TAMQUAM SIMMIAE…. a sa zustissia non praghet sa limba. E a sos sardos?

Dossier: 1. SARDEGNA: COMITATO LINGUA SARDA, ASSENTI PARLAMENTARI ISOLANI IN RATIFICA CARTA EUROPEA MINORITARIE, 2. Il Corriere della sera:

Se per il Parlamento il sardo non rientra tra le lingue da salvare

3. LA NUOVA SARDEGNA – Istituzioni, Europa, Enti Locali: Il leghista Borghezio: «Difendete la limba». 4. I 128 MILIONI PERSI. Ue, Borghezio in difesa della limba: ma i vostri eletti si impegnino di più. 5. Corte di Cassazione della Repubblica Italiana: la lingua sarda non esiste. 6. odg. in Consiglio regionale
Oggetto: SARDEGNA: COMITATO LINGUA SARDA, ASSENTI PARLAMENTARI ISOLANI IN RATIFICA CARTA EUROPEA MINORITARIE
ADN0825 5 CRO 0 DNA CRO RSA
, SARDEGNA: COMITATO LINGUA SARDAASSENTI PARLAMENTARI ISOLANI IN RATIFICA CARTA EUROPEA MINORITARIE =       GRAVE DANNO PER QUELLA SARDA
Cagliari, 10 lug. – (Adnkronos) – Su Comitadu pro sa limba sarda
denuncia ”il comportamento dei deputati sardi nelle Commissioni che
ha favorito l’approvazione di un testo di ratifica della Carta europea
delle lingue regionali e minoritarie che discrimina la lingua sarda”.
Lo ha detto all’Adnkronos Mario Carboni, portavoce del Comitato per la
Lingua sarda , secondo il quale l’approvazione nelle commissioni
Esteri, Giustizia, Cultura e Affari regionali della Camera della Carta
europea, senza emendamenti a difesa della ”seconda lingua nazionale,
in pratica la condanna all’estinzione e impedisce il suo ingresso
nelle scuole, nei media e nella societa’ come lingua normale in regime
di bilinguismo”.
”Abbiamo apprezzato l’intervento dell’Assessore alla cultura
della Regione sarda Sergio Milia – spiega Carboni – che ha inviato una
lettera ai parlamentari sardi affinche’ si mobilitassero per impedire
l’approvazione del testo di ratifica approvato in sede referente dalla
Commissione Esteri della Camera. Probabilmente la fiducia nei
parlamentari sardi e su un loro possibile intervento a difesa della
lingua sarda e quindi della Specialita’ della Sardegna era mal
riposta”.
”Questo perche’ – accusa Carboni – della Commissione esteri fa
parte Arturo Parisi di Idv che non ha mosso un dito, non ha fatto
nessuna dichiarazione, proposto emendamenti, e forse non ha neanche
partecipato alla discussione dell’importante disegno di legge, per
impedire lo sbertucciamento della lingua sarda. Ma l’iter della legge
di ratifica e’ proseguito in sede consultiva andando all’esame di
altre Commissioni. La Commissione giustizia – prosegue il portavoce
del Comitato -, della quale e’ Vice Presidente Federico Palomba di Idv
e della quale fa parte anche Guido Melis del Pd, ha discusso ed
approvato la legge pervenuta dalla Commissione esteri senza che i
sardi abbiano neppure alzato la voce o proposto emendamenti e anche in
questo caso forse non hanno neppure presenziato ai lavori”. (segue)
(Coe/Zn/Adnkronos)
10-LUG-12 16:07
ADN0845 5 CRO 0 DNA CRO RSA
SARDEGNA: COMITATO LINGUA SARDA, ASSENTI PARLAMENTARI ISOLANI IN RATIFICA CARTA EUROPEA MINORITARIE (2) =
(Adnkronos) – ”Anche i componenti sardi della Commissione
cultura, che anch’essa ha approvato il testo di legge di ratifica che
considera la lingua sarda di serie C rispetto alle altre minoranze
linguistiche della Repubblica, Bruno Murgia (Pdl) e Caterina Pes (Pd),
non risultano dagli atti parlamentari intervenuti in nessun modo e
forse assenti alla discussione. Non dissimile il comportamento di
Amalia Schirru del Pd che, componente della Commissione Lavoro, non
sembra abbia fatto nulla per impedire che si approvasse il testo di
ratifica che potrebbe determinare un colpo mortale per la lingua e
l’identita’ nazionale dei sardi e quindi delle sue aspirazioni di
sovranita’ e d’autodeterminazione, ma forse era impegnata in qualche
altro luogo”.
”Certamente – afferma Mario Carboni – ci si sarebbe aspettato
che almeno nell’esame della Commissione per le questioni regionali la
voce dei sardi si fosse fatta sentire alta, argomentata e ad
orgogliosa difesa della lingua sarda. Ma i componenti di questa
importante Commissione, Guido Melis del Pd e Mauro Pili del Pdl
(impegnato in commissione permanente quindi impossibilitato ai lavori
di quella bilaterale, ndr), non risulta che siano intervenuti a favore
della lingua sarda e per impedire che l’approvazione di una proposta
di ratifica della Carta europea delle lingue regionali e minoritarie,
possa trasformarsi nell’opposto del suo spirito istitutivo e quindi
strumento non di sostegno, difesa e sviluppo della lingua sarda, ma
‘accabadora’ (assassina, ndr) colonialista e centralista della lingua
propria dei sardi”.
”Anch’essi – conclude Carboni – forse erano impegnati altrove,
probabilmente assieme ai loro colleghi parlamentari sardi nulla gliene
importa della lingua sarda e quindi la lettera dell’assessore Milia
pur apprezzata, come e’ apprezzata la lettera in sardo a Monti o la
recente versione bilingue del logo del sito web della Regione, risulta
un buco nell’acqua stagnante di una cultura autocolonizzante dei
partiti italiani e dei suoi Parlamentari e quindi da criticare come da
anni fa Su Comitadu pro sa limba sarda”
(Coe/Zn/Adnkronos)
10-LUG-12 16:10

Emanuele Concas
Giornalista
(+393395741759)

IL CASO DAI DEPUTATI DELL’ ISOLA NESSUN INTERVENTO

Se per il Parlamento il sardo non rientra tra le lingue da salvare

Escluso dall’ insegnamento a scuola

Da qualche tempo è in atto in Sardegna un vivace dibattito intorno alla lingua sarda. L’ ultimo episodio risale al 10 luglio scorso, quando gli stessi parlamentari sardi non hanno presentato alcun emendamento in favore del sardo, accettando di fatto un testo di ratifica della Carta europea delle lingue regionali e minoritarie, che finisce con il delegittimare l’ insegnamento a scuola e la circolazione sociale dell’ antica lingua isolana. Di fatto il sardo non figura più tra le lingue minoritarie da difendere (come succede invece, ad esempio, per il tedesco in Alto Adige o il francese in Val d’ Aosta) perché la Commissione Affari esteri della Camera che ha approvato la Carta, in assenza di interventi dei deputati sardi, ha escluso la lingua dell’ isola dalle garanzie del bilinguismo. E pensare che proprio l’ Europa aveva erogato 128 milioni di euro per promuovere la lingua. Inutili le accorate e ripetute richieste di impegno dell’ assessore regionale alla cultura Sergio Milia. Dura la reazione di Mario Carboni del Comitadu pro sa limba sarda, che parla di «un colpo mortale per la lingua e l’ identità dei sardi». Tutto questo a dispetto della lettera in sardo inviata al presidente Monti e della versione bilingue del logo della Regione Sarda, che figura anche sul sito web. Per fortuna si vanno superando i conflitti legati alla cosiddetta «limba comuna», promossa qualche anno fa da un provvedimento della Regione. L’ idea era di creare una sorta di lingua mediana, una koinè, che mettesse d’ accordo le diverse varietà sarde, idea artificiosa respinta ultimamente anche dalla commissione di esperti costituita dall’ Università di Sassari. Se Manzoni non è riuscito a far parlare fiorentino agli italiani, come poteva riuscire Cagliari a convertire alla nuova limba i sardi? I quali di lingue ne hanno almeno tre: il sardo-corso al Nord, il nobile logudorese al Centro e il campidanese al Sud. Ma dalla Carta de Logu ai diversi statuti, dai Giudicati al Regno di Sardegna, dai cantadores a una prestigiosissima e plurisecolare letteratura, il sardo illustre è stato da sempre e soltanto il logudorese, che è una specie di toscano regionale. L’ isola ha conosciuto ricorrenti campagne di acculturazione e di estirpazione linguistica, condotte dai nuovi dominatori: nel 1567 il catalano è soppiantato dal castigliano, poi con l’ arrivo dei Savoia nel 1720 il toscano scaccia a sua volta il castigliano. La produzione in lingua logudorese, davvero una «letteratura a statuto speciale», è cresciuta dando vita a relazioni di volta in volta diverse con i sistemi linguistici e culturali egemoni: spagnolo e italiano, ma anche catalano e latino. Ecco perché la letteratura sarda è caratterizzata da una ricchezza di suggestioni probabilmente senza confronto. Se un problema di omogeneità deve porsi, questo riguarda solo l’ aspetto ortografico. Ma anche su questo aspetto, come sostiene Nicola Tanda, per anni ordinario di Filologia sarda a Sassari e massimo esperto di scrittori isolani, la soluzione esiste. Cinquant’ anni fa un gruppo di poeti e di intellettuali fondò a Ozieri un premio per promuovere la ripresa della letteratura in lingua sarda. Fu un segnale e nel giro di pochi anni la tradizione scritta e orale dell’ isola conobbe una rinascita impetuosa. Fra i frutti positivi di questa esperienza c’ è anche una norma ortografica. Oggi quasi tutti nell’ isola riconoscono che la «lingua nazionale sarda» è il logudorese e l’ invito all’ unità può essere raccolto scrivendo tutte le varietà locali secondo una comune norma ortografica. Di là da ogni polemica, quel che più conta è che i dialetti sardi e la poesia che li ha illustrati abbiano segnato una rinascita di creatività, che si è estesa rapidamente agli altri settori del sistema letterario. Pensiamo al romanzo e a narratori di successo come Marcello Fois, Giorgio Todde e Salvatore Niffoi. Ma il fenomeno ha coinvolto anche la tradizione musicale popolare, l’ artigianato, la gastronomia, il ballo tondo e a tre passi, le feste popolari. A dispetto della consapevolezza dei suoi politici, una parte della comunità sarda è impegnata oggi nel recupero di un’ idea dell’ isola, che oppone le proprie tradizioni alla devastazione dell’ industria chimica e della speculazione edilizia. La lingua può diventare l’ antidoto più forte contro la trasformazione oggi in corso della Sardegna in una specie di Disneyland balneare e vacanziera. RIPRODUZIONE RISERVATA **** 128 I personaggi milioni di euro I fondi che l’ Unione Europea aveva erogato per finanziare in Sardegna iniziative su insegnamento, promozione e circolazione della lingua sarda Grazia Deledda Nobel per la Letteratura nel 1926 Eleonora d’ Arborea Regina di Sardegna, ha aggiornato la «Carta de Logu»
Brevini Franco
Pagina 26
(28 luglio 2012) – Corriere della Sera
LA NUOVA SARDEGNA – Istituzioni, Europa, Enti Locali: Il leghista Borghezio: «Difendete la limba»
01.08.2012
BRUXELLES L’esponente della Lega Nord Mario Borghezio si è appellato all’Unione europea per difendere la lingua sarda. «Il sardo non figura più tra le lingue minoritarie da difendere, come succede invece per il tedesco in Alto Adige o il francese in Valle d’Aosta», ha sottolineato Borghezio in una interrogazione diretta alla Commissione europea. «Il 10 luglio scorso, gli stessi parlamentari sardi non hanno presentato alcun emendamento in favore del sardo – ha indicato Borghezio – accettando di fatto un testo di ratifica della Carta europea delle lingue regionali e minoritarie che finisce con il delegittimare l’insegnamento a scuola e la circolazione sociale dell’antica lingua isolana». Borghezio ha chiesto, inoltre, chiarimenti alla Commissione Ue su «come siano stati utilizzati i finanziamenti che avrebbero dovuto tutelare la lingua sarda». L’europarlamentare leghista ha segnalato che «l’Unione europea aveva erogato 128 milioni di euro per finanziare in Sardegna iniziative su insegnamento, promozione e circolazione della lingua sarda». Borghezio definisce poi «la valorizzazione della lingua sarda un elemento prezioso e irrinunciabile della cultura dell’Europa dei popoli».
