Dentro o fuori il centrosinistra? Democratici e progressisti sardi urge una decisione! (astenersi perditempo), di Vito Biolchini

Questo  intervento viene pure pubblicato sul portale di Tramas de Amistade,  sul  blog di Vito Biolchini e nel portale Aladin.

Andarsene o restare? Cambiare le cose dall’interno o dall’esterno? E all’esterno poi, che cosa c’è? E se si resta dentro, che probabilità ci sono di essere ascoltati? Gli elettori però non si pongono tutti questi problemi, gli elettori fanno in fretta: non vanno a votare, oppure votano Grillo. Ma chi ancora crede nella militanza, crede nei valori del progressismo, della sinistra e dell’identità sarda, chi vuole impegnarsi per costruire percorsi nuovi in grado di aggregare e non di dividere, non può ragionare come un elettore qualunque: deve trovare un’alternativa. L’astensione o la fuga non sono scelte possibili. Costruire bisogna, in qualche modo.

Che questo centrosinistra italiano e sardo non piaccia a nessuno è evidente e ripercorrere i motivi di tanta disaffezione sarebbe solo un inutile esercizio. Si tratta però di capire cosa fare se si vuole restare fedeli a se stessi e ai propri ideali, per innovare in maniera nuova una tradizione politica che viene continuamente messa in crisi dalla miopia e dall’ingordigia di una classe dirigente che sembra troppo forte per essere travolta ed è sicuramente troppo debole per segnare ancora il percorso da compiere.

Per cui, stare dentro o stare fuori?

La lettera di dimissioni di Valentina Sanna sembra non lasciarci scampo: se anche la presidente del Pd sardo arriva a certificare questo livello di crisi, cosa possono fare le persone di buona volontà? Infatti cresce il numero di coloro che in Sardegna dicono “basta centrosinistra, basta col Pd”. Va bene. Ma chi vuole stare fuori dal centrosinistra, pur condividendone gli ideali, si deve fare carico di costruire un progetto credibile in grado quantomeno di raggiungere la soglia del cinque per cento, sotto la quale in Consiglio regionale non si è nemmeno rappresentati (e infatti il limite della lettera della Sanna è tutto qui: non dà una prospettiva nuova, non traccia una strada possibile: è solo una porta sbattuta).

Non è più tempo di semplici battaglie di testimonianza, non è più tempo di dichiarazioni bellicose a cui dopo non seguono fatti. Chi non è contento di questo centrosinistra e afferma che sia meglio abbandonarlo al proprio destino si faccia carico di costruire un’alternativa credibile. Lo dica e lo faccia subito: responsabilmente.

Seguendo questo ragionamento, in molti a sinistra sono tentati dal progetto dell’indipendentista MichelaMurgia. Il 3 agosto se ne saprà qualcosa di più ma non stupitevi se il giorno, affianco alla scrittrice di Cabras, troverete tante persone organiche alla sinistra e protagoniste di quella stagione controversa (luci e ombre) che passerà alla storia come “gli anni di Soru”. Detto ciò, quella della Murgia è una scelta realmente praticabile anche per chi non è indipendentista o rischia di essere solamente un modo per punire il centrosinistra senza esser costretti a votare Grillo o astenersi?

Poi c’è anche chi invece vuole ancora stare dentro il centrosinistra, perché non crede nella Murgia e non crede nella possibilità di costruire in tempi ristretti un’alternativa credibile. Paradossalmente queste persone hanno lo stesso obiettivo di chi vuol abbandonare l’alleanza: cioè mettere fortemente in crisi i partiti che la compongono, evidenziando l’inadeguatezza dei loro dirigenti, proporre un programma realmente innovativo e in questo modo recuperare voti tra i delusi. L’obiettivo sarebbe dunque lo stesso ma lo strumento diverso: non una nuova lista ma le primarie. Solo le primarie ora consentono agli scontenti del centrosinistra di cambiare il centrosinistra senza abbandonarlo per altri lidi e senza dover costruire un nuovo partito. Perché le primarie non sono solo lo strumento per scegliere il candidato migliore ma rappresentano soprattutto il luogo (l’unico, riconosciuto e ammesso) dove poter sollevare problemi che altrimenti verrebbero taciuti dalla politica. Le primarie sono uno spazio di confronto e di crescita democratica, non quel ring in cui i singoli candidati si massacrano fra di loro. Così la pensa il Pd, che infatti cercherà fino alla fine un candidato unitario in grado di far saltare le consultazioni del prossimo 29 settembre.

Ma senza un dibattito aperto e libero, il centrosinistra dove pensa di andare? O pensa forse di eludere alcune questioni cruciali come quelle riguardanti il piano del Qatar, il progetto Eleonora, il progetto Matrica, il bilinguismo, il superamento del sistema delle province, la riforma sanitaria, la zona franca, le servitù militari, il buco di Abbanoa? Quando e come si aprirà il dibattito su questi temi se non si faranno le primarie?

Gli scontenti del centrosinistra, compresi i militanti e gli amministratori che saranno costretti a subire i giochi di potere dei loro dirigenti (i piccoli partiti si stanno massacrando fra di loro, incapaci di unità, mentre i grandi posticipano strumentalmente ogni scelta), avranno il coraggio e la forza di proporre un candidato che, senza scheletri nell’armadio, saprà far proprie le critiche avanzate da Valentina Sanna e proporre un programma di rinnovamento serio, impietoso davanti ai limiti di questa dirigenza del centrosinistra?

C’è in Sardegna un centrosinistra diffuso che non ha paura del regolamento-trappola delle primarie e che vuole ribellarsi al limite delle 5000 firme da raccogliere in pieno agosto e richieste dal centrosinistra per cercare di far fuori ogni candidatura indipendente?

I progressisti sardi liberi dai vincoli feudali di partito hanno ancora il coraggio e la forza di sfidare in campo aperto le forze della conservazione che si stanno impossessando del centrosinistra isolano? La sinistra sarda è ancora viva, ha ancora la forza di porre problemi cruciali o si è già arresa all’irrilevanza e alla subalternità?

Il rinnovamento del centrosinistra passa solo attraverso primarie vere, serie, partecipate, non con un candidato unitario (ma cosa significa?) ma con più candidati in grado di proporre agli elettori le diverse declinazioni di uno schieramento che invece si sta appiattendo sulle lotte di potere del Pd. È difficile, ma non impossibile.

Solo il dibattito che scaturirà da primarie vere eviterà una nuova vittoria del centrodestra. Il resto sono solo parole in libertà o giochi di potere.

 

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