Elezioni italiane e austerità, di Paul Krugman

Con una nota di Gianni Mula

Elezioni italiane e austerità

di Paul Krugman

Con una nota di Gianni Mula

In quest’editoriale Krugman dice esplicitamente, per ben due volte, che Mario Monti ci è stato imposto dai nostri creditori (la seconda volta li identifica con la Germania) in nome della volontà di perseguire un’austerità senza limiti che “è ciò che si definisce rispettabilità nei circoli politici europei”. Con queste premesse è chiaro che Krugman (le sue riflessioni sono state scritte ad urne ancora chiuse) prevedeva per le elezioni italiane un esito di ingovernabilità che sarebbe stato solo “un assaggio della pericolosa radicalizzazione che è alle porte”. A meno che, naturalmente, “gli europei rispettabili” non vogliano ammettere che “le loro politiche di pareggio di bilancio sono state un fallimento disastroso”.

Mi sembra che la distanza geografica permetta a Krugman per vedere più chiaro di molti italiani! E, senza che ciò in alcun modo lo leghi a prospettive politiche che in Italia si chiamerebbero di “sinistra”, gli permetta anche di essere assolutamente scettico sulle possibilità di vittoria elettorale di partiti di sinistra o centro-sinistra che, nelle attuali condizioni di crisi economica, si presentino alle elezioni con programmi di governo basati sul mantenimento a tutti i costi della rispettabilità in campo europeo.

Buona lettura!
Gianni Mula

Elezioni italiane e austerità

di Paul Krugman

New York Times – 24 febbraio 2013

Due mesi fa, quando Mario Monti si dimise da primo ministro, l’Economist scrisse “La prossima campagna elettorale sarà, prima di tutto, una prova della maturità e del realismo degli elettori italiani.” Presumibilmente intendeva dire che far tornare Monti – che è stato sostanzialmente imposto all’Italia dai suoi creditori – al suo lavoro di premier, questa volta con un vero mandato democratico, sarebbe stata un’azione realistica e matura.

Beh, non sembra che le cose vadano bene. Il partito di Monti finirà probabilmente quarto, non solo dietro un Silvio Berlusconi essenzialmente comico, ma anche dietro un comico vero, Beppe Grillo, al quale l’assenza di una piattaforma coerente non ha impedito di diventare una forza politica importante.

È una prospettiva straordinaria, che ha scatenato molti commenti sulla cultura politica italiana. Ma senza cercare di difendere la politica del bunga bunga, vorrei fare l’ovvia domanda: ciò che passa attualmente per maturo realismo è per caso servito a qualcosa di buono in Italia o nell’Europa nel suo insieme?

Perché Monti è stato, in effetti, il proconsole imposto dalla Germania per imporre l’austerità fiscale su un’economia già in difficoltà; e la volontà di perseguire l’austerità senza limiti è ciò che si definisce rispettabilità nei circoli politici europei. Questo sarebbe anche potuto andar bene se le politiche di austerità funzionassero davvero – ma così non è. E lungi dal sembrare maturi o realistici, i sostenitori dell’austerità sembrano sempre più in preda a un delirio di onnipotenza.

Pensate a come sarebbero dovute andare le cose. Quando l’Europa iniziò la sua politica di austerità, i suoi alti funzionari misero in ridicolo la preoccupazione che, in economie depresse, i tagli alla spesa e l’aumento delle tasse avrebbero potuto aggravare la depressione. Al contrario, dissero, tali politiche avrebbero ispirato fiducia.

Ma la fatina della fiducia non si è vista. Le nazioni che hanno imposto dure misure di austerità sono entrate in crisi, più dure le misure, più profonda la crisi. Questa relazione è stata così evidente che il Fondo Monetario Internazionale, con uno stupefacente mea culpa, ha ammesso di aver sottovalutato il danno che l’austerità avrebbe inflitto.

L’austerità non ha neppure raggiunto l’obiettivo minimo di riduzione dell’onere del debito. Al contrario, i paesi che perseguono politiche di austerità hanno visto il rapporto tra debito pubblico e PIL aumentare, perché la contrazione nelle loro economie ha superato di gran lunga il minor ricorso al credito. Inoltre, poiché le politiche di austerità non sono state compensate da politiche espansive in altri paesi, l’economia europea nel suo complesso – che non ha mai avuto un gran recupero dalla crisi del 2008-9 – è tornata in recessione, con tassi di disoccupazione sempre più alti.

L’unica buona notizia è che i mercati obbligazionari si sono calmati, in gran parte grazie alla dichiarazione della Banca centrale europea di disponibilità ad acquistare titoli di debito pubblico in caso di necessità. Di conseguenza, il crollo finanziario che avrebbe potuto distruggere l’euro è stato evitato. Ma è una magra consolazione per i milioni di europei che hanno perso il lavoro e hanno scarse prospettive di ritrovarlo.

Dato tutto questo, ci si sarebbe aspettato un minimo di esame di coscienza da parte delle autorità europee, e qualche accenno a un po’ di flessibilità. Invece le autorità europee hanno continuato a insistere che l’austerità è l’unica strada giusta.

Così nel gennaio 2011 Olli Rehn, vice presidente della Commissione europea, ha elogiato i programmi di austerità della Grecia, Spagna e Portogallo e ha previsto che il programma greco, in particolare, avrebbe prodotto “ritorni duraturi”. Da allora la disoccupazione è ancora salita in tutti e tre i paesi – ma nel dicembre 2012 il signor Rehn, abbastanza prevedibilmente, ha pubblicato un editoriale col titolo “L’Europa deve mantenere la rotta dell’austerità.”

Oh, e la risposta che Rehn ha dato ai recenti studi che dimostrano che gli effetti negativi dell’austerità sono molto maggiori del previsto è stata quella di inviare una lettera ai Ministri delle finanze e al FMI dove diceva che quegli studi erano dannosi, poiché avrebbero potuto erodere la fiducia.

Il che mi riporta in Italia, una nazione che nonostante tutte le sue disfunzioni ha scelto di imporsi dure misure di austerità – e che di conseguenza ha visto la sua economia contrarsi rapidamente.

Gli osservatori esterni sono terrorizzati dalle elezioni in Italia, e ben a ragione: anche se l’incubo di un ritorno di Berlusconi al potere non si materializzerà, una dimostrazione di forza da parte di Berlusconi, di Grillo, o di entrambi destabilizzerebbe non solo l’Italia ma l’intera Europa. Ma l’Italia non è unica nel suo genere: politici poco raccomandabili sono in aumento in tutta l’Europa meridionale. E la ragione per cui questo accade è che gli europei rispettabili non vogliono ammettere che le loro politiche di pareggio di bilancio sono state un fallimento disastroso. Sino a che non cambieranno, le elezioni italiane saranno solo un assaggio della pericolosa radicalizzazione che è alle porte.

(Traduzione di Gianni Mula)


 

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