Sighìde, liberos … , di Salvatore Cubeddu
Si noti nel simbolo la mancanza della preposizione ‘della’. Problema ancora non risolto. Il Partito Democratico sta per diventare sardo nel conflitto con la sua centrale romana? Un commento e la relativa rassegna stampa.
Sighìde, liberos …
di Salvatore Cubeddu
Non se ne sono neanche accorti. In Sardegna sta nascendo nel conflitto il nuovo partito sardo della sinistra, eppure nessun segnale di attenzione arriva dal Continente. In Italia il momento è caotico, lo scontento è messo nel conto e ovunque diffuso, chi dovrebbe non distingue ciò che è momentaneo da ciò che potrà risultare durevole. La scadenza, poi, aiuta: presentate le liste, ciascuno se ne dovrà fare una ragione.
Eppure nel PD di Sardegna qualcosa sta succedendo. C’è emozione ed entusiasmo: la causa è giusta: “basta con le imposizioni da fuori!”, le liste le facciamo noi, il popolo delle nostre primarie chiede e ha diritto di essere rispettato. C’è l’unanimità del gruppo dirigente: l’avversario è finalmente tutto al di là dal mare, qui ci sono solo amici, anche chi verrebbe favorito nelle liste mette a disposizione il proprio posto, valori più alti chiamano, la dignità dei Sardi (finalmente in maiuscolo…) prevale su tutto.
Ma: perché delle regole approvate e non contestate a dicembre non dovrebbero andare bene a gennaio? Perché un politico sardo viene presentato, mettiamo, in Liguria e, invece, un socialista milanese non potrebbe venire votato per lo stesso partito in Sardegna? Perché non riconoscere l’interesse dell’organizzazione a garantirsi attraverso esperti sicuri la continuità di una linea e di un lavoro in Parlamento? Una minima quota almeno? Niente: tutti devono essere sardi ed eletti nelle primarie sarde.
Sardo … Sardo … Sardo. E’ il termine cruciale.
Quei pochi senatori e deputati, diventati pochissimi una volta suddivisi tra le vari parti del Parlamento, poco potranno contare. Fossero pure bravissimi – probabilmente saranno comunque tra i migliori, tra i meglio intenzionati almeno – il loro numero li penalizza. Pochi sono. E i loro problemi vengono da un’isola lontana. Avranno pure ragione, ma i tempi sono duri per tutti. Dovranno accontentarsi. Per non cadere in frustrazione potranno mostrarsi tra i più preparati, tra i più interessati al bene complessivo della nazione (italiana, naturalmente), tra coloro che non sono così provinciali da fare gli interessi del proprio popolo (sardo, in questo caso) a dispetto di tutto e, se fosse il caso, contro tutti.
Eppure qualcosa si è mosso, non solo nella pancia (che vorrebbe a disposizione anche quegli altri quattro seggi), ma anche nella testa e, soprattutto, nel cuore, della parte sinistra della classe dirigente sarda. I più obbedienti e fedeli militanti della piccola borghesia sarda non accettano più di inserirsi, deboli e per forza subalterni, nel seno della classe dirigente italiana per coprirne ruoli spesso alti, ma senza effettive conseguenze per il benessere del proprio popolo. Non accettano più la loro perenne servitù, fonte ed origine delle altre: la servitù istituzionale, quella che inizia con l’ininfluenza nei partiti e si prolunga nelle altre (la militare, la carceraria, la culturale, la territoriale, l’industriale … ).
Migliori in Italia, ma senza positive conseguenze per la Sardegna! Non vale solo per i parlamentari, ma per tutti gli altri, persino per i vescovi e per i religiosi. Quand’è che risulterà normale, ad esempio, che l’arcivescovo di Cagliari sia un sardo?
Sotto i nostri occhi passa ogni giorno la visione di una Sardegna in cui dipendenza e colonialismo crescono e si diffondono, di settore in settore, di territorio in territorio, da situazione a situazione. Continuiamo a perdere le nostre risorse pregiudicando sempre più il nostro futuro. Le più intelligenti e forti lotte dei nostri lavoratori, dipendenti ed autonomi, le si lascia sprecare nella deriva dell’assistenzialismo (sempre più solo regionale) e della disperazione.
Ma il cuore del problema non è a Roma, è qui, da noi. Siamo noi.
E’ apprezzabile colui che, potendo assicurarsi il comodo scranno del senato, accetta di giuocare gli anni futuri impegnandosi nella quotidianità del proprio popolo. Rara avis. Se non ce la facciamo noi, nessuno può farlo al nostro posto. Possiamo rivendicare i nostri diritti nel momento in cui ci assumiamo al completo le nostre responsabilità. Autonomia e indipendenza sono innanzitutto fatica e impegno. Non soltanto aspirazione e sogno.
Ora che, per non si sa quale inesplicabile impulso della storia, le emozioni sardiste toccano nella loro carne le donne e gli uomini del maggiore partito della Sinistra, non possiamo che seguirli con stima e incoraggiamento. Da fratelli sardi.
Rassegna stampa della rivolta dei democratici sardi nei confronti del centro romano.
LA NUOVA SARDEGNA – Politica: Il Pd sardo insiste con Roma: «Le primarie sono intoccabili»
11.01.2013
CAGLIARI Il Pd sardo andrà alla prova di forza con Roma. Nessun passo indietro, per adesso. Riunita Oristano e dopo quattro ore di dibattito serrato, la direzione regionale ha votato all’unanimità un ordine del giorno, in cui sollecita alla commissione elettorale una «nuova scansione dei candidati nelle liste per Camera e Senato» che «sia molto più rispettosa dell’esito delle primarie di dicembre». Nei fatti è una vittoria per tutti i capipopolo – istituzionali e non, rottamabili e rottamatori – che insieme da mercoledì in poi hanno guidato la sommossa contro le griglie paracadutate da Roma. Ma l’ordine del giorno, comunque pacato nei toni, è anche una quasi vittoria per il gruppo dei possibilisti (primo fra tutti il segretario Silvio Lai) che credono ancora nella mediazione, con la possibilità di ottenere almeno il “ritorno a casa” del quarto posto nella lista della Camera, ora assegnato al Psi, e forse (ma è molto meno probabile) anche un rimpasto nelle posizioni al Senato. Chi esce sconfitto dalla movimentata riunione è chi sosteneva invece di «guardare oltre le mura e pensare subito alla campagna elettorale», fra gli altri Renato Soru. Ma quando l’ex presidente della Regione ha detto come la pensava, ci sono stati diversi mugugni. Perché nel salone delle feste, è stato chiaro sin dall’inizio che, a torto o ragione, la grande maggioranza non era disposta ad accettare o a dimenticare lo schiaffo (questo il sentimento più forte) ricevuto da Roma l’altro giorno, col denunciato stravolgimento delle primarie. Che aria tirasse, l’ha intuito per primo il segretario Silvio Lai. Nella relazione, ha confermato che «la delegazione ha votato no all’intesa sulle liste» dopo aver «provato in tutti i modi di far capire alla commissione elettorale le specificità della Sardegna». Ha ammesso di «aver trovato, in quel momento, tutti gli spazi chiusi», ma si è affrettato anche a dire: «Stiamo però attenti ai cattivi consiglieri (riferimento alla sommossa) o ad attribuire al Pd un vestito anti-democratico che non ha». Dunque, critichiamo Roma fin che vogliamo, senza però «alimentare un incendio. Siamo sinceri, non siamo stati trattati peggio di altre regioni». Con un evidente accenno a quanto la delegazione era riuscita a ottenere prima che a Roma cominciasse la decisiva riunione della commissione elettorale. Cioè l’aver ridotto nell’isola la quota assegnata sin dall’inizio al listino nazionale, con uno sconto dai cinque posti previsti (i due capolista più tre esterni) a quattro. «Fino a mercoledì notte – ha aggiunto – ho lavorato per ottenere ancora un esterno in meno. Qualche margine c’è, ma mi rimetto alle vostre decisioni». E l’assemblea ha ripetuto quello che già si sapeva: no ai ripescaggi, sì al rispetto delle quote di genere, per chiudere con questa sintesi: «Le primarie sono intoccabili, il resto è un tradimento». C’è chi ha provato a spiegare che, ad esempio, il recuperato Francesco Sanna alla Camera non è entrato come listino, bensì perché «il vincitore delle parlamentarie nel Sulcis è stato scelto come capolista e dunque quel territorio sarebbe rimasto scoperto». Neanche questi ragionamenti sono bastati a calmare gli animi. Il deputato uscente Arturo Parisi, che non si è ricandidato ha detto: «Le regole non possono essere cambiate in corsa e chi lo fa mi conferma quanto penso da tempo: non è questo il Pd che volevo». Mentre Paolo Fadda (terzo classificato nelle primarie cagliaritane ma sistemato da Roma in una posizione a rischio al Senato) ha sgombrato il campo dai sospetti di aver fomentato la piazza: «Sono stato sempre rispettoso delle decisioni partito, ma ora è il partito che deve rispettare gli elettori». E nella sala si è sollevato un applauso fragoroso. Sull’onda del confermato «facciamoci rispettare», hanno parlato molti altri, con toni più o meno accesi, ma sempre animati da un solo credo: «Roma ci deve ascoltare, perché noi vogliamo vincere come sono state una grande vittoria democratica le primarie», ha detto il capogruppo in Consiglio regionale Giampaolo Diana, il primo a dimettersi mercoledì nella bolgia della contestazione. E così sarà: l’ordine del giorno unitario dice che le trattative con Roma vanno riaperte sin da oggi, per ottenere almeno «che sia riassegnato ai candidati sardi il quarto posto alla Camera», con «un necessario riequilibrio delle posizioni rispetto all’intoccabile griglia delle primarie», che dovrebbe avvantaggiare il renziano Gavino Manca (diventerebbe ottavo e quindi al sicuro) e rimettere in corsa per un seggio alla Camera anche Paolo Fadda (ora quinto al Senato), ma potrebbe servire ad assegnare a un sardo (Gian Piero Scanu o Francesco Sanna?) il quarto posto utile al Senato – quello adesso di Luigi Manconi – se la commissione dovesse accogliere tutte le richieste. A provarci sarà ancora lui, Silvio Lai, che in chiusura ha detto, con passione: «Portiamo a casa il massimo e poi tutt’insieme lottiamo per conquistare fino all’ultimo voto». Casa per casa.
