FAMIGLIA, la rivoluzione silenziosa, di Daniele Marini
FAMIGLIA, la rivoluzione silenziosa, di Daniele Marini
LA STAMPA 16-01 -201 3
La famiglia è un tema politicamente (ed eticamente) sensibile. Anzi, scottante. E necessario evocarlo come dimensione di valore (ovviamente centrale) nei programmi elettorali.
Ma senza scendere nei particolari. Giacché è un argomento sensibile, meglio rimanere sul vago, per non scontentare alcuno prima del voto. Certo, poi durante la legislatura si farà spazio per qualche iniziativa o manifestazione pubblica (è rimasta qualche traccia dei «family day?). Qualche proposta di legge (chi rammenta i Dico, il Cus o i DiDoRE?) o dichiarazione altisonante alimenterà un dibattito che spesso trascenderà in scontro virulento. Ma, com’è accaduto finora, alla fine senza passi concreti per la costruzione di una politica per le famiglie, di interventi volti a sostenere la natalità o la creazione di opportunità per le giovani coppie che intendano formarsi. La famiglia, analogamente a quello del lavoro, è un tema che nel nostro Paese è spesso affrontato esclusivamente dal punto di vista dei principi, della dimensione di valore. Dunque, diventa tout court argomento di scontro ideologico. E quando il confronto assume tali connotazioni, diventa impossibile, trascende la realtà oggettiva, perde di vista gli orientamenti reali e i comportamenti della popolazione.
Si è generata così una progressiva forbice fra le dichiarazioni di principio che rimbalzano ampiamente nei mezzi di comunicazione e i modi di agire dei soggetti. E ciò non riguarda solo gli esponenti della politica e dei movimenti associativi che si occupano di questi aspetti, ma anche le stesse gerarchie della Chiesa cattolica. Ai fermi richiami di valore, corrisponde poi una pratica più attenta al discernimento nelle diocesi. D’altro canto, ricerche dimostrano come, fra le giovani coppie che frequentano i corsi di preparazione al matrimonio delle parrocchie, la maggioranza sia composta da quanti già convivono. Gli stessi recenti dati dell’Istat sulla popolazione evidenziano la siderale distanza che esiste fra l’idea di famiglia presente nel dibattito politico e i comportamenti. reali. Una rapida scorsa a quei numeri racconta di come sia già avvenuta in Italia una «silenziosa rivoluzione culturale»:
- i tassi di natalità sono in lento declino: passano dal 9,6 del 2008, al 9,1 del 2011;
- anche il numero di figli per donna, che dal 2000 era leggermente cresciuto grazie all’apporto delle popolazioni migranti, dall’avvento della crisi è in costante calo: da 1,42 (2008), a 1,39 nel 2011;
- gli stessi tassi di nuzialità conoscono un decremento costante: dal 4,1 (2008) al 3,4 (2011). E, per converso, la quota dei divorzi sale al 18,1% (2009), dall’l1,5% (2000).
Oltre a tutto ciò, va evidenziato come stiano mutando gli itinerari nella costituzione delle giovani famiglie. Diversamente da un tempo recente, si è diffusa la pratica della convivenza che precede un’unione sancita legalmente. Le coppie che coabitano prima di sposarsi passano dall’l1% nel decennio 1990-99, al 27% del decennio 2000-09. Nel (ex)tradizionalista Nord-Est si raggiunge ben il 47%. In definitiva, il percorso medio è il seguente: complice la crisi e la difficoltà a trovare un lavoro stabile, due giovani vanno a convivere poco prima dei 30 anni (per chi può, in un’abitazione di proprietà dei genitori o con il loro aiuto economico), fanno un figlio verso i 32, quindi si sposano, ma in misura crescente civilmente e meno in chiesa. Nel 2004 le unioni civili erano il 31,9% dei matrimoni, nel 2011 il 39,2% (NordOvest: 50,2%; Nord-Est: 52,3%).
Forse è venuto meno il valore assegnato alla famiglia? No, le ricerche dimostrano come la famiglia continui a rimanere un elemento fondamentale nella vita delle persone. Muta, però, il modo di costruirla concretamente. Anche solo questi scarni dati raccontano della «rivoluzione silenziosa» operata dalla popolazione e dalle giovani coppie. Una volta di più, l’(in)azione della politica scarica sulle famiglie un sovraccarico di funzioni, che con la crisi diventa ulteriormente oneroso. Il futuro dell’Italia si gioca ovviamente attraverso l’economia e la sua competitività. Ma non va dimenticato che le famiglie svolgono un ruolo fondamentale sia sul piano della coesione sociale, che su quello economico. Fra le riforme da realizzare, c’è una politica ancora tutta da costruire: quella per le famiglie (al plurale). Sarebbe utile, anche per avvicinare la politica alla vita quotidiana, ascoltare proposte concrete per favorire la natalità, la conciliazione famiglia-lavoro. L’idea di futuro passa anche (soprattutto) da qui. Speriamo che qualcuno se ne ricordi.