, sei come uno di noi, sei un Papa che fa sentire il suo affetto, la sua prossimità a chi lo avvicina. E tu con gioia e senza alcun timore ti avvicini a tutti con gesti e modalità finora sconosciute. Mi sono detto più volte: come sarebbe bello per me poterlo avvicinare, conoscere e abbracciare, per dirgli “grazie Papa Francesco, ti voglio bene anch’io”. Ma come fare per realizzare questo mio sogno? Forse sarà difficile.Ti do qualche notizia sul mio conto: mi chiamo Antonio Aste, sono nato in Sardegna, a Carloforte – nella bella isola di San Pietro – il 31 ottobre del 1923, perciò, fra quattro mesi, compirò 90 anni. «Un bel traguardo!», mi dirai sicuramente. E avresti ragione. Il problema è sapere come ho raggiunto questo traguardo, quali strade tortuose e impervie la vita mi ha costretto a percorrere. Da 63 anni combatto una battaglia che mi ha sfiancato, troppo dura per essere portata da fragili forze umane: all’età di 26 anni, nell’Anno Santo 1950, sono stato colpito dal morbo di Hansen (scusami, ma non ho il coraggio di riportarlo col nome con cui sempre è stata ed è tuttora chiamata questa orrenda malattia, che assale e deturpa non solo il fisico, ma cerca di mangiarti anche lo spirito). Per circa un decennio dall’insorgere del male ho trascorso i miei giorni alternando periodi di degenza nel reparto dell’Ospedale SS. Trinità di Cagliari – riservato esclusivamente agli hanseniani – a periodi vissuti in famiglia coi miei cari genitori e con mio fratello. Poi, dal 1960, sono stato ricoverato/internato in modo definitivo in questo reparto, da dove non sono mai più uscito, e dove tutt’ora mi trovo, insieme ad un’altra amica ammalata, che ha contratto la malattia nei primi anni ’50. Siamo gli ultimi due! La mia esistenza – come per tutti coloro che vengono colpiti da questo morbo – è stata infernale: espulso dalla società, segregato in un luogo opprimente, condannato senza colpe. Questa esclusione sociale che dura da più di sei decenni è pesante da sopportare. È una vita per la quale è difficile trovare il senso! Mio amato Papa Francesco, posso e devo tuttavia confidarti che in questo luogo, dove in molti abbiamo sperimentato il dolore estremo, abbiamo avuto la fortuna di fare esperienza anche di tante espressioni d’amore, che ci hanno sostenuto nei momenti più dolorosi. Anche nell’inferno della vita si può assaporare l’amore. Quello che viene manifestato con gesti semplici, come un sorriso, una carezza, una telefonata, la vicinanza senza paura; gesti che fanno sbocciare un’amicizia vera, che radica profondamente rendendo solido il rapporto. Potrei raccontarti tanti episodi a sostegno di quanto affermo. Mi limito a riferirti di uno, che dura da cinquant’anni, che ha reso possibile la nascita di tante relazioni che perdurano tuttora: il suo nome è don Efisio Spettu. È stato per noi il nostro Angelo Custode, l’unico sacerdote che non ci ha mai abbandonato, che è rimasto sempre fedele all’impegno di seguirci e di non lasciarci mai soli. Così è stato. Don Efisio, per cinquant’anni, ogni mercoledì e per le più importanti festività è venuto a celebrare la messa solo per noi – quando altri preti non mettevano piede nel reparto per paura del contagio. Non è mai mancato all’appuntamento, per noi motivo di grande conforto. È venuto fino a qualche settimana fa, nonostante la grande debolezza causata dalla chemioterapia cui è sottoposto per un cancro che lo ha colpito. E così lui, che svolge il suo ministero come cappellano dell’Ospedale Oncologico di Cagliari, vi si trova ora ricoverato, come tanti altri ammalati. Il prossimo 29 giugno ricorre il 50° della sua ordinazione sacerdotale e spera tanto di avere le forze sufficienti per celebrare la Messa. Noi preghiamo in ogni momento per lui il Signore perché gli dia questa gioia e gli ridoni la salute, anche per continuare a sostenere la nostra vita. È sempre stato un fedele testimone dell’amore e della tenerezza misericordiosa del Padre. Sapessi quanto ti vuole bene! Per concludere, mi sono detto: caro Papa Francesco, poiché hai deciso di venire a Cagliari il prossimo 22 settembre per pregare la Madonna di Bonaria, forse il mio sogno di incontrarti e di abbracciarti, in compagnia di don Efisio, si può realizzare. Pensa come sarebbe bello! Tu forse un hanseniano qualche volta avrai avuto modo di abbracciarlo, io un Papa non l’ho mai potuto avvicinare. Ora è diverso, il Papa sei tu Francesco, e il desiderio di incontrarti è veramente grande e sincero. So che mi aiuterai a farlo diventare realtà. Sono certo che vorrà aiutarmi anche il nostro stimato Arcivescovo di Cagliari, mons. Arrigo Miglio, al quale doverosamente trasmetto questa mia lettera. Desidero precisare che ho già avuto l’autorizzazione del primario del reparto a partecipare alla manifestazione in luogo pubblico. Grazie per la tua pazienza e scusami per il disturbo. Ricordaci nelle tue preghiere, noi ci ricorderemo di te nelle nostre. Dio ti benedica, ti accompagni nel tuo ministero e ti aiuti ad essere sempre un Papa Buono, al sevizio soprattutto dei più bisognosi.
Antonio Aste
By salvatore cubeddu, 25 settembre 2013 @ 06:16
Alcuni amici, di Antonio e miei, mi hanno chiesto di poter avere qualche notizia sull’incontro che Papa Francesco ha avuto a Bonaria con Antonio, la scorsa domenica 22 settembre.
Mi sembra doveroso rispondere, naturalmente a chi è interessato, perché l’incontro del Papa con Antonio è stato un evento, una testimonianza alta di vita vissuta intensamente, con profonda gioia per entrambi.
Per Antonio si è trattato della sua prima uscita pubblica, in un contesto affollato da una moltitudine di persone, che aveva sempre evitato di avvicinare, poiché non si era ancora liberato dallo stigma che la società aveva cucito addosso a lui, come a tanti altri, fin dalla notte dei tempi. La malattia si può sopportare e accettare, anche se con sofferenza, ma il marchio infamante che bolla per sempre un essere umano no! Perché esso è all’origine dell’esclusione e dell’emarginazione sociale. Non devo dilungarmi oltre, almeno con gli amici, perché credo che questi argomenti siano conosciuti e ben presenti a tutti.
Per Antonio questa uscita pubblica è stata fortemente voluta, desiderata e auspicata, attraverso la lettera scritta al Papa il 23 giugno scorso, con la piena approvazione di don Efisio Spettu.
Fin dal primo momento che Antonio ha ascoltato la voce di Francesco e si è reso conto del suo modo semplice e cordiale di rapportarsi con tutti, in particolare con gli ultimi, non ha fatto altro che gioire, e ringraziare il buon Dio per averci donato un Papa così speciale.
Antonio, da quel momento, ha iniziato a sognare di poter incontrare Francesco, in compagnia di don Efisio. Antonio un Papa non solo non aveva mai avuto la possibilità di abbracciarlo, ma neppure di avvicinarlo.
Anche per Papa Francesco, forse, questa è stata la prima volta, nello svolgimento del suo ministero petrino, di poter incontrare e abbracciare un hanseniano. Episodio che, per quanto a mia conoscenza, non ha precedenti nella storia. Penso proprio che questo sia stato il primo. È riaffiorato alla mia mente l’episodio narrato nei Fioretti di San Francesco d’Assisi, del suo incontro col “lebbroso” appunto: «… Francesco scese da cavallo e lo baciò».
L’incontro di Antonio con Papa Francesco è stato preparato a lungo ed è stato accompagnato in ogni momento dalla discreta ma preziosa vicinanza dell’arcivescovo mons. Miglio, come ho già avuto modo di rappresentare, che ha voluto intrattenersi a lungo in cordiale colloquio con Antonio, per sostenerlo in vista di quell’abbraccio tanto desiderato, che poi effettivamente c’è stato.
