Il politico sardo che vorrei………………………………… di Salvatore Cubeddu

Il politico sardo che vorrei…

di Salvatore Cubeddu

Nelle nostre conversazioni tra  cittadini adulti, di ormai antica politicizzazione,  gira nell’aria, senza neanche venire esplicitamente a galla, un problema che potrebbe sembrare persino stravagante: esiste in Sardegna un politico buono?

E, se esiste, come deve essere? Gli mancano quei difetti che continuamente ci colpiscono negli altri? O eccelle in certe qualità che servirebbero da modello ai tanti? E’ qualcuno che se ne sta in di­sparte oppure può muoversi liberamente in mezzo agli altri, reagire alle loro sfide ed essere ugualmente “buono”?

Il problema interessa  a me come a qualsiasi cittadino sardo. Tutti dubitiamo che un politico sardo buono sia  mai possibile nella Sardegna che vediamo – ognuno con i propri occhi – intorno a noi. Mi riferisco al politico sardo nel più ampio spettro del termine, anche a un cagliaritano o a un sassarese che a volte sembrano solo ‘italiani di Sardegna’. La storia ci ha regalato anche dei forestieri che hanno scelto di abbracciare con abnegazione la nostra causa. Affrontiamolo, dunque, il problema, avventurandoci in una non facile ricerca di definizioni.

Non c’è dubbio che, se esiste, il politico sardo buono deve essere fatto in un certo modo. Deve conoscere la professione della politica,  pur non dovendo necessariamente essere per professione un politico. Attore nella politica. Deve essere interessato a dirigere le azioni di altri uomini, quando esse debbono essere motivate da obblighi di legge, o da obiettivi condivisi o anche, purtroppo, dalle emergenze del vivere civile. Uomo obbligato e/o invitato a decidere, spesso con poche variabili, non raramente indirizzato dagi eventi a scegliere il minore dei mali più che il meglio desiderabile. La politica che riguarda la Sardegna moderna è la conquista della sua libertà attraverso adeguate istituzioni, la ricostruzione di una propria economia, il rispetto e la promozione degli specifici valori del suo popolo. Il politico sardo, la cui stella cometa è la libertà della sua terra, a poterlo incontrare, lo riconosceremmo a prima vista. Nel considerare o discutere un qualsiasi problema, che ai nostri occhi assume una curiosa ur­genza, saremmo convinti di sapere esattamente che cosa intendiamo. Da fuggire come la peste sono invece  i dilettanti allo sbaraglio, i mediocri che sfuggono qualsiasi mestiere, i servi al seguito dei potenti (quasi sempre) stranieri. Quando queste tre condizioni si sommano, infatti, capiamo meglio la situazione presente.

Sarà capitato anche a qualche altro l’interrogativo se chi ci comanda  ‘connoschet sa terra chi dhu poderat’. Mi si conferma in continuazione un fatto: chi governa la Sardegna nelle sue varie istituzioni – la Regione in primis, ma pure le province e i grandi comuni, ma senza escludere la Chiesa, l’Università, per non parlare delle professioni – non ne conosce la vicenda storica né è interessato alle peripezie dei suoi abitatori. Si tratta di responsabili – in realtà nel massimo dell’irresponsabilità – che sovente non sanno di non sapere. Evidentemente sono portati a decidere secondo i valori che solo conoscono: gli interessi personali, di famiglia, di clan, di paese, in ogni caso non gli interessi generali. Il fatto che la segreta e notturna ‘falsa’ riduzione degli stipendi abbia coinvolto, lo scorso anno, la grandissima maggioranza dei consiglieri ragionali, senza differenziazioni di parte, ci restituisce un dato di ignoranza, prima e più di una costante manifestazione di immoralità. Il politico sardo sembra navigare  nel vuoto, con la testa al di là del mare e uno spazio vitale che si ferma al promontorio urbano del capoluogo.

Non credo di costringere il lettore a un’estenuante e sterile discus­sione per stabilire che cos’è buono, in un politico sardo, quando, nel lettore come in me che scrivo, il politico sardo buono sussiste come un’immagine intangibile. Possiamo cercare nel passato: l’amletico interrogativo di Giomaria Angioy ad Oristano (giugno 1796), tra l’esilio e lo scontro armato contro i traditori componenti del suo stesso popolo;  la leadership coraggiosa ma infine rinunciataria di Emilio Lussu, paragonato all’amore disperato per la patria sarda di un Titino Melis; la brillante profezia indipendentista di Antonio Simon Mossa a fronte della mediocre gestione di quel  sardismo che ci ha lasciato senza speranza allo scadere  dei lunghi anni Ottana.

E tra i viventi, chi troviamo quale modello di un politico sardo buono? Era soltanto un’im­magine? Esiste davvero? Dov’è?