I 128 MILIONI PERSI
Ue, Borghezio in difesa della limba:
ma i vostri eletti si impegnino di più
nu m e r i
F E D E R I CO PA LO M B A
CRITICHE Il Lumbard attacca i parlamentari sardi e accusa: «C’erano 128 milioni di fondi
europei e ora dove sono?»
n Spariscono la lingua sarda e i 128 milioni di euro erogati dall’Un i o n e europea per tutelarla come lingua minoritaria. La denuncia non arriva dal cuore della Barbagia o dal’la ssolato Campidano, né tantomeno dal ridente Logudoro. L’allarme sul rischio che la limba sia relegata a un futuro anonimo arriva da dove meno te lo aspetti: dalla verde e eparatista
Padania. A ergersi a paladino della lingua sarda è l’e u ro pa r l a m e nt a re della Lega Nord, Mario Borghezio, che tramite un’interrogazione presentata alla Commissione europea sostiene che la lingua sarda è stata esclusa dalla lista delle lingue minoritarie
da tutelare, e accusa i parlamentari eletti in Sardegna di non avere mosso un dito nelle sedi opportune per evitarlo.
I SOLDI SCOMPARSI
Sostiene Borghezio che «l’Unione europea aveva erogato 128 milioni di euro per finanziare in Sardegna iniziative su insegnamento, promozione e circolazione della lingua sarda.
Sembra però che questi finanziamenti non siano stati utilizzati come inizialmente previsto», dichiara l’esponente leghista nella sua interrogazione depositata alla Commissione europea. Soldi comunitari che sarebbero stati vincolati per promuovere
l’uso della lingua sarda a tutti i livelli, dalle scuole all’a m m i n i st razione
pubblica, ma dei quali si sarebbero perse le tracce nei vari travasi burocratici, non consentendo ai finanziamenti di andare a bersaglio.
LA LINGUA PENALIZZATA
Ma i problemi della lingua sarda, secondo Mario Borghezio, non finiscono con i dubbi sull’utilizzo dei fondi comunitari. Ci sarebbe di peggio: «Il sardo non figura più tra le lingue minoritarie da difendere, come succede invece per il tedesco in Alto Adige o il francese in Valle d’Aosta», sottolinea l’europarlamentare leghista nell’interrogazione diretta alla Commissione europea. Quindi rincara la dose, puntando il dito sugli stessi
deputati sardi: «Il 10 luglio scorso, gli stessi parlamentari sardi non hanno
presentato alcun emendamento in favore del sardo accettando di fatto un testo di ratifica della Carta europea delle lingue regionali e minoritarie che finisce con il delegittimare
l’insegnamento a scuola e la circolazione sociale dell’antica lingua isolana », accusa Borghezio. «La valorizzazione della lingua sarda è un elemento prezioso e irrinunciabile della cultura dell’Europa dei popoli», sostiene. Per questo motivo Borghezio chiede con il suo documento, «l’impegno dei politici del territorio in difesa della propria cultura e il necessario controllo sull’utilizzo dei fondi Ue ad essa dedicati».
LA DISCOLPA
Le accuse lanciate in sede europea dal rappresentane della Lega nord non piacciono ai parlamentari sardi, che replicano seccamente: «Non sapendo di cosa occuparsi, Borghezio finisce per dire amenità», commenta il deputato dell’Idv, Federico Palomba.
«Parla senza essere informato. Le sue accuse non mi riguardano, visto che io ho presentato un ordine del giorno per chiedere al Governo di rimuovere gli ostacoli che rappresentano una penalizzazione per la tutela e la valorizzazione della lingua
sarda». Respinge le accuse anche la deputata del Pd, Caterina Pes: «Ci sono da fare diverse precisazioni. Al momento il ddl di ratifica della Carta Europea delle lingue minoritarie e regionali è in stallo in Commissione esteri, in attesa del parere delle altre
Commissioni», spiega Pes. «In seguito a tale parere, il provvedimento approderà
in aula e solo allora presenteremo gli emendamenti. Insieme ad alcuni colleghi parlamentari mi sono confrontata più volte con l’assessore Milia e insieme abbiamo individuato gli articoli da emendare al momento della discussione plenaria»,
prosegue. «La nosta attenzione verso questo problema è alta; prova ne siano gli emendamenti soppressivi all’art. 14, comma 16, della spendine review, da noi presentati e bocciati dalla Commissione bilancio del Senato.
Se questo accadrà anche alla camera, procederemo con un ricorso alla corte costituzionale».
V. G.
Archivio selezionato: Sentenze Cassazione Penale
Estremi
Autorità: Cassazione penale  sez. I
Data udienza: 08 maggio 2012
Numero: n. 20530
Intestazione
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GIORDANO Umberto             Presidente    del 08/05/2 -  -
Dott. BONITO   Francesco M.S. rel. Consigliere   SENTE -  -
Dott. CAPOZZI  Raffaele            Consigliere   N.  -  -
Dott. CASSANO  Margherita          Consigliere   REGISTRO GENER -  -
Dott. LA POSTA Lucia               Consigliere   N. 30073/2 -  -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
1)             S.P. N. IL (OMISSIS);
avverso  la  sentenza  n. 1061/2004 CORTE APPELLO  di  CAGLIARI,  del
23/09/2010;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita  in  PUBBLICA  UDIENZA del 08/05/2012 la  relazione  fatta  dal
Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA SILVIO BONITO;
udito  il P.G. in persona del Dott. D’ANGELO Giovanni che ha concluso
per il rigetto del ricorso.
Fatto
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 18 novembre 2003 il GUP del Tribunale di Cagliari, all’esito di giudizio abbreviato, condannava, tra gli altri e per quanto di interesse nel presente processo, S.P., imputato del reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, commi 1 e 3 (capo A) della rubrica) nonchè del reato di cui all’art. 73, commi 1 e 6, stesso D.P.R. (capo C) della rubrica) alla pena, applicata la continuazione, di anni quattordici di reclusione.
L’imputato è accusato di aver fatto parte, con il ruolo di stabile fornitore di stupefacenti, dell’associazione per delinquere finalizzata al narcotraffico capeggiata da tale M.G. e di aver ceduto a tale gruppo malavitoso ingenti quantitativi di droga. A sostegno della condanna il giudice di prime cure poneva intercettazioni ambientali eseguite nel carcere di Cagliari e coinvolgenti M.G., il fratello di questi e la sua convivente, intercettazioni telefoniche tra il S. e M. Simone, servizi di osservazione e pedinamento confermativi, con le precedenti intercettazioni, dei frequenti contatti tra M. S. e l’imputato, ed, infine, le dichiarazioni confessorie ed accusatorie di altri coimputati ( G., P., O. ed A.).
2. Avverso detta sentenza proponeva appello l’imputato, articolando censure processuali relative alla genericità della contestazione, alla non utilizzabilità delle intercettazioni eseguite presso il carcere di Cagliari perchè immotivato l’utilizzo di impianti esterni a quelli della procura della repubblica, la mancata trascrizione delle intercettazioni, che si chiedeva al giudice di secondo grado di disporre, e chiedendo, nel merito, l’assoluzione dell’appellante dalla accuse mosse, con l’esclusione, in subordine, dell’aggravante della ingente quantità, la concessione delle circostanze attenuanti generiche e la riduzione della pena.
La corte distrettuale di Cagliari, con sentenza del 23 settembre 2010, ritenuta la mera partecipazione del S. all’associazione di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, comma 2, ed esclusa l’aggravante di cui al comma 3, riduceva la pena ad anni dieci di reclusione, rigettando nel resto il gravame.
Il giudice di secondo grado motivava la decisione in primo luogo evidenziando che il processo era stato celebrato nelle forme del giudizio abbreviato, ed anche per questo confutando la tesi difensiva in ordine alla genericità della contestazione ed alla inutilizzabilità delle intercettazioni ambientali, comunque sostenute – ad avviso del giudice territoriale – da sufficiente motivazione quanto all’utilizzo degli impianti esterni. Quanto poi alle trascrizioni delle intercettazioni osservava la corte cagliaritana che esse non integravano prova ovvero fonte di prova, ma mera operazione di rappresentazione dei contenuti e che nessuna traduzione di esse era apprezzabilmente proponibile dappoichè in italiano quelle richiamate in sentenza.
Nel merito la corte di secondo grado confermava, infine, l’esaustività del quadro probatorio a carico dell’imputato, sia in riferimento al reato associativo che a quello di spaccio.
3. Si duole della sentenza l’imputato che ricorre per cassazione con l’assistenza dei difensori di fiducia, sviluppando quattro motivi di impugnazione.
3.1 Col primo di essi denuncia la difesa ricorrente violazione dell’art. 417, lett. b) in relazione agli artt. 178 e 180 c.p.p., nonchè difetto di motivazione, ribadendo il rilievo relativo alla genericità della contestazione riferita al S., tenuto conto che all’imputato si muove l’accusa di aver “rifornito l’associazione di rilevanti partite di stupefacente ottenute da fornitori non identificati, in tempi diversi e in quantità certamente superiori a 10 kg”.
Osserva in particolare parte istante che la genericità della contestazione e, con essa, dello stesso ruolo imputato al S., rinviene dalla mancata indicazione dei fornitori, dalla mancata indicazione dei quantitativi, dalla mancata indicazione dei tempi delle ritenute forniture e dalla mancata indicazione finanche del tipo di stupefacente ceduto.
3.2 Col secondo motivo di ricorso rinnova la difesa ricorrente le sue censure in ordine alla illegittima utilizzazione delle intercettazioni ambientali, acquisite, secondo opinare difensivo, in violazione art 269 c.p.p., commi 6 e 7, sul rilievo che la motivazione articolata dal giudice territoriale a sostegno della legittimità delle intercettazione eppertanto della loro legittima utilizzazione, si fonda su “una isolata decisione”, a fronte della giurisprudenza “del tutto prevalente” indicata nell’atto di appello.