LA NUOVA SARDEGNA – Istituzioni, Europa, Enti Locali: Le donne del Pd contro le scelte nazionali
11.01.2013
SASSARI Il Pd sassarese è sempre nella bufera. Le nomine imposte dai vertici nazionali, in contrasto con l’esito delle primarie, non sono andate giù agli esponenti locali e il dissenso è molto forte. La Conferenza Provinciale delle Donne Democratiche è categoricamente contraria alla composizione delle liste elettorali per la Camera e per il Senato, approvate dalla Direzione Nazionale del partito e proposte dal Comitato presieduto da Enrico Letta. «Lungi dall’essere rispettosa del risultato delle primarie, che ha contribuito ad organizzare, partecipare e coinvolgere elettrici ed elettori del centro sinistra, può essere paragonata solo al frutto di elaborazioni mentali di un pessimo esemplare di porcellum partorito da menti abituate a ragionare in senso maschilista e in antiche logiche di partito». Al centro delle polemiche, naturalmente, c’è anche il mancato rispetto delle quote rosa, cioè della rappresentatività femminila all’interno delle liste. «La Sardegna vive un tristissimo periodo di recessione economica cui inesorabilmente fa seguito una recessione sociale legata al forte tasso di disoccupazione, non solo giovanile, che ha allontanato e continua ad allontanare i cittadini dalla politica e di cui solo i sardi possono essere testimoni del sentire. Il mancato rispetto della sovranità popolare espressa attraverso il voto delle primarie approfondisce ulteriormente ( se ancora ce ne fosse bisogno) il baratro tra istituzioni, mondo politico e gente comune e non rispecchia in alcun modo la carta costitutiva dello Stato né del Partito Democratico». La Conferenza Provinciale delle Donne Democratiche Provincia di Sassari ricusa pertanto le liste proposte e chiede che ne vengano completate di nuove. «Queste dovranno essere rispettose del risultato elettorale delle primarie; della parità di genere con alternanza di nomi e di capolista e della rappresentanza per cui le liste devono essere composte esclusivamente da cittadine e cittadini sardi». Ma anche il gruppo consiliare del Pd in Provincia non risparmia critiche a Bersanil. «Le primarie hanno visto l’affermazione di Giovanna Sanna e Gavino Manca, che sono stati i vincitori della consultazione. L’inserimento di un esponente nazionale di un altro partito, in primo luogo, così come ripescaggi e candidature esterne alla competizione delle primarie, allo stato attuale non consentono al secondo classificato delle primarie nel nostro territorio di essere schierato in posizione utile per l’elezione in Parlamento. Non condividiamo, inoltre, la totale assenza di donne nella lista per il Senato. Confidiamo che a tutto questo venga posto un pronto rimedio.
L’UNIONE SARDA – Politica: Liste, il Pd sardo sfida Bersani
11.01.2013
Mandato unanime a Silvio Lai per trattare modifiche negli elenchi approvati martedì Bocciato l’ordine dei candidati: «Rispettare le primarie» Rissosi tra loro, poi tutti uniti contro Roma: come al solito il Pd sardo sembra il villaggio gallico di Asterix e Obelix, stavolta però prevale la lotta comune. Da Oristano i vertici del partito bocciano all’unanimità le liste approvate martedì dalla direzione nazionale, e chiedono – senza escludere clamorose rinunce dei candidati – di ridiscutere l’ordine già sancito. Missione impossibile? Può darsi: forse il massimo che potrà accadere è l’eliminazione del socialista ignoto, cui spetterebbe il quarto posto alla Camera, con promozione dei sardi che seguono. Ma la protesta esplosa in questi giorni trova uno sfogo, e dice una cosa chiara a Pier Luigi Bersani: riprenditi quelle liste, rispetta l’esito delle primarie. LA VOTAZIONE Andrà già oggi a dirglielo – magari con altre parole – Silvio Lai, nel rispetto del mandato della direzione regionale. L’ordine del giorno votato dopo quasi sei ore di riunione approva la scelta del segretario di negare, al comitato elettorale nazionale, l’intesa sulle liste sarde. L’elenco vede lo stesso Lai capolista al Senato ed Emanuele Cani alla Camera: promosso col cosiddetto «ascensore» che recupera Francesco Sanna, secondo alle primarie. Proprio il sovvertimento dei risultati del 30 dicembre, al di là della stima generale per il senatore Sanna, ha causato il mail bombing di dirigenti di tutti i livelli, che da due giorni si autosospendono o dimettono dagli incarichi di partito. A partire dal capogruppo in Consiglio regionale Giampaolo Diana («l’ho fatto per rafforzare il segretario nella sua battaglia per la nostra autonomia»). Le altre novità poco gradite sono gli inserimenti del famoso socialista e di Luigi Manconi. IL DIBATTITO L’ascensore è il bersaglio di molti, e c’è chi chiede a Francesco Sanna di rinunciare. Il più diretto è Pier Sandro Scano, che ipotizza la rinuncia di tutti i candidati: «Basta non firmare. Le leadership nascono nella tempesta, non nella bonaccia». «Io ho perso le primarie e lo accetto, ma abbiamo corso per dieci posti scoprendo poi che erano sette», nota Chicco Porcu (che trascina di peso nel 2013 la dialettica interna al partito con la diretta su Twitter della riunione, mentre Emiliano Deiana fa altrettanto su Facebook). Il dispositivo finale non conterrà inviti personali. Raccoglierà però le richieste emerse fin dal primo intervento dopo la relazione di Lai, quello di Graziano Milia, che aveva già votato contro le liste in direzione nazionale. «Non si può essere autonomisti a intermittenza», dice l’ex presidente della Provincia di Cagliari, introducendo uno dei temi della serata: la nascita del vero Pd sardo, federato con quello romano ma non in silenziosa obbedienza. Un silenzio attento è invece quello che accoglie l’intervento di Paolo Fadda, uno dei vincitori delle primarie penalizzati: «È un onore essere voluto dagli elettori e bocciato da Roma, non avrei accettato il contrario», esordisce. Poi sprona Lai alla battaglia: «Se io sono un ostacolo, mi farò da parte o accetterò l’ultimo posto, come tanti amici spesso schierati in candidature di servizio. Ma il segretario deve capeggiare la rivolta». CONTROCORRENTE Chiedono di rispettare il risultato delle primarie, la parità di genere e le varie regole Mario Bruno, Tore Cherchi, Thomas Castangia, Giacomo Spissu e altri. L’unico in controtendenza è Renato Soru, che ricorda di aver votato a favore delle liste in direzione nazionale: «Si parlava dell’Italia, non della Sardegna. Sono state votate tutte insieme». E ora, fatte le candidature, bisognerebbe concentrarsi solo sulla campagna elettorale. Quanto alle primarie, l’ex governatore le derubrica a «una consultazione fatta un po’ all’ultimo momento. In ogni caso Francesco Sanna non altera il voto, non danneggia chi ha vinto nel Sulcis». Lo contraddice, tra gli altri, Arturo Parisi. Soru comunque voterà l’ordine del giorno, il cui testo ricalca le indicazioni di Antonello Cabras («quella lista non può essere presentata, chiediamo che sia corretto l’elenco»). Tra gli interventi che orientano la soluzione finale, pesa molto quello di Gian Piero Scanu, che pure avrebbe la rielezione garantita: «Il malessere nel partito c’è. Io non avrei accettato ascensori. Metto il posto a disposizione del segretario, per negoziare ogni soluzione», aggiunge raccogliendo l’invito di Scano. Anche Siro Marrocu si dice «pronto ad azioni clamorose». SCENARI Ora la sensazione è che strappare modifiche da Roma sia difficile ma non impossibile. Non sono esclusi rimescolamenti tra Camera e Senato, o scelte a sorpresa dei singoli: Sanna, Lai o tutti insieme. «Nelle prossime ore proseguiranno le interlocuzioni con la commissione elettorale», conferma il segretario in un comunicato, diffuso dopo la mezzanotte, che ricorda i «30mila votanti e mille volontari» del 30 dicembre. Adesso si tratta di dimostrare a tutti loro che quel giorno non si scherzava.