Potremmo passare in rivista tutte le persone che conosciamo. Dovremo esplorare tra coloro che hanno passione per la politica, o semplicemente che vivono i problemi della Sardegna con passione. Queste per­sone affiorano l’una dopo l’altra, davanti a voi co­me davanti a me, e sottoponiamo ciascuna a un esame. Ci rendiamo presto conto che al fondo sappiamo troppo poco su di loro.  Anche di coloro che credevamo di conoscere bene possono rappresentarsi aspetti sconosciuti. Un tema ed un esempio dirimenti: l’una dopo l’altra, non troviamo con certezza la persona che prenda una decisa distanza dai ruoli e dalle istituzioni presenti in vista di costruire quelle nuove, migliori, desiderate, esclusive, totalizzanti. Difficile, ma non impossibile, che qualsiasi protagonismo non ambisca a finire almeno nell’emiciclo di via Roma. Forse sono troppo severo, in fondo le situazioni di cui sono stato  o sono testimone e per le quali, per così dire, sono in grado di garantire, non sono poi troppe.

E’ chiaro che noi non dobbiamo andare alla ricerca di un ingenuo: il buono che abbiamo in mente deve sapere quel che fa. Deve essere provvisto di una grande vitalità che gli possa consentire delle scelte. Non è un in­dividuo elementare o limitato, non è ignaro delle co­se del mondo, ha la capacità di vedere nell’animo altrui. Non si lascia ingannare o addormentare dagli altri, è sveglio ed attento; e solo se è in grado di soddisfare tutte queste condizioni, può porsi a noi il quesito: con tutto ciò, è questo un politico sardo buono?

Potremo continuare e andare ragionando a lungo, proiettando in giro attese, frustrazioni e speranze. Nel titolo, ad esempio, mi sono scordato di scegliere il verbo ausiliare (essere o avere). In fondo ciascuno di noi vede se stesso quale politico sardo buono. Ma dubitarne non guasta!

Cagliari 17 giugno 2013

 

Il presente contributo viene pubblicato anche in altri siti/blog, nell’ambito di un accordo tra diverse persone (tutte impegnate nel movimento culturale “In sardu”), le quali dispongono di detti spazi virtuali che mettono a disposizione per favorire la circolazione di idee (e l’organizzazione di iniziative di carattere politico-culturale) sulle problematiche della Sardegna, senza limiti di argomenti e nel pieno rispetto delle diverse opinioni e impostazioni politiche e culturali, ovviamente nella condivisione dello spirito e dei comportamenti democratici. I contributi saranno pubblicati in italiano e/o in sardo.

Ecco i siti/blog (a cui nel tempo se ne aggiungeranno altri, auspicabilmente) :

aladinews

vitobiolchiniblog

Fondazione Sardinia

Tramas de amistade

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Il primo intervento di Salvatore Cubeddu

Il secondo intervento di Fabrizio Palazzari

Il terzo intervento di Nicolò Migheli

Il quarto intervento di Vito Biolchini

Il quinto intervento di Franco Meloni

 

 

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    5 Comments to “Il politico sardo che vorrei………………………………… di Salvatore Cubeddu”

    1. By Gian Paolo Cuccuru, 21 giugno 2013 @ 14:34

      Salve a tutti.

      A mio avviso la Sardegna è storicamente ed antropologicamente unica e tout court imparagonabile al modus operandi delle politiche tricolori.
      Certo, le dinamiche sono le stesse, ma il rapporto tra l’isola e Roma è davvero peculiare…un cordone ombelicale malato.
      Politicamente la Sardegna mantiene il lato docile, servile e di sudditanza nei confronti del continente, mentre nell’animo popolare, lo spirito indipendentista in piccola parte (per fortuna) continua a resistere.
      Certo, ha avuto saliscendi numerici nella popolazione isolana, momenti di picco e caduta, sovente legati (in passato) alla serietà ed alla aurea aetas del Partito Sardo d’Azione.
      Il problema, a mio avviso, è la grossa difficoltà che si ha nel fare buona politica oggi in Sardegna.
      Da una parte la disaffezione endemica verso i politici da parte dei cittadini; dall’altra la mancanza di speranza nei confronti di un indipendentismo che viene visto talvolta con sfumature macchiettistiche anche dagli stessi isolani… visione a volte figlia di contorni effettivamente obsoleti.
      Un giovane sardo interessato in modo attivo e militante si trova davanti  questo scenario, ben condito dalla capitolazione morale ed etica della res politica.
      Costui (o colei), anche se munito di saldissimi principi, ideali genuini e fervente passione, si dovrà scontrare con una miriade di squali, promotori di un sistema amministrativo e governativo immobilista…uno schiacciasassi indomabile, difficile da scavalcare.
      Per come la vedo io,  in Sardegna ci sono ottimi ragazzi/e con la passione della politica onesta e l’amore, vero e passionale per la Sardegna.
      Pochi di loro hanno però anche le capacità per entrare seriamente in questo mondo e la forza per tenere testa giornalmente…perchè per portare avanti la propria linea senza entrare nel gioco dei patti continui e dei controfavori, è necessario avere la pelle di acciaio ed una leppa stretta tra i denti.
      Detto questo resta fondamentale come collante del lavoro politico, una collettività unita, capace di scindere le azioni politiche deleterie da quelle edificanti. Perchè se è vero che l’uomo è imperfetto e colmo di sfumature, ciò che esso crea politicamente è ben più facile da giudicare.
      Saludos

