La stampa sarda e la Consulta rivoluzionaria dei movimenti, commento di Bachisio Bandinu alla rassegna della stampa
La stampa sarda e la Consulta rivoluzionaria dei movimenti, commento di Bachisio Bandinu alla rassegna della stampa
E’ interessante osservare come la stampa e le televisioni hanno interpretato e rappresentato la recente manifestazione della Consulta rivoluzionaria e più in generale le assemblee e i dibattiti che mettono al centro dell’attenzione pubblica i Movimenti, molto critici nei riguardi del potere costituito, della Giunta e del Consiglio regionale.
Diciamo che è uno sguardo di attenzione, un interesse costruttivo e persino un’atmosfera generale di accondiscendenza. È emersa una cronaca che ha dato voce alle diverse rappresentanze delle 10 associazioni e movimenti che compongono la Consulta, con interviste a singoli partecipanti e ai loro slogans particolarmente efficaci.
Si può notare un’attenzione più insistita nei riguardi dei movimenti indipendentisti, rispetto al Movimento pastori sardi e ai Comitati di artigiani e commercianti che pure sono gli artefici del nucleo fondatore della Consulta rivoluzionaria.
Un elemento importante è il riconoscimento per aver dato corpo a “un organismo unito mettendo da parte personalismi e le singole vertenze per porsi come interlocutore solido e credibile per la società”. Può essere utile osservare come dai servizi giornalistici emergano alcuni aspetti che meritano riflessioni e risposte da parte della Consulta stessa. Il primo riguarda il possibile orientamento politico unitario: “ chissà se i rivoluzionari si presenteranno alle prossime elezioni regionali, chissà se resteranno uniti e compatti come all’esordio?”
Si attende una più ricca elaborazione di questo slogan: “Abbiamo un progetto, ci candidiamo a governare”. Insomma si chiede una più esauriente verifica del grado di compattezza delle varie componenti della Consulta: quali intese e quale specifica autonomia delle diverse anime, nella prospettiva di precise scelte anche elettorali.
Un altro aspetto riguarda la necessità di una elaborazione programmatica più ricca non solo di proposte specifiche che riguardano le varie istanze di ciascuna sigla, ma di una visione più ampia della questione sarda, di un modello di sviluppo e di una programmazione di crescita che dia “spessore politico” agli obiettivi della Consulta rivoluzionaria. Anche per rispondere alle partiti politici che, a sfida, sbandierano un invito: “ spieghino la loro proposta politica”.
Una osservazione è stata fatta anche per lo “ sventolio delle bandiere dai mille colori, almeno fino a quando la Consulta non sceglierà il suo stendardo”. Certamente lancia un messaggio più efficace il presentarsi con una sola bandiera, anche quella canonica sarda, magari senza rinunciare a segni distintivi degli addobbi personali. L’unità si manifesta anche nei simboli.
Può risultare produttivo un dibattito su questi ed altri argomenti sia per arricchire temi che interessano tutti, sia per dare voce a differenti opinioni.
L’unione sarda, 15 settembre 2012.
«Fuori tutti» che peri «rivoluzionari» sta all’urlo «disposti a tutto» dei lavoratori Alcoa. Stessa rabbia, stessa voglia di spaccare il mondo, e prima di tutto, per i «rivoluzionari» senza armi, mandare a casa i politici di oggi insieme alla politica di sempre.
A Tramatza si sono rìtrovatì in quattrocento, pastori, sindacalisti sparsi, politici borderline della polìtìca, commercìanti, artigiani, quelli di Sardìgna Natzione e Irs con in testa Bustianu Cumpostu e Gavino Sale, movimenti ìndìpendentìstì vari, associazioni di non allineati, gli attendati fissi di viale Trento. Osservatori attenti, gli avvocati Elias Vacca e Patrizio Rovelli. Celebrano il battesimo della nuova creatura movimentista: la “Consulta rivoluzionaria” che punta a far fuori senza botte di testa ma a colpi di protesta e di voti chi «ha distrutto la Sardegna» come ripetono in coro pastori e artigiani neri di rabbia e rossi di finanze. Rivoluzione democratica sotto il l’arcobaleno dell’autonomia e dell’indipendentismo. Di sardismo dal sapore antico.
Per qualcuno un sogno che diventa realtà. Ciascuno con il suo passato e la sua storia ma tutti disposti a fare un passo indietro per farne tre avanti come hanno sottolineato con forza Gavino Sale, Bustìanu Cumpostu, Stefano Arbatl e Felice Florìs per Sardigna Natzione, Irs, La base e Movimento pastori anche se con qualche, sottolineatura. Tracciare il’ passaggio dalla «protesta alla proposta», che chiuda con il tempo delle sortite sulla Carlo Felice per far posto a quello della grande coalizione capace di spalancare le porte della Regione. Che allontani una classe politica e ne chiami una nuova: quella ‘rivoluzionaria’, compattata intorno a un blocco sociale che, a detta di Gavino sale, ‘vale il 15% dell’elettorato’. “Con questa nuova forza non politica ma movimentista”, dice Sale, “la vecchia politica dovrà fare i conti. Adesso i Sardi devono decidere di decidere, il tempo è scaduto per tutti”.
A Bustianu Cumpostu l’aggettivo ‘rivoluzionaria» non garba granchè «forse va cambiato ma di sucuro vanno cambiati tutti i politici perché non è possibile che esistano partiti che non vogliono la prosperità della Sardegna”.
Ma. cambiare come? La risposta è pressoché unanime, da Cumpostu e Sale,da Floris e Arbau passando per Ivan Garau, presidente del Movimento artigiani sardi; Intanto mobilitando la gente, girando paese per spiegare, presentando proposte e progetti. Gavino Sale ne ha anticipato tre imperniati sulla sovranità, passaggio di qualità dall’autonomia ormai morta e sepolta: sovranità fiscale, energetica ed agroalimentare.
Per Felìce Floris la consulta rappresenta qualcosa di storico, senza precedenti per portata e idee. «E’ l’aggregazione di tutti quelli che amando la Sardegna, lavorano e producono. Di chi rispedisce al mittente la vecchia politica e srive una pagina nuova”. Alla prima uscita, entro il 15 ottobre a Caggliari, annunciano che saranno in cinquantamila per assediare il Consiglio regionale. Sarà ‘una sollevazione popolare democratica’ al grido “tutti a casa”. Piovono gli applausi, gli stessi che rinforzano la rabbia di Andrea Impera quando pretende al zona franca vista bene da Angela Merkel ma non dalla Regione e qualla no meno nascota di Ivan Garau quando ricorda che oltre Alcoa, Carbosulcis “esistono anche i poveracci della Partita Iva braccati da Equitalia”. Per “Efisio Arbau “i politici di oggi sono fuori. La consulta invece avanza, si fa squadra e sarà presto pronta a dare vita a una battaglia durissima”.