3.3 Col terzo motivo di impugnazione denuncia la difesa ricorrente la nullità del giudizio per violazione degli artt. 438 e segg. c.p.p. e del diritto di difesa per il mancato accoglimento della richiesta di giudizio abbreviato condizionato alla trascrizione ed alla traduzione delle intercettazioni e per difetto di motivazione su detti punti.
Quanto alla trascrizione delle intercettazioni, non può condividersi – ad avviso del difensore – l’avviso della corte di merito secondo cui le trascrizioni non costituiscono prova o fonte di prova, ma descrizione di contenuti, nel senso che detta motivazione è eccentrica rispetto alla questione difensivamente posta, che è quella del diritto dell’imputato ad ottenere la prova scaturente dalle intercettazioni, nello specifico desumibile soltanto da una vera e propria attività peritale, necessaria per colmare gli innumerevoli “incomprensibile” presenti nelle trascrizioni eseguite dalla polizia. Quanto invece alla traduzione dalla lingua sarda delle intercettazioni medesime, della cui richiesta la Corte avrebbe del tutto travisato il senso affermando che le stesse risultano in lingua italiana, osserva la difesa che quelle acquisite al processo sono traduzioni dal dialetto sardo eseguite dalla polizia e vanno considerate traduzioni in italiano dalla lingua sarda, traduzioni per questo costituenti attività peritale necessaria per l’accertamento dei fatti di causa e posta come condizione (non accettata) per l’accesso al giudizio abbreviato.
Richiama ancora la difesa, a sostegno dell’assunto, sia l’art. 109 c.p.p., sottolineando che quella sarda è riconosciuta come minoranza linguistica dalla L. 15 dicembre 1999, n. 482, art. 2, sia il disposto dell’art. 143 c.p.p., là dove fa riferimento a dialetto non facilmente intelligibile.
Nello specifico, annota la difesa istante, la lingua sarda è assimilabile ad una lingua straniera e nel processo non possono “soggiornare prove in lingua straniera”, le quali, se presenti, come nella fattispecie, devono essere rese intelligibili attraverso la loro interpretazione.
Di qui la piena legittimità della condizione richiesta col giudizio abbreviato, condizione non accolta dal giudicante con decisione assunta in violazione dei diritti difensivi.
3.4 Col quarto ed ultimo motivo di ricorso denuncia la difesa ricorrente illogicità della motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza dell’associazione per delinquere volta al narcotraffico ed in ordine alla partecipazione ad essa del S., nonchè sulla aggravante dell’art. 80 L.S. e sul mancato riconoscimento della continuazione.
Quanto al primo punto (sussistenza dell’associazione L. n. 309 del 1990, ex art. 74 e partecipazione ad essa dell’imputato) osservano i difensori che il S. è accusato di aver rifornito di droga il M., capo dell’associazione malavitosa, dal 1999 all’ottobre 2001, come da contestazione di reato di cui al capo C), mentre il M. è detenuto dal primo febbraio 1999, di guisa che avrebbe il medesimo promosso, costituito e diretto l’associazione stando in carcere. Di qui, secondo opinare difensivo, l’illogicità di valorizzare la debitoria del M. verso il S. ai fini della contestazione di reato in costanza di una associazione che ancora doveva nascere. Sempre secondo convincimento difensivo, è proprio il debito per pregressi rapporti tra il M. e S. a provare la continuazione con i fatti del 1995, per i quali il ricorrente è stato condannato ed in riferimento ai quali ha insistito per il riconoscimento del vincolo della continuazione.
Il rapporto di amicizia fra S. e M. non consente inoltre, in assenza di prova di un solo preciso episodio di fornitura, di ritenere la sussistenza dell’associazione e comunque la partecipazione ad essa del S..
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Va preliminarmente esaminata l’eccezione difensiva sollevata dall’avvocato Satta, difensore di fiducia del S., in ordine al mancato avviso relativo all’udienza di legittimità al co-difensore nella fase di merito, avv. Herika Dessi. Trattasi di eccezione priva di pregio.
Ed invero il ricorso per cassazione risulta sottoscritto dal solo avv. Satta. E’ pur vero che l’atto difensivo porta l’indicazione del co-difensore avv. Dessi, sia nella intestazione sia per la sottoscrizione finale, ma l’avv. Dessi tale atto non lo ha mai sottoscritto, e l’avviso è dovuto al difensore abilitato che abbia sottoscritto il ricorso di legittimità come richiesto a pena di inammissibilità dall’art. 613 c.p.p..
Giova rammentare che è dalla legge (art. 613 c.p.p., comma 2) ritenuto difensore di fiducia davanti alla Corte di legittimità il difensore che ha assistito la parte nell’ultimo giudizio – anche se non fiduciariamente – soltanto nella ipotesi in cui per la fase di legittimità e per la presentazione del relativo ricorso non vi sia stata nomina, ipotesi da escludersi nel caso di specie, posto che l’avv. Satta ha proposto l’impugnazione in esame nella qualità di difensore di fiducia all’uopo incaricato, circostanza che rendeva non dovuto l’avviso al co-difensore nella fase di appello non sottoscrittore del ricorso per cassazione.
2. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato. Sussiste la nullità del decreto di citazione per incertezza assoluta sui fatti determinanti l’imputazione, quando l’imputato non sia posto in grado di conoscere la condotta materiale della quale è chiamato a rispondere e non possa pertanto esercitare la difesa personale e tecnica; non sussiste invece nullità qualora, come nel caso che ci occupa, il capo di imputazione descrive in modo preciso la condotta attribuita all’imputato, individuando in modo specifico il suo ruolo di fornitore dell’associazione ed indicando la rilevanza delle partite cedute collocate in tempi diversi “sino al 2001″, indicazioni fattuali, quelle appena evidenziate, che consentono il pieno esercizio delle attività difensive.
A parte ciò va ribadito l’argomento con il quale la corte cagliaritana ha rigettato l’eccezione difensiva e cioè che l’imputato del giudizio abbreviato non può eccepire il vizio di genericità e indeterminatezza dell’imputazione, perchè la richiesta di giudizio abbreviato implica necessariamente l’accettazione dell’imputazione formulata dall’accusa (Cass., Sez. 6, 20/05/2009, n. 32363; Cass., Sez. 6, 23/02/201 l,n. 13133).
Su tale ultimo tema nulla ha replicato la difesa dell’imputato all’argomentare della corte di merito, essendosi la stessa limitata a riproporre, nel ricorso di legittimità, l’eccezione processuale già sollevata nel precedente grado di giudizio, eccezione la quale deve per questo essere dichiarata inammissibile.
2. Anche il secondo motivo di impugnazione è manifestamente infondato.
Trattasi infatti di doglianza palesemente generica, articolata attraverso una altrettanto generica indicazione di indirizzi giurisprudenziali che si assumono in contrasto con la decisione assunta, peraltro neppure indicati nel loro contenuto interpretativo, di guisa che, a fronte della puntuale motivazione sul punto del giudice di secondo grado, non v’è ambito apprezzabile, appunto perchè non individuato dalla difesa istante, sul quale questa Corte possa esprimere la propria valutazione di legittimità.
3. Il terzo motivo di doglianza è infondato.
Va in primo luogo osservato che è del tutto corretto e pienamente condivisibile il rilievo, opposto dalla corte distrettuale all’eccezione difensiva, che la trascrizione delle intercettazioni telefoniche non costituisce prova o fonte di prova, ma solo un’operazione rappresentativa in forma grafica del contenuto di prove acquisite mediante la registrazione fonica, della quale il difensore, secondo l’art. 268 c.p.p., comma 8, può far eseguire la trasposizione su nastro magnetico (Cass., Sez. 6, 22/11/2005, n. 10890).
In sede di giudizio abbreviato, inoltre, il giudice può valutare finanche le trascrizioni sommarie compiute dalla polizia giudiziaria circa il contenuto di conversazioni telefoniche oggetto di intercettazione (cosiddetti “brogliacci”), essendo utilizzabili ai fini della decisione tutti gli atti che siano stati legittimamente acquisiti al fascicolo del pubblico ministero (Cass., Sez. 6, 24/03/2010, n. 16823).
Quanto poi alla tesi difensiva volta ad assimilare il dialetto sardo, utilizzato nelle conversazioni intercettate, alla lingua madre di una minoranza linguistica, si impongono più osservazioni critiche. In primo luogo quella sarda non è lingua madre ma forma linguistica dialettale non riferibile al concetto giuridico ed alla nozione tecnica di lingua utilizzata da minoranze linguistiche. Ai fini processuali per la individuazione della lingua legittimamente utilizzabile per gli atti del processo penale (art. 109 c.p.p.) può essere utilizzata, a richiesta dal cittadino italiano appartenente a minoranze linguistiche riconosciute, la madrelingua di detta minoranza e le uniche minoranze linguistiche riconosciute a tal fine sono quella francese, in Valle d’Aosta, quella tedesca e ladina nel Trentino Alto Adige, quella svolena nella provincia di Trieste.
L’art. 109 c.p.p., inoltre, disciplina la lingua degli atti del procedimento ivi indicati (interrogatorio della persona appartenente alla minoranza linguistica,, il suo eventuale esame e tutti “gli atti del procedimento a lui indirizzati”) e tra essi non è pertanto contemplata la trascrizione di intercettazioni.
L’art. 143 c.p.p., infine, è stato evocato impropriamente dall’argomentare difensivo, dappoichè la relativa disciplina riguarda la necessità di un interprete nel corso del processo per la traduzione dall’italiano in lingua straniera (o in dialetto non facilmente intelligibile) di uno scritto e non viceversa. Non solo, la L. 15 dicembre 1999 n. 482, posta dalla difesa a sostegno della propria tesi, è disciplina a tutela del patrimonio culturale e linguistico presente nel nostro Paese e non può ad essa riconoscersi alcuna rilevanza nel processo e nei procedimenti giurisdizionali, in particolare, non può darsi ad essa alcun significato volto al riconoscimento di status connesso alla nozione giuridica di minoranza linguistica.
Tanto premesso possono trarsi le seguenti conclusioni in ordine alle censure mosse difensivamente.
In primo luogo, in tema di giudizio abbreviato condizionato ad integrazione probatoria, secondo diffuso insegnamento di questa corte di legittimità, la valutazione in ordine alla compatibilità dell’integrazione con esso richiesta, qualora sia logicamente e congruamente motivata, non è censurabile in sede di legittimità, trattandosi di apprezzamento di merito (Cass., Sez. 1, 07/07/2010, n. 33502) e, nella fattispecie, come ampiamente evidenziato anche in sede di appello, la traduzione in dialetto sardo delle trascrizioni delle intercettazioni, ovvero una perizia sulle medesime non integrazione probatoria perchè è al di fuori della nozione di prova la mera rappresentazione di essa.
Inoltre, ed è la considerazione conclusiva ai fini della declaratoria di infondatezza del motivo di ricorso in esame, la difesa ricorrente non ha indicato in quali modi e termini l’omessa traduzione e trascrizione peritale ha inciso sulla decisione, quali delle trascrizioni di P.G. acquisite al processo abbreviato, se eseguita la invocata perizia, avrebbero assunto un significato diverso tanto da divenire decisiva ai fini del sillogismo decisionale.
3.4 Anche il quarto motivo di ricorso, infine è infondato.
3.4.1 Giova qui ribadire che la funzione dell’indagine di legittimità sulla motivazione non è quella di sindacare l’intrinseca attendibilità dei risultati dell’interpretazione delle prove e di attingere il merito dell’analisi ricostruttiva dei fatti, bensì quella, del tutto diversa, di accertare se gli elementi probatori posti a base della decisione siano stati valutati seguendo le regole della logica e secondo linee argomentative adeguate, che rendano giustificate, sul piano della consequenzialità, le conclusioni tratte, verificando la congruenza dei passaggi logici. Di qui il necessario corollario, anch’esso di reiterata conferma giurisprudenziale, secondo cui ad una logica valutazione dei fatti operata dal giudice di merito, non può quello di legittimità opporne un’altra, ancorchè altrettanto logica (Cass. 5.12.02 Schiavone; Cass. 6.05.03 Curcillo). Orbene, nel caso in esame palese è la natura di merito delle argomentazioni difensive, giacchè volte le medesime, a fronte di un’ampia e lodevolmente esaustiva motivazione del giudice territoriale, a differentemente valutare gli elementi di prova puntualmente da esso richiamati e valorizzati, onde poi accreditare uno svolgimento della vicenda del tutto alternativo a quello logicamente accreditato con la sentenza impugnata.
3.4.2 Tanto per sottolineare che la corte di merito, con motivazione logica e coerente, difensivamente contrastata con argomentazione alternativa, ha affermato che l’accertata sussistenza di una cospicua debitoria del gruppo Mascia nei confronti dell’imputato (circa 90.000.000 di lire), confermata da ripetute intercettazioni ambientali coinvolgenti il M. ed i suoi sodali incaricati di rassicurare sul rispetto dell’impegno finanziario, conferma la sussistenza dell’associazione malavitosa volta al narcotraffico da tempi ben anteriori al 1999, e l’inserimento in essa dell’imputato con il ruolo di stabile e, verosimilmente, unico fornitore del sodalizio.
3.4.3 Ciò posto giova anche su tale punto (la sussistenza del sodalizio malavitoso volto al narcotraffico) richiamare la solida e costante lezione interpretativa di questa corte di legittimità, secondo cui va innanzitutto precisato che, ai fini della configurabilità dell’associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, non è richiesta l’esistenza di un’articolata e complessa organizzazione, connotata da una struttura gerarchica con specifici ruoli direttivi e dotata di disponibilità finanziarie e strumentali per un’estesa attività di commercio di stupefacenti, ma è sufficiente anche un’elementare predisposizione di mezzi, pur occasionalmente forniti da taluno degli associati o compartecipi, sempre che gli stessi siano in concreto idonei a realizzare in modo permanente il programma delinquenziale oggetto del vincolo associativo (Cass., Sez. 6, 13/02/2009, n. 25454). E neppure è richiesto, sempre con riferimento alla configurabilità dell’associazione D.P.R. n. 306 del 1990, ex art. 74, un patto espresso fra gli associati, ben potendo desumersi la prova del vincolo dalle modalità esecutive dei reati-fine e dalla loro ripetizione, dai rapporti tra gli autori, dalla ripartizione dei ruoli fra i vari soggetti in vista del raggiungimento di un comune obiettivo e dall’esistenza di una struttura organizzativa, sia pure non particolarmente complessa e sofisticata, come detto, indicativa della continuità temporale del vincolo criminale (Cass., Sez. 6, 17/06/2009, n. 40505).
Transitando ora dalla nozione giuridica di associazione D.P.R. n. 306 del 1990, ex art. 74 alla partecipazione ad essa, questa può essere desunta, secondo insegnamento di questa Corte, anche dalla commissione di singoli episodi criminosi, purchè siffatte condotte, per le loro connotazioni, siano in grado di attestare, al di là di ogni ragionevole dubbio e secondo massime di comune esperienza, un ruolo specifico della persona, funzionale all’associazione e alle sue dinamiche operative e di crescita criminale, e le stesse siano espressione non occasionale della adesione al sodalizio criminoso e alle sue sorti, con l’immanente coscienza e volontà dell’autore di farne parte e di contribuire al suo illecito sviluppo (Cass., Sez. 6, 21/10/2008, n. 44102); di più, l’elemento oggettivo del reato di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti prescinde dal numero di volte in cui il singolo partecipante ha personalmente provveduto allo spaccio, per cui il coinvolgimento in un solo episodio di cessione di droga non è incompatibile con l’affermata partecipazione dell’agente all’organizzazione di cui si è consapevolmente servito per commettere il fatto (Cass., Sez. 4, 11/11/2008, n. 45128; Cass., Sez. 6 Sent. 14/01/2008, n. 6867).
3.4.4. Ciò posto, nel caso in esame, con motivazione indubbiamente ampia ed esaustiva, il giudice a quo ha valorizzato le numerose intercettazioni nelle quali, con precisione di riferimenti e di linguaggio, i sodali evocano il nome dell’imputato, indiscutibilmente indicandolo come il fornitore stabile e reiterato del gruppo, di guisa che palese appare nella fattispecie il contributo stabile del Satinino alla vita del sodalizio ed alla sua attività delinquenziale, nonchè il suo ruolo strategico e funzionale.
3.4.5 Quanto, infine, all’aggravante della ingente quantità rispetto alla quale, come detto, la difesa denuncia che la stessa sia stata ritenuta sulla base di un mero ragionamento logico, in assenza però di presupposti in fatto accertati, osserva la Corte che trattasi anche in questo caso di tesi in fatto, alternativa rispetto a quella motivatamente e logicamente argomentata dai giudici di merito, secondo i quali, la sola debitoria di 90.000.000 di lire evidenzia, al di là di ogni ragionevole dubbio, la quantità ingente di droga trattata, per quanto premesso certamente superiore ai kg 10 indicati nel capo di imputazione.
3.4.6 Rimane da valutare la censura relativa al mancato riconoscimento della continuazione tra due diverse condotte associative riferite all’imputato, rispetto alla quale deve annotarsi che ha la corte di merito al riguardo ha puntualmente applicato la lezione giurisprudenziale di questa corte, pervenendo alla esclusione del vincolo sulla base della logica e motivata valorizzazione del criterio temporale e, quindi, della distanza (alcuni anni) tra le condotte dedotte dalla difesa con l’istanza in esame.
4. Il ricorso va, in conclusione, rigettato ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali ai sensi dell’art. 616 c.p.p..
P.Q.M.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 8 maggio 2012.
Depositato in Cancelleria il 28 maggio 2012
Cassazione penale  sez. I,  08 maggio 2012  (udienza) ,  n. 20530
Tutti i diritti riservati – © copyright 2012 – Dott. A. Giuffrè Editore S.p.A.
Top of Form


CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
QUATTORDICESIMA LEGISLATURA
____________________
La risoluzione è stata approvata all’unanimità nella seduta congiunta del 19 luglio 2012.
SECONDA E OTTAVA COMMISSIONI PERMANENTI
(Politiche comunitarie – Adeguamento dell’Ordinamento regionale agli atti normativi comunitari –
Rapporti con la U.E. – Cooperazione internazionale – Diritti civili – Emigrazione ed immigrazione –
Etnie – Informazione)
(Diritto allo studio – Scuole materne – Edilizia scolastica – Cultura – Musei – Biblioteche e Archivi
storici – Sport e spettacolo – Ricerca scientifica – Formazione professionale)
RISOLUZIONE
n. 38
sulla necessità di intervenire a sostegno di adeguati livelli di tutela della lingua sarda in sede di
ratifica della Carta europea delle lingue regionali o minoritarie.
Le Commissioni permanenti Seconda e Ottava del Consiglio regionale,
PREMESSO che la Carta europea delle lingue regionali o minoritarie, redatta a Strasburgo nel 1992,
è entrata in vigore a livello internazionale, a seguito delle cinque ratifiche obbligatorie, il 1° marzo
1998 e attualmente è in vigore in 25 paesi, e che l’Italia, nonostante abbia firmato la Carta il 27
giugno 2000, non ha ancora perfezionato la procedura di ratifica;
CONSTATATO che il Parlamento è in procinto di approvare il disegno di legge n. 5118/ XVI,
concernente la ratifica ed esecuzione della Carta europea delle lingue regionali o minoritarie;
PREMESSO che la legge 482 del 1999 “Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche
storiche” riconosce la minoranza linguistica sarda e quella catalana e prevede specifiche misure
per “la tutela della lingua e della cultura delle popolazioni catalane e di quelle parlanti il sardo”;
PREMESSO altresì che la legge regionale n. 26 del 1997 assicura alla lingua catalana di Alghero, al
tabarchino delle isole del Sulcis, al dialetto sassarese e a quello gallurese la medesima valenza
attribuita alla cultura e alla lingua sarda;
POSTO che l’obiettivo della Carta europea è quello di promuovere e proteggere le lingue regionali
o minoritarie storicamente radicate e di preservarne l’esistenza attraverso misure specifiche da
parte dei paesi membri dell’Unione europea nella considerazione del fatto che “la diversità
linguistica costituisce uno degli elementi più preziosi del patrimonio culturale europeo”;
CONSTATATO che la Carta propone misure specifiche per la salvaguardia delle lingue al fine di
assicurare il rispetto del diritto universalmente riconosciuto e irrinunciabile di utilizzare una lingua
regionale o minoritaria tanto nella vita privata che in quella pubblica;
C ON S I G L I O R E G ION A L E D E L L A S A R D E GN A
2
VALUTATO che l’impostazione della Carta “rispetta i principi della sovranità nazionale” e che
quindi ciascuno Stato è libero, in fase di ratifica, di individuare, non solo le lingue oggetto di tutela,
ma anche le misure da adottare per la loro salvaguardia e che tale flessibilità è funzionale alla
necessità di tenere conto delle grandi diversità esistenti nelle situazioni reali interne ai vari Stati,
tra cui il numero di persone che parlano le lingue e il loro grado di frammentazione;
CONSIDERATO che pur nel rispetto di alcuni parametri precisi, gli Stati membri sono quindi liberi di
scegliere tra le diverse opzioni proposte “il grado di protezione” che si vuole attribuire alla singola
lingua regionale o minoritaria nei diversi ambiti quali insegnamento, informazione, settore
giudiziario e amministrativo, servizi pubblici, vita economica e sociale e attività culturali;
VERIFICATO che, a seguito dell’esame parlamentare, nel testo esitato dalle Commissioni non
vengono garantiti alla lingua sarda, con riferimento ai suddetti ambiti, i massimi livelli di tutela,
come invece avviene per altre lingue regionali o minoritarie come il tedesco, il francese o lo
sloveno, nonostante la tradizione storica secolare e il peso culturale e identitario della stessa
qualifichino il sardo necessariamente come lingua storica;
TENUTO CONTO che, nell’ambito dello Stato italiano, la lingua sarda è tra le lingue regionali o
minoritarie quella parlata dalla popolazione più numerosa e con una vasta portata territoriale e
che inoltre rispecchia perfettamente i criteri di riconoscimento individuati dalla Carta in quanto
“lingua territoriale”, ossia tradizionalmente utilizzata in un’area geografica determinata e presenta
inoltre l’elemento della “coerenza tra il territorio di una lingua regionale o minoritaria e
un’appropriata circoscrizione amministrativa” auspicato dalla stessa Carta europea;
DATO ATTO che la ratifica della predetta Carta, seppure a notevole distanza temporale
dall’originaria adozione a Strasburgo, può rappresentare per la Sardegna un significativo passo in
avanti, rispetto alla pressoché totale mancanza di interesse legislativo, in quanto si prefigge di
estendere la diffusione delle lingue c.d. minoritarie e regionali a partire dall’ambito della
formazione pre-scolastica sino ai livelli di formazione superiore e di educazione per gli adulti e da lì
nei principali settori sociali, economici e culturali;
RITENUTO che, in mancanza di un’adeguata salvaguardia, la lingua sarda rischia di perdere anche
ambiti di utilizzo già praticati e di subire un arretramento rispetto alle misure previste dalla Legge
n. 482 del 1999, alla luce anche della recentissima sentenza della Corte di Cassazione sull’utilizzo
della lingua sarda in ambito giudiziario;
CONSIDERATA la necessità per la nostra Regione di perseguire la strada del bilinguismo completo
che prevede come condizione fondamentale l’utilizzo del sardo nella scuola e il suo insegnamento
nei vari ordini scolastici nell’ambito dei programmi ufficiali, dalla scuola materna fino
all’Università;
DATO ATTO che è proprio il problema dell’effettivo insegnamento nella scuola della lingua sarda a
dare concretezza alla profonda e condivisa esigenza di preservare e diffondere la stessa, restando
altrimenti mere enunciazioni di principio le suddette osservazioni;
VALUTATA l’importanza che avrebbe per la Sardegna disporre di mezzi di informazione nella lingua
regionale e ritenuto che ciò andrebbe assicurato attraverso il massimo livello di sostegno previsto
dalla Carta ossia con la possibilità di “istituire almeno una stazione radiofonica o una rete
televisiva nella lingua minoritaria”, come segnalato anche dal CORECOM Sardegna con nota inviata
C ON S I G L I O R E G ION A L E D E L L A S A R D E GN A
3
alla Seconda Commissione consiliare in data 18 giugno 2012 nella quale si invita a “intraprendere
tutte le iniziative necessarie al fine di creare in Sardegna una stazione radio e televisiva e un
giornale in lingua sarda, fatte salve le ulteriori modifiche necessarie anche in relazione a settori
diversi da quello dei media (…)”;
TENUTO CONTO che il citato disegno di legge n. 5118/ XVI attualmente all’esame del Parlamento
desta notevoli preoccupazioni in quanto contiene delle forti limitazioni per il sardo proprio in due
settori strategici per la promozione della lingua sarda quali l’istruzione e l’informazione, laddove
sarebbe più congruo e auspicabile un assetto di tutela più stringente e adeguato alle
caratteristiche dell’idioma regionale;
RITENUTO che l’elemento identitario della lingua possa costituire un punto di forza per far valere
le ragioni della nostra isola anche ai fini della rivendicazione dei seggi rappresentativi della
Sardegna nel Parlamento europeo, come ribadito dallo stesso Parlamento europeo nel Progetto di
relazione 2007/2207 (INI) che dispone che “gli Stati membri potranno istituire circoscrizioni
speciali per venire incontro alle esigenze delle comunità appartenenti alle minoranze linguistiche”,
INVITA IL PRESIDENTE DELLA REGIONE E TUTTI I PARLAMENTARI SARDI
 a vigilare e a porre in essere tutte le opportune iniziative, in sede di approvazione in
Parlamento del disegno di legge n. 5118/XVI, affinché la lingua sarda possa vedere garantiti
i massimi livelli di salvaguardia e promozione in ogni settore della vita economica e sociale,
con particolare riguardo all’ambito dell’istruzione e dell’informazione, in modo tale da
consentire una sua piena ed effettiva tutela in considerazione del valore storico, identitario
e culturale della stessa.Bottom of Form
CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
QUATTORDICESIMA LEGISLATURA
____________________
La risoluzione è stata approvata all’unanimità nella seduta congiunta del 19 luglio 2012.
SECONDA E OTTAVA COMMISSIONI PERMANENTI
(Politiche comunitarie – Adeguamento dell’Ordinamento regionale agli atti normativi comunitari –
Rapporti con la U.E. – Cooperazione internazionale – Diritti civili – Emigrazione ed immigrazione –
Etnie – Informazione)
(Diritto allo studio – Scuole materne – Edilizia scolastica – Cultura – Musei – Biblioteche e Archivi
storici – Sport e spettacolo – Ricerca scientifica – Formazione professionale)
RISOLUZIONE
n.39
sulla necessità di abrogare, in sede di conversione, il comma 16 dell’articolo 14 del decreto legge
n. 95 del 2012 (Spending review) al fine di evitare un ridimensionamento delle autonomie scolastiche
in Sardegna.
Le Commissioni permanenti Seconda e Ottava del Consiglio regionale,
VISTO l’articolo 19, comma 4, del decreto legge n. 98/2011, (convertito con modificazioni dalla
Legge n. 111/2011) così come modificato dalla L. n. 183/2011 (Legge di stabilità 2012) che ha previsto,
come criterio per l’organizzazione della rete scolastica e il relativo dimensionamento, l’aggregazione
della scuola dell’infanzia, primaria e secondaria di primo grado in istituti comprensivi,
stabilendo che questi ultimi possono acquisire l’autonomia solo se costituiti con almeno 1.000 alunni,
ridotti a 500 per le istituzioni site nelle piccole isole, nei comuni montani, nelle aree geografiche
caratterizzate da specificità linguistiche;
TENUTO CONTO che, a seguito dei ricorsi proposti da diverse regioni italiane, la Corte Costituzionale
ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del suddetto articolo 19, comma 4, del decreto legge
n. 98/2011, stabilendo che tale disposizione statale, nella misura in cui prevede l’aggregazione
degli istituti comprensivi e fissa la soglia rigida dei 1000 alunni, “si risolve in un intervento di dettaglio,
da parte dello Stato, in una sfera che, viceversa, deve rimanere affidata alla competenza
regionale”;
VISTO l’articolo 19, comma 5, del citato decreto legge n. 98/2011 che stabilisce la soglia numerica
necessaria per l’assegnazione alle istituzioni scolastiche di un dirigente prevedendo che “alle autonomie
scolastiche possano essere assegnati dirigenti con incarico a tempo indeterminato solo
se costituite con un numero di alunni pari o superiore a 600 unità, ridotto fino a 400 per le istituzioni
site nelle piccole isole, nei comuni montani, nelle aree geografiche caratterizzate da specificità
linguistiche”;
VISTO l’articolo 14, comma 16, del decreto legge 6 luglio 2012, n. 95 “Disposizioni urgenti per la
revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini” (Spending review) che stabiliC
O N S I G L I O R E G I O N A L E D E L L A S A R D E G N A
2
sce che “ai fini dell’applicazione dei parametri previsti dall’articolo 19, comma 5, del decreto legge
6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio, n. 111, e dall’articolo 4,
comma 69 della legge 12 novembre 2011, n. 183, per aree geografiche caratterizzate da specificità
linguistica si intendono quelle nelle quali siano presenti minoranze di lingua madre straniera”;
CONSIDERATO che la previsione legislativa contenuta nel suddetto D.L. n. 95/2012, nel fornire
l’interpretazione autentica sui criteri per l’individuazione delle “aree geografiche caratterizzate da
specificità linguistiche”, alle quali applicare la deroga al criterio generale per l’assegnazione dei dirigenti
scolatici, rende di fatto inapplicabile la deroga alla Sardegna in quanto quella sarda non
può essere considerata “una minoranza di lingua madre straniera”;
CONSIDERATO che il criterio per l’assegnazione dei dirigenti alle autonomie scolastiche, alla luce
dell’interpretazione fornita dall’articolo 14, comma 16, del decreto legge n. 95/2012, riporta di
fatto la base di calcolo a 600 alunni, mentre sin’ora la soglia è stata quella dei 400 alunni, in quanto
area geografica caratterizzata da specificità linguistiche e quindi tutelata dalla Costituzione, dalla
Convenzione quadro delle minoranze nazionali, dalla Carta europea delle lingue minoritarie e
regionali in corso di ratifica e soprattutto dalla legge n. 482 del 1999 che la riconosce il sardo e il
catalano a tutti gli effetti minoranze linguistiche;
RITENUTO che in sede di conversione del decreto legge n. 95/2012 vada necessariamente eliminato
il riferimento contenuto nel comma 16 dell’articolo 14 alla “minoranza di lingua madre straniera”
ripristinando l’interpretazione originaria di tale disposizione e quindi consentendo
l’applicazione della deroga prevista dall’articolo 19, comma 5, del decreto legge 6 luglio 2011, n.
98 a tutte le minoranze linguistiche storiche tutelate dalla legge n. 482/99, tra cui il sardo e il catalano;
CONSIDERATO che gli interventi previsti dal decreto sulla spending review vengono qualificati dal
Governo come misure di “revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini”;
VALUTATO che il ripristino della soglia dei 600 alunni, e quindi il ridimensionamento delle autonomie
scolastiche in Sardegna, potrebbe avere delle gravi ripercussioni sulle autonomie scolastiche
regionali in termini di minori servizi ai cittadini, di rischio di cancellazione di posti di lavoro
nelle scuole sarde e di presidio del territorio in considerazione dell’importante ruolo che queste
ultime rivestono nel tessuto socio economico regionale;
INVITA IL PRESIDENTE DELLA REGIONE E TUTTI I PARLAMENTARI SARDI
 a proporre in sede di conversione del decreto legge 6 luglio 2012, n. 95 “Disposizioni urgenti
per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini” gli opportuni
correttivi all’articolo 14, comma 16, affinchè vada necessariamente eliminato il riferimento
alla “minoranza di lingua madre straniera” ripristinando ’interpretazione originaria
di tale disposizione che consentiva, anche alla Regione Sardegna, l’applicazione della deroga
prevista dal comma 5 anche alle altre minoranze linguistiche storiche tutelate dalla legge
n. 482/99, tra le quali sono ricomprese il catalano e il sardo.
Oggetto: SARDEGNA: COMITATO LINGUA SARDA, ASSENTI PARLAMENTARI ISOLANI IN RATIFICA CARTA EUROPEA MINORITARIE
ADN0825 5 CRO 0 DNA CRO RSA
SARDEGNA: COMITATO LINGUA SARDA, ASSENTI PARLAMENTARI ISOLANI IN RATIFICA CARTA EUROPEA MINORITARIE =       GRAVE DANNO PER QUELLA SARDA
Cagliari, 10 lug. – (Adnkronos) – Su Comitadu pro sa limba sarda
denuncia ”il comportamento dei deputati sardi nelle Commissioni che
ha favorito l’approvazione di un testo di ratifica della Carta europea
delle lingue regionali e minoritarie che discrimina la lingua sarda”.
Lo ha detto all’Adnkronos Mario Carboni, portavoce del Comitato per la
Lingua sarda , secondo il quale l’approvazione nelle commissioni
Esteri, Giustizia, Cultura e Affari regionali della Camera della Carta
europea, senza emendamenti a difesa della ”seconda lingua nazionale,
in pratica la condanna all’estinzione e impedisce il suo ingresso
nelle scuole, nei media e nella societa’ come lingua normale in regime
di bilinguismo”.
”Abbiamo apprezzato l’intervento dell’Assessore alla cultura
della Regione sarda Sergio Milia – spiega Carboni – che ha inviato una
lettera ai parlamentari sardi affinche’ si mobilitassero per impedire
l’approvazione del testo di ratifica approvato in sede referente dalla
Commissione Esteri della Camera. Probabilmente la fiducia nei
parlamentari sardi e su un loro possibile intervento a difesa della
lingua sarda e quindi della Specialita’ della Sardegna era mal
riposta”.
”Questo perche’ – accusa Carboni – della Commissione esteri fa
parte Arturo Parisi di Idv che non ha mosso un dito, non ha fatto
nessuna dichiarazione, proposto emendamenti, e forse non ha neanche
partecipato alla discussione dell’importante disegno di legge, per
impedire lo sbertucciamento della lingua sarda. Ma l’iter della legge
di ratifica e’ proseguito in sede consultiva andando all’esame di
altre Commissioni. La Commissione giustizia – prosegue il portavoce
del Comitato -, della quale e’ Vice Presidente Federico Palomba di Idv
e della quale fa parte anche Guido Melis del Pd, ha discusso ed
approvato la legge pervenuta dalla Commissione esteri senza che i
sardi abbiano neppure alzato la voce o proposto emendamenti e anche in
questo caso forse non hanno neppure presenziato ai lavori”. (segue)
(Coe/Zn/Adnkronos)
10-LUG-12 16:07
ADN0845 5 CRO 0 DNA CRO RSA
SARDEGNA: COMITATO LINGUA SARDA, ASSENTI PARLAMENTARI ISOLANI IN RATIFICA CARTA EUROPEA MINORITARIE (2) =
(Adnkronos) – ”Anche i componenti sardi della Commissione
cultura, che anch’essa ha approvato il testo di legge di ratifica che
considera la lingua sarda di serie C rispetto alle altre minoranze
linguistiche della Repubblica, Bruno Murgia (Pdl) e Caterina Pes (Pd),
non risultano dagli atti parlamentari intervenuti in nessun modo e
forse assenti alla discussione. Non dissimile il comportamento di
Amalia Schirru del Pd che, componente della Commissione Lavoro, non
sembra abbia fatto nulla per impedire che si approvasse il testo di
ratifica che potrebbe determinare un colpo mortale per la lingua e
l’identita’ nazionale dei sardi e quindi delle sue aspirazioni di
sovranita’ e d’autodeterminazione, ma forse era impegnata in qualche
altro luogo”.
”Certamente – afferma Mario Carboni – ci si sarebbe aspettato
che almeno nell’esame della Commissione per le questioni regionali la
voce dei sardi si fosse fatta sentire alta, argomentata e ad
orgogliosa difesa della lingua sarda. Ma i componenti di questa
importante Commissione, Guido Melis del Pd e Mauro Pili del Pdl
(impegnato in commissione permanente quindi impossibilitato ai lavori
di quella bilaterale, ndr), non risulta che siano intervenuti a favore
della lingua sarda e per impedire che l’approvazione di una proposta
di ratifica della Carta europea delle lingue regionali e minoritarie,
possa trasformarsi nell’opposto del suo spirito istitutivo e quindi
strumento non di sostegno, difesa e sviluppo della lingua sarda, ma
‘accabadora’ (assassina, ndr) colonialista e centralista della lingua
propria dei sardi”.
”Anch’essi – conclude Carboni – forse erano impegnati altrove,
probabilmente assieme ai loro colleghi parlamentari sardi nulla gliene
importa della lingua sarda e quindi la lettera dell’assessore Milia
pur apprezzata, come e’ apprezzata la lettera in sardo a Monti o la
recente versione bilingue del logo del sito web della Regione, risulta
un buco nell’acqua stagnante di una cultura autocolonizzante dei
partiti italiani e dei suoi Parlamentari e quindi da criticare come da
anni fa Su Comitadu pro sa limba sarda”
(Coe/Zn/Adnkronos)
10-LUG-12 16:10

Emanuele Concas
Giornalista
(+393395741759)
LA NUOVA SARDEGNA – Istituzioni, Europa, Enti Locali: Il leghista Borghezio: «Difendete la limba»
01.08.2012
BRUXELLES L’esponente della Lega Nord Mario Borghezio si è appellato all’Unione europea per difendere la lingua sarda. «Il sardo non figura più tra le lingue minoritarie da difendere, come succede invece per il tedesco in Alto Adige o il francese in Valle d’Aosta», ha sottolineato Borghezio in una interrogazione diretta alla Commissione europea. «Il 10 luglio scorso, gli stessi parlamentari sardi non hanno presentato alcun emendamento in favore del sardo – ha indicato Borghezio – accettando di fatto un testo di ratifica della Carta europea delle lingue regionali e minoritarie che finisce con il delegittimare l’insegnamento a scuola e la circolazione sociale dell’antica lingua isolana». Borghezio ha chiesto, inoltre, chiarimenti alla Commissione Ue su «come siano stati utilizzati i finanziamenti che avrebbero dovuto tutelare la lingua sarda». L’europarlamentare leghista ha segnalato che «l’Unione europea aveva erogato 128 milioni di euro per finanziare in Sardegna iniziative su insegnamento, promozione e circolazione della lingua sarda». Borghezio definisce poi «la valorizzazione della lingua sarda un elemento prezioso e irrinunciabile della cultura dell’Europa dei popoli».
I 128 MILIONI PERSI
Ue, Borghezio in difesa della limba:
ma i vostri eletti si impegnino di più
nu m e r i
F E D E R I CO PA LO M B A
CRITICHE Il Lumbard attacca i parlamentari sardi e accusa: «C’erano 128 milioni di fondi
europei e ora dove sono?»
n Spariscono la lingua sarda e i 128 milioni di euro erogati dall’Un i o n e europea per tutelarla come lingua minoritaria. La denuncia non arriva dal cuore della Barbagia o dal’la ssolato Campidano, né tantomeno dal ridente Logudoro. L’allarme sul rischio che la limba sia relegata a un futuro anonimo arriva da dove meno te lo aspetti: dalla verde e eparatista
Padania. A ergersi a paladino della lingua sarda è l’e u ro pa r l a m e nt a re della Lega Nord, Mario Borghezio, che tramite un’interrogazione presentata alla Commissione europea sostiene che la lingua sarda è stata esclusa dalla lista delle lingue minoritarie
da tutelare, e accusa i parlamentari eletti in Sardegna di non avere mosso un dito nelle sedi opportune per evitarlo.
I SOLDI SCOMPARSI
Sostiene Borghezio che «l’Unione europea aveva erogato 128 milioni di euro per finanziare in Sardegna iniziative su insegnamento, promozione e circolazione della lingua sarda.
Sembra però che questi finanziamenti non siano stati utilizzati come inizialmente previsto», dichiara l’esponente leghista nella sua interrogazione depositata alla Commissione europea. Soldi comunitari che sarebbero stati vincolati per promuovere
l’uso della lingua sarda a tutti i livelli, dalle scuole all’a m m i n i st razione
pubblica, ma dei quali si sarebbero perse le tracce nei vari travasi burocratici, non consentendo ai finanziamenti di andare a bersaglio.
LA LINGUA PENALIZZATA
Ma i problemi della lingua sarda, secondo Mario Borghezio, non finiscono con i dubbi sull’utilizzo dei fondi comunitari. Ci sarebbe di peggio: «Il sardo non figura più tra le lingue minoritarie da difendere, come succede invece per il tedesco in Alto Adige o il francese in Valle d’Aosta», sottolinea l’europarlamentare leghista nell’interrogazione diretta alla Commissione europea. Quindi rincara la dose, puntando il dito sugli stessi
deputati sardi: «Il 10 luglio scorso, gli stessi parlamentari sardi non hanno
presentato alcun emendamento in favore del sardo accettando di fatto un testo di ratifica della Carta europea delle lingue regionali e minoritarie che finisce con il delegittimare
l’insegnamento a scuola e la circolazione sociale dell’antica lingua isolana », accusa Borghezio. «La valorizzazione della lingua sarda è un elemento prezioso e irrinunciabile della cultura dell’Europa dei popoli», sostiene. Per questo motivo Borghezio chiede con il suo documento, «l’impegno dei politici del territorio in difesa della propria cultura e il necessario controllo sull’utilizzo dei fondi Ue ad essa dedicati».
LA DISCOLPA
Le accuse lanciate in sede europea dal rappresentane della Lega nord non piacciono ai parlamentari sardi, che replicano seccamente: «Non sapendo di cosa occuparsi, Borghezio finisce per dire amenità», commenta il deputato dell’Idv, Federico Palomba.
«Parla senza essere informato. Le sue accuse non mi riguardano, visto che io ho presentato un ordine del giorno per chiedere al Governo di rimuovere gli ostacoli che rappresentano una penalizzazione per la tutela e la valorizzazione della lingua
sarda». Respinge le accuse anche la deputata del Pd, Caterina Pes: «Ci sono da fare diverse precisazioni. Al momento il ddl di ratifica della Carta Europea delle lingue minoritarie e regionali è in stallo in Commissione esteri, in attesa del parere delle altre
Commissioni», spiega Pes. «In seguito a tale parere, il provvedimento approderà
in aula e solo allora presenteremo gli emendamenti. Insieme ad alcuni colleghi parlamentari mi sono confrontata più volte con l’assessore Milia e insieme abbiamo individuato gli articoli da emendare al momento della discussione plenaria»,
prosegue. «La nosta attenzione verso questo problema è alta; prova ne siano gli emendamenti soppressivi all’art. 14, comma 16, della spendine review, da noi presentati e bocciati dalla Commissione bilancio del Senato.
Se questo accadrà anche alla camera, procederemo con un ricorso alla corte costituzionale».
V. G.
Archivio selezionato: Sentenze Cassazione Penale
Estremi
Autorità: Cassazione penale  sez. I
Data udienza: 08 maggio 2012
Numero: n. 20530
Intestazione
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GIORDANO Umberto             Presidente    del 08/05/2 -  -
Dott. BONITO   Francesco M.S. rel. Consigliere   SENTE -  -
Dott. CAPOZZI  Raffaele            Consigliere   N.  -  -
Dott. CASSANO  Margherita          Consigliere   REGISTRO GENER -  -
Dott. LA POSTA Lucia               Consigliere   N. 30073/2 -  -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
1)             S.P. N. IL (OMISSIS);
avverso  la  sentenza  n. 1061/2004 CORTE APPELLO  di  CAGLIARI,  del
23/09/2010;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita  in  PUBBLICA  UDIENZA del 08/05/2012 la  relazione  fatta  dal
Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA SILVIO BONITO;
udito  il P.G. in persona del Dott. D’ANGELO Giovanni che ha concluso
per il rigetto del ricorso.
Fatto
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 18 novembre 2003 il GUP del Tribunale di Cagliari, all’esito di giudizio abbreviato, condannava, tra gli altri e per quanto di interesse nel presente processo, S.P., imputato del reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, commi 1 e 3 (capo A) della rubrica) nonchè del reato di cui all’art. 73, commi 1 e 6, stesso D.P.R. (capo C) della rubrica) alla pena, applicata la continuazione, di anni quattordici di reclusione.
L’imputato è accusato di aver fatto parte, con il ruolo di stabile fornitore di stupefacenti, dell’associazione per delinquere finalizzata al narcotraffico capeggiata da tale M.G. e di aver ceduto a tale gruppo malavitoso ingenti quantitativi di droga. A sostegno della condanna il giudice di prime cure poneva intercettazioni ambientali eseguite nel carcere di Cagliari e coinvolgenti M.G., il fratello di questi e la sua convivente, intercettazioni telefoniche tra il S. e M. Simone, servizi di osservazione e pedinamento confermativi, con le precedenti intercettazioni, dei frequenti contatti tra M. S. e l’imputato, ed, infine, le dichiarazioni confessorie ed accusatorie di altri coimputati ( G., P., O. ed A.).
2. Avverso detta sentenza proponeva appello l’imputato, articolando censure processuali relative alla genericità della contestazione, alla non utilizzabilità delle intercettazioni eseguite presso il carcere di Cagliari perchè immotivato l’utilizzo di impianti esterni a quelli della procura della repubblica, la mancata trascrizione delle intercettazioni, che si chiedeva al giudice di secondo grado di disporre, e chiedendo, nel merito, l’assoluzione dell’appellante dalla accuse mosse, con l’esclusione, in subordine, dell’aggravante della ingente quantità, la concessione delle circostanze attenuanti generiche e la riduzione della pena.
La corte distrettuale di Cagliari, con sentenza del 23 settembre 2010, ritenuta la mera partecipazione del S. all’associazione di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, comma 2, ed esclusa l’aggravante di cui al comma 3, riduceva la pena ad anni dieci di reclusione, rigettando nel resto il gravame.
Il giudice di secondo grado motivava la decisione in primo luogo evidenziando che il processo era stato celebrato nelle forme del giudizio abbreviato, ed anche per questo confutando la tesi difensiva in ordine alla genericità della contestazione ed alla inutilizzabilità delle intercettazioni ambientali, comunque sostenute – ad avviso del giudice territoriale – da sufficiente motivazione quanto all’utilizzo degli impianti esterni. Quanto poi alle trascrizioni delle intercettazioni osservava la corte cagliaritana che esse non integravano prova ovvero fonte di prova, ma mera operazione di rappresentazione dei contenuti e che nessuna traduzione di esse era apprezzabilmente proponibile dappoichè in italiano quelle richiamate in sentenza.
Nel merito la corte di secondo grado confermava, infine, l’esaustività del quadro probatorio a carico dell’imputato, sia in riferimento al reato associativo che a quello di spaccio.
3. Si duole della sentenza l’imputato che ricorre per cassazione con l’assistenza dei difensori di fiducia, sviluppando quattro motivi di impugnazione.
3.1 Col primo di essi denuncia la difesa ricorrente violazione dell’art. 417, lett. b) in relazione agli artt. 178 e 180 c.p.p., nonchè difetto di motivazione, ribadendo il rilievo relativo alla genericità della contestazione riferita al S., tenuto conto che all’imputato si muove l’accusa di aver “rifornito l’associazione di rilevanti partite di stupefacente ottenute da fornitori non identificati, in tempi diversi e in quantità certamente superiori a 10 kg”.
Osserva in particolare parte istante che la genericità della contestazione e, con essa, dello stesso ruolo imputato al S., rinviene dalla mancata indicazione dei fornitori, dalla mancata indicazione dei quantitativi, dalla mancata indicazione dei tempi delle ritenute forniture e dalla mancata indicazione finanche del tipo di stupefacente ceduto.
3.2 Col secondo motivo di ricorso rinnova la difesa ricorrente le sue censure in ordine alla illegittima utilizzazione delle intercettazioni ambientali, acquisite, secondo opinare difensivo, in violazione art 269 c.p.p., commi 6 e 7, sul rilievo che la motivazione articolata dal giudice territoriale a sostegno della legittimità delle intercettazione eppertanto della loro legittima utilizzazione, si fonda su “una isolata decisione”, a fronte della giurisprudenza “del tutto prevalente” indicata nell’atto di appello.
3.3 Col terzo motivo di impugnazione denuncia la difesa ricorrente la nullità del giudizio per violazione degli artt. 438 e segg. c.p.p. e del diritto di difesa per il mancato accoglimento della richiesta di giudizio abbreviato condizionato alla trascrizione ed alla traduzione delle intercettazioni e per difetto di motivazione su detti punti.
Quanto alla trascrizione delle intercettazioni, non può condividersi – ad avviso del difensore – l’avviso della corte di merito secondo cui le trascrizioni non costituiscono prova o fonte di prova, ma descrizione di contenuti, nel senso che detta motivazione è eccentrica rispetto alla questione difensivamente posta, che è quella del diritto dell’imputato ad ottenere la prova scaturente dalle intercettazioni, nello specifico desumibile soltanto da una vera e propria attività peritale, necessaria per colmare gli innumerevoli “incomprensibile” presenti nelle trascrizioni eseguite dalla polizia. Quanto invece alla traduzione dalla lingua sarda delle intercettazioni medesime, della cui richiesta la Corte avrebbe del tutto travisato il senso affermando che le stesse risultano in lingua italiana, osserva la difesa che quelle acquisite al processo sono traduzioni dal dialetto sardo eseguite dalla polizia e vanno considerate traduzioni in italiano dalla lingua sarda, traduzioni per questo costituenti attività peritale necessaria per l’accertamento dei fatti di causa e posta come condizione (non accettata) per l’accesso al giudizio abbreviato.
Richiama ancora la difesa, a sostegno dell’assunto, sia l’art. 109 c.p.p., sottolineando che quella sarda è riconosciuta come minoranza linguistica dalla L. 15 dicembre 1999, n. 482, art. 2, sia il disposto dell’art. 143 c.p.p., là dove fa riferimento a dialetto non facilmente intelligibile.
Nello specifico, annota la difesa istante, la lingua sarda è assimilabile ad una lingua straniera e nel processo non possono “soggiornare prove in lingua straniera”, le quali, se presenti, come nella fattispecie, devono essere rese intelligibili attraverso la loro interpretazione.
Di qui la piena legittimità della condizione richiesta col giudizio abbreviato, condizione non accolta dal giudicante con decisione assunta in violazione dei diritti difensivi.
3.4 Col quarto ed ultimo motivo di ricorso denuncia la difesa ricorrente illogicità della motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza dell’associazione per delinquere volta al narcotraffico ed in ordine alla partecipazione ad essa del S., nonchè sulla aggravante dell’art. 80 L.S. e sul mancato riconoscimento della continuazione.
Quanto al primo punto (sussistenza dell’associazione L. n. 309 del 1990, ex art. 74 e partecipazione ad essa dell’imputato) osservano i difensori che il S. è accusato di aver rifornito di droga il M., capo dell’associazione malavitosa, dal 1999 all’ottobre 2001, come da contestazione di reato di cui al capo C), mentre il M. è detenuto dal primo febbraio 1999, di guisa che avrebbe il medesimo promosso, costituito e diretto l’associazione stando in carcere. Di qui, secondo opinare difensivo, l’illogicità di valorizzare la debitoria del M. verso il S. ai fini della contestazione di reato in costanza di una associazione che ancora doveva nascere. Sempre secondo convincimento difensivo, è proprio il debito per pregressi rapporti tra il M. e S. a provare la continuazione con i fatti del 1995, per i quali il ricorrente è stato condannato ed in riferimento ai quali ha insistito per il riconoscimento del vincolo della continuazione.
Il rapporto di amicizia fra S. e M. non consente inoltre, in assenza di prova di un solo preciso episodio di fornitura, di ritenere la sussistenza dell’associazione e comunque la partecipazione ad essa del S..
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Va preliminarmente esaminata l’eccezione difensiva sollevata dall’avvocato Satta, difensore di fiducia del S., in ordine al mancato avviso relativo all’udienza di legittimità al co-difensore nella fase di merito, avv. Herika Dessi. Trattasi di eccezione priva di pregio.
Ed invero il ricorso per cassazione risulta sottoscritto dal solo avv. Satta. E’ pur vero che l’atto difensivo porta l’indicazione del co-difensore avv. Dessi, sia nella intestazione sia per la sottoscrizione finale, ma l’avv. Dessi tale atto non lo ha mai sottoscritto, e l’avviso è dovuto al difensore abilitato che abbia sottoscritto il ricorso di legittimità come richiesto a pena di inammissibilità dall’art. 613 c.p.p..
Giova rammentare che è dalla legge (art. 613 c.p.p., comma 2) ritenuto difensore di fiducia davanti alla Corte di legittimità il difensore che ha assistito la parte nell’ultimo giudizio – anche se non fiduciariamente – soltanto nella ipotesi in cui per la fase di legittimità e per la presentazione del relativo ricorso non vi sia stata nomina, ipotesi da escludersi nel caso di specie, posto che l’avv. Satta ha proposto l’impugnazione in esame nella qualità di difensore di fiducia all’uopo incaricato, circostanza che rendeva non dovuto l’avviso al co-difensore nella fase di appello non sottoscrittore del ricorso per cassazione.
2. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato. Sussiste la nullità del decreto di citazione per incertezza assoluta sui fatti determinanti l’imputazione, quando l’imputato non sia posto in grado di conoscere la condotta materiale della quale è chiamato a rispondere e non possa pertanto esercitare la difesa personale e tecnica; non sussiste invece nullità qualora, come nel caso che ci occupa, il capo di imputazione descrive in modo preciso la condotta attribuita all’imputato, individuando in modo specifico il suo ruolo di fornitore dell’associazione ed indicando la rilevanza delle partite cedute collocate in tempi diversi “sino al 2001″, indicazioni fattuali, quelle appena evidenziate, che consentono il pieno esercizio delle attività difensive.
A parte ciò va ribadito l’argomento con il quale la corte cagliaritana ha rigettato l’eccezione difensiva e cioè che l’imputato del giudizio abbreviato non può eccepire il vizio di genericità e indeterminatezza dell’imputazione, perchè la richiesta di giudizio abbreviato implica necessariamente l’accettazione dell’imputazione formulata dall’accusa (Cass., Sez. 6, 20/05/2009, n. 32363; Cass., Sez. 6, 23/02/201 l,n. 13133).
Su tale ultimo tema nulla ha replicato la difesa dell’imputato all’argomentare della corte di merito, essendosi la stessa limitata a riproporre, nel ricorso di legittimità, l’eccezione processuale già sollevata nel precedente grado di giudizio, eccezione la quale deve per questo essere dichiarata inammissibile.
2. Anche il secondo motivo di impugnazione è manifestamente infondato.
Trattasi infatti di doglianza palesemente generica, articolata attraverso una altrettanto generica indicazione di indirizzi giurisprudenziali che si assumono in contrasto con la decisione assunta, peraltro neppure indicati nel loro contenuto interpretativo, di guisa che, a fronte della puntuale motivazione sul punto del giudice di secondo grado, non v’è ambito apprezzabile, appunto perchè non individuato dalla difesa istante, sul quale questa Corte possa esprimere la propria valutazione di legittimità.
3. Il terzo motivo di doglianza è infondato.
Va in primo luogo osservato che è del tutto corretto e pienamente condivisibile il rilievo, opposto dalla corte distrettuale all’eccezione difensiva, che la trascrizione delle intercettazioni telefoniche non costituisce prova o fonte di prova, ma solo un’operazione rappresentativa in forma grafica del contenuto di prove acquisite mediante la registrazione fonica, della quale il difensore, secondo l’art. 268 c.p.p., comma 8, può far eseguire la trasposizione su nastro magnetico (Cass., Sez. 6, 22/11/2005, n. 10890).
In sede di giudizio abbreviato, inoltre, il giudice può valutare finanche le trascrizioni sommarie compiute dalla polizia giudiziaria circa il contenuto di conversazioni telefoniche oggetto di intercettazione (cosiddetti “brogliacci”), essendo utilizzabili ai fini della decisione tutti gli atti che siano stati legittimamente acquisiti al fascicolo del pubblico ministero (Cass., Sez. 6, 24/03/2010, n. 16823).
Quanto poi alla tesi difensiva volta ad assimilare il dialetto sardo, utilizzato nelle conversazioni intercettate, alla lingua madre di una minoranza linguistica, si impongono più osservazioni critiche. In primo luogo quella sarda non è lingua madre ma forma linguistica dialettale non riferibile al concetto giuridico ed alla nozione tecnica di lingua utilizzata da minoranze linguistiche. Ai fini processuali per la individuazione della lingua legittimamente utilizzabile per gli atti del processo penale (art. 109 c.p.p.) può essere utilizzata, a richiesta dal cittadino italiano appartenente a minoranze linguistiche riconosciute, la madrelingua di detta minoranza e le uniche minoranze linguistiche riconosciute a tal fine sono quella francese, in Valle d’Aosta, quella tedesca e ladina nel Trentino Alto Adige, quella svolena nella provincia di Trieste.
L’art. 109 c.p.p., inoltre, disciplina la lingua degli atti del procedimento ivi indicati (interrogatorio della persona appartenente alla minoranza linguistica,, il suo eventuale esame e tutti “gli atti del procedimento a lui indirizzati”) e tra essi non è pertanto contemplata la trascrizione di intercettazioni.
L’art. 143 c.p.p., infine, è stato evocato impropriamente dall’argomentare difensivo, dappoichè la relativa disciplina riguarda la necessità di un interprete nel corso del processo per la traduzione dall’italiano in lingua straniera (o in dialetto non facilmente intelligibile) di uno scritto e non viceversa. Non solo, la L. 15 dicembre 1999 n. 482, posta dalla difesa a sostegno della propria tesi, è disciplina a tutela del patrimonio culturale e linguistico presente nel nostro Paese e non può ad essa riconoscersi alcuna rilevanza nel processo e nei procedimenti giurisdizionali, in particolare, non può darsi ad essa alcun significato volto al riconoscimento di status connesso alla nozione giuridica di minoranza linguistica.
Tanto premesso possono trarsi le seguenti conclusioni in ordine alle censure mosse difensivamente.
In primo luogo, in tema di giudizio abbreviato condizionato ad integrazione probatoria, secondo diffuso insegnamento di questa corte di legittimità, la valutazione in ordine alla compatibilità dell’integrazione con esso richiesta, qualora sia logicamente e congruamente motivata, non è censurabile in sede di legittimità, trattandosi di apprezzamento di merito (Cass., Sez. 1, 07/07/2010, n. 33502) e, nella fattispecie, come ampiamente evidenziato anche in sede di appello, la traduzione in dialetto sardo delle trascrizioni delle intercettazioni, ovvero una perizia sulle medesime non integrazione probatoria perchè è al di fuori della nozione di prova la mera rappresentazione di essa.
Inoltre, ed è la considerazione conclusiva ai fini della declaratoria di infondatezza del motivo di ricorso in esame, la difesa ricorrente non ha indicato in quali modi e termini l’omessa traduzione e trascrizione peritale ha inciso sulla decisione, quali delle trascrizioni di P.G. acquisite al processo abbreviato, se eseguita la invocata perizia, avrebbero assunto un significato diverso tanto da divenire decisiva ai fini del sillogismo decisionale.
3.4 Anche il quarto motivo di ricorso, infine è infondato.
3.4.1 Giova qui ribadire che la funzione dell’indagine di legittimità sulla motivazione non è quella di sindacare l’intrinseca attendibilità dei risultati dell’interpretazione delle prove e di attingere il merito dell’analisi ricostruttiva dei fatti, bensì quella, del tutto diversa, di accertare se gli elementi probatori posti a base della decisione siano stati valutati seguendo le regole della logica e secondo linee argomentative adeguate, che rendano giustificate, sul piano della consequenzialità, le conclusioni tratte, verificando la congruenza dei passaggi logici. Di qui il necessario corollario, anch’esso di reiterata conferma giurisprudenziale, secondo cui ad una logica valutazione dei fatti operata dal giudice di merito, non può quello di legittimità opporne un’altra, ancorchè altrettanto logica (Cass. 5.12.02 Schiavone; Cass. 6.05.03 Curcillo). Orbene, nel caso in esame palese è la natura di merito delle argomentazioni difensive, giacchè volte le medesime, a fronte di un’ampia e lodevolmente esaustiva motivazione del giudice territoriale, a differentemente valutare gli elementi di prova puntualmente da esso richiamati e valorizzati, onde poi accreditare uno svolgimento della vicenda del tutto alternativo a quello logicamente accreditato con la sentenza impugnata.
3.4.2 Tanto per sottolineare che la corte di merito, con motivazione logica e coerente, difensivamente contrastata con argomentazione alternativa, ha affermato che l’accertata sussistenza di una cospicua debitoria del gruppo Mascia nei confronti dell’imputato (circa 90.000.000 di lire), confermata da ripetute intercettazioni ambientali coinvolgenti il M. ed i suoi sodali incaricati di rassicurare sul rispetto dell’impegno finanziario, conferma la sussistenza dell’associazione malavitosa volta al narcotraffico da tempi ben anteriori al 1999, e l’inserimento in essa dell’imputato con il ruolo di stabile e, verosimilmente, unico fornitore del sodalizio.
3.4.3 Ciò posto giova anche su tale punto (la sussistenza del sodalizio malavitoso volto al narcotraffico) richiamare la solida e costante lezione interpretativa di questa corte di legittimità, secondo cui va innanzitutto precisato che, ai fini della configurabilità dell’associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, non è richiesta l’esistenza di un’articolata e complessa organizzazione, connotata da una struttura gerarchica con specifici ruoli direttivi e dotata di disponibilità finanziarie e strumentali per un’estesa attività di commercio di stupefacenti, ma è sufficiente anche un’elementare predisposizione di mezzi, pur occasionalmente forniti da taluno degli associati o compartecipi, sempre che gli stessi siano in concreto idonei a realizzare in modo permanente il programma delinquenziale oggetto del vincolo associativo (Cass., Sez. 6, 13/02/2009, n. 25454). E neppure è richiesto, sempre con riferimento alla configurabilità dell’associazione D.P.R. n. 306 del 1990, ex art. 74, un patto espresso fra gli associati, ben potendo desumersi la prova del vincolo dalle modalità esecutive dei reati-fine e dalla loro ripetizione, dai rapporti tra gli autori, dalla ripartizione dei ruoli fra i vari soggetti in vista del raggiungimento di un comune obiettivo e dall’esistenza di una struttura organizzativa, sia pure non particolarmente complessa e sofisticata, come detto, indicativa della continuità temporale del vincolo criminale (Cass., Sez. 6, 17/06/2009, n. 40505).
Transitando ora dalla nozione giuridica di associazione D.P.R. n. 306 del 1990, ex art. 74 alla partecipazione ad essa, questa può essere desunta, secondo insegnamento di questa Corte, anche dalla commissione di singoli episodi criminosi, purchè siffatte condotte, per le loro connotazioni, siano in grado di attestare, al di là di ogni ragionevole dubbio e secondo massime di comune esperienza, un ruolo specifico della persona, funzionale all’associazione e alle sue dinamiche operative e di crescita criminale, e le stesse siano espressione non occasionale della adesione al sodalizio criminoso e alle sue sorti, con l’immanente coscienza e volontà dell’autore di farne parte e di contribuire al suo illecito sviluppo (Cass., Sez. 6, 21/10/2008, n. 44102); di più, l’elemento oggettivo del reato di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti prescinde dal numero di volte in cui il singolo partecipante ha personalmente provveduto allo spaccio, per cui il coinvolgimento in un solo episodio di cessione di droga non è incompatibile con l’affermata partecipazione dell’agente all’organizzazione di cui si è consapevolmente servito per commettere il fatto (Cass., Sez. 4, 11/11/2008, n. 45128; Cass., Sez. 6 Sent. 14/01/2008, n. 6867).
3.4.4. Ciò posto, nel caso in esame, con motivazione indubbiamente ampia ed esaustiva, il giudice a quo ha valorizzato le numerose intercettazioni nelle quali, con precisione di riferimenti e di linguaggio, i sodali evocano il nome dell’imputato, indiscutibilmente indicandolo come il fornitore stabile e reiterato del gruppo, di guisa che palese appare nella fattispecie il contributo stabile del Satinino alla vita del sodalizio ed alla sua attività delinquenziale, nonchè il suo ruolo strategico e funzionale.
3.4.5 Quanto, infine, all’aggravante della ingente quantità rispetto alla quale, come detto, la difesa denuncia che la stessa sia stata ritenuta sulla base di un mero ragionamento logico, in assenza però di presupposti in fatto accertati, osserva la Corte che trattasi anche in questo caso di tesi in fatto, alternativa rispetto a quella motivatamente e logicamente argomentata dai giudici di merito, secondo i quali, la sola debitoria di 90.000.000 di lire evidenzia, al di là di ogni ragionevole dubbio, la quantità ingente di droga trattata, per quanto premesso certamente superiore ai kg 10 indicati nel capo di imputazione.
3.4.6 Rimane da valutare la censura relativa al mancato riconoscimento della continuazione tra due diverse condotte associative riferite all’imputato, rispetto alla quale deve annotarsi che ha la corte di merito al riguardo ha puntualmente applicato la lezione giurisprudenziale di questa corte, pervenendo alla esclusione del vