I sardisti, la sinistra, se stessi e … i sardi, di Salvatore Cubeddu

 

 

 

Abbiamo atteso la disponibilità della mozione finale sul referendum per l’indipendenza della Sardegna per pubblicare e commentare l’ultima parte della documentazione per noi disponibile del 32° congresso sardista.

 

DOSSIER . EditorialeI sardisti, la sinistra, se stessi e … i sardidi Salvatore Cubeddu; Mozione Congressuale per l’indipendenza del Popolo Sardo, doc. del 32° congresso del PSd’Az, 13 – 14 ottobre 2012; dal sito di SARDEGNA DEMOCRATICA, De profundis del PSd’Az, di Filippo Sanna; Mozione congress.  per la costituzione di una federazione nazionale giovani sardisti; L’UNIONE SARDA, 15.10.2012 - Psd’Az, l’unità dopo i litigi; LA NUOVA SARDEGNA, 15.10.2012 - Maninchedda resta fuori, rivince Sanna; dal sito di “Sardegna e libertà”, 15 ottobre 2012, Leggo sul giornale di essere isolato: felicissimo. I muscoli decadono più dei libri e non si possono lasciare in eredità.

I sardisti, la sinistra, se stessi e … i sardi

di Salvatore Cubeddu

La recente disponibilità della mozione per l’indipendenza letta al congresso sardista dal suo leader, Giacomo Sanna, consente alcune riflessioni di contesto a un documento che, se gestito con passione, generosità e intelligenza, consentirà di accompagnare quell’insieme per ora sconnesso di sovranisti-sardisti-indipendentisti verso l’orizzonte dove ci attendono, anticipandoci, i Catalani e gli Scozzesi.

Del recente congresso sardista i giornali hanno rimarcato: 1. gli applausi a Cappellacci, più cordiali e convinti rispetto al saluto quasi di circostanza espresso nei confronti del segretario del PD; 2. la riconferma della leadership di Giacomo Sanna; 3. l’imbarazzante finale, con la riconoscibile litigiosità dei congressi sardisti a seguito dell’incompatibilità tra componenti del suo vertice.

1. I sardisti sono delusi della sinistra e questo è il motivo per cui non si sono vergognati di applaudire il presidente Cappellacci, nonostante che, dei nove punti concordati nel 2009, nel corso del congresso si sia ammesso candidamente che solo tre (flotta sarda, ambiente, limba) sono stati presi in considerazione dal governo regionale, e pure in maniera non adeguata.

Tra  gli intellettuali di area sardista, una parte ha preso atto da tempo – a partire dalla dolorosa esperienza delle giunte Melis quanto alla cultura e alla lingua e fino alle incerte seppur timidissime aperture recenti sull’autoidentificazione sarda – che la cultura e la politica di origine comunistica è sostanzialmente refrattaria e nemica nei confronti di ogni considerazione dei Sardi quale nazione in cammino verso la realizzazione storica dei diritti che il popolo sceglierà di praticare.  Questi intellettuali sardisti hanno trovato ascolto presso il centro-destra politico con il quale hanno approvato in Consiglio regionale la mozione di sovranità del 1999 e sperano ancora di sfidare/coinvolgere quella parte con le iniziative pro-indipendentiste già in atto.

A questa linea maggioritaria si oppone un’altra parte dell’ intellettualità sardista, che interpreta il sardismo quale contenitore storico della richiesta di giustizia sociale da parte delle masse sarde, ma  non rinuncia a considerare i centocinquant’anni di rapporto di dipendenza della Sardegna dall’Italia come una catena da tranciare per assumere finalmente il ruolo e le responsabilità rispetto a se stessi e ai popoli delle altre plaghe d’Europa e del mondo.

2. A partire dalla metà degli anni novanta del secolo scorso la dirigenza del partito sardo ha giocato tra questi due approcci per operazioni sostanzialmente opportunistiche e per nobilitare una permanenza trasformistica nelle istituzioni, incappando in atteggiamenti deleteri di subordinazione al berlusconismo. E’ sotto gli occhi di tutti lo scambio tra la cessione della bandiera e l’elezione di quattro consiglieri in uno dei  reggimenti dell’esercito berlusconiano, con il premio assicurato al suo generale. Quel generale ha giurato di fronte al congresso che il partito sardo mai accetterà di riportare Soru alla presidenza della Regione: l’ha già concordato con chi gli ha promesso/garantito il suo passaggio a Roma o fa parte della non lontana verifica a sinistra? In ogni caso sarà Giacomo Sanna a contrattare il prossimo futuro del partito sardo e sarà lui a decidere nel partito sardo se e quando inoltrare la dichiarazione di indipendenza. Opportunità politica e/o destino personale? I cittadini, anche i neoletti componenti del nuovo consiglio sardista, dovrebbero considerare se sia compatibile tanto amore per le istituzioni presenti con l’impegno –minaccia per le indipendenti istituzioni future. Secondo chi scrive: non è credibile una gestione dell’indipendentismo condizionato alle personali convenienze sottese agli accordi elettorali con la destra o con la sinistra.

