La lunga marcia nelle istituzioni, di Barbara Spinelli

Ne parlò nel 1967 Rudi Dutschke, il leader degli extraparlamentari tedeschi che auspicava una democrazia diretta. Il suo appello a con­quistare un’ egemonia culturale [una sovranità discorsiva, disse) facendo leva sulle istituzioni mise radici: il partito dei Verdi, nato grazie a lui fu l’approdo di quella marcia. Da la Repubblica 06-03-2013

La lunga marcia nelle istituzioni

Nessuno può dire di co­sa parleranno Bersani e Grillo, se mai si parleranno. Tante voci, tante forze impaurite sono coalizzate contro questo tentativo – del tutto inedito, sgradito a chi re­sta appeso alle proprie abitu­dini – di immaginare non solo un’Italia ma un’Europa diver­sa, dove trovino spazio iniziati­ve cittadine, proposte che circolano da anni nella società. Ad esempio, reddito di cittadinanza, leggi anticorruzione, nuove definizioni del prodotto interno lordo, diritti non negoziabili con la Chiesa. Sono le idee che un quarto degli italiani ha cercato in 5 Stelle. Non sappiamo se Bersani saprà udirle – e quanto sarà condizionato dalle riluttanze dentro il Pd – ma neppure sappiamo se Grillo e e Casaleggio desiderino davvero farsi udire.

Quel che è certo, è che in queste ore comincia per il movimento di Gril­lo qualcosa che lui stesso non aveva previsto: comincia quella lunga marcia attraverso le istituzioni che per forza porterà il M5S- forte ancora del­la sua natura extraparlamentare – ad assumersi responsabilità nella Re­pubblica.

Di Lunga marcia attraverso le istituzioni parlò nel 1967 Rudi Dutschke, il leader degli extraparlamentari tedeschi che auspicava una democrazia diretta e che subì una campagna diffamatrice, ordita dall’editore Axel Springer, simile a quella inflitta oggi a Grillo: Ferito da una rivoltellata l’ 11 aprile ’68, Dutschke non si riprese più: morì nel ’79. Ma il suo appello a con­quistare un’ egemonia culturale [una sovranità discorsiva, disse) facendo leva sulle istituzioni mise radici: il partito dei Verdi, nato grazie a lui fu l’approdo di quella marcia .

Oggi siamo nel mezzo di una mutazione. I  paesi industrializzati perdono forza e ricchezze, mala sfida resta quella. Specie nel nostro continente  siamo immersi in una depressione da cui non usciremo senza radicali reinvenzioni,   e la reinvenzione più grande riguarda l’Europa, che il’68 ignorava. L’Europa quindi non dovrebbe essere uno degli argomenti trattati da Bersani o da chi proverà dopo di lui con 5 Stelle: è il punto decisivo, da cui tutto il resto discende. Il tema è schivato da Grillo, come dal Pd.

L’idea-forza del suo Movimento è che di fronte all’impotenza degli Stati, i cittadini devono sollevarsi e dire: «Lo Stato siamo noi». Ma l’idea è troppo poco ambiziosa. Forse è venuta l’ ora di mirare molto più in al­to, e di affermare: «L’Europa siamo noi, cittadini inascoltati in casa e nell’Unione. Dobbiamo darci una vera costituzione europea, che inizi come quella americana: «Noi, il popolo”. Questo diceva l’appello di Daniel Cohn- Bendit e Ulrich Beck, il3 maggio 2012 su Repubblica: se tanti s’indi­gnano, se la crisi sgretola un’intera generazione, è perché «incombe una bancarotta degli Stati-nazione». L’Europa fatta dall’alto va riedificata dal basso. L’appello reclamava un «nuovo contratto fra Stati, Unione europea, strutture politiche nella società civile, mercato, previdenza sociale, sostenibilità ambientale».    .

Certamente ci sono, nelle ii Stelle, avversari dell’Europa unita: conside­rata un’utopia, quando la sola chimera è la sovranità assoluta degli Stati. Ma essere scettici non è sinonimo di anti-europeismo. I federalisti stessi sono scettici, sull’Unione che non è all’altezza della crisi. Essere scettici­non contentarsi delle apparenze – è d’obbligo anche per chi esige oggi un’altra Europa. Per Martin Schulz, presidente del Parlamento europeo, il voto italiano segnala la voglia di rinnovare la politica, e un rifiuto dell ‘au­sterità e della mancanza di risposte europee: «L’Europa ha le sue respon­sabilità, non può permettersi di fare lo struzzo mettendo la testa sotto la sabbia. Deve chiedersi fino a che punto una strategia di solo rigore, senza forti misure per la crescita, abbia spinto in ltalia a un voto di protesta» [Cor­riere,l marzo 2013).