Claudia Zuncheddu, unica consigliere regionale presente, parla di una Ssardegna isolata, che ha di fronte non taante singole vertenze ma lsu sua vertenza, unica e drammatica”. In sala c’è chi la contesta e Felice Floris allora ricorda che “il problema è stare in questo Consiglio regionale. Chi ci sta o c’è stato non può essere all’interno della consulta perché resta comunque macchiato da una certa politica”. Quella iniziata a Tramatza è un’altra storia. Antonio Masala
Nasce a Tramatza il coordinamento dei movimenti indipendentisti
La Consulta rivoluzionaria: «Politici, a casa». A metà ottobre 50mila in piazz
- Di Giampaolo Meloni
TRAMATZA. La politica sarda, tutta intera, deve tornare a casa. Il consiglio regionale deve essere svuotato da chi si è compromesso con il potere economico e finanziario sardo, nazionale e internazionale con il solo risultato per i sardi di finire sempre più nel crinale della sudditanza e della povertà. È l’obiettivo della “Consulta rivoluzionaria” dell’indipendentismo sardo nata a Tramatza, dopo una lunga discussione dell’assemblea affollata da quattrocento e più persone arrivate da tutta l’isola in rappresentanza di movimenti, associazioni, comitati tutti ispirati dal comune obiettivo di «azzerare il consiglio regionale», come ha detto il leader del Movimento pastori sardi Felice Floris, e di «costruire una nuova pagina di storia della Sardegna». Traguardo che potrà essere realizzato con il governo dei sardi che saranno stati capaci di tagliare fuori la politica classica, riflette Gavino Sale. Prima uscita ufficiale a metà ottobre con una grande mobilitazione popolare a Cagliari: cinquantamila davanti al consiglio regionale per dire «tutti a casa».
Un appuntamento promosso per fare il test sullo stato d’animo di pastori, artigiani, operai, impiegati, studenti, pensionati, categorie interpretate attraverso numerosi interventi. Un laboratorio, lo hanno definito i leader dei movimenti che alla fine danno una valutazione positiva. Oltre Mps ci sono Irs, A manca pro s’indipendentzia, Sardegna virtuosa, gli Anti Equitalia, lavoratori di E.On., i commercianti liberi del Sulcis e tanti altri. «È arrivato il momento per i movimenti di fare un passo indietro, di mettere da parte i personalismi e le singole vertenze per dare corpo a un organismo unitario, che rappresenti tutti e sia un interlocutore solido e credibile per la società», spiega Felice Floris. La Consulta nasce come blocco popolare. Il laboratorio ( definito “un fatto storico”) è superato e nei prossimi giorni un comitato ristretto metterà a punto un programma politico e un calendario di iniziative. In qualche modo cavia di questa determinazione è stata il consigliere regionale Claudia Zuncheddu, segretaria di Sardigna Libera. La sua presenza e condivisione son state bene accolte, ma le hanno anche detto, va bene, ma per stare nel movimento ti devi prima dimettere dal consiglio regionale.
Ora si tratta di rendere tangibili gli obiettivi. «Qui ci sono tanti movimenti, tante persone che esprimono tutte un disagio. La politica classica è fuori – osserva Bastianu Cumpostu, leader di Sardigna Natzione – , la Consulta serve a costruire un contenitore nuovo per esprimere una nuova classe dirigente e costruire una nuova pagina di storia. Nessun compromesso con chi ha distrutto la Sardegna: o la nostra sconfitta o la nostra vittoria. Insomma, sono ancora da mettere a punto le coordinate programmatiche e ancora nessuno qui ne dà piena certezza, ma al confronto elettorale per le prossime regionali la Consulta rivoluzionaria sarà presente.
Prospettiva che piace a Efisio Arbau, fondatore e leader del movimento La Base: «Lo spazio dei singoli gruppi deve essere occupato da un movimento che abbia le idee e possa governare». C’è anche una condizione pronta per marcare il cambiamento: chi si candida, propone Arbau, deve prima firmare un contratto per prendere solo un’indennità di tremila euro al mese, il resto deve essere assegnato agli studenti. «Un gesto di onestà e coraggio».
L’UNIONE SARDA – Politica: Pastori e operai oggi a Tramatza
14.09.2012
«La Sardegna sta morendo, è necessario muoversi il più in fretta possibile: alla Consulta rivoluzionaria il compito del cambiamento». L’urlo di battaglia contro la politica «sbagliata» che «nessuna soluzione ha colto contro la crisi» risuona oggi dalle 10,30 a Tramatza, dove il leader di Mps Felice Floris, oltre ai suoi pastori, ha convocato studenti, operai, artigiani, agricoltori e pensionati, categorie che più di altre stanno vivendo il momento economico e sociale difficile. L’obiettivo: decidere quando manifestare a Cagliari «per cacciare pacificamente la cattiva politica». In una nota, Floris scrive che l’assemblea ha l’intento di creare «un blocco sociale» per dare «una risposta forte e democratica a una classe politica dormiente».
LA NUOVA SARDEGNA – Economia: Oggi l’assemblea della Consulta rivoluzionaria
14.09.2012
Oggi è il giorno della conta, ore 10.30 a Tramatza sulla 131, per la «Consulta rivoluzionaria». È il movimento costituito mesi fa da pastori, artigiani, operai, anti-Equitalia, impiegati, studenti e indipendentisti e che stamani potrebbe decidere di scendere in campo anche come soggetto politico. Lanciata dal Movimento pastori e dagli Artigiani e commercianti liberi del Sulcis, la Consulta ha raccolto l’adesione del gruppo culturale Sardegna virtuosa, di «A Manca» e altri movimenti. «È arrivato il momento di mettere da parte personalismi e singole vertenze – ha detto Felice Floris (nella foto) leader del Mps – Come popolo sardo siamo di fronte a una politica sorda e noi diciamo no a un governo che ci impone solo sacrifici. Dobbiamo fare fronte comune e mobilitarci». Oggi c’è l’appello finale.