3. Nei congressi federali sono state anche approvate delle mozioni per organizzare i giovani e le donne sardiste, riprendendo le tradizionali forme del partito di massa. Peccato che anche il partito sardo sia (definitivamente?) transitato sotto la formula del “partito personale”. In questo ambito si spiega il conflitto apparentemente insanabile tra Maninchedda e Sanna.

Concludendo: i Sardi avrebbero bisogno di un partito sardo di massa, con dirigenti competenti e credibili, che li guidino oltre le attuali ristrettezze verso l’orizzonte di libertà-uguaglianza-fraternità raggiunti da altri popoli. Ma non è questa l’aria che tira in Italia, tra la spinta  centralistica romana, il tono difensivo delle istituzioni che richiamano i sardi al loro tradizionale ruolo di ascari dell’Italia unita e il vuoto di progettualità sottese alla costante loro dipendenza. In Sardegna non si daranno neanche risultati amministrativi alti, se si escluderà dal suo orizzonte il processo storico cui il suo popolo viene chiamato. Sardegna e Italia non vivono la stessa storia: l’Italia va amministrata, la Sardegna va costruita nella sua soggettività politico-istituzionale, economica, socio-culturale. Se non perseguiamo i nostri orizzonti, continueremo a essere degli esclusi.

 

 

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Oristano, aprile 2011, il PSd’Az celebra i suoi 90 anni.

Mozione Congressuale per l’indipendenza del Popolo Sardo

Il Partito – XXXII Congresso Nazionale

Il XXXII Congresso Nazionale del Partidu Sardu – Partito Sardo d’Azione

- ribadita la validità dell’articolo 1 dello Statuto del Partito Sardo d’Azione;

- richiamata la dichiarazione solenne di sovranità del Popolo Sardo sulla Sardegna approvata dal Consiglio regionale nel 1999;

- richiamati altresì i contenuti della mozione per l’indipendenza presentata dal gruppo del Psd’Az in Regione nel maggio del 2009;

- ricordati i tentativi di riforma dello Statuto sardo da parte dei Parlamentari e le iniziative di modifica costituzionale del Consiglio regionale della Sardegna;

- sottolineato il vano tentativo di riscrivere lo statuto sardo per il tramite dell’assemblea costituente del popolo sardo nonostante l’approvazione dell’apposita legge di modifica costituzionale approvata dal Consiglio regionale nella XII Legislatura e il pronunciamento favorevole del popolo sardo in occasione della consultazione referendaria dello scorso 6 maggio;

- constatato che in 64 anni di Autonomia speciale il parlamento italiano non ha mai approvato una proposta di legge costituzionale votata dal Consiglio regionale della Sardegna;

- preso atto dell’attacco centralista portato dal governo italiano alla Sardegna e alle specialità regionali;

- evidenziato il superamento dell’esperienza autonomistica e dello Statuto del 1948; – evidenziato altresì il fallimento del regionalismo italiano che come denunciato da sempre dal Psd’Az altro non è che la duplicazione del potere centrale;

- rimarcata la tradizione europeista del Partito Sardo d’Azione e l’adesione all’Alleanza Libera Europea che si batte per l’Europa dei popoli;

- ribadito il sostegno a tutte le nazioni emergenti dell’Europa ad incominciare dalla Catalogna e dalla Scozia che nel 2014 sottoporrà al popolo scozzese attraverso un referendum la scelta dell’indipendenza della Gran Bretagna;

- denunciata la crisi economica e sociale che investe la Sardegna e il tentativo dello Stato italiano di far pagare ai sardi il fallimento di uno Stato che non è mai stato il nostro Stato;

- constatato che le strutture centrali non rappresentano adeguatamente gli interessi del nostro Popolo in sede internazionale ed europea;

dichiara solennemente la Sardegna Nazione indipendente

chiede

che la dichiarazione di indipendenza della Sardegna sia sottoposta al voto del popolo sardo attraverso un referendum consultivo fa voti affinché i contenuti e il dispositivo della presente mozione siano portati in discussione nelle istituzioni e nelle amministrazioni locali ove siano presenti rappresentanti del Partito Sardo d’Azione.