LA NUOVA SARDEGNA – Politica: Tre mediazioni per evitare il clamoroso strappo con Roma
10.01.2013
PRIMA IPOTESI. Il quarto posto alla Camera, oggi destinato al Psi, va invece ai renziani, pronti ad assegnarlo ad Alessandra Tresalli di Carbonia, ora dirottata nel Lazio dopo la rivolta del Sulcis. Questa soluzione rimetterebbe in linea le quote rosa, uno dei motivi delle proteste di ieri, e in difficoltà i ribelli: come si fa a contestare una donna? Ma non risolverebbe il caso Gavino Manca, altro renziano, ora nono, dunque a rischio, e poi darebbe troppo potere al Sulcis, che avrebbe addirittura tre candidati: Cani, Tresalli e Sanna. SECONDA IPOTESI. La direzione nazionale “restituisce” il quarto posto alla Camera (quello oggi riservato al Psi) al Pd sardo. Che senza più forestieri in lista, propone alla commissione elettorale lo scatto in avanti di tutti i candidati dal quinta posizione in su e il reinserimento in lista del deputato uscente Paolo Fadda alla Camera (ora quinto al Senato) in una meno rischiosa nona posizione. Questa soluzione darebbe al renziano Gavino Manca la certezza di essere eletto (diventerebbe ottavo) e rispetterebbe buona parte dell’esito delle primarie.
LA NUOVA SARDEGNA – Politica: «Siamo pronti ad autosospenderci ma abbiamo fiducia nella direzione»
10.01.2013
CAGLIARI. «Non riesco neppure a pensare che la direzione non accolga l’appello che tutto il partito ha rivolto alla commissione elettorale. In ogni caso noi siamo pronti a seguire le indicazioni della direzione regionale: autosospensione o dimissioni non fa differenza; quello che conta è che la base, gli iscritti, i quadri, i dirigenti, dicano no alle liste partorite da Roma». In una conferenza stampa convocata in fretta e furia, mentre al telefonino si raccolgono proteste e critiche da tutti i circoli, i vertici cagliaritani del Pd, Thomas Castangia (nella foto), segretario provinciale e Yuri Marcialis, cittadino, si dicono «contrariati dopo la comunicazione ufficiale delle liste. Il dissenso non è nostro, ma di un intero partito; il mandato delle primarie non è stato rispettato». Con loro a rappresentare i territori anche il segretario del Medio Campidano, e il vicesegretario provinciale Giuseppe Frau, che ipotizza le sue dimissioni irrevocabili esprimendo «sconcerto» per le scelte sarde e ricorda che mai come adesso è il momento di realizzare concretamente il Pd Sardo. Uno strappo arriva anche dal consigliere regionale, Giuseppe Cuccu, che ha scritto al segretario Pierluigi Bersani, per comunicargli le dimissioni da componente dell’Assemblea nazionale del partito, mentre un altro consigliere regionale, Chicco Porcu (alle primarie schieratosi con Renzi) si è autosospeso dal partito e ha chiesto al segretario regionale di «non capeggiare una lista che mortifica la Sardegna». In mattinata i consiglieri provinciali si erano a loro volta sospesi, rimettendo la decisione finale nella direzione di Oristano. Rottura definitiva? Secondo Castangia no. «Ci sono i margini per riaprire le liste, ma non vogliamo una contrapposizione, ma il regolamento non può essere utilizzato con criteri uguali ovunque. La Sardegna ha perso due parlamentari per effetto del calo di abitanti, le scelte romane da noi incidono più che altrove». I dirigenti cagliaritani contestano anche la posizione nelle liste dei candidati usciti promossi dalle primarie, che, è il caso del deputato uscente Paolo Fadda, è collocato in una posizione al Senato che non garantisce l’elezione. «Ci sono stati spostamenti incomprensibili tra Camera e Senato, non si capisce perchè chi ha lavorato in una ramo del Parlamento debba cambiare assise, e anche la parità di genere non viene rispetta». Ma se la commissione elettorale, e il suo presidente Letta non cambiassero parere le dimissioni in massa saranno inevitabili? «Sono convinto che la posizione unitaria del partito sardo contribuirà a trovare una mediazione e a presentare una lista forte e autorevole – continua Castangia – e sono sicuro che tutti i candidati, prima della direzione sapranno farsi sentire a Roma». «Lo dobbiamo ai circa diecimila elettori del Pd che hanno votato alle primarie in città e che hanno espresso le loro indicazioni», conclude Tarcisio Nazzari, coordinatore dei circoli.
LA NUOVA SARDEGNA – Politica: Sassari a Bersani: lesa la nostra dignità, devi rispettarci
10.01.2013
C’è un caso sassarese nella rivolta all’interno del Pd. La rivolta che si sta allargando a tutta l’isola ha nel Capo di Sopra alcuni nomi: il renziano e pupillo di Arturo Parisi, Gavino Manca, incoronato secondo nelle parlamentarie del 30 dicembre, ma a rischio, visto come stanno andando le cose, di poter raggiungere il Parlamento. E poi il deputato uscente del Sulcis, Francesco Sanna, ripescato in barba alla batosta alle primarie, e la calata di «istranzos» benedetta dal segretario Bersani. Ieri è stata una giornata frenetica di mobilitazione nel partito, a tutti i livelli, e nella base che sui social network ha espresso la propria rabbia e delusione. Perché rabbia e delusione sono il sentimento predominante tra big e militanti. Un’ottantina tra sindaci e amministratori del territorio, primo firmatario il sindaco e presidente del Consiglio delle autonomie locali (Cal) Gianfranco Ganau, ha stilato una lettera-appello indirizzata al segretario Pier Luigi Bersani. Con una critica pesante all’introduzione nelle liste di “esterni”. E cioè un non ancora identificato rappresentante socialista, e il sociologo Luigi Manconi. Sassarese, è vero, ma se pure apprezzato personalmente, visto come un avversario alla scelte fatte dal popolo delle primarie. Quindi la richiesta forte e determinata a Bersani di rivedere le sue decisioni. Perché la paura è che il pasticcio delle liste si ritorca contro il partito: avanti nei sondaggi, potrebbe essere punito dagli elettori. «Non possiamo tacere di fronte all’attacco privo di qualsiasi giustificazione alla dignità e alla autonomia delle nostre comunità – è detto nella lettera a Bersani –. Noi ci appelliamo al segretario perché mostri il dovuto rispetto verso un popolo e una terra che tanto ha dato e che molto ancora deve ricevere, non alterandone in alcun modo la sua volontà. Noi rivendichiamo il diritto della nostra gente ad eleggere una delegazione parlamentare totalmente rappresentata da donne e uomini espressione della realtà sarda in tutte le sue articolazioni. Noi pretendiamo nella compilazione delle liste il rispetto dell’esito delle primarie con tutte le candidate e tutti i candidati inseriti nei posti di lista a loro destinati e per i quali hanno ottenuto il consenso dei sardi». A Bersani, al presidente della commissione per la composizione delle liste Enrico Letta, al segretario regionale Lai e a quello provinciale Lorenzoni ha chiesto un intervento anche il gruppo consiliare in Provincia manifestando il suo dissenso «per il mancato rispetto del grande risultato di partecipazione alle primarie che ha visto l’affermazione di due esponenti, Giovanna Sanna e Gavino Manca, vincitori. L’inserimento di un esponente nazionale di un altro partito in primo luogo – dicono gli esponenti del gruppo consiliare –, così come ripescaggi e candidature esterne alla competizione delle primarie, non consentono al secondo classificato delle primarie nel nostro territorio di essere schierato in posizione utile per l’elezione in Parlamento. Non condividiamo inoltre la totale assenza di donne nelle liste per il Senato». Qui a Sassari si sentono beffati e non lo nascondono. A che è servito, è la domanda ricorrente, fare le primarie, se poi non se ne tiene conto? «Fortemente dispiaciuto», si dice il segretario provinciale Giuseppe Lorenzoni, comunque fiducioso «su una correzione di rotta. Nei confronti della Sardegna c’è stato uno sgarbo, un sopruso, direi. Nei confronti dei rappresentanti sassaresi, dico che almeno i primi due più votati a dicembre dovevano ottenere in lista una posizione inattaccabile». Di errore compiuto dal partito a livello nazionale parla anche Guido Melis («Si è gestito tutto in maniera un po’ goffa») e annuncia anche lui una lettera di protesta a Bersani da parte della sua componente Area democratica. E Gavino Manca: «Ho ricevuto molte attestazioni di solidarietà anche superiori a quelle che mi aspettavo. Ora sarebbe grave che Bersani non ascoltasse le richieste che arrivano dall’isola».
