Cinque Stelle, uno tsunami europeo, di di MASSIMO NAVA
dal CORRIERE DELLA SERA 02-03-2013
A parte la sgradevole battuta di Steinbriick, dirigenti politici ed opinione pubblica europea hanno preso molto sul serio il successo di Grillo, evitando d’infierire sulla breve stagione di Monti e sulla resurrezione di Berlusconi. Si è compreso che i grillini non sono un colorato diversivo del Bel Paese, bensì la versione italiana – ben più organizzata e ormai fortemente rappresentata – degli indignados spagnoli, portoghesi e greci, dei «pirati» tedeschi, dei populisti di destra e di sinistra che ostacolano in Francia il pur morbido progetto riformista di Hollande, dell’isolazionismo inglese, della sinistra radicale olandese, di una crescente e consapevole opposizione delle classi medie e popolari all’ «Europa dei tecnocrati»:non all’ideale europeo, e non ancora alla moneta unica, ma a un’Europa che in nome del solo rigore di bilancio rischia di distruggere benessere collettivo e modello sociale.
Preoccupa, più ancora delle ripercussioni sui mercati finanziari, la prospettiva di uno tsunami europeo di cui si colgono le avvisaglie in diversi Paesi e che potrebbe investire le prossime elezioni del parlamento dell’Unione. Il caso italiano ha sue specificità complice la legge elettorale – ma come spesso avvenuto nella storia recente è anche un laboratorio anticipatore di fenomeni politici e modelli di formazione del consenso.
Nel momento in cui scompare Hessel, bandiera intellettuale degli indignados, il suo messaggio, per la prima volta, si afferma con prepotenza in una competizione elettorale. «Abbiamo bisogno di una visione, al di là di ciò che è immediatamente possibile», diceva Hessel.
Grillo non è Hessel, ma qualche connotato del M5S obbliga a riflettere su analogie e possibili sbocchi di una visione politica che guarda anche allo spread della dignità e degli interessi dei cittadini.
Il Movimento pesca a sinistra e a destra, nell’astensionismo e nel leghismo, fra laici e cattolici, soprattutto fra donne e giovani. Sullle categorie classiche di destra e sinistra, si afferma una trasversalità «cittadina» e popolare che esprime bisogni reali: di giustizia sociale, progresso, pulizia, trasparenza e controllo delle decisioni, ricambio. Nel M5S (così come in tanti fermenti che percorrono la società europea) c’è un noi (cittadini, elettori, giovani, telespettatori, donne, lavoratori, esclusi) e c’è un loro (politici, banchieri, tecnocrati, esperti, guru dell’informazione, anziani inamovibili).
Questa «trasversalità» si è impadronita dei nuovi mezzi di comunicazione molto più di quanto abbiano saputo fare partiti e loro leader. La rete di Grillo svolge la stessa funzione di mediazione, consenso e «polso sociale» che avevano nel passato parrocchie e sezioni e, in tempi più recenti, giornali e televisione. La Rete ha dominato la scena senza essere immediatamente visibile, salvo poi conquistare fisicamente le piazze e invadere giornali e teleschermi senza dirigerli e senza possederli. Difficile non ammettere che si sia trattato di un modernissimo esempio di rivoluzione che, fra parentesi, ha il merito di non avere eretto barricate e non avere sfasciato vetrine. I grillini, come i giovani degli anni Sessanta, sorridono nelle piazze, hanno messo fiori nei cannoni e rabbia nelle urne. Milioni di europei potrebbero imitarli alle prossime elezioni.
Il messaggio politico, salvo argomenti specifici come la Tav, non è antagonista, antiistituzionale e nemmeno localista come nel caso della Lega. È contro un sistema di gestione personalistica e corrotta della cosa pubblica, contro chi ha fatto promesse di rinnovamento istituzionale mai mantenute, contro il fallimento di una politica di risanamento che ha fatto pagare il conto ai soliti noti. E un messaggio semplice e forte. Per questo vincente. Grillo e Crozza, Begnini, Fo, Celentano non sono soltanto comici e artisti se alla fine risultano più credibili delle loro «maschere», immortalate nel carnevale della politica. Oggi. sono il «comune sentire», in attesa che diventi un «comune ascoltare».