 

Dal sito di SARDEGNA DEMOCRATICA, De profundis del PSd’Az

di Filippo Sanna

(il segretario Trincas consegna la bandiera del partito a Berlusconi, sabato 18 gennaio 2009, ore 11, presso il nuraghe Losa)

 


Quest’anno il PSd’Az ha compiuto novantuno anni. Chapeau! Ad arrivarci. Ad arrivarci con sentimenti e sacramenti a posto. Purtroppo la demenza senile attacca anche chi è stato un gigante. Il PSd’Az è uno dei più antichi partiti d’Italia, secondo solo al PRI. E’ il padre di tutti i partiti etnici come usa dire. Viene prima dei sudtirolesi e valdostani. Per un secolo ha rappresentato le istanze di riscatto dei Sardi. Per Gramsci in Sardegna non vi era bisogno di una formazione politica di operai e di contadini. C’era già il PSd’Az . Nei giorni scorsi ha celebrato il 32° Congresso. Anche questo un piccolo primato. Chi può accampare tanto? Capita in un momento drammatico per l’Isola. Per di più ad un passo da grandi scadenze elettorali in cui si decide a chi toccano i trenta denari. Ovvero i posti nelle istituzioni con quel che significano in termini di status e di stipendi e naturalmente di potere che nei decenni recenti rispetto agli esordi nobili e sacrificati è la cifra vera del PSd’Az.

Un Congresso che ha visto la diserzione di decine di sezioni e di militanti che non hanno rinnovato la tessera. Ma cosa importa? E’ un partito che secondo lo stile di Berlusconi è sempre più curvato su una persona che lo declina sui suoi bisogni ed obiettivi. Ed infatti ancora una volta ha vinto il gruppo di notabili che l’hanno trasformato in partito proprietario di chi ha a cuore la prosecuzione della propria carriera. Il vulnus della consegna della gloriosa bandiera della Sardegna nelle mani di Berlusconi aveva decretato definitivamente la mutazione genetica di quella formazione politica. Ancora prima la rottura con il centro sinistra nelle elezioni del 2004. I fatti. L’attuale presidente del PSd’Az voleva un posto nel listino. Non era aria. Soru dovendo subire il listino, che cercò di eliminare con la Statutaria, lo pensò come una lista di genere. Genere femminile naturalmente. Tentativo di cambiare la geografia del Consiglio. Anche i sardisti potevano proporre una donna a scelta loro. Nel partito di Marianna Bussalai e di donne straordinarie il presidente del PSd’Az non ne trovò una! Il passo successivo: farsi infeudare da Berlusconi.

Traumi sui traumi dunque. Il glorioso partito di Lussu e Melis si mise sotto la copertura del più spregiudicato colonizzatore mai passato nell’isola. Nel sue piccole miserie ricorda, per certi versi, la scissione degli anni Venti, quando i fasciomori, cedettero alle lusinghe di Mussolini e del suo miliardo. Con la differenza che quel miliardo arrivò, mentre le promesse di Berlusconi non valgono la carta in cui le scrisse. Oggi il presidente del partito Giacomo Sanna, rinnova l’appoggio alla giunta più infeudata dell’Autonomia e si inventa mozioni indipendentiste che Cappellacci assicura che firmerà. A Roma sono tutti preoccupati e Monti non ci dorme dalla paura. Tutti spaventati da spaventapasseri con la bandiera con i quattro mori. Simil Cappellacci quando è di cattivo umore e si vuole poco poco divertire? Sotto un Ministero a fare colore. Perché questa è la verità nuda e cruda.

L’ovazione a Cappellacci in spregio a chi aveva posto la questione di permanenza in giunta è il canto del cigno ed il de profundis. A tutta prima è il patto che sigla una qualche garanzia di futura carriera individuale. Giacché il destino della maggioranza algoverno è già deciso ed è certo che il centro sinistra la manderà a casa, l’attuale presidente del PSd’Az ritornerà certamente al suo antico mestiere. Non è nelle condizioni di porre a nessuno aut aut sul nome del presidente della Regione chiunque sia. Sarà il centro sinistra che dovrà porre una condizione sul suo nome e su quel che resta del suo partito. Oggi questa è la precondizione per evitare la massiccia fuga dal voto dei sardi: mai con chi ha sostenuto la peggiore giunta di sempre!