La risposta non sarà il referendum di Grillo sull’ euro: referendum onli­ne, riservato solo a chi padroneggia Internet [come superare il divario di­gitale fra chi accede e chi no, tra anziani e no?). Se M5S vuoi marciare attra­verso le istituzioni europee oltre che nazionali, non potrà fare a meno di

pensare l’Unione da capo, come formidabile opportunità per recuperare la sovranità perduta dagli

 

Stati -nazione. Non potrà non guardare la realtà: 6 Stati d’Europa sono di fatto «commissariati» dall’Unione e spesso dal Fondo monetario.(Grecia, Irlanda, Spagna, Portogallo, Italia, Cipro). Non è lontano il giorno in cui anche l’Italia, con un debito pubblico non riduci­bile tagliando solo i costi della politica, dovrà rivolgersi al Fondo salva-Sta­ti, e negoziare il Protocollo d’Intesa previsto dalle sue regole.

Di questo dovrebbe parlare Grillo con le controparti: che faremo, se avremo bisogno del Fondo? Come operare perché l’Unione si accolli par­te dei debiti (un piano esiste già, elaborato in Germania: il cosiddetto Fon­do di redenzione) e imbocchi finalmente la via di Hamilton, quando acce­lerò la nascita in America di un potere federale forte, con poteri impositivi  e un proprio bilancio, e su questa base assunse i debiti di Stati stremati dal­la guerra d’indipendenza? Lo fece perché il paese usciva da una guerra, è vero. Ma l’Europa traversa una guerra, oggi, tra Stati e mercati.

È utile ripercorrere il tracollo greco. Quando si trovò sull’ orlo del default, il Premier Papandreou scelse come consigliere Tommaso Padoa-Schiop­pa, ex ministro dell’ economia nel secondo governo Prodi, e Padoa-Schiop­pa suggerì questo: sarà inevitabile ridurre il debito, ma come condizione chiedete che l’Europa si dia i mezzi per ri-crescere e sostenervi. La formu­la era: «Agli Stati il rigore -all’Europa lo sviluppo». Papandreou divenne un pariah, quando su quest’idea volle indire un referendum.

Ioseph Stiglitz, il premio Nobel, ha scritto che il male non è negli Stati, ma nell’Unione restata a metà strada: «L’ austerità è una strategia anti-cre­scita». L’Europa ha bisogno di un’unione bancaria vera, e di comuni risor­se ben più consistenti del «minuscolo bilancio appena decurtato dagli av­vocati dell’austerità». Grillo ammira Stiglitz. Ma per ascoltarlo non dovrà accettare di governare in qualche modo?

Si diceva nel ’68 che l’immaginazione era andata al potere. Oggi deve an­dare al potere anche inEuropa, perché lì si deciderà quel che saremo. Si do­vrà decidere la politica estera e di difesa, che non potrà più dipendere da­gli Usa. Si deciderà l’impoverimento o la ripresa. l militanti M5S sono ad­destrati a pensare assieme il globale e il locale. Manca loro il cruciale anel­lo europeo. Lo fa capire un articolo pubblicato su Eurobull.com dal fede­ralista Antonio Longo: lo Stato- nazione «non offre oggi che briciole». Non basterà combattere la corruzione, per una nuova crescita sostenibile. Solo uno sviluppo europeo potrà controbilanciare le austerità nazionali, perché «garantirebbe costi complessivi più bassi, maggiore efficienza grazie alle economie di scala e benefici per tutti». Solo la Federazione salverà l’Italia.

Chiunque parlerà con Grillo avrà davanti a sé qualcuno che esecra i par­titi, ma spesso guarda lontano. Grillo vede arrivare banche statali molto plausibili. Invita a scommettere tutto sulla ricerca scientifica (intervista a New Scientist, 27 ·2-13), Malandata com’è, l’Europa non è nel suo campo visivo. Vale la pena che la faccia entrare. L’occasione è ora. Se torneremo alle urne, l’Italia impaurita sceglierebbe la destra forgiata da Berlusconi. Stesso disastro con un governo tecnico appoggiato dal PdI (un governo di partiti camuffati): sarebbe l’ esplicito riconoscimento che il malcostume, la frode, la compravendita del consenso in Parlamento non sono un crimine. Convaliderebbe l’idea più che mai incongrua che i politici siano«tutti egua­li», «tutti ladri». Potrebbe ferire a morte la nostra democrazia, e con essa la cittadinanza attiva voluta da Grillo.

Condividi su:

    Comments are closed.