L’UNIONE SARDA – Politica: «Noi in campo contro vecchi e nuovi colonizzatori»
10.01.2013
Sardisti «La politica sarda colonizzata dalle centrali romane». Il Psd’Az mette a disposizione simbolo e liste a quanti mettono al primo posto i sardi e la Sardegna. A dirlo è il leader del partito Giacomo Sanna, che però prende atto del fatto che «la formazione delle liste per le candidature alla Camera e al Senato certificano la colonizzazione della politica sarda da parte delle centrali romane». Secondo Sanna, «come era prevedibile, non bastano primarie di facciata né le fumose dichiarazioni per propositi di rinnovamento, la voce del padrone italiano, infatti, mette a tacere i luogotenenti sardi delle succursali romane nell’Isola. La regola vale a destra, a sinistra e anche al centro». Per questo motivo «il Partito sardo d’Azione, nonostante una legge elettorale liberticida e antidemocratica, non rinuncia alla sua battaglia di liberazione nazionale sarda». I Quattro Mori «mettono a disposizione simbolo e liste a quanti rifiutando le logiche italianiste vogliano battersi per la Sardegna e gli interessi del nostro popolo, evitando di disperdere le forze sane della società sarda e di sprecare fiato in proteste vane che sono destinate, come accaduto in passato, a non scalfire lo strapotere di Bersani e neppure di Monti o Berlusconi». Conclusione: «È questa», afferma ancora Giacomo Sanna, «l’ora di dimostrare se si è sardi oppure servi del sistema politico italiano e di padroni vecchi e nuovi».
LA NUOVA SARDEGNA – Politica: Pd sardo in rivolta «Alto tradimento»
10.01.2013
Altro che semplice caso, unico in Italia, nell’isola è scoppiata una rivolta mai vista nel Pd, per le liste della Camera e del Senato paracadutate da Roma. All’indomani del verdetto, con posti stravolti, recuperi in extremis e pasticci vari, si è scatenata la bagarre. Dovunque: nelle sezioni, moltissimo sul web, in Consiglio regionale e anche nei corridoi, con tutti a gridare allo scandalo, alla “porcata” (per dirla come Francesca Barracciu) per quella griglia imposta dalla direzione nazionale del partito. È stata una ribellione al grido: «Avete tradito le primarie», oppure «Siamo peggio della Dc», o ancora «Addio libertà, mettiamoci l’anima in pace». In poche ore, il Partito democratico si è trasformato in un grande falò fra dimissioni istituzionali, autosospensioni dagli incarichi, tessere gettare nel cestino e molto altro ancora. E tutto scatenato dalle griglie romane che hanno promosso, pare a sua insaputa, Emanuele Cani (Sulcis) capolista alla Camera, assegnato posizioni privilegiate ai socialisti e a forestieri o quasi, rimesso in corsa l’uscente Francesco Sanna (ancora del Sulcis) sconfitto alle primarie, trasformato i vincitori di dicembre, a cominciare da Gavino Manca, sassarese, e Paolo Fadda, cagliaritano, in vinti e con scarse possibilità di essere eletti. In questo campo di battaglia, è andata in scena una prima teatrale: «Fratelli (compagni) coltelli» . E oggi la direzione regionale, convocata a Oristano, cercherà di metterci una pezza, o comunque evitare che la sommossa si trasformi in una pericolosa diaspora di voti a febbraio. I falchi. La maggioranza nel Pd sardo. Anzi, tutti. A cominciare da Arturo Parisi al capogruppo in Consiglio regionale, Giampaolo Diana, che si è dimesso dall’incarico, seguito dal vice Marco Espa. Poi il segretario regionale dei giovani, Mauro Usai, ha restituito l’incarico, e l’organizzatore del forum dei piccoli comuni, il sindaco Emiliano Deiana, che si è dissociato con una dura lettera di protesta. Lo stesso ha fatto il presidente dell’Anci Sardegna, Cristiano Erriu. Mentre l’ex assessore Massimo Dadea (giunta Soru) ha chiuso con il partito: non rinnoverà la tessera dopo quarant’anni. Poi a gridare allo scandalo sono stati altri consiglieri regionali e Graziano Milia, che fa parte del consiglio nazionale del partito. Ma al fianco di tanti nomi conosciuti c’è l’esercito delle primarie, che si è sentito tradito e qualcuno si è lasciato andare persino alle invettive, o un più evocativo: «Tafazzi era un dilettante». Arturo Parisi è stato fra i primi ad andare a bersaglio: «Il Pd nazionale – le sue parole – ha mancato di rispetto alla Sardegna e questo è inaccettabile». Giampaolo Diana ha rincarato la dose nella conferenza in cui ha annunciato le dimissioni: «Non ci sono davvero più le condizioni minime, per continuare il rapporto con un partito che, insieme alle primarie, ha spazzato via la grandezza delle primarie». Anche Francesca Barracciu, vicesegretario, è ritornata alla carica: «Hanno preso tutto, anche le quote di genere. È uno schifo». Con Cristiano Erriu che ha parlato di «spettacolo indecoroso», o Graziano Milia con il suo «macché partito federato, Roma vuole solo subalterni». Nessuna dichiarazione invece da parte di Paolo Fadda, che ieri ha riunito il suo gruppo, ma ambienti vicini al parlamentare uscente fra i più penalizzati dalla lista paracadutata, è arrivato un eloquente: «Inaudito». I possibilisti. Il segretario regionale Silvio Lai ieri ha preferito non esporsi, nonostante martedì avesse votato contro la griglia. Dicono però che sia impegnato in una difficile mediazione con Roma, tre le ipotesi (vedi box sopra), per evitare che dallo strappo si passi alla voragine che potrebbe sfociare nella clamorosa mancata accettazione della candidatura da parte dei molti prescelti. Anche il presidente regionale Valentina Sanna sarebbe impegnata nella difficile trattativa. Possibilità di successo? Abbastanza, ma non molte. Comunque bisogna fare in fretta, perché il Psd’Az (gli è stata rifiutata l’alleanza ufficiale) ha già offerto una zattera ai possibili transfughi. Le colombe. Poche. Anche se qualche segnale è arrivato dal Sulcis, al centro del caso politico: «Evitiamo gli isterismi, sediamoci intorno a un tavolo e lavoriamo insieme per vincere le elezioni». Ma di pace non si parla: «Fratelli coltelli» è annunciato in replica ancora per molti giorni.
L’UNIONE SARDA – Politica: Liste, terremoto nel Pd
10.01.2013
Si dimette il capogruppo, centinaia di dirigenti minacciano l’addio L’appello: «Primarie tradite, ora Lai e gli altri candidati rinuncino» L’ultimo spenga la luce: nel Pd sardo ormai ci sono forse più autosospesi (o dimessi) che iscritti. Le candidature hanno provocato un terremoto, impossibile citare tutti i dirigenti che protestano per le liste approvate martedì dalla direzione nazionale: «Hanno tradito le primarie», dicono. Il gesto più clamoroso è del capogruppo in Consiglio regionale Giampaolo Diana, che si dimette insieme al vice Marco Espa. Si autosospendono i segretari provinciali, il presidente dell’Anci Cristiano Erriu, decine di eletti negli organismi di partito e nelle istituzioni. Tace invece il segretario Silvio Lai, che però stasera riunirà la direzione regionale a Oristano: molti gli chiedono di rinunciare alla propria candidatura, come annunciato alla vigilia in caso di liste non condivise dall’Isola. E qualcuno spera addirittura che ritirino la disponibilità tutti i vincitori del voto del 30 dicembre. IL CAPOGRUPPO «Le decisioni della direzione nazionale sono uno schiaffo pesantissimo», dice Giampaolo Diana annunciando le dimissioni: «Vanificano le primarie, non rispettano l’equilibrio tra i generi e tra i territori». L’ex leader della Cgil vuole rilanciare il negoziato con Roma: «Bisogna far capire a Bersani – dice, lui bersaniano di ferro – che le regole si rispettano». Con Diana c’è quasi tutto il gruppo, a partire dalla vicesegretaria regionale Francesca Barracciu che già dal giorno prima aveva aperto il fuoco contro le liste. C’è Giuseppe Cuccu, che in serata comunicherà a Bersani le «irrevocabili dimissioni» dall’assemblea nazionale. Cesare Moriconi si autosospende dal partito; e così Chicco Porcu, che scrive a Matteo Renzi per chiedere «ogni possibile intervento» per salvare l’unico renziano che ha vinto le primarie, Gavino Manca. Porcu si appella anche a Lai: «Rifiuti di capeggiare una lista mortificante per la Sardegna». LA PROPOSTA Glielo chiedono in molti. C’è chi pensa a una scelta allargata agli altri candidati in posizioni sicure. È vero che Siro Marrocu si fa vedere accanto a Diana, e che emergono i malumori di Giovanna Sanna e Romina Mura. L’appello diretto arriva dal segretario cittadino di Cagliari Yuri Marcialis, che rimette alla direzione regionale il suo mandato insieme al leader provinciale Thomas Castangia e al vice Giuseppe Frau, al segretario del Medio Campidano Mirko Vacca e ad altri vertici federali. «I candidati promuovano azioni forti», dice Marcialis: come, appunto, ventilare il gran rifiuto. «Resto fiducioso sulla possibilità di una soluzione positiva», dichiara Castangia, che fa appello a Enrico Letta, presidente del comitato elettorale nazionale nonché sponsor di Francesco Sanna: il recupero del senatore, cui pure tutti riconoscono un ottimo lavoro da parlamentare, sovvertendo le primarie dà fastidio più degli inserimenti di Luigi Manconi, o del socialista al quarto posto della Camera. Quest’ultimo, per altro, forse non ci sarà: il Psi è deluso per i pochi posti garantiti dal Pd e minaccia la rottura. Se restasse vuoto il posto del socialista ignoto (si parla di Bobo Craxi o una donna della società civile) ritornerebbe ottavo Gavino Manca; improbabile che riappaia la renziana sulcitana Alessandra Tresalli. SINDACI E GIOVANI Solo stasera si saprà se gli inviti a gesti clamorosi verranno raccolti. Di sicuro nella direzione regionale si moltiplicheranno le lamentele. Ieri hanno firmato un documento di autosospensione dal Pd anche dieci dei dodici consiglieri provinciali di Cagliari, nonché tutti quelli di Sassari. «Non siamo qui a pettinare le vostre bambole», tuona il consigliere provinciale gallurese Andrea Viola, candidato alle primarie: «Se le cose non cambieranno, non posso più sostenere il Pd a queste elezioni». Le proteste piovono soprattutto dai territori più penalizzati (Cagliari, Sassari; molto meno Nuoro e Sulcis). Dal nord dell’Isola arriva un documento firmato da oltre cento amministratori locali: il primo a sottoscrivere è il sindaco sassarese Gianfranco Ganau. E prese di posizione simili provengono un po’ da tutta l’Isola. Tra i più delusi, i Giovani democratici: anche il segretario regionale Mauro Usai si autosospende, così come il suo omologo di Cagliari Federico Manca. «Quella per le primarie e contro il Porcellum è stata una battaglia nazionale dei Gd», ricorda Usai, «e sono stati molti di noi a tenere aperti i seggi durante le vacanze di Natale. Avevamo riavvicinato molti ragazzi coinvolgendoli nella scelta dei parlamentari, ora sono tutti delusi».
L’UNIONE SARDA – Politica: «Premiato chi ha perso»
10.01.2013
La presidente dell’assemblea dei democratici esprime delusione Valentina Sanna: servono dei passi indietro Valentina Sanna, presidente dell’assemblea regionale del Pd: come valuta la vicenda delle liste? «È evidente che sono state tradite le primarie. C’è chi si è misurato, ha vinto e ora si trova in posizioni basse. Altri hanno perso e avranno un seggio sicuro». Allude al caso del senatore uscente Francesco Sanna. «Ho enorme stima di Francesco, un ottimo parlamentare. Però a questo punto penso che dovrebbe fare un passo indietro». E questo risolverebbe tutto? Altri inserimenti sembrano più forzati. «Infatti sono molte le cose che non vanno bene nelle liste. A partire dal mancato equilibrio nella rappresentanza dei generi. Due capilista uomini, solo tre donne tra i probabili dodici eletti (se il Psi nazionale indicherà un uomo). E una delegazione al Senato interamente maschile». Altre note dolenti? «Beh, non capisco perché il capolista alla Camera debba essere chi, vincendo le primarie nel Sulcis, in base ai quozienti dei collegi doveva andare al settimo posto». Molti si stanno autosospendendo dagli incarichi di partito, sta meditando di farlo anche lei? «No, non so se sia la maniera migliore per protestare. Io credo di dover fare la mia parte negli organismi dirigenti. Semmai servono azioni molto più forti da parte dei candidati». Chiede anche lei che rinuncino tutti insieme? «È un’ipotesi. Inoltre credo che, in attesa di un congresso per fondare il Pd sardo prima delle Regionali, l’assemblea regionale dovrebbe approvare il preambolo dello statuto autonomo e federato con Roma: non avrebbe effetto retroattivo sulle candidature, ma sarebbe un segnale politico». Pensa che anche Silvio Lai dovrebbe fare un passo indietro? «Sarebbe il gesto di chi mette il destino del partito davanti al proprio. Non so se basti». Poteva fare di più, il segretario, nelle trattative con Roma? «Sinceramente non so se potesse fare di più. Mi sembra semmai eccessiva l’ingerenza del vertice nazionale». Delusa da Bersani? «Un po’, anche se continuo a sostenerlo con convinzione. Ma ora penso a cosa dobbiamo fare noi». Questa vicenda inciderà sul risultato elettorale? «Il punto è che questa non è la solita lite tra dirigenti: è una frattura con gli elettori che hanno creduto alle primarie. Ecco, è un problema di credibilità».
L’UNIONE SARDA – Politica: Bufera sulle candidature del Pd. Lai vota contro le liste di Bersani
09.01.2013