L’adesione del Presidente della Giunta ha, piuttosto, tutta l’aria di rivendicare un’indipendenza da chi lo ha delegittimato e messo in questione. E’ l’alibi per coprire la sua assoluta incapacità di governo. Eppure, la rovina sardista avviene nel periodo peggiore della nostra storia dal dopoguerra in poi. Lo stato italiano compie un attacco contro la Sardegna? Lo fa perché ci “vogliono male” o per conclamata incapacità delle classi dirigenti sarde? La situazione drammatica dell’istruzione, dei trasporti, il deficit nella sanità, l’aggressione all’ambiente è colpa di Monti o di quelli che governano la Sardegna? L’incapacità di progetto e di spesa dei fondi europei, la situazione delle campagne, dell’agroalimentare, delle strade, delle ferrovie, il tonfo del turismo è colpa di Monti o dell’attuale maggioranza alla Regione? Ci tolgono quello che noi non riusciamo a gestire. Una vergogna! Il PSd’Az con questo Congresso poteva fare un minimo di autocritica. Nessuno dei suoi dirigenti ha pronunciato parole di dubbio. Nessuno si è interrogato sulla retorica di Cappellacci a fini mediatici ed elettorali salvo fare il coniglio con Berlusconi e il gatto travestito da tigre con Monti.

Oggi come non mai ci sarebbe stato bisogno di un PSd’Az forte che come il CIU catalano o lo SNP scozzese avesse guidato la Sardegna in un processo di autodeterminazione. Invece il 32° Congresso dichiara che continuerà ad essere alleato con il centrodestra italiano e sardo. Con i massimi responsabili dello sfascio. In questa vicenda perdono quei sardisti che si auspicavano un ritorno al partito di Mario Melis.Questo Congresso ha sancito la fine di una possibilità. Il PSd’Az paga l’atto insulso della consegna della bandiera. Paga il non aver capito che il paesaggio è valore identitario. Paga l’aver permesso l’assalto alle coste, la perdita progressiva di ogni trasferimento statale. Paga l’aver osteggiato, ai tempi della Giunta Soru, la vertenza sulle entrate. Paga avere usato il potere per costruirsi dipendenze. Nessun segno di diversità.

Nonostante questi limiti un’ala del PSd’Az, credeva che col tempo si poteva ritornare alle istanze del Congresso del 1981, quando il partito assunse l’indipendenza come prospettiva storica. Non ce l’ha fatta, perché il corpaccio oligarchico ha scelto altro. Perché rimanendo al rimorchio di Cappellacci ha perso, in fin dei conti, il legame con la realtà vera. Di tutto ciò cosa resta? Mario Melis sosteneva che bisognava sardistizzare la società sarda. Questo è ormai avvenuto. Lo certifica la ricerca dell’Università di Cagliari ed Edimburgo. Il processo è avvenuto però contro il PSd’Az e malgrado il PSd’Az. Molto grazie al senso che al paesaggio, alla lingua, alla cultura, all’insularità hanno saputo dare proprio Renato Soru e la sua giunta. Rispettiamo nel momento del de profundis la storia gloriosa del primo partito della Sardegna e dell’Italia. Certamente non la gestione di questi ultimi anni. Altri se ne faranno carico, oltre le rovine sardiste. E’ una certezza più che una speranza.

17/10/2012

 

 

 

 

MOZIONE CONGRESSUALE PER LA COSTITUZIONE DI UNA
FEDERAZIONE NAZIONALE GIOVANI SARDISTI

Visto e considerato: 

  • che la partecipazione e la militanza giovanile in politica rivestono una crescente importanza per la formazione della futura classe dirigente sardista per la società sarda e per il Partito stesso;
  • che il Partito Sardo d’Azione è, da oltre vent’anni, membro attivo del partito politico europeo denominato “Alleanza Libera Europea”, e che il suddetto partito prevede, dall’anno 2000, una propria federazione giovanile denominata “Alleanza Libera Europea – Giovani”, che raccoglie al suo interno i membri che appartengono alle organizzazioni, movimenti, o partiti politici che salvaguardano e promuovono la diversità culturale, linguistica e nazionale dell’europea; la costituzione di una «Federazione Nazionale Giovani Sardisti» con una propria struttura e propri organi direttivi, permetterebbe ai giovani militanti del Partito Sardo d’Azione di collaborare attivamente e a pieno titolo con i propri pari grado e pari età europei a tutte le attività politiche previste dall’organizzazione stessa per la costruzione di un’Europa dei popoli;
  • che il Partito Sardo d’Azione non può e non vuole rinunciare al suo ruolo di costruzione di una società informata, attiva, critica, culturalmente e politicamente preparata, ma soprattutto sardista, la fondazione di una “Federazione Nazionale Giovani Sardisti” garantirebbe la costituzione effettiva di una “scuola politica” permanente, attraverso la quale le giovani generazioni possano affacciarsi alla politica in maniera autonoma ed auto-determinata, ma al contempo entro una struttura organizzativa forte e ben inquadrata nella solida tradizione ed esperienza dei militanti e dei dirigenti del Partito Sardo d’Azione;
  • che lo Statuto del Partito Sardo d’Azione vieta espressamente l’iscrizione al Partito dei non maggiorenni (18 anni di età);
  • che lo Statuto del Partito Sardo d’Azione non prevede espressamente la possibilità di costituire al suo interno una Federazione o un Movimento Giovanile;