L’UNIONE SARDA – Politica: I partiti contro la rivoluzione
05.11.2012
Botta e risposta. Tutto al veleno. Da una parte la Consulta rivoluzionaria che mercoledì scende in piazza per chiedere le dimissioni in blocco di Consiglio regionale e giunta Cappellacci; dall’altra i partiti di destra e di sinistra finiti nel mirino di indipendentisti e movimenti dei lavoratori. Il j’accuse suona così: «Andate a casa, perché siete i responsabili del disastro sardo». Ma maggioranza e opposizione vanno al contrattacco: «La protesta non risolve i problemi». COMUNE DENOMINATORE Niente tappeti rossi, dunque. I partiti sbattono la porta in faccia alla Consulta. Né da destra, né da sinistra si uniranno allo sciopero di mercoledì. Eccezion fatta per Michele Piras, coordinatore regionale di Sel, che fa sapere: «Come forza politica non aderiamo alla mobilitazione. Ma personalmente ci sarò, perché questo popolo ha diritto a sovranità e autodeterminazione». PDL Nessuno lo dice apertamente, ma in tempo di grillismo, la Consulta viene vista come il potenziale approdo per i delusi dei partiti. E un po’ fa paura. Tanto che Settimo Nizzi, coordinatore dei berlusconiani sardi, osserva: «È giusto che i cittadini si riuniscano e si confrontino per far valere idee e proposte. Ma spetta agli elettori valutarle». Il deputato pidiellino porta un esempio: «Per scardinare il sistema serve un progetto alternativo alle forze tradizionali. Diversamente succede come per le Province: si è votata la loro abolizione, ma senza aver studiato un riassetto istituzionale». PD I bersaniani dell’Isola partono da un presupposto: «Il malessere sociale – dice il segretario Silvio Lai – è evidente. Ma diffido da chi tratta tutti allo stesso modo. Quando nel 2008 abbiamo lasciato il palazzo della Regione, la spesa sanitaria era in ordine, idem quella sui finanziamenti europei. La continuità territoriale veniva garantita con dieci aerei, contro i due attuali. Già dal 2004 ci siamo confrontati con la spending review». Insomma, al leader Pd non piace che la Consulta metta sullo stesso piano maggioranza e opposizione: «Così facendo, si cavalcano strumentalmente le difficoltà sociali. La Sardegna, invece, ha solo bisogno che questo centrodestra vada a casa, quanto prima». RIFORMATORI Nemmeno dal fronte liberal democratico porgono l’altra guancia. Michele Cossa, vicepresidente del Consiglio regionale, ricorda: «La rivoluzione l’abbiamo già avviata con dieci referendum destinati a cambiare il quadro istituzionale della Sardegna». Quindi, niente passi indietro. «Se ci dimettessimo – spiega Cossa – non potremmo completare le riforme. Mancare l’obiettivo, significherebbe sottrarsi al dovere di rimuovere gli ostacoli allo sviluppo». UDC Per lo scudo crociato è Giulio Steri, capogruppo in Consiglio regionale, a tracciare il confine tra politica e antipolitica. «Ho letto le proposte della Consulta, ma alcune non sono nemmeno praticabili. L’abolizione di Equitalia spetta al governo nazionale non a quello isolano. L’Udc ha fatto tutto il possibile per frenare la crisi, ma la congiuntura internazionale è difficilissima. Per questo non è sufficiente protestare, lo sciopero non risolve le emergenze». PSD’AZ Per storia e valori identitari, tra Quattro Mori e Consulta i punti di contatto sono più di uno. E Giacomo Sanna, il presidente-capogruppo in Regione, non ne fa mistero: «Accogliamo il nuovo progetto con assoluta positività». Poi l’affondo: «Attaccare tutti senza distinzioni è un modo sbrigativo per farsi largo. Peraltro: loro si propongono come un blocco sociale, ma non vorrei che il movimento rispondesse a una sola persona». L’invito vale una bordata: «Se nella Consulta prendono il meglio della nostra storia e del nostro programma, non possono farsi offuscare le menti dal grillismo». SEL Piras non usa sciabola né fioretto: «Crediamo che alcune questioni sollevate dalla Consulta siano condivisibili, così come pensiamo che la condizione sociale dell’Isola sia arrivata a un punto di rottura». Seguono le sottolineature: «Lo stato della crisi merita una proposta di governo in netta discontinuità con l’attuale. Le responsabilità stanno in capo a chi guida la Regione e il Paese, non a un partito come il nostro che in questi anni è stato all’opposizione sia in Sardegna che a livello nazionale». Alessandra Carta
LA NUOVA SARDEGNA – Politica: Consulta rivoluzionaria, città presidiata
06.11.2012
Evitare che il diritto, sancito dalla Costituzione, a manifestare possa creare alcuna turbativa dell’ordine pubblico. E così la Prefettura ha disposto che dalle 8 e 30 di domani sino all’una di notte vi sarà una area di sicurezza con limitazioni. Nel perimetro che comprende viale Regina Margherita, via Roma, largo Carlo Felice, via Manno e piazza Costituzione, le vie dello shopping e della tradizionale passeggiata per turisti e cagliaritani, in quella fascia oraria sarà vietata la vendita e la cessione di bevande, anche alcoliche (e quindi l’ordinanza lascia intendere tutte le bevande) in contenitori di vetro, metall o e plastica, sia nei bar che dagli ambulanti. Nella stessa area è vietata l’introduzione di questi contenitori. Oltre a questo divieto è vietata anche l’introduzione di qualsiasi oggetto atto a offendere, comprese, dunque, aste corte ma robuste di bandiere.Chi avrà sete dovrà andare al bar e consumare solo su bicchieri di carta la sua bibita. di Giuseppe Centore wCAGLIARI Massima attenzione, prudenza e nulla lasciato al caso. La manifestazione della Consulta rivoluzionaria in programma domani nel capoluogo, da settimane sta impegnando i responsabili provinciali dell’ordine pubblico, decisi a garantire il pacifico svolgimento della manifestazione-happening. E proprio la durata dell’iniziativa, dalla mattina sino a tarda sera, costringerà poliziotti, carabinieri e finanzieri, con il supporto dei vigili urbani, agli straordinari. Le preoccupazioni dei responsabili dell’ordine pubblico, non riguardano tanto il nucleo centrale che ha organizzato la manifestazione, con tanto di palco per interventi e intervalli musicali, quanto coloro che a margine potrebbero trovare spazio per manifestare, magari con metodi e forme non del tutto ortodosse il loro dissenso. Per questo motivo, si prevede una presenza massiccia di agenti di polizia nel centro cittadino, che del resto sarà di fatto chiuso al traffico per l’intera giornata. Via Roma sarà il cuore della protesta, ma a differenza di quanto accadde due anni fa, con la cruenta protesta dei pastori, non si prevedono incontri con i vertici istituzionali dell’isola. La location è solo simbolica, come dire «veniamo sotto le finestre del palazzo della politica a gridare il vostro fallimento», e fosse solo per questo motivo è ad alto rischio. Non a caso la via Roma lato portici sarà chiusa dalla mattina, con i manifestanti che hanno accettato di lasciare libero il lato mare alla regolare circolazione dei veicoli. La Questura tende a distinguere gli organizzatori della protesta, i partiti e i movimenti storici indipendentisti, più il movimento pastori, alcuni partiti della sinistra extraparlamentare e organizzazioni radicali come A Manca, da coloro che andranno liberi da qualunque vincolo di appartenenza, veri e propri “cani sciolti”, che potrebbero, ma il condizionale è d’obbligo, approfittare di un momento di estrema visibilità per compiere atti estremi. Non è escluso che in questi giorni si siano ripetuti incontri e scambi di opinioni tra organizzatori e forze dell’ordine per far sì che ogni provocazione, fosse magari supportata da qualche bevanda alcolica, venga immediatamente respinta. Ma se le diverse anime del movimento hanno un nome e un volto, gli altri, coloro che vivono ai margini, non sempre possono essere tracciati con sicurezza. In ogni caso, la presenza delle forze dell’ordine non si concentrerà solo sul tradizionale rettangolo intorno al palazzo del Consiglio, via Roma, via Porcile, via Cavour e via Lepanto, ma in tutto il centro storico, dal Largo Carlo Felice al Bastione. Un presenza, assicurano in questura, discreta ma costante, dalla mattina sino a tarda notte, con oltre un centinaio di agenti per turno impegnati tra le tre diverse forze di polizia.
