Questo intervento viene pure pubblicato sul portale di Tramas de Amistade, sul blog di Vito Biolchini e nel portale Aladin.
“Noi siamo il tempo./Ogni cosa è nel tempo./Quando l’anima/Dopo la morte del corpo/diventa luce/il tempo scompare./Fino alla morte ognuno andrà/come cieco incontro al futuro/senza aver imparato dal passato.” È l’incipit degli Scritti Clandestini di Pietrino Soddu. Pagine che attendono di essere date alle stampe, ma già diffuse come se fossero un Samizdat. Clandestine, appunto; alternano la poesia al dialogo ed al saggio. In esse le riflessioni della vicenda umana di un protagonista degli ultimi sessant’anni di vita politica della Sardegna.
Se n’è dibattuto a Pattada il 12 luglio, nell’incontro organizzato da Lamas e moderato da Maria Antonietta Mongiu. Pietrino Soddu è un personaggio che per i ruoli che ha avuto è molto discusso. Ha unito e diviso. Leader carismatico, a differenza di oggi, una contemporaneità di carismi senza leadership.
È stato un riformatore della Dc, ne ha rappresentato l’ala di sinistra, quella di Moro; propugnatore di un compromesso storico con il PCI per il governo della Regione. L’assassinio del suo leader fece di Soddu e dei suoi amici di corrente degli sconfitti. In molti cambiarono. Lui no, rimase fedele a quell’idea. Oggi molto si sta scoprendo della fine del leader democristiano e delle responsabilità di Andreotti e Cossiga. Il tempo di Soddu ha incrociato i momenti più oscuri della Repubblica.
Fu anche uomo del Piano di Rinascita, anche se, bisogna dirlo, la scelta della chimica venne fatta prima che lui avesse ruoli decisori. Scelta che non rinnegò, tentò di controbilanciarla con l’istituzione delle Zone Industriali Regionali. Dopo il fallimento di quelle esperienze è facile chieder conto. In realtà molto era frutto di posizioni condivise da tutto l’arco politico, sindacati compresi. Una concezione culturale in cui l’unica modernizzazione possibile era quella dello sviluppo industriale che passasse solo tramite imprese di base. Perché quello era il ruolo che era stato assegnato alla Sardegna. La tanto auspicata verticalizzazione non avvenne.
Non solo posti di lavoro, era l’unica possibilità concepita di avere sviluppo. Altra categoria che oggi occorre demitizzare. Sviluppo e sottosviluppo legati solo ai freddi numeri del Pil, alla fine, per chi è nel sottosviluppo finisce per vivere dentro una “autocoscienza di una coscienza infelice,” come sostiene Placido Cherchi. Nonostante quelle categorie, che concepivano l’uscita dalla povertà come impossibile senza l’adozione di modelli esterni, ci furono altre strade, tentate brevemente e poi abbandonate. Come nel caso dell’iniziativa dell’OECE in Montiferru, che privilegiava la valorizzazione dell’esistente. Lo sviluppo dal basso.
L’intervento dei petrolieri e della chimica, fu il “sequestro” dei fondi del Piano di Rinascita. Una partita di giro, quel che lo Stato dava con una mano si riprendeva con le Partecipazioni Statali, finanziando privati come Rovelli e Moratti. Mentre le imprese locali morivano, fette di mercato sardo che diventavano appannaggio delle multinazionali. Basta ricordare le vicende dei pastifici, acquistati e chiusi dalla Barilla.
Questo è stato il tempo di Soddu. In esso ha esperito anche l’indifferenza della politica romana, che continuava ad equiparare la Sardegna al Mezzogiorno, nonostante le diversità. Tempo che generò consapevolezza del fallimento della Rinascita e dell’Autonomia; quest’ultima impossibilitata ad essere qualcosa di più di una semplice petizione continua verso il governo italiano. Pietrino Soddu è il testimone di quella stagione, porta con sé quanto di positivo ci fu, e ce n’è stato, e quanto di negativo. Non elude le responsabilità.
Oggi ad ottant’anni suonati riscopre nuova vita. È ancora nel tempo. Il Pietrino del XXI secolo sembra dissentire dal Soddu del secolo passato. Questi anni, sono quelli del dover pensare a scelte che allarghino costantemente gli spazi di autogoverno. Bisognerà farlo in una Sardegna che non potrà avere come interlocutore solo l’Italia. L’Europa dovrà essere il nostro punto di riferimento.
Si dovrà tenere conto che molte delle decisioni che riguardano la vita di tutti giorni vengono prese da organismi internazionali non eletti, da imprese e banche che con la loro potenza finanziaria possono mettere in difficoltà chiunque.
Tutto questo in una società in crisi, non solo economica, ma sociale e culturale. Eppure non c’è da disperare. La nostra isola ha ancora risorse e capacità per stare in un mondo crudele e turbolento.
Questo è il messaggio degli Scritti clandestini. Oggi, paradossalmente, per Pietrino Soddu è il Tempo dei Sardi; l’ha scritto e lo ha ripetuto a Pattada. Prefigura una prospettiva ventennale. Detto da chi ha superato gli ottanta è una bella sfida. Ma non importa, si è il tempo fino all’ultimo momento. Anche per quelli che verranno.