si richiede:
a questo congresso di pronunciarsi in merito alla questione, attraverso una mozione unitaria, affinché il Consiglio Nazionale possa portare all’ordine del giorno del prossimo Congresso Nazionale una modifica statutaria che consenta quanto prima l’istituzione di una “Federazione Nazionale Giovani Sardisti”, la scrittura il più possibile condivisa delle sue regole statutarie, l’elezione a maggioranza dei suoi organi direttivi.
Si auspica vivamente che la suddetta «Federazione Nazionale Giovani Sardisti» sia rappresentativa di tutto il territorio regionale per poter essere sufficientemente forte da rappresentare con un’unica voce la Sardegna in sede europea presso il partito dell’”Alleanza Libera Europea – Giovani” (e avere dunque la possibilità di accesso tramite propri rappresentanti al direttivo giovanile dell’Alleanza stessa), garantendo però al contempo organi di rappresentanza democratica anche ai singoli “dipartimenti” giovanili provinciali che si andranno via via a costituire.
Gli organi di base della rappresentanza della Federazione Giovanile di livello nazionale (sul territorio regionale) dovrebbero essere dunque costituiti da:

  • un direttivo composto da 9 membri: auspicabilmente uno per ogni “dipartimento” provinciale più il segretario nazionale eletto;
  • un segretario nazionale;
  • un vice-segretario;
  • un tesoriere.

Per istituire un “dipartimento” giovanile di livello provinciale (Cagliari, Carbonia-Iglesias, Nuoro, Olbia-Tempio, Oristano, Medio Campidano, Sassari, Ogliastra) si dovrebbe richiedere quantomeno:
un minimo di 7 tesserati aderenti che abbiano compiuto i sedici anni di età fino al compimento del trentesimo anno di età;
Gli organi di base della rappresentanza del “dipartimento” giovanile di livello provinciale dovrebbero essere costituiti da:

  • un segretario responsabile;
  • un vice segretario;

Fonte: www.sardies.org

 