L’UNIONE SARDA – Politica: Oggi la protesta della Consulta rivoluzionaria
07.11.2012
La Consulta rivoluzionaria oggi scende in piazza a Cagliari. I comitati spontanei di agricoltori, pastori, artigiani e commercianti grideranno dalle 10, davanti al Consiglio regionale, la loro rabbia per le conseguenze nefaste della crisi sull’economia sarda. Via Roma, bloccata da mezzanotte, resterà chiusa al traffico per tutta la giornata sul lato portici. Traffico che sarà consentito sul fronte del porto. I movimenti chiamano a raccolta le truppe e, con loro, i partiti sovranisti. Ma le associazioni tradizionali non aderiscono alla protesta. I MOVIMENTI «Non ci importa di loro, sono al servizio di una classe dirigente inutile che ha preso in giro tutti», tuona Felice Floris, leader della rivolta. «Non parliamo con questa politica a piede libero, a cui non chiederemo niente: solo di sgomberare il campo. Hanno fallito: lo urleremo in 10 mila». Per voce del sindaco di Perfugas, Mario Satta, IrS ricorda: «Fiscalità, energia, trasporti, agroalimentare e scuola sono tutti settori in cui le istituzioni sarde devono esercitare piena sovranità e su cui basare le riforme». CONFINDUSTRIA In via Roma non ci sarà Confindustria. Massimo Putzu, leader regionale, ritiene che «la piazza non porti a nulla». E poi: «Capisco che sia un momento cupo e che cavalcare il malcontento accresca il consenso», dice: «Ma i problemi si risolvono solo con il confronto ai tavoli istituzionali. È facile protestare, meno fare proposte sul modo con cui sbloccare il patto di stabilità». CONFAPI Non aderisce neppure Confapi: «In un momento così drammatico per l’economia sarda è comprensibile che il livello della protesta stia assumendo proporzioni preoccupanti», dice il presidente Francesco Lippi. «Vogliamo essere parte propositiva nell’individuazione delle soluzioni a salvaguardia e rilancio del sistema impresa. Pur non aderendo alla manifestazione, l’augurio è quello che da questi momenti nascano idee utili a risolvere le emergenze». CONFCOMMERCIO Per Agostino Cicalò, presidente di Confcommercio, «un’organizzazione strutturata non può fare populismo. I pastori hanno assaltato la Regione, ma il prezzo del latte è sempre quello. Non mi pare che gli operai di Alcoa e Legler abbiano ottenuto quel che chiedevano. Preferiamo le pressioni sulle istituzioni per ottenere le agevolazioni fiscali alle imprese». CONFESERCENTI Marco Sulis ricorda che la Confesercenti regionale, come le altre associazioni istituzionali, hanno anche un ruolo di «confronto e concertazione». «La rivoluzione per noi è risolvere le emergenze delle imprese associate. Le tematiche di Equitalia e della crisi vanno trattate a Roma, dove si decide, tutti i giorni. Non col proposito di sovvertire l’ordine costituito». COLDIRETTI Luca Saba, direttore di Coldiretti, va oltre: «I temi che la Consulta pone sono giusti, ma noi combattiamo per altre vie», dice. «Parlo del prezzo del latte, che stiamo provando di affrontare al di là della politica, cercando di abbattere gli steccati che ci separano dal libero mercato. Le battaglie dell’agricoltura sarda sono l’insularità e la continuità territoriale delle merci, per agevolare le esportazioni e non solo la vendita dei prodotti. Che siano bravi, belli o brutti, la controparte sono i politici». CONFAGRICOLTURA Chiude Elisabetta Falchi, presidente di Confagricoltura: «Molti aspetti della protesta sono condivisibili, ma non è uscendo fuori dagli schemi che si affrontano le emergenze». (lo. pi.)
LA NUOVA SARDEGNA – Politica: Consulta «rivoluzionaria», oggi manifestazione a Cagliari
07.11.2012
La «Consulta rivoluzionaria dei movimenti» scende oggi in piazza a Cagliari per chiedere le dimissioni del Consiglio regionale e «mandare a casa tutti i politici responsabili del fallimento della Sardegna». La manifestazione di protesta, che gli organizzatori preferiscono chiamare «assemblea del popolo sardo», è stata promossa da associazioni e movimenti di indipendentisti, pastori, artigiani e commercianti. Sabato scorso, alla conferenza stampa di presentazione, hanno partecipato Bustianu Cumpostu (Sardigna Natzione), Gavino Sale (Irs), Felice Floris (movimento pastori) e Giacomo Meloni (Css). C’erano anche Progress, Fiocco Verde, il movimento operai di Porto Torres, A mManca pro s’ìndipendentia. Ha poi aderito Sinistra critica sarda. La manifestazione, dalle 10, si svolgerà in via Roma, davanti al palazzo del Consiglio regionale. Non sono previsti incontri istituzionali. Sul palco si alterneranno sino al pomeriggio oratori, cantanti e musicisti. Le forze dell’ordine, preoccupate per possibili infiltrazioni e strumentalizzazioni, hanno deciso di chiudere al traffico l’intera zona del centro storico. Numerose e rigide le precauzioni.
L’UNIONE SARDA – Economia: Anche Dorgali in crisi marcia su Cagliari
07.11.2012
«Zona franca per tutta la Sardegna, subito». Questo il messaggio sintetizzato dai coniugi Francesca e Francesco Piredda, 39 e 44 anni, del Movimento commercianti e artigiani liberi di Dorgali, a sua volta parte dell’omonimo movimento provinciale. Oggi allo sciopero generale a Cagliari, ci sarà anche una rappresentativa dorgalese a chiedere un cambio di passo nella politica fiscale regionale e nazionale nei confronti dell’isola. «Il movimento per ora si caratterizza per l’azione spontanea e senza adesioni formali – spiega l’artigiano Francesco Piredda -ma ci sono già state occasioni per unire le forze, come avvenuto per la class action verso Equitalia». Un’azione intentata da chi si ritiene colpito da sanzioni ingiuste od erronee, che in tutta la Sardegna ha avuto circa 300 adesioni, di cui una trentina da Dorgali. NON SOLO EQUITALIA La preoccupazione in paese è però tale che l’argomento Equitalia sembra superato, come si capisce leggendo i messaggi scritti sulla bacheca facebook del movimento e di cui la signora Francesca Piredda si fa interprete: «Nel 1998 la legge 75 ha attuato la legge costituzionale 3 del 1948 per la Sardegna, con cui si stabilisce il regime della fiscalità di vantaggio per i porti e per le zone limitrofe, raggiungibili con le autostrade statali. Sono passati 14 anni e ancora non abbiamo visto realizzata questa possibilità di rinascita, unica speranza per gente come noi che, non va dimenticato, ha sempre lavorato legalmente. Per questo c’è stato chi ha dovuto chiudere l’azienda o è in procinto di farlo, perché schiacciato dalle troppe tasse e dalla burocrazia.” Stefano Zola, artigiano di 47 anni, coordinatore provinciale del Movimento artigiani e commercianti liberi afferma: «Se qualcosa di buono può esserci in tutto questo, è il fatto che oggi si ragiona in termini di rete, c’è la consapevolezza, a lungo è mancata a noi come categoria di piccoli e medi imprenditori, che siamo tutti nella stessa barca. ANCHE I RICCHI PIANGONO Oggi anche un paese economicamente forte come Dorgali teme il futuro, visto il calo del turismo, comparto che condiziona non poco l’andamento delle altre attività economiche. «La Consulta dei movimenti, di cui il nostro fa parte, ha notificato a 120 sindaci sardi e ad altre istituzioni una denuncia», spiega Francesco Piredda. «Parecchie posizioni dirigenziali della Agenzia delle entrate risultano assegnate senza che gli impiegati abbiano i requisiti di legge previsti per ricoprire quei ruoli. Non abbiamo avuto risposte». «SI DIMETTANO» Di recente la politica sarda ha risposto con compatta indignazione alla Consulta rivoluzionaria che oggi in piazza chiederà le dimissioni di Giunta e Consiglio regionale, parlando di veleno e antipolitica. «Se avessero mostrato – commenta Zola – la stessa compattezza nell’ottenere risultati per l’isola e per la provincia, non saremo a questo punto. Dorgali, la provincia e l’isola sperano che la politica abbia un vero scatto d’orgoglio, dandoci questa zona franca, prima vitale risposta per far rinascere la nostra economia. Non ci riuscissero, abbiano l’orgoglio di prenderne atto e dimettersi.”
L’UNIONE SARDA – Politica: «A casa gli onorevoli»
08.11.2012
Cagliari, la Consulta rivoluzionaria assedia il Consiglio regionale. Sale e Floris: «Abbiamo un progetto, ci candidiamo a governare» «Ci chiedono se siamo l’antipolitica, gli emulatori dei grillini. No, siamo un popolo che non tollera più la sudditanza» (Bustianu Cumpostu, leader di Sardigna natzione, dal palco del sit-in della Consulta rivoluzionaria a Cagliari). Però, anche senza Grillo, questo è il vaffa-day della politica sarda. ASSEMBLEA DEL POPOLO Un assedio pacifico al Consiglio regionale, il Palazzo d’inverno che i rivoluzionari vorrebbero espugnare simbolicamente per restituire la «sovranità» – parola d’ordine della giornata – al popolo. «Fuori, fuori», urla la folla (le stime finali parlano di 2.500-3.000 persone, ma gli organizzatori speravano in una risposta più massiccia). Chiedono le dimissioni dei consiglieri e della Giunta. Hanno montato una forca con quattordici cappi, che alludono a Equitalia e a tutte le regole che strozzano i sardi, ma forse anche a sanzioni drastiche. Un drappello, a fine mattina, prova a espugnare davvero il Consiglio, abbordando la barriera di transenne su via Roma. Ma la pazienza dei front-men della polizia e l’intervento di alcuni leader (Gavino Sale, lo stesso Cumpostu) bastano a dissuadere gli esagitati. Del resto un’invasione sarebbe inutile: il Palazzo è vuoto, gli onorevoli non ci sono. Chi riuscisse a entrare potrebbe al massimo prendere un buon caffè al bar di signor Angelo, nulla più. PROGETTO POLITICO L’assalto mancato regala una manciata di minuti un po’ più rock nel corso di una lunga giornata di parole rabbiose, di sogni urlati a voce alta. Quella che si autodefinisce Consulta rivoluzionaria non è che il punto di confluenza di tante proteste di settore e di storie politiche diverse, che meditano un progetto comune. «Ci candidiamo a governare l’emergenza della Sardegna», rivela Felice Floris, capo del Movimento pastori sardi: «Il nostro è già un movimento politico, fuori dalle ideologie ma con rivendicazioni chiare». Meno chiare, ma fantasiose, le piroette verbali di Gavino Sale: «Abbiamo una proposta di governo soluzionante », dice il leader di Irs. È lui che da mesi insiste sul concetto di sovranità, per andare verso l’indipendenza ma con juicio . Concetto declinato, nel manifesto della Consulta, nella versione energetica, fiscale, alimentare, ambientale, di mobilità, del sapere. «In Sardegna – riprende Sale – ci sono due forze che si scontrano. Anzi, così non mi piaghede : si confrontano. Sono le forze della conservazione e quelle del cambiamento». LE SIGLE L’accento indipendentista della manifestazione è quello che prevale (ma si notano anche i Verdi di Roberto Copparoni). Il derby delle bandiere è vinto di misura da Irs su Sardigna natzione, ma ci sono Progres, A manca pro s’indipendentzia («a Cappellacci e Soru – urla Cristiano Sabino – dico che sono il problema, non la soluzione»), e i rappresentanti del Fiocco verde, comitato che ideò la proposta di legge popolare per l’agenzia sarda delle entrate, ora ripresa da Cumpostu. Si fa vedere Doddore Meloni, che pure non aderisce alla Consulta: «Io non chiedo dimissioni, sono istituzionale», sorride il re di Malu Entu, «potremo mandare la gente a casa col voto del 2014. Se insieme avremo su binticincu-trenta po centu , faranno i conti con noi». È venato di indipendentismo il discorso di Giacomo Meloni, segretario della Confederazione sindacale sarda. Ma colpiscono di più, quei toni, nelle parole di Andrea Impera, portavoce delle partite Iva, che se la prende con Cappellacci: «I politici dicono che Roma non ci lascia fare nulla? E allora con Roma non ci stiamo». SCENARI Impera, come Ambrogio Trudu del presidio di viale Trento, è il simbolo della confluenza di cui s’è detto: commercianti e pastori, artigiani e disoccupati, operai e studenti. «Siamo un blocco sociale», si sente dire. Qualsiasi cosa significhi, è la novità della giornata. Si stanno unendo energie finora disperse: se diventeranno un partito, un’alleanza, un polo per le Regionali o niente di tutto questo, lo si capirà presto. Di sicuro, qua c’è gente che ha voglia di contarsi in una competizione elettorale. Giuseppe Meloni
L’UNIONE SARDA – Politica: I capigruppo: «Con i forconi non si va lontano»
08.11.2012
Pochi in Consiglio regionale promuovono la manifestazione della Consulta rivoluzionaria, la maggior parte parla apertamente di flop. Per Pietro Pittalis , capogruppo del Pdl, «va rispettata ogni forma democratica del dissenso purché si svolga nel terreno del civile confronto». E poi: «Ci vogliono cacciare dal Palazzo? Saranno i sardi a deciderlo. Si candidino, spieghino la loro proposta politica». LA CRITICA Critico è invece Giampaolo Diana , capogruppo del Pd: «Rifiuto di assumermi responsabilità non mie ma di chi ha governato questo Paese e la Regione per molti anni. Il momento più virulento della crisi coincide con l’azione della Giunta Cappellacci e del centrodestra, che hanno fatto arretrare le campagne, la scuola, la sanità, l’industria, il sociale. Rispetto per chi protesta, ma non possiamo essere messi tutti sullo stesso piano. Il rischio è quello di alimentare un vento populista che fa male ai movimenti stessi. Poi, che l’iniziativa in termini di partecipazione sia stata un flop è evidente». Per Luciano Uras (Sel), capogruppo del Misto, «tutti hanno il diritto di far sentire alla classe dirigente la voce di un mondo produttivo in ginocchio che sollecita risposte. Un allarme che non può essere sottovalutato». SOLUZIONI Giulio Steri , capogruppo dell’Udc, è tra i pochi a non infierire: «La crisi è generale, ma ogni occasione di confronto è utile», dice. «Abbiamo una serie di questioni aperte che presto affronteremo in Finanziaria. Su casi come quello di Equitalia non abbiamo margini di manovra, perché ogni vertenza va condotta a Roma. Sui trasferimenti alle imprese c’è invece un problema di patto di stabilità». I SARDISTI Giacomo Sanna , leader del Psd’Az, aggiunge: «Qualcosa non è andata nella direzione desiderata dagli organizzatori, nonostante la battaglia sia giusta. Non è ortodosso il modo con cui le rivendicazioni sono state poste. I cappi da mettere al collo della classe politica propongono un messaggio che non aiuta: semmai spaventa. E ritengo che gli indipendentisti veri, come Bustianu Cumpostu e Gavino Sale, non abbiano intenzione di lanciare un segnale così fuori dagli schemi». Quindi Sanna chiude annunciando che il Psd’Az «sta presentando la mozione di indipendenza in Consiglio regionale, senza dichiarare guerra a nessuno. C’è da convincere la gente che sono finiti i tempi in cui Roma decide per noi. Per zona franca e autonomia impositiva si combatte in Europa, non in piazza». ALTRE REAZIONI Mario Diana , capogruppo di Sardegna è già domani, va oltre: «Tutte le rivendicazioni che la Consulta ha sollevato con il megafono sono state sollevate a più riprese, in sede istituzionale, da questo Consiglio regionale». Chiude Adriano Salis (Idv): «I problemi della Sardegna non si risolvono gridando di voler mandare via una classe politica con cappi e forconi, ma l’indignazione è comprensibile e va ascoltata con rispetto». (lo. pi.)