E oplà, ecco i candidati Pd extra-primarie: e la Sardegna si ribella come non mai, a Roma e a Cagliari. Tra le sorprese c’è un volto noto che ritorna (il sociologo sassarese Luigi Manconi ) e un volto sconosciuto, nel senso che proprio non si sa ancora chi sia. La lista ufficiale della Camera approvata ieri nella capitale recita testualmente, al quarto posto, «nazionale altri partiti» (al netto di un buffo refuso). Vuol dire: un socialista, lo indicherà il leader del Psi Riccardo Nencini . Forse Bobo Craxi , dicono le voci, o addirittura Claudio Martelli . Anche Manconi sarà quarto in lista, ma al Senato, comunque un posto sicuro. Lui e il socialista ignoto, di fatto, ricacciano indietro Gavino Manca e Paolo Fadda : entrambi erano considerati già eletti la sera delle primarie, ora invece finiranno (sempre che accettino) in posizioni che portano al seggio solo se al Pd va meglio del previsto. I capilista saranno il segretario regionale Silvio Lai al Senato ed Emanuele Cani alla Camera: quest’ultimo slitta a sorpresa in testa per consentire il recupero del senatore uscente Francesco Sanna (sconfitto da Cani nelle primarie del Sulcis) al settimo posto della lista per Montecitorio. LO STRAPPO Ma lo stesso Lai ha negato al comitato elettorale nazionale l’intesa sulle liste, prevista dallo statuto. E poi, insieme ad Antonello Cabras e Graziano Milia , ha votato contro la proposta finale delle liste, al momento dell’approvazione nella direzione nazionale. Si è così consumato lo strappo clamoroso ipotizzato nei giorni scorsi di fronte al probabile inserimento di quattro o cinque nomi esterni alle primarie. Lai aveva ipotizzato di rifiutare la candidatura in caso di scelte non condivise dall’Isola: ora si attende una sua valutazione. Intanto però esplode la rabbia. Sui social network (inondati di commenti negativi) e nelle prese di posizione ufficiali: la vicesegretaria Francesca Barracciu guida la rivolta e chiede una convocazione urgente della direzione regionale, Arturo Parisi e Giampaolo Diana sparano a zero. Milia ribadisce seccamente i dubbi della vigilia: «Nessuna apertura, come temevamo. Tra l’altro ci sono solo tre donne in lista, e la provincia di Cagliari è sottorappresentata. Da domani inizia la campagna elettorale… Votiamo Pd». Paolo Fadda apprende le novità mentre è in corso la riunione settimanale della sua area: l’incontro è stato aggiornato per le 17 di oggi. LA DECISIONE Dopo un vertice iniziato alla mezzanotte di lunedì, le trattative tra la Sardegna e il Pd nazionale sono andate avanti anche ieri. L’ipotesi era che Roma dettasse cinque nomi all’Isola: alla fine sono quattro, quasi tutti sardi. Lai, Manconi, Francesco Sanna e infine il socialista. Salta invece Alessandra Tresalli , giovane sulcitana che si pensava potesse entrare nel listino renziano (ieri mattina circa cento iscritti e militanti del Sulcis avevano scritto a Bersani e Renzi per dire no alla candidatura di «una persona che non rappresenta niente e nessuno»). Il Sulcis comunque raddoppia la sua presenza in Parlamento: le primarie avevano escluso il ritorno in Senato di Sanna, ma lo si è recuperato (alla Camera) in considerazione del lavoro svolto a Palazzo Madama. Ha giocato in suo favore il legame col vice di Bersani, Enrico Letta , che a quel punto ha dirottato verso un seggio sicuro in Liguria (sesto alla Camera) l’altro discepolo sardo, Marco Meloni , responsabile nazionale Università e ricerca. Tutti uomini i cinque eleggibili del Senato (ci saranno altri tre candidati, ma senza alcuna speranza). Tra loro non c’è l’uscente Gian Piero Scanu , che ritorna alla Camera dov’era già stato negli anni ’90. Lì troverà le tre trionfatrici delle primarie, Romina Mura , Giovanna Sanna e Caterina Pes . Ma se il candidato socialista sarà un uomo e si confermerà la previsione di dodici eletti sardi (otto deputati e quattro senatori) del Pd, non sarebbe rispettata la regola che garantisce alle donne almeno un terzo dei seggi. REAZIONI È sempre quella previsione che mette a rischio Gavino Manca, nono alla Camera, e Paolo Fadda, quinto al Senato. Perché ce la faccia il primo serve un risultato strepitoso del Pd, magari anche a livello nazionale, per attingere al premio di maggioranza. Fadda invece sarebbe eletto solo se in Sardegna Sel andasse male, fallendo il quorum per piazzare un senatore. Eppure Manca era stato il secondo più votato a Sassari (dopo Giovanna Sanna) nelle primarie del 30 dicembre, nonché l’uomo più votato nell’Isola dopo Giuseppe Luigi Cucca . Fadda invece si era piazzato terzo a Cagliari, dopo Romina Mura e Ignazio Angioni . Nell’ordine per collegio stabilito prima della consultazione, entrambe le posizioni erano associate a posti sicuri. Le cose sono andate diversamente ed è proprio questo che scatena la protesta in Sardegna, anche da chi non è vicino ai due ex Dl. La più severa è decisamente Francesca Barracciu: «Abbiamo fatto le primarie per superare il Porcellum, e il risultato è una porcata anche peggiore. Il 30 dicembre c’era stata un’altissima partecipazione, gli elettori del Pd avevano deciso liberamente i loro rappresentanti: il tradimento di quel voto è inaccettabile, queste liste andrebbero rispedite subito al mittente con ogni mezzo a disposizione». La vice di Lai protesta anche per il mancato rispetto della regola in favore delle donne, e aggiunge: «Nel 2006 e nel 2008 c’era già il Porcellum, ma con Fassino e Veltroni non si era vista un’invasione così forte. Chiedo che si convochi con urgenza la direzione regionale». Con altrettanta urgenza, il capogruppo in Consiglio regionale Giampaolo Diana ha convocato una conferenza stampa per stamattina, per «comunicare le mie decisioni conseguenti alle decisioni della direzione nazionale», che in campagna elettorale «rischiano di vanificare l’entusiasmo di migliaia di cittadini». Sferzante l’ex ministro della Difesa Arturo Parisi: «La sopravvivenza, grazie al Porcellum, del potere di nomina dei parlamentari, e il modo indecente col quale le altre forze politiche si apprestano a presentarsi ai cittadini, ha privato la dirigenza del Pd di ogni freno inibitorio, dando il peggio di sé». Prima le regole restrittive per le primarie, poi la riduzione dei posti («dal 90% al 66») per chi le aveva vinte, «infine è stato manipolato il risultato delle primarie stesse, con trucchi degni del gioco delle tre carte». Giuseppe Meloni
LA NUOVA SARDEGNA – Politica: Ecco i 14 nomi di Camera e Senato, ma i due ultimi sono a rischio
09.01.2013
Ecco la lista del Pd per la Camera: 1 Emanuele Cani (Sulcis); 2 Romina Mura (Cagliari); 3 Giovanna Sanna (Sassari); 4 (una donna del Psi nazionale); 5 Caterina Pes (Oristano); 6 Giampiero Scanu (Olbia); 7 Francesco Sanna (Sulcis); 8 Siro Marrocu (Villacidro); 9 Gavino Manca (Sassari) Per ripescare Francesco Sanna sono state annullate le primarie del Sulcis e Cani, che le aveva vinte, è capolista nazionale. Questa è la lista del Pd al Senato 1 Silvio Lai (quota nazionale); 2 Giuseppe Luigi Cucca (Nuoro); 3 Ignazio Angioni (Cagliari) 4 Luigi Manconi (quota naz.); 5 Paolo Fadda (Cagliari). In caso di vittoria alle elezioni del 24 e 25 febbraio il Pd è certo di eleggere 8 deputati e 2 senatori. Ora la posizione in lista di Gavino Manca e Paolo Fadda, che alle primarie erano tra i primi dieci, è fortemente a rischio.
LA NUOVA SARDEGNA – Politica: Meloni, Portas e Dirindin si presentano sulla penisola
09.01.2013
CAGLIARI Il consigliere regionale Marco Meloni, membro della segreteria nazionale di Bersani, è stato candidato in Liguria. A imporre la scelta è stato Enrico Letta, che evidentemente gli aveva consigliato di non partecipare alle primarie per essere poi indicato in quota nazionale. Letta, responsabile del comitato elettorale del Pd, non avrebbe potuto mettere Meloni in Sardegna dopo aver ripescato l’altro suo fedelissimo seguace, Francesco Sanna, che le primarie le aveva perse e che è stato comunque candidato. Nel Lazio sarà invece messa in lista – salvo sorprese dell’ultima ora – la consigliera comunale di Carbonia Alessandra Tresalli, che Matteo Renzi aveva indicato per la Sardegna nel suo elenco dei 17 candidati sicuri. Dopo le proteste del Sulcis, ieri prima della direzione nazionale sarebbe stato fatto lo scambio con una donna socialista del Lazio, indicata ora al quarto posto della Camera in Sardegna. In Piemonte il Pd ha messo in lista Giacomo Portas, sardo residente a Torino, fondatore dei Moderati, il movimento che si è federato con l’Upc di Antonio Satta. Ieri, replicando a Antonio Di Pietro, Portas ha difeso il ruolo dei «veri moderati che da tempo sono coerenti e leali nel loro rapporto con il centrosinistra». Sempre in Piemonte è stata candidata Nerina Dirindin, assessore alla Sanità della giunta Soru dal 2004 al 2009.
L’UNIONE SARDA – Politica: Pd, braccio di ferro nella notte
08.01.2013
Appuntamento a mezzanotte (di ieri) per il Pd sardo: l’insolito orario per il vertice romano sulle candidature è stato dettato dalla necessità, per il comitato elettorale nazionale, di incontrare i dirigenti di tutte le regioni. Al leader isolano Silvio Lai è toccata l’ora delle streghe, come se la situazione non fosse già complicata. Ma la trattativa sugli “esterni” da candidare in Sardegna proseguirà oggi, fino alle 18, quando nella sede del Nazareno si riunirà la direzione del partito per approvare le liste. Fino a ieri per l’Isola si parlava ancora di cinque inserimenti dall’alto, a danno di chi ha vinto le primarie. GLI ESTERNI È anche possibile che tra i cinque spuntino nomi sardi. A partire dallo stesso Lai, che però potrebbe fare un passo indietro se non ci sarà l’accordo tra il livello locale e Roma. In questo caso i sardi della direzione nazionale voteranno contro la proposta finale. Graziano Milia dirà no anche a un solo candidato esterno, a meno che non ci sia l’impegno per regionalizzare i seggi italiani all’Europarlamento. Non sarebbe considerato comunque esterno Marco Meloni , della segreteria nazionale: ma sarà schierato fuori dalla Sardegna se andrà in porto il recupero (non semplice) di un altro lettiano, il senatore Francesco Sanna . Forse attraverso la “promozione”, nella testa di lista, di Emanuele Cani , che lo ha superato alle primarie. Sanna esclude comunque di prestarsi a soluzioni che penalizzino i vincitori del 30 dicembre. Il punto, sottolineato sabato dalla direzione regionale, è proprio non tradire quel voto. Se fosse vera un’indiscrezione apparsa sulla stampa nazionale, secondo cui Matteo Renzi indicherebbe nella sua quota Alessandra Tresalli , sulcitana anche lei, perderebbe paradossalmente il seggio l’unico renziano che ha vinto le primarie, Gavino Manca (secondo a Sassari). CENTRO DEMOCRATICO La lista, alleata con Pd e Sel, nata dall’intesa tra l’Api di Bruno Tabacci e l’ex Idv Massimo Donadi , scioglie la riserva sul capolista al Senato in Sardegna: sarà l’avvocato cagliaritano Patrizio Rovelli , seguito dall’ex consigliere regionale Tore Piana . Alla Camera, Roberto Capelli davanti al giurista Andrea Murru . «Noi siamo i moderati che hanno avuto il coraggio di scegliere», sottolinea Capelli: «Invece i montiani scommettono sulla non governabilità, puntano a scenari destabilizzanti». I MONTIANI A proposito: per la coalizione di centro rimbalza da Roma il nome di Giorgio La Spisa come numero uno della lista unica al Senato. L’assessore regionale al Bilancio è del Pdl, ma anche molto vicino (tanto da averlo portato di recente a Cagliari per un convegno) a Mario Mauro , l’europarlamentare che sta guidando i contatti con Monti per conto di un gruppo di fuoriusciti dal partito di Berlusconi. Pare però che questa ipotesi non entusiasmi l’Udc, che detiene la golden share dei centristi sardi e vorrebbe contribuire a scegliere il capolista per Palazzo Madama: forse suscita meno problemi il nome di Beppe Pisanu . Ieri il segretario sardo dello scudocrociato, Giorgio Oppi , è volato a Roma per incontrare Pier Ferdinando Casini e discutere anche della lista per la Camera. È quasi certo che sia lo stesso Oppi a guidarla. Tra i candidati dovrebbe comparire il consigliere regionale Nello Cappai ; se si punterà su giovani di buone competenze, il favorito è Federico Ibba . Potrebbero entrare in gioco (anche per il Senato) l’assessore Sergio Milia e il capogruppo in Consiglio regionale Giulio Steri : l’unico guaio, per quest’ultimo, è che – essendo eletto nel listino regionale – dimettendosi lascerebbe il posto a un uomo del Pdl. Sempre alla Camera, per Italia futura si continua a parlare di Pier Paolo Vargiu , consigliere regionale dei Riformatori. INDIPENDENTISTI Ieri ha discusso di elezioni Politiche anche il consiglio nazionale del Psd’Az: l’orientamento è essere comunque presenti, ma la dirigenza ha il mandato per valutare ipotesi di alleanze con altre sigle, dell’area indipendentista ma non solo. Correrà sicuramente al Senato invece Meris, il movimento fondato da Doddore Meloni . Giuseppe Meloni Inserire il testo dell’articolo
LA NUOVA SARDEGNA – Politica: La Spisa passa con Monti ed è capolista
08.01.2013
CAGLIARI Nuova grande sorpresa nella battaglia per le candidature. Giorgio La Spisa, vice presidente della Regione e assessore al Bilancio in quota Pdl, è stato indicato a Roma come capolista al Senato della lista centrista di Mario Monti. A fare il suo nome è stato l’eurodeputato Mario Mauro, ormai ex Pdl, che due mesi fa è stato a Cagliari ospite di La Spisa in un convegno di carattere econonico. Come Mauro, anche il politico e cattolico cagliaritano fa parte della corrente del centrodestra che fa riferimento a Comunione e liberazione. Quando ha appreso la notizia di La Spisa capolista, l’Udc sarda è andata su tutte le furie. Il segretario regionale Giorgio Oppi era a Roma per incontrare Pierferdinando Casini e discutere dei candidati isolani. Oppi non si è opposto alla candidatura dell’assessore ma contesta il posto di capolista: lo schieramento centrista (Casini, Montezemolo e Fini) che porta il nome di Monti potrebbe eleggere in Sardegna un solo senatore e l’Udc sarda non vuole certo regalare il seggio. Secondo indiscrezioni, Oppi avrebbe detto «sì» all’ipotesi Beppe Pisanu (che invece forse va nel Lazio) per vecchi accordi, ma se il candidato è da scegliere nell’isola chiede che a indicarlo sia l’Udc. Che, tra l’altro, aveva già diversi nomi di peso elettorale non insignificante, tra cui lo stesso big regionale. Mentre per la Camera sarebbero in ulteriore ascesa le quotazioni del giovane Federico Ibba, che sarebbe gradito a Casini perché in linea con la regola del rinnovamento imposta da Monti. Oggi Oppi riunisce i segretari provinciali per valutare la situazione. Ieri sera, già prima del suo rientro nell’isola, la situazione era caldissima. Tanto che non si esclude che venga approvato un documento per dire che l’Udc sarda si disimpegnerà dal voto per il Senato. A pesare sono anche i rapporti personali tra Oppi e La Spisa. Pare che siano stati numerosi i litigi nella giunta Cappellacci, perché Oppi, che era all’Ambiente sino a poche settimane fa, accusava il collega del Bilancio di lesinare i fondi agli assessori e ai sindaci dell’Udc. Il conflitto Sardegna-Roma rischia di esplodere oggi anche nel Pd. Ieri poco prima di mezzanotte è iniziato il vertice tra la commissione elettorale e i segretari regionali che contestano (Silvio Lai minaccia persino di rifiutare la candidatura) la decisione di Pierluigi Bersani di imporre ben quattro capilista scelti fra dirigenti e personalità esterne. Ieri è circolata la voce secondo cui uno dei prescelti sarebbe sarebbe Giampaolo Galli, ex direttore generale della Confindustria. Riuscirà Silvio Lai a respingere l’assalto dei candidati di Bersani. Sabato, nella direzione regionale, il partito si è schierato in modo compatto, per ragioni di principio e per difendere, con il risultato delle primarie, il diritto di tutte le aree interne di far parte della delegazione parlamentare. A questo schieramento si è aggiunto ieri l’ex ministro Arturo Parisi con un messaggio a Lai. In sintesi l’esponente ulivista ha detto: non mi riconosco più nel Pd e non parteciperò alla direzione nazionale, ma se sarà aperta una battaglia per la rivendicazione e la costituzione di un Pd sardo mi precipiterò e sarò della partita. Non solo. Parisi ha sottolineato che la previsione di Bersani era di designare il 23 per cento degli eletti , mentre in Sardegna, se sarà confermata l’idea romana, la percentuale salirebbe al 42. La delusione di Parisi è evidente: rischia di perdere il posto il suo amico renziano sassarese Gavino Manca, che alle primarie è andato bene e che rischia ora di non farcela. Sempre nel Pd stanno esplodendo anche guerre locali. Il Sulcis ieri ha fatto sentire il proprio «no» (con la minaccia di dimissioni in massa) alla candidatura della consigliera di Carbonia Alessandra Tresalli, che fa parte della lista dei 17 parlamentari sicuri indicata da Matteo Renzi. Non sta meglio il Pdl. Oggi il coordinatore Settimo Nizzi è a Roma per proporre le lista di Camera e Senato. Sarà vagliata da Denis Verdini e Angelino Alfano ma alla fine la decisione sarà presa per tutti da Silvio Berlusconi, che sceglierà i fedelissimi. Tenendo conto dei criteri approvati proprio ieri dall’ufficio di presidenza, criteri che lo stesso Nizzi aveva anticipato negli incontri nell’isola, le bozze sarebbero questa. Per la Camera nell’ordine quattro deputati uscenti: Mauro Pili, Settimo Nizzi, Bruno Murgia e Paolo Vella. Per il Senato capolista l’uscente Fedele Sanciu, numero 2 l’ex sindaco di Cagliari Emilio Floris (che ha resistito al corteggiamento dei centristi), al terzo posto un esponente di Sassari (Rinaldo Carta o Antonfranco Temussi), al quarto posto l’uscente Silvestro Ladu. Sono state proposte anche delle candidate: si fanno i nomi di Ada Lai e di Daniela Noli, entrambe cagliaritane. Infine da segnalare che il segretario di Rifondazione comunista, Alessandro Serra, ha annunciato la «convinta adesione» del partito alla «rivoluzione civile» di Antonio Ingroia.