L’UNIONE SARDA – Politica: Psd’Az, l’unità dopo i litigi

15.10.2012

«Io sono per l’unità e le divisioni non le ho mai volute. E se qualcuno mi dice che la mia presidenza è motivo di spaccature sono pronto a farmi da parte». Giacomo Sanna chiude così la sua replica al trendaduesimo congresso del Psd’Az. E la standing ovation che segue conferma che la maggioranza del congresso è con lui. L’ufficializzazione, con la rielezione del capogruppo in Consiglio regionale alla presidenza del partito, arriva a tarda sera dopo il voto all’unanimità del documento congressuale che contiene una solenne dichiarazione di indipendenza della Sardegna (che sarà sottoposta a referendum consultivo) e dopo la presentazione di una lista unitaria votata e approvata per acclamazione. STRAPPO DI MANINCHEDDA Ma questo non significa che l’assise dei Quattro mori sia stata priva di lacerazioni. Anzi. L’assenza di Paolo Maninchedda e di alcuni delegati nuoresi, sabato, aveva confermato l’esistenza di un solco profondo tra il presidente della commissione Autonomia e Sanna, che controlla quattro quinti dei 241 delegati. Ieri il docente universitario si è presentato a Cagliari ma non è mai entrato nella sala congressi dell’hotel Mediterraneo, nonostante la maggioranza dei partecipanti della federazione nuorese e parte di quella sassarese abbiano tentato di convincerlo a intervenire per esprimere le sue posizioni, anche se minoritarie. «Qui tutto è già stato deciso e io non partecipo a congressi che non siano unitari», ha ripetuto Maninchedda. La discussione con il gruppo di seguaci è durata alcune ore all’esterno della sala. Tra i manicheddiani molti hanno ribadito con forza la necessità di portare il partito fuori dalla giunta. Ma l’intransigenza del consigliere nel non voler esporre le sue tesi al congresso, isolandosi, ha indotto alcuni, delusi, a rientrare favorendo la stesura del documento unitario che, oltre a confermare Sanna, ha eletto alla vicepresidenza Andrea Cocco. «Il congresso ha avuto un atteggiamento maturo», ha poi commentato Antonio Delitala. LE CRITICHE DEL SEGRETARIO Sanna nel suo intervento finale, si è riferito a Maninchedda più volte. Quando ha ricordato di essere stato minoranza e persino senza tessera ma sempre dentro il partito, quando ha detto che «da noi si discute e ci si scontra, ma lo si fa nelle sedi opportune», quando ha sostenuto che «se uno espone le sue idee e convince la gente magari guadagna consensi», quando ha sottolineato che «se facessimo tutti come lui i congressi non servirebbero», quando ha evidenziato che «qui un Dio in terra non c’è». E quando, parlando di primarie, ha detto: «Io, a Paolo, direi di candidarsi». LA GIUNTA Riferendosi al sostegno a Cappellacci, al quale Maninchedda è contrario, il presidente sardista ha poi chiarito di non essere «di destra», di aver fatto con il centrodestra «un’alleanza programmatica» ed ha rivendicato i no a provvedimenti indigesti al partito, in particolare il piano casa e la legge sul golf. Poi ha criticato il Pd: «A Roma sono in maggioranza con il Pdl a sostegno del governo dei banchieri, in Sardegna sono all’opposizione: come lo spiegano alla gente?». Sulle alleanze, Sanna ha tuttavia ribadito che il partito non ha deciso («io devo dialogare con tutti»), ha criticato Pdl, Riformatori e Udc per l’assenza al congresso, ha detto di aver avviato «un’interlocuzione proficua con Sel». L’INDIPENDENZA Quanto alla dichiarazione di indipendenza, il documento fa seguito alla dichiarazione solenne di sovranità del popolo sardo sulla Sardegna approvata dal Consiglio regionale nel ’99 e alla mozione per l’indipendenza presentata dal gruppo sardista nel 2009 e approvata dall’Aula. Secondo i firmatari, l’esperienza autonomistica e dello statuto del ’48 «è stata superata». Anche il «regionalismo italiano ha fallito perché non è altro che la duplicazione del potere centrale». Da qui la dichiarazione di indipendenza «da sottoporre al voto del popolo sardo attraverso un referendum consultivo». Fabio Manca

LA NUOVA SARDEGNA – Politica: Maninchedda resta fuori, rivince Sanna

15.10.2012

Il Psd’Az non finisce di stupire. In meno di ventiquattr’ore è riuscito a passare dalla scissione all’unanimità. E così il congresso ha rieletto ieri sera per acclamazione Giacomo Sanna alla presidenza del partito. Vice presidente è Andrea Cocco, dirigente del Medio Campidano. Lista unitaria e consenso unanime anche per il consiglio nazionale, che a novembre eleggerà il nuovo segretario: sembra difficile la conferma di Giovanni Colli, che si era presentato nella mozione (che si è del tutto volatilizzata) di Paolo Maninchedda, il dissidente che sabato aveva deciso di non presentarsi ai lavori e che ieri è stato abbandonato da quasi tutti i suoi delegati, per la maggior parte nuoresi. Il caso Maninchedda ha caratterizzato il trentaduesimo congresso. Il consigliere regionale di Macomer non è nuovo a strappi in un partito: negli ambienti politici tutti ricordano le sue esperienze traumatiche nel Ppi e in Progetto Sardegna. Cosa ha fatto esplodere il dissenso? Innanzitutto la linea politica: mentre Sanna ha ribadito anche ieri che in questa fase non è possibile fare scelte di campo per le incertezze di linea sia nel centrodestra sia nel centrosinistra, Maninchedda avrebbe voluto chiudere ora l’esperienza con la giunta Cappellacci (il governatore ha avuto invece un’accoglienza calorosa da parte dei delegati) per rafforzare il dialogo con il centrosinistra. L’idea di Maninchedda era che il congresso indicasse subito la candidatura di un sardista (il suo nome circolava con insistenza) alla presidenza della Regione. Sanna si è opposto: non è una decisione del congresso ma del consiglio nazionale. Per dimostrare che non vi era una preclusione di carattere personale, Sanna sabato ha dichiarato che a suo parere in caso di primarie il candidato del Psd’Az «dovrebbe essere Maninchedda». E lo ha confermato anche ieri al congresso, quando ormai il “rivale” era già fuori dal congresso, lasciato quasi solo da quasi tutti i delegati, rientrati in massa in sala. Nello scontro c’era forse anche dell’altro. Si vocifera di un tentativo dei sostenitori di Maninchedda di rovesciare Sanna, tentativo sfumato con la netta sconfitta nella federazione di Cagliari. A quel punto Maninchedda poteva contare su 65 delegati su 240 e non deve essersela sentita di andare avanti. Ieri mattina, nel parcheggio a fianco della sala congressuale, ha riunito i suoi, che non capendo la sua decisione di disertare, gli hanno chiesto di rientrare anche se ormai non era più delegato. Maninchedda ha replicato dicendo di non voler spaccare il partito con un ennesimo scontro e ha dovuto prendere atto che quasi tutti i suoi stavano rientrando. Lo ha spiegato bene il sassarese Efisio Planetta parlando dalla tribuna: «Non esiste un dio in terra». Planetta ha spiegato i motivi del dissenso con Sanna: «Ma si discute nel partito». A fine serata, parlando con un amico, Maninchedda ha detto che l’unanimità è stata possibile grazie alla sua decisione di non belligerenza.Con le truppe di Maninchedda che chiedevano di rientrare nei giochi, Giacomo Sanna nel suo intervento nella tarda mattinata di ieri ha avuto buon gioco a dirsi a favore della «linea unitaria» e a mettere persino a disposizione la presidenza. Per farsi ricandidare anche dagli ex dissidenti. E per chiudere con Maninchedda ha detto: «Nessuno si era mai sognato di non venire al congresso». Sanna ha detto di essere «di sinistra» e ha ricordato, citando Michele Columbu, che la scelta dell’alleanza col centrodestra era «vitale» dopo i ripetuti «no» del centrosinistra. Ea sua volta ha confermato il «no» dei sardisti a un eventuale ritorno di Renato Soru. ©RIPRODUZIONE RISERVATA