L’UNIONE SARDA – Politica: Storie di ira e ordinaria disperazione: «Mai più con questi politicanti»
08.11.2012
I volti della protesta: cassintegrati, pensionati, studenti e disoccupati Sardi, tutti. Donne e uomini. Sono quasi tremila, in via Roma. L’età li divide, la rabbia li unisce: «I politici ci stanno rubando anche la dignità». È la piazza, sono le storie della Consulta rivoluzionaria. SULCIS MARTORIATO Maria Laura Congia ha 57 anni e alleva capre spagnole a Terra Segada, Carbonia: «Lo faccio per dare un futuro ai miei tre figli disoccupati, ma ci stiamo rimettendo pure la pensione di mio marito». La casa l’hanno già persa, i Congia: «Ce l’ha pignorata Equitalia, Eppure io penso agli operai. Loro stanno peggio di noi: se hanno fame, non possono nemmeno ammazzare una capra». Carlo Martinelli , 53 anni, sfila col caschetto bianco di Alcoa. Ogni giorno, a casa, lo aspettano due figli: «Non so se la Consulta sia l’alternativa di governo, ma quelli che ci sono adesso hanno fallito. La politica ha smarrito il proprio ruolo istituzionale: sta creando disoccupazione, anziché tutelare i cittadini». Gli fa eco Fabrizio Tiddia , 47 anni, altro lavoratore di Alcoa, altro padre di famiglia: «Con la zona franca la Sardegna può rinascere, bisogna solo completare l’iter di una legge che esiste dal ’98». I GIOVANI Anastasia Agus arriva da Lanusei, ha 23 anni, studia Scienze dell’amministrazione a Cagliari: «La Regione ha tagliato le borse di studio, io sono tra quel 42% di giovani che ha perso l’assegno, pur avendone diritto». Ci credono, i ragazzi. Da Porto Torres Michele Rum , 31 anni, il tatuatore-pittore, è arrivato con gli amici del centro sociale Pangea: «Abbiamo occupato un bocciodromo abbandonato, noi siamo qui nella speranza che la protesta si allarghi, i giovani devono mobilitarsi per chiedere una nuova classe dirigente». Quella stessa che sogna Marco Carboni , 29 anni, da due emigrato: «Lavoro in Olanda, nell’edilizia. Non avevo alternativa. Se resti qua, o ti devi arruolare o per vivere sei costretto a fare il delinquente». LA RIBELLIONE Francesco è un ex imprenditore. Ha 48 anni, ma non può dire il cognome, «perché sono candidato alle primarie con Grillo». Tenterà la carta del Parlamento, lui. E dice: «Io posso mantenere i miei due figli solo grazie al welfare familiare. Vuol dire che la spesa ce la fanno le nonne, io non lavoro da otto anni». Da quattro, invece, Tamara Baldinotti è una cassaintegrata dell’Euroallumina: «Il centrodestra – spiega – non l’ho mai votato. Ma non sosterrò più nemmeno la sinistra, solo la Consulta rivoluzionaria può difenderci». LA SPERANZA Con i partiti tradizionali ha chiuso pure Giuseppe Picchiri , 830 euro di pensione al mese: «Vivo a Monastir, ho 73 anni, ma di fatto sto ancora lavorando per mantenere Equitalia. Io sono un grande fascista. Adesso mi piace Grillo, è la destra pura. Fini era un mio idolo, poi si è venduto». Gianuario Falchi , 43 anni, pastore di Bultei, ha la calma di chi non si vuole arrendere: «I politici provano dolore solo se perdono la poltrona, dicono che in Sardegna la vita è cara, perché siamo un’Isola. Ma la benzina, che pure viene prodotta qua, ha un prezzo più basso nel resto d’Italia». La piazza urla di nuovo a fora contro gli onorevoli. Gianuario si volta, e applaude anche lui. Alessandra Carta
L’UNIONE SARDA – Politica: Cori, fischietti e colori, così la strada si è animata
08.11.2012
La partenza è un po’ in sordina. Ore 10, via Roma è blindata. Dentro la zona rossa i manifestanti sono circa 800. Forse anche meno. Un mega palco sei metri per quattro spacca in due la strada, accanto una rudimentale e macabra struttura in legno ospita venti nodi scorsoi. Il sole è tiepido, un leggero vento agita le bandiere. Dopo circa mezz’ora al grido “Il popolo è sovrano” gli animi si accendono. I manifestanti sono sempre di più. Alle 11 a far la voce grossa sotto il Consiglio regionale sono più di mille. Cori e fischietti, campanacci e tamburi. E poi un centinaio di manifesti a tappezzare i muri. Rosso fuoco, giallo limone e verde erba, al centro una sfilza di frasi rabbiose: “Euroschiavi”, “Le banche sono più pericolose degli eserciti”, “Non ci suiciderete”. Lo sguardo severo dei cento uomini – tra poliziotti e carabinieri – segue ogni movimento. Dal palco gli interventi si susseguono a ritmo incalzante. In sottofondo rimbomba qualche slogan. Davanti al Palazzo del potere un vecchio Iveco bianco, sopra sono in venti. In strada, a mezzogiorno, raggiungono quota 2500. Anastasia Agus , studentessa, ha un cartello appeso al collo: «Anche il figlio dell’operaio vuole fare il dottore». Gianni Cabitza lavora all’ippodromo di Chilivani: cappellino e maglietta blu elettrico, sulle spalle lo slogan “Salviamo i cavalli”. La bandiera dei Quattro mori per mantello, Alessia Mereu , 45 anni, da 6 disoccupata, tiene in mano un foglio bianco. Al lato una sveglia, al centro: “Immoi basta, riprendiamoci la nostra terra, custa est s’ora”. Il volto è coperto da una maschera col teschio, Sandro Casti tiene un cartellone: “Anche se voi vi credete assolti siete comunque coinvolti”. Una frase di De André, la Canzone del maggio, del ’73. L’artista genovese cantava il menefreghismo della gente, riferendosi al ’68. Forse certe cose tornano. Lo sfondo è giallo, un maxi striscione veste la struttura a cubo nell’area portuale, in grande “Equitalia forasa”. Giampiero Zampa Marras , di Ittiri, indossa l’abito tradizionale dei sardi, in velluto. In testa la berritta . Pastori, partite Iva, studenti e movimenti indipendentisti. Tutti all’attacco della politica. Sara Marci
L’UNIONE SARDA – Politica: Rivendicazioni indentitarie, maschere e provocazioni