LA NUOVA SARDEGNA – Politica: E Renzi sceglie una neo consigliera Rivolta a Carbonia
08.01.2013
Alessandra Tresalli, 43 anni di origine toscane, è consigliere comunale di Carbonia (ha avuto 155 voti) e potrebbe essere uno dei nuovi deputati del Pd. A Sceglierla è stato Matteo Renzi, al quale Pierluigi Bersani ha riconosciuto il diritto di nominare personalmente 17 futuri parlamentari. Tra questi, il sindaco di Firenze ha scelto la Tresalli (nella foto), che ha incontrato nel suo recente tour elettorale per le primarie del centrosinistra. Il nome della consigliera sulcitana nell’elenco di Renzi ha destato stupore e persino incredulità nel Pd sardo. Ieri mattina da Cagliari il partito ha chiamato Roma per chiedere notizie ufficiali e per avvertire che a Carbonia c’era già clima di rivolta: dirigenti di primo piano del Pd e amministratori locali minacciano di restituire la tessera. La tensione è alta e non è stata sottovalutata. Solo che da Roma non sono arrivate notizie diverse rispetto a quella che vede la Tersalli candidata in Sardegna, in posizione privilegiata, in quota Renzi. Oggi, quando la lista sarà completata prima dell’inizio della direzione nazionale, se ne saprà di più. Forte malumore anche tra i renziani. Perché la nomina della Tresalli rischia di far uscire dalla quota degli eleggibili il consigliere regionale Gavino Manca, unico renziano passato alle primarie nell’isola con più di 2.000 voti
LA NUOVA SARDEGNA – Politica: Pd e Pdl ogliastrini nettamente contrari ai candidati esterni
08.01.2013
TORTOLÌ Nel Partito democratico ogliastrino, si attende di sapere in quale posizione della lista verrà inserito Giuseppe Loi (sindaco di Villagrande Strisaili e presidente del Gal), il vincitore – fra i quattro candidati, due uomini e due donne – delle “primarie parlamentari”, tenutesi domenica 30. E si chiede anche una reale rappresentanza del territorio, puntando a non accettare le candidature esterne (esponenti non sardi) che cercheranno di essere imposte dal partito nazionale. Dopo la presentazione dei curricula da parte degli iscritti che accettano di candidarsi, anche in casa Pdl Ogliastra, si attendono le scelte. Per la Camera si sono resi “disponibili” il sindaco di Gairo, Roberto Marceddu, e il consigliere provinciale di opposizione, nonché capogruppo consiliare comunale di opposizione a Tertenia, Franco Lai, che è anche il fondatore del movimento antiruspe “Urbanistica a misura d’uomo”. Per il Senato, a offrire la propria disponibilità a una candidatura è l’ex sindaco di Lotzorai, Carletto Serra, in passato assessore provinciale nuorese e vice presidente dell’allora Comunità montana d’Ogliastra. È anche membro della giunta nazionale del Silb-Fipe (locali da ballo). Anche dai berlusconiani giungono nette prese di posizione contro “sbarchi” di candidati non sardi. Ecco il pensiero di Giuseppe Loi: «Non spetta a me decidere, ma non costa niente sperare di essere entro i primi cinque nella lista per il Senato ed entro i primi nove in quella della Camera. Solo in questi due casi avrei possibilità di essere eletto. Al di là di questo, in Ogliastra siamo contrari all’inserimento nella lista di esponenti non sardi, calati dalla segreteria nazionale. A cosa serve fare le primarie, facendoci spendere tante energie, se poi si punta a dare spazio a esterni provenienti da realtà non sarde? Anche nel nostro Statuto è previsto che i territori debbano essere rappresentati». Carletto Serra non la pensa tanto diversamente: «Ho dato la mia disponibilità alla candidatura al Senato per il Pdl, partito nel quale milito dal 1994. Ma non pensino che farò solo “il donatore di sangue”. Chiedo un posto entro i primi tre-quattro nella lista dei candidati Pdl per il Senato: l’area provinciale ogliastrina deve essere rappresentata in maniera diretta in Senato e solo essendo inserito fra la prima quaterna di candidati vi è la possibilità di essere eletti nell’isola». L’ex sindaco ed ex assessore provinciale lancia una frecciata contro le candidature esterne e calate dai palazzi della politica romana: «In Ogliastra siamo stufi di dare il sangue per fare eleggere degli esterni: basta ricordare le candidature nell’isola di Sgarbi, Barbareschi e altri. Anche nell’ultima riunione a livello provinciale,tenutasi lo scorso fine settimana a Tertenia, è stato ribadito, da me per primo, e poi da altri partecipanti, questo importante concetto. Il nostro territorio deve essere rappresentato da un ogliastrino. A chiederlo è la comunità».
LA NUOVA SARDEGNA – Politica: Pd, Silvio Lai minaccia di non candidarsi
07.01.2013
La festa delle primarie è già finita, il Pd sardo è ora in rivolta sulle candidature. Dopo il voto unanime della direzione regionale di sabato, il segretario Silvio Lai minaccia una decisione clamorosa: la rinuncia a presentarsi alle elezioni politiche del 24 e 25 febbraio. «A questo punto – ha dichiarato – accetterei solo se le liste fossero condivise dal partito nell’isola». Il superbersaniano Lai (che lo stesso leader nazionale ha candidato come capolista assieme agli altri segretari regionali) sarà oggi a Roma per un estremo tentativo di evitare l’invasione di candidati esterni. Di 4 o 5 forestieri non ne vuole neppure sentire parlare, al massimo – in linea con la direzione regionale – potrebbe accettarne uno, possibilmente sardo (qualcuno ha parlato del vice capogruppo al Senato, Luigi Zanda, cagliaritano), il quale, forse informato del clima di rivolta, aveva comunque prudentemente fatto sapere di non voler pestare i piedi a nessuno. L’arrivo di candidati esterni ridurrebbe di molto la possibilità di elezione dei partecipanti alle primarie. Ad esempio verrebbero escluse tre precise aree del partito nell’isola, quelle rappresentante da due deputati uscenti (Siro Marrocu, ex pci, e Paolo Fadda, ex popolare) e del renziano sassarese Gavino Manca. C’è anche da tenere conto che il Pd, nell’ultima legislatura, ha fortemente criticato il Pdl che nel 2008 aveva imposto candidati esterni (ed erano “appena” tre). Domani a decidere sarà la direzione nazionale. Ne fa parte anche l’ex presidente della Provincia, Graziano Milia, il quale ha detto di essere pronto a votare contro la proposta di lista: «La mia posizione è netta e senza possibilità di mediazione, se non quella di un/una capolista al Senato comunque riconducibile alla Sardegna. I motivi sono semplici e risiedono anzitutto nelle battaglie che ho sempre fatto a favore di un partito della Sardegna autonomo e federato con un patto ben chiaro con quello nazionale». E inoltre «la Sardegna sta vivendo un momento terribile con rapporti con lo Stato che mai hanno raggiunto così bassi livelli di intensità, ha, dunque, bisogno di una delegazione forte e coesa estesa a tutti i partiti per far valere le proprie ragioni e non può quindi permettersi di dare rappresentanza ad altre esigenze al di fuori delle proprie». In cambio del «sì» a un esterno, Milia propone di chiedere al Pd nazionale la riforma elettorale che per le elezioni europee garantisca seggi sicuri alla Sardegna. La battaglia non è facile perché riguarda quasi tutte le regioni. «Ma noi siamo diversi», ha detto Silvio Lai, dimostrando un po’ di ottimismo. C’è tensione alta anche in altri partiti. Secondo indiscrezioni, ieri la sede centrale dell’Udc avrebbe dovuto ricevere i nomi dei candidati sardi, ma dall’isola non è stato trasmesso niente. Sembra che il segretario Giorgio Oppi (che oggi sarà nella capitale) voglia conoscere prima i criteri scelti per procedure alle candidature vere e proprie. Oppi deve discutere sia dei candidati della Camera (l’Udc si presenta da sola), sia di quelli del Senato: per Palazzo Madama la coalizione che sostiene Mario Monti si presenta sotto un unico simbolo e c’è naturalmente grande battaglia anche in Sardegna, a meno che il capolista non sia Beppe Pisanu, che è sempre stato eletto nell’isola ma che stavolta potrebbe presentarsi nel Lazio. Non è messo meglio il Pdl. Il coordinatore regionale, Settimo Nizzi, sta facendo consultazioni per arrivare, entro due-tre giorni, a una proposta formale di lista. A decidere sarà poi il partito nazionale nella commissione che è capeggiata dal segretario Angelino Alfano e da uno dei tre coordinatori, Denis Verdini. Il Pdl è alle prese con alcuni problemi complessi: la necessità di scontentare molti uscenti (dei 14 seggi del 2008 ne potrà riconquistare 5, massimo 6); l’esigenza di mettere nuovi nomi e di ampio consenso, l’obbligo di rappresentare almeno le 6 province maggiori. Circolano molte indiscrezioni, ma continuano a non esserci certezze per nessuno. Nazionalmente è stato predisposto uno schema di lavoro come filtro su deputati e senatori uscenti: produttività in aula e in commissione, età, numero di legislature. Secondo una previsione, dovrebbero essere favoriti gli uscenti Mauro Pili, Bruno Murgia e Settimo Nizzi (deputati) e il senatore Fedele Sanciu. Ma si è appreso che su Salvatore Cicu (vice capogruppo uscente alla Camera) deciderà Roma se derogare dal tetto di 3 legislature (Cicu ne ha 5). C’è poi la pressione su diversi consiglieri regionali: dal capogruppo Pietro Pittalis agli assessori Simona De Francisci, Alessandra Zedda, Giorgio La Spisa e Antonello Liori.