LA NUOVA SARDEGNA – Politica: «Ora Cappellacci deve votare la mozione d’indipendenza»

15.10.2012

CAGLIARI Come aveva annunciato Giacomo Sanna in Consiglio regionale, quando i sardisti avevano abbandonato l’aula per non votare un documento giudicato troppo morbido nei confronti del governo Monti, il congresso del Psd’Az ha approvato ieri la «dichiarazione d’indipendenza della Sardegna». Il presidente del partito ha così sfidato Ugo Cappellacci: «Abbiamo sentito tutti le affermazioni del governatore sabato a questocongresso: è per la “non dipendenza” come primo passo verso l’indipendenza. Bene, ora avrà l’occasione di essere conseguente. Porteremo la mozione in Consiglio regionale, mozione che chiederà il referendum consultivo». Cappellacci avrà buon gioco nel sostenere che, essendo egli il garante del rispetto dello Statuto che vieta di separare Italia e Sardegna, la mozione è anticostituzionale. «E’ vero – ha però argomentato Giacomo Sanna – e infatti ha negato a Doddore Meloni il diritto di fare il referendum, ma è anche vero che Cappellacci ha ammesso, perché le condivideva, i referendum sulle Province benché fossero palesemente anticostituzionali». Secondo diversi dirigenti sardisti, lo scontro sulla mozione indipendentista consentirà a breve scadenza («massimo quattro-cinque mesi») di uscire dalla giunta e dalla maggioranza di centrodestra. Il documento congressuale (che «dichiara solennemente la Sardegna nazione indipendente») è stato firmato da numerosi delegati: primi gli ex presidenti e gli ex segretari (tra gli altri c’erano Antonio Delitala e Giancarlo Acciaro). La “dichiarazione” conferma la validità dei documenti sardisti (a partire dall’articolo 1 dello statuto) sino alla mozione presentata dal gruppo consiliare regionale nel 2009. E nel fare riferimento all’obiettivo strategico dell’«Europa dei popoli», sostiene i movimenti della Catalogna e della SDcozia, ricordando che quest’ultimo Paese andrà al referendum nel 2014 sull’indipendenza dalla Gran Bretagna. Nel documento sono forti le critiche al governo Monti («vuol far pagare ai sardi il fallimento di uno Stato e che è mai stato il nostro Stato». (f. per.)

LA NUOVA SARDEGNA – Politica: Ricostituito il Movimento femminile

15.10.2012

Con oltre sessanta firme di delegate e ospiti, è stato ricostituito ieri pomeriggio il Movimento femminile sardista. L’iniziativa è stata assunta dal presidente del congresso, Italo Ortu, ex segretario del Psd’Az. «L’idea – ha raccontato lo stesso Ortu – mi è venuta pochi giorni fa mentre frugavo nell’archivio del partito. Ho trovato una cartolina del 1945 proprio del “Movimento femminile sardista”. Vi era stampata una poesia di Sebastiano Satta. La cartolina era firmata dalla miglie di Camillo Bellieni». L’ultima responsabile del Movimento femminile sardista, sino a una decina dìanni fa, è stata Anna Maria Cherchi, digente storica del Psd’Az.