Tutto si è svolto nel modo migliore: alle otto del mattino una spaziosa macchina messa a disposizione dal Comando dei Vigili del Fuoco, era già al cancello del reparto Hanseniani dell’Ospedale SS. Trinità di Cagliari; i vigili, con una gentilezza e una disponibilità davvero encomiabile, hanno aiutato Antonio a sistemarsi nell’automobile rossa; oltre ad Antonio e ai due vigili, nell’auto c’ero anch’io e l’amica Greca che ha messo al collo di Antonio, con sua grande gioia, un cordoncino con la bella fotografia di don Efisio; ci siamo quindi diretti verso il Santuario di Bonaria.
La città era percorsa da una marea di gente che si recava verso la Basilica, verso Piazza dei Centomila, o in cerca di un posticino lungo le strade che avrebbe percorso il corteo papale.
La Basilica di Bonaria alle 8,30 era già gremita dagli ammalati accompagnati da parenti e assistiti dal personale medico, infermieristico, e da numerosi volontari delle varie associazioni. La navata laterale destra era riservata a quelli colpiti dalla SLA, quella centrale agli altri infermi non barellati. Tanti i bambini affetti da gravi malattie.
Quanto dolore era racchiuso nel Tempio! Ma stranamente il clima era di festa, colmo di gioia, nell’attesa dell’arrivo di Papa Francesco. Sull’altare maggiore era stato sistemato un maxi-schermo per consentire a tutti di seguire gli spostamenti del pontefice dal momento in cui è sceso dall’aereo, fino al suo ingresso nella Basilica.
Antonio è stato sistemato nella navata centrale, accanto al primo banco, proprio davanti all’altare maggiore, dove il Papa sarebbe dovuto passare due volte (al suo ingresso, e poi, al termine della cerimonia, al rientro dalla Messa sul sagrato). Io e Greca eravamo al suo fianco.
Come il Papa ha messo piede dentro la Basilica, si è levato come un boato misto di applausi, di “evviva il Papa”, di “Francesco… Francesco”. La gioia di tutti è esplosa, incontenibile. Noi vedevamo da lontano la sua figura, la sua veste bianca, che avanzava lentamente, fermandosi accanto ad ogni ammalato di SLA, accarezzare la fronte di ciascuno, baciarla teneramente tenendo il viso tra le sue mani, scambiando qualche parola con i parenti.
Dopo aver percorso tutta la navata laterale, soffermandosi con ciascun ammalato, Papa Francesco si è diretto verso la navata centrale, dove era già da un po’ ad attenderlo, con un bouquet di fiori da deporre ai piedi di N.S. di Bonaria, mons. Miglio, sistematosi accanto ad Antonio. Con un gesto della mano, sicuramente passato inosservato, l’arcivescovo ha indicato discretamente al Papa l’uomo che stava seduto da ore, in attesa, su una carrozzina: Antonio. In quell’attimo ho avuto la percezione che il Papa fosse già informato di quella presenza. Forse, aveva anche letto la lettera che gli aveva indirizzato. Il Papa, senza alcuna esitazione, ha deviato dalla sua traiettoria e senza alcun indugio si è indirizzato verso Antonio che, come poteva, applaudiva per la gioia dell’incontro tanto desiderato e ormai a portata di mano. Avevo appena fatto in tempo a sussurrargli “il Papa viene da te”, che le mani del pontefice già stringevano vigorosamente, ma con una dolcezza che non potrei descrivere adeguatamente, quelle di Antonio, che non ha saputo trattenere le lacrime. Antonio avrebbe voluto dire tante cose al Papa, ma nel timore di non farcela per la commozione, mi aveva raccomandato cosa sussurrargli all’orecchio: «Papa Francesco, ti ringrazio di cuore per aver esaudito il mio desiderio di incontrarti e di abbracciarti. Grazie di questo bel momento che mi hai donato. Come sai, mio caro Papa, io sono un lebbroso, ma oggi accanto a te mi sento un uomo libero». Il Papa lo ha stretto in un lungo abbraccio, poi lo ha baciato sulle guance. Antonio era felice, il Tempio non riusciva a contenere la sua gioia di sentirsi finalmente “un uomo libero”. Grazie Francesco, che Dio ti benedica sempre e faccia risplendere su di te la luce del Suo volto.
In allegato vi rimetto l’odierna pagina di Avvenire con l’articolo che riferisce dell’incontro di Papa Francesco con Antonio, con la fotografia estrapolata dallo stesso articolo e altre due.
Un caro saluto
Dino Biggio