      Gian Paolo Cuccuru

      • By salvatore cubeddu, 22 giugno 2013 @ 15:47

        E’ molto interessante il tuo richiamo ad un approccio antropologico – evidente soprattutto dal lato culturale – sulla problematica di cui parliamo. Numerosi articoli di questo sito (si veda alle voci ‘antropologia, religione, politica sarda, società sarda …” vi fanno riferimento.
        Le tematiche a sfondo nazionalitario vengono quasi sempre innestate da minoranze colte e attive, che poi coinvolgono, spesso con troppo ritardo, il proprio popolo. Nel caso della Sardegna vanno aggiunte le frequenti delusioni per i limiti di organizzazioni che a quelle tematiche si ispirano. E non si tratta del problema dei soli sardi. La stessa unità nazionale italiana, che abbiamo letto evocata nella poesia di Francesco Petrarca, la ritroviamo, quasi negli stessi termini, ripresa da Giacomo Leopardi, più di cinquecento anni più tardi.
        Tocca ai giovani sardi – residenti in Sardegna o all’esterno – continuare nell’opera. Le idee, come i popoli, possono essere immortali. Ciao
        SALVATORE CUBEDDU

    2. By Piero Marcialis, 18 giugno 2013 @ 13:17

      Caro Salvatore,
      il tema che proponi è di quelli terribili che fanno “tremare le vene e i polsi”. Per sottolineare quanto è complesso e difficile dirò che equivale a chiedersi “chi è l’uomo (o la donna) che può condurre la Sardegna all’indipendenza?”.
      Tu dici libertà, ma lì siamo.
      Tu dici “buono”, ma il termine, riferito all’essere umano, è impraticabile.
      Tutti siamo più o meno buoni, più o meno cattivi, ma anche il più buono fa qualche errore, anche il più cattivo fa qualcosa fatta bene. Quindi la domanda si riduce a “buono a far che?” perchè se parliamo di politica, l’uomo buono deve rispondere a obiettivi concreti, più che alla celebrazione della sua virtù. Quale è l’obiettivo? gli obiettivi?
      Buono, allora, è chi ha chiarezza di obiettivi, una strategia per giungere al successo finale, una sapienza tattica per ottenere gli obiettivi intermedi, le tappe che avvicinano al risultato finale. Deve essere certo un intellettuale, ma non il sapiente di tutto il sapere, piuttosto l’intellettuale che ha una disciplina di pensiero e l’arte difficile di organizzare le persone, che sa convincere e condurre le persone al “bene”, a quello che sta oltre l’interesse particolare e immediato, alla libertà, all’uguaglianza, alla fraternità, alla democrazia. Quanti hanno perso tutto, compresa la vita, nella storia del mondo e nella storia sarda per aver cercato di camminare per questa via! E qui si scopre che l’uomo buono, da solo, non basta; che da solo arriva, può arrivare sì, come tu dici, a ottenere un posto per sè nelle lucide assemblee elettive, ma lì si ferma. Occorre che quest’uomo, o questa donna (perchè no?) cresca nell’humus di un ambiente democratico, nella collettività di un insieme di donne e uomini validi, che sia organico rappresentante di questa collettività, più grande della sua famiglia. Si dice che ogni popolo si merita i suoi governanti (beninteso, io non credo che ci meritiamo quelli che abbiamo), però come sarà possibile che cresca in un popolo diviso, che dà consenso a chi non lo merita, o che pratica una sfiduciata assenza dai luoghi della politica (anche di quella sana), un organico intellettuale come quello che tu, che noi sognamo? Ne hai elencato alcuni del passato. Fallirono per la loro incapacità? Non erano abbastanza buoni? O non è mancato invece un respiro collettivo, una passione, una capacità di resistenza, intorno a loro? Chiunque tra tutti noi potrà essere “il politico buono”, ma solo quando vorrà esserlo con tutti noi, e tutti noi vorremo esserlo con lui.
      (Così concludo il mio sermone. Dixi et servavi animam meam).

      • By salvatore cubeddu, 18 giugno 2013 @ 16:38

        Caro Piero, scrivo del politico sardo in generale, non solo del presidente della Regione, anche se evidentemente il ragionamento si rafforza mano a mano che si sale nella scala degli oneri e degli onori.
        Lo chiamo ‘buono’, utilizzando un termine generico, antico ma ritornato nell’uso, per indicare semplicemente il politico adatto a quel ruolo, all’espletamento del suo compito, che difatti preciso nei termini di professionalità, competenza (soprattutto del suo ambiente e delle soluzioni ai problemi sei suoi ‘rappresentati’) e passione, senza che per questo sia fragile e ‘mansueto’. Ma anche su questo concordiamo.
        Poi tu allarghi il discorso … mi va benissimo. Grazie, ciao … SALVATORE CUBEDDU