08.11.2012
La maglietta è blu acceso, al centro una grande “S” rossa racchiusa in un triangolo capovolto dello stesso colore. Lo sfondo è giallo limone. Il copricapo lascia scoperti occhi e metà volto; dagli zigomi in giù. Anche il mantello è blu cobalto. A un occhio distratto potrebbe sembrare un banale costume da Superman, a uno più attento non sfugge che in realtà Gianmario Frau , 38 anni, di Sassari è Supersardus. In vita ha un cinturone, al braccio sinistro lo scudo: un rettangolo ritagliato dal cartone. Una croce rossa lo spacca in quattro parti uguali, spicca la scritta bianca Sardegna, perfettamente centrata. E poi i Quattro mori. Un cordino in rafia appeso al collo tiene un cartello bianco, scritto a mano “Fornero fritta che nie siasa”. A dar colore alla mattina dai volti neri ci sono tanti personaggi. C’è pure il re di Sanluri: Luigetto Usala , 61 anni, ex dipendente di Sarda telecomunicazioni. Nel ’93 l’azienda è fallita, ora è disoccupato. In testa ha la corona, «per ricordare al governo che la sovranità appartiene al popolo», in mano il megafono. E il Tricolore gli fa da mantello. ( sa. ma. )
LA NUOVA SARDEGNA – Politica: Tremila in piazza per la rivoluzione
08.11.2012
Cassandre di Sardegna, cambiate mestiere, avete sbagliato profezia. La prima assemblea all’aperto della Consulta rivoluzionaria è stata pacifica. Neanche un uovo (fresco o marcio) è stato lanciato contro le vetrate del Consiglio regionale, il Palazzo era deserto, in una via Roma troppo blindata. I ribelli hanno fatto da bravi, a parte cinque minuti di contatto con i poliziotti, con un gruppetto di donne deciso a scardinare le transenne, incrociate a nido d’ape, mai visto finora a Cagliari, a protezione del Simbolo. Finito quel testa a testa coreografico, non ci sono stati altri problemi. Tremila spettatori sotto il palco e tutti civili, in questo «giorno magico» per questo mondo in cui le diversità fra un gruppo e l’altro sono tante, persino troppe. Ma finora non si era mai vista la galassia indipendentista sfilare compatta e applaudire il vicino della porta accanto: Irs, Sardigna Natzione, Malu Entu e Progress. In cento metri e oltre di asfalto, all’appello hanno risposto anche gli altri: il Movimento pastori, gli Anti-Equitalia, i Commercianti liberi del Sulcis. Poi i centri sociali di Porto Torres, quelli che hanno occupato l’ex bocciodromo, studenti (tanti), ex sessantottini brizzolati (alcuni), la sinistra dura di «A Manca», i sindacalisti della Confederazione sarda. E ancora lo zoccolo duro del «No» alla Tav, spesso in trasferta nella Val di Susa, ai radar di Fluminimaggiore, ai veleni di Carloforte, alla chimica verde, alle basi militari ma anche ai termovalorizzatori e alla discariche. Hanno parlato dal primo all’ultimo, in questa mattina calda (è stata un flop anche il meteo, con la pioggia invocata nella notte dai piani alti delle forze dell’ordine) che ha benedetto l’esordio politico e di folla della Rivoluzione. Quella che, come ha detto subito Felice Floris del Movimento pastori, «avrebbe una gran voglia di processare in piazza i politici per il reato più pesante che puoi fare a un sardo: il tradimento». Ma nessuno degli imputati apparirà all’orizzonte, forse spaventati da un patibolo con sette nodi scorsoi liberi, l’unica bruttura forcaiola dell’assemblea. Chissà se i rivoluzionari si presenteranno alle prossime elezioni regionali: sono fra due anni, resisteranno fino ad allora uniti e compatti come all’esordio? Difficile da dire, certo fino ad allora non resteranno fermi: «Se i baroni di oggi non se vanno via da soli, li andremo noi a prendere per le orecchie», è stata la promessa di Andrea Impera dei Commercianti e artigiani liberi, che poi rivolto al Palazzo ha caricato a testa bassa: «Non siete riusciti neanche a fermare la mafia, che per un tozzo di pane compra le nostre case messe all’asta da Equitalia». Il mostro delle cartelle, la politica, le banche-vampiro, i centri commerciali che «negano gli scaffali ai prodotti sardi»: sono questi i mostri da combattere e ora, subito, nel mirino di slogan, battimani, pernacchie e gestacci sempre in libertà. Come lo sventolio delle bandiere dai mille colori, almeno fino a quando la Consulta non sceglierà un suo stendardo. Nell’attesa – dicono dal palco – «a tenerci assieme sarà questa parola miracolosa: sovranità». Che campeggia alle spalle di Bastianu Compostu (Sardigna Natzione) che al microfono urla: «Non è il surrogato d’indipendenza e neanche un arretramento, ma la consapevolezza che da oggi in poi deve essere il popolo sardo, lui sì sovrano, a riprendere coscienza che ha un futuro in fabbrica, nelle scuole, in casa e negli uffici. Dovunque». Ed è l’assist perfetto per Gavino Sale (Irs) che di lì a poco dirà: «Se questa vita non la vogliamo più riprendiamoci l’isola, che altri hanno svenduto e continuano a farlo sempre impuniti». Come si fa? «Dobbiamo ribaltare quello che ancora non sono riusciti a fare le giunte di centro, centrosinistra e centrodestra, cioè: ribaltare i rapporti con lo Stato. Col sacro fuoco della protesta, ritorneremo a essere dei patrioti». L’illusione è forte e bella, ma anche la retorica non manca, o almeno resta appiccicata fino a quando non parlano Manolo Mureddu, operaio Alcoa, Ambrogio Mureddu (Piazzale Trento), Fortunato Ladu (Movimento Forconi), Cristiano Sabino (A Manca), che con diverse declinazioni, denunciano la stessa ribellione: «Stop al colonialismo, basta con le elemosine», e ogni volta è un’ovazione. L’ultima alle 15, dopo quattro ore di «pubblico confronto». Anzi, di un vaffa-day (anche se qui Grillo resta ed è un comico) in salsa sarda. Molto piccante.