Leggo sul giornale di essere isolato: felicissimo. I muscoli decadono più dei libri e non si possono lasciare in eredità

15 ottobre 2012

Oggi leggo una cronaca (specie sulla Nuova) sui giornali che non riconosco. Ieri alle 11 mi chiamano molti amici per chiedermi di entrare nel congresso. Spiego che non posso entrare in un congresso pensato per dividere e chiedo loro di non patecipare a una mattanza. Vado via. Alle 13 il congresso cambia volto e si annuncia l’accordo unitario. Mi chiamano per sapere se apprezzo la svolta unitaria e do il mio apprezzamento. Poi leggo sul giornale di essere stato attaccato in conclusione, addirittura da Giacomo Sanna, con parole tipo “qui non c’è nessu Dio in terra”, e figuriamoci se non lo so io che non c’è nessun Dio in terra, visto che mi rivolgo e mi sono rivolto spesso a quello del cielo: quelli della terra, non li frequento. Poi il giornalista ricorda (con un certo compiacimento) che io non sono nuovo a strappi nei partiti, dimenticando di dire che proprio in questo caso non ho voluto strappare. Però è vero: io lavoro a cambiare radicalmente la Sardegna da tanto tempo e non me ne vergogno e, come tutti i riformisti di tutti i tempi, ho passato e passerò molto tempo da solo. Essere liberi vuol dire non avere la debolezza di stare in branco a tutti i costi. Insomma, ho l’impressione che la stampa e certi ambienti sardisti abbiano concorso a costruire un processo su di me di cui io non mi sono accorto ma che evidentemente c’è stato. Io rispondo come ho risposto ieri: io non bisticcio anche con chi vuole bisticciare. Non è tempo di bisticci, ma di chiarezza e maturità di scelte politiche. Ho detto ieri che Gandhi, buscandone tutti i giorni, ha costruito uno stato che vive in pace; Israele, nato sulla violenza rivoluzionaria, vive in guerra tutti i giorni. I muscoli decadono più dei libri  e non si possono lasciare in eredità.
Prendo atto che la lettura data dal giornalista di un accordo unitario voluto contro Maninchedda non può essere frutto della fantasia del giornalista e lo accetto. È dunque diventato il congresso contro Maninchedda e pertanto Maninchedda oggi non è più candidato a nulla.
Poi si dice che io sarei stato abbandonato da tutti i delegati. Poi mi si invita a stare in minoranza, come se non lo sia mai stato in tutti questi anni. Io sono un uomo di minoranza, perché non sono conformista.
Semmai ho rifiutato sempre l’idea di costituirmi in minoranza, perché non capisco perché dovrei sprecare risorse per costituirmi in minoranza interna, anziché continuare a lavorare per la nascita di uno stato.
Il congresso, quindi, per la stampa, sancirebbe una sorta di mio confinamento con vergogna e di bocciatura della mia possibile candidatura alla presidenza della Regione. Bene, se la stampa ha letto bene, io accetto il confinamento, accetto l’isolamento, accetto e prendo atto che il Psd’az non vuole la mia candidatura alla Regione. L’accetto serenamente ma resto convinto delle mie ragioni:
1) il Psd’az deve uscire dalla Giunta Cappellacci;
2) il Psd’az deve profittare politicamente della crisi dei poteri della Repubblica italiana e costruire un nuovo ordine con le forze produttive e riformiste della Sardegna;
3) il Psd’az deve costruire un’alleanza con i movimenti indipendentisti e accettare la proposta dei Movimenti di un rinnovamento radicale del ceto politico;
4)  il Psd’az deve dialogare con le forze moderate e con il Pd per costruire un’alleanza sovranista (anzi, credo che non sia stato apprezzato neanche il dialogo col Pd al mio paese, ma su quello io mi sacrificherò personalmente perché il mio paese ha bisogno di unità e serenità);
5) il Psd’az dovrebbe dialogare con l’area culturale di Soddu che sta parlando la nostra stessa lingua ed è uno stimolo al cambiamento del conformismo di sinistra;
6) il Psd’az deve avere una piattaforma sul fisco molto più avanzata di quella attuale;
7) il Psd’az deve accettare il rischio dell’apertura e dell’adunanza della diaspora sardista (il Psd’az non può avere contro tutti o quasi gli intellettuali sardisti). Io non ho in testa scissioni di alcun genere, anche perché quando si è soli come si vuol certificare che io sia, si scinde l’atomo, non un partito. Per me, questa nuova condizione di isolamento è una grande esperienza di libertà

 

 

 

 

 

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