Grillo, un leader sessantottino? di Salvatore Cubeddu
L’ho riconosciuto ascoltandolo. L’accostamento è permesso. Non importa se allora, probabilmente, Grillo frequentava più i locali della costa che le piazze del movimento. La platea quasi completamente giovanile è quella, confermata anche dal voto. Il tono apocalittico, da ‘contestazione generale’, unito al messaggio rigenerante che annuncia il nuovo mondo, è assimilabile agli interventi dei leaders universitari, alla fine del ’67 e per tutto io ’68 (i quasi ventiquattro mesi della spontaneità, prima che esplodessero i ‘gruppi’ e questi si irrorassero dei marxismi). L’individuazione del nemico avviene senza distinzioni interne: è tutta l’èlite al potere e all’opposizione. Attaccato, sbeffeggiato, disprezzato è l’insieme di coloro che hanno partecipato delle istituzioni democratiche, in Parlamento e nei consigli regionali innanzitutto, e i cda delle grandi concentrazioni economiche e finanziarie. Tutti vengono accomunati nel girone dei ladri, dei delinquenti, dei profittatori del popolo e dei cittadini.
Semplifica, certo. Ma solo in parte: che forse non è così? C’è forse qualche consigliere o parlamentare della sinistra, anche estrema (non parliamo del centro-destra…), che possiamo riconoscere come colui che, pubblicamente, si è autoridotto lo stipendio considerando la condizione del proprio elettore di riferimento? Ricordiamo l’esito dei 10 referendum e la notte oscura dei consiglieri sardi con i loro stipendi. Risulterà già rivoluzionario, per i parlamentari abituati al grasso, il solo accontentarsi dei 5000 euro lordi. La riforma della politica inizia dai principali soggetti di essa, non il contrario. Questo la sinistra non l’aveva capito. Alla destra non interessava.
Al metalmeccanico di Taranto e di Portovesme, al minatore del Sulcis, al chimico cassintegrato di P. Torres, all’esercito giovanile e tutti gli scontenti: sono bastati tre comizi in corrispondenti nostre città e via, tutti dietro il nuovo pifferaio magico. La contestazione generale è esplosa all’interno del sistema istituzionale, nei punti più alti dello Stato. Un fatto enorme, unico, offerto all’attenzione degli analisti di tutto il mondo e alle preoccupazioni di tutti i governanti. Una fiammata intensa e improvvisa che, verificata nella sua intensità proprio nelle piazze di Sassari, Carbonia e Cagliari, ha lanciato le scintille in tutte le direzioni. E’ contestazione generale…
La Sardegna è in Italia, si tratti delle città o dei più piccoli comuni. Complessati come sono, i sardi amerebbero autodescriversi come i primi e i migliori tra gli italiani. La realtà è che vengono unificati dall’unica fonte di notizie, la televisione. E’ un dato di fatto: tutto ciò che, in termini di movimento sociale è stato prodotto dalla nostra gente in termini di mobilitazione – un movimento originale di lotta, costante negli anni, generosissimo, quello che abbiamo vissuto ultimamente in Sardegna - si è rivolto a Grillo chiedendogli di venire rappresentato. L’operaio del Sulcis non è mai mancato nelle citazioni dei suoi comizi. Rivelando da parte sua una sincera partecipazione. Insieme alla frequente ammissione di non sapere che farci.
E, invece, qualcosa dovrà fare. Ha vinto ‘troppo’, se così si può dire. Rappresenta un italiano ogni quattro, è il leader del partito più forte. Non può attendersi che gli altri gli permettano di stare a guardare, continuino a bruciarsi nel gestire le difficoltà, in attesa delle prossime elezioni. Sembrerà un paradosso, ma non lo è: Grillo ed i suoi hanno il dovere di farsi carico, perlomeno del 29,68% dei problemi dei sardi. Noblesse obblige…!
Ogni movimento si incammina verso un’istituzionalizzazione. Chi è dotato di un’abile e consapevole leadership riesce a fare durare nel tempo la realizzazione degli ideali e a mantenere la coerenza dei comportamenti di chi vi partecipa. Non si conoscono molti casi di movimenti duraturi ed efficaci. Uno di essi è rappresentato dai Verdi nella Germania Federale. Si allearono sia con la socialdemocrazia e, poi, persino con i democristiani. Rinunciarono al ‘tutto e subito’ ed ottennero tanto a favore delle loro idee e a vantaggio dei propri rappresentati. Ci sono ancora. Ma, c’è un particolare ancora più interessante. Anche i loro leaders iniziarono nel ’67 – ’68. Ma, contrariamente a noi in Italia, ci sono ancora.
By claudia zuncheddu, 28 febbraio 2013 @ 15:57
RISPOSTA DI SALVATORE CUBEDDU
Nel ’67 e nel ’68 i primi movimenti studenteschi non avevano ancora attivato il collegamento con la classe operaia né con i marxismi. Questo, invece, iniziò nell’autunno del 1969, grazie ai primi contatti tra gruppi studenteschi e gruppi di operai iscritti alla Fim-Cisl, in occasione dell’autunno caldo dei metalmeccanici. Il mondo comunista e la Cgil nel suo insieme, anzi, consideravano la base sociale degli studenti universitari e la sua leadership come ‘anticomunisti’. E con qualche ragione, che non sto qui a ripercorrere. Comunque: D’Alema e Veltroni non erano accettati in quelle assemblee studentesche formate da giovani che già avevano condannato con Guccini ‘la politica che è solo far carriera, il perbenismo interessato, la dignità fatta di vuoto, l’ipocrisia di chi sta sempre con la ragione e mai col torto ’ (Dio è morto, 1965). Contro la guerra del Vietnam e contro la scuola di classe, con “Lettera ad una professoressa” quale libretto rosso: di questi primi tempi stavo parlando. Era ‘contestazione’, non ancora ‘rivoluzione. Ammetto, però, che il mio referente sono le università del Nord. La contestazione di Cagliari e Sassari contiene delle specificità tutte sarde, anche in questo, che non è il caso di riportare a questa discussione.
L’associazione di quei primi tempi con la presente esplosione del movimento 5stelle va colta, secondo me, nella riemersione dei giovani alla politica in termini di massa come allora. Guidati da una leadership carismatica (non giovane) – che contiene tutti gli aspetti autoritari di tale tipo di leadership (anche allora), con in più la potenza e la distanza consentite dall’odierna tecnologia –Grillo ed i suoi propongono una mutazione totale collocandosi direttamente nel cuore delle istituzioni dello Stato. La potenza attuale di Grillo sovrasta quella di qualsiasi leader studentesco di allora. Le responsabilità e le difficoltà sono conseguenti. Saggezza e capacità consiglierebbero considerazioni su esperienze consimili. Ma la storia non si ripresenta mai nei medesimi termini. Anche se può non essere inutile tenere presente che non si è i primi a provocare movimenti, trovarsi di fronte occasioni formidabili, e molto spesso fallire.
Ultima: ma perché non offrire delle chances anche a Beppe Grillo e, soprattutto, alle masse di giovani e meno giovani che, attraverso di lui e del suo movimento, domandano che vengano rappresentate e realizzate le loro buone ragioni?