LA NUOVA SARDEGNA – Politica: I figli della crisi e della cassa integrazione
08.11.2012
Da tutta la Sardegna, con più di una levataccia: Porto Torres, Sassari, Lanusei, Oliena, Lanusei, Cortoghiana, Sanluri e molti altri comuni. E Cagliari? Ha solo abbassato le serrande, ma i “padroni di casa” in Via Roma si sono visti gran poco.Città distratta e poco rivoluzionaria? «Chissà. Forse i cagliaritani preferiscono piangere in salotto», dice Marco Mameli del Presidio di piazzale Trento. Superman. Maglia azzurra con la S da eroe (ma sta per sardus), maschera in volto e scudo con i 4 mori. Ma, al contrario dei personaggi di fumetti e cinema, non ha problemi a rivelare l’identità: è Gianmario Frau. «Questo costume- spiega- rappresenta gli assenti, gli intoccabili: quelli che non si sentono come noi. Quelli che non scendono in piazza perché si credono superiori». I figli della crisi. Un tempo c’erano quelli dei fiori, negli anni Settanta, poi delle stelle poco dopo e, alla fine, alcuni di loro si sono trasformati in rampolli del boom economico. Storia vecchia,ora ci sono i “figli della crisi”. Così ha deciso di chiamarsi il comitato studenti del Sulcis. Ivano Sais, 22 anni, s lo slogan l’ha scritto col pennarello sulel caschetto da operaio. È il prototipo dell’emigrato del Terzo Millennio. Londra o Berlino? Macchè: «Non voglio andare a lavorare da qualche altra parte del mondo – dice – vorrei rimanere nella mia terra: me lo permetteranno?». Il re. Bandiera tricolore indossata come mantella e corona sul capo: è Luigetto Usala, 61 anni, di Sanluri. Era vestito così anche il giorno della visita di Napolitano, «L’ho contestato», e quella è stata la sua prima volta, ieri s’è concesso il bis della sfilata. Non è certo monarchico, al di là delle apparenze, la sua è solo provocazione. «Perché sono vestito così? – risponde – per far capire che il popolo deve essere sovrano, come vuole la nostra Costituzione». L’universitaria. Operai, indipendentisti, pastori, artigiani. E laureandi. Anastasia Agus ha 23 anni, è di Lanusei, al collo il cartello della protesta: «Anche il figlio dell’operaio- ha scritto – vuole fare il dottore». La spiegazione è immediata: «Sembra un appello antico, legato al passato – dice- invece è ancora attuale. Il taglio delle borse di studio ha messo molte famiglie nei guai». Ed ecco apparire il cartellone numero due, che parla da solo: «Ma quale diritto. Se tuo padre non è ricco, dovrai dire addio alla laurea». Il pastore. Sempre in trincea, come Andrea Cinus, voce storica del Movimento. È lui ad essere passato alla storia per il tormentone dal palco “calma, pastori, calma.” Ma ora la situazione è cambiata: «Slogan vecchio – dice con un sorriso – Ora urliamo: è arrivata l’ora». Il linguista. Mario Puddu, autore di una voluminosa grammatica della lingua sarda, in Via Roma distribuisce il testo dell’inno “de sa Natzione”. Inizia così: «Una gente una limba una terra, in Is seculos tenta a cadenas». Poi in italiano, per farsi ascoltare da tutti: «Cantiamo insieme. Basta col silenzio, non serve più a niente».
L’UNIONE SARDA – Politica: «Indipendenza al voto»
09.11.2012
Ci vuole fantasia, per immaginare che il Consiglio regionale voti un testo che «dichiara solennemente la Sardegna nazione indipendente»: ma in politica a volte i visionari aprono strade nuove, e allora il Psd’Az ci prova. La frase tra virgolette è il dispositivo di una mozione depositata dai sardisti, che ha come tema appunto la «dichiarazione di indipendenza» dell’Isola. IL PRECEDENTE I Quattro Mori l’avevano annunciata nell’ultimo congresso: il fatto che venga resa nota all’indomani della manifestazione della Consulta rivoluzionaria è una coincidenza. Ma solo in parte: il punto è che il tema dell’autogoverno è ormai centrale nel dibattito politico regionale. I sardisti avevano portato in Consiglio una mozione sull’indipendenza già nel 2009. Fu bocciata, ma già discuterla in aula apparve un fatto storico. Il nuovo testo compie un altro passo avanti: se mai venisse approvato, il Consiglio non si limiterebbe alla dichiarazione di cui sopra, ma la sottoporrebbe «al voto del popolo sardo attraverso il referendum consultivo. «LA SVOLTA» «Non è un’iniziativa provocatoria», chiarisce Giacomo Sanna: «Di fronte all’attacco del neocentralismo statale, i tempi per una svolta stanno maturando in fretta». La mozione, ricorda il capogruppo, cita le «risposte inefficaci dello Stato alla crisi dell’Isola» e «l’affermarsi in Europa delle nazioni emergenti»: come Scozia e Catalogna, che hanno avviato percorsi referendari verso l’indipendenza. La mozione si sofferma anche sui tentativi falliti di riformare lo Statuto sardo. In questi giorni si sta riparlando di assemblea costituente nella commissione Autonomia presieduta da Paolo Maninchedda, l’ideologo della svolta indipendentista del Psd’Az: «Restiamo fautori della Costituente», conferma Sanna, «le due vie non si contraddicono». REAZIONI Per il presidente di Progres, Omar Onnis, «è positivo che il tema si affronti in aula, ma non capisco la forma giuridica. Un referendum consultivo è poco più che un sondaggio, e poi l’indipendenza non può dichiararla il Consiglio». È invece nettamente contraria La Destra: «Basta con la demogogia», attacca il segretario provinciale di Cagliari Antonio Piu, «questi temi non sono tra le priorità della maggioranza dei sardi». Pdl e Pd appaiono dialoganti, pur in misura diversa: «Non si deve temere di aprirsi al confronto senza tabù e preconcetti», ammette il capogruppo Pdl Pietro Pittalis, «una discussione simile può anche dare un segnale forte allo Stato». «Io penserei semmai a rafforzare la specialità», dice Pietro Cocco (Pd), vicepresidente della commissione Autonomia: «Ma è vero che c’è un sentire diffuso che ha a cuore l’autogoverno, e su questo è giusto confrontarsi».
LA NUOVA SARDEGNA – Politica: I sardisti e l’indipendentismo, è rottura con Cappellacci?
09.11.2012
CAGLIARI Come deciso al congresso, il Psd’Az ha presentato in Consiglio regionale la mozione sull’indipendenza della Sardegna. E nella prossima conferenza dei capigruppo chiederà che venga discussa in aula. Firmata da Giacomo Sanna, Paolo Dessì, Paolo Maninchedda ed Efisio Planetta (il quinto consigliere, Christian Solinas è assessore), la mozione chiede all’assemblea sarda di «dichiarare solennemente la Sardegna nazione indipendente» e che questa dichiarazione «sia sottoposta al voto del popolo sardo attraverso il referendum consultivo». La mossa congressuale era stata pensata per rilanciare l’azione sulla «sovranità» e fare in modo che il Psd’Az non venisse sorpassato dalle altre sigle dell’indipendentismo. Ma forse era stata pensata anche come tattica politica. È da tempo che i sardisti sono insofferenti nei confronti di Cappellacci e degli alleati (soprattutto Pdl e Udc). Il voto sulla mozione potrebbe servire loro per giustificare uno “strappo” che molti danno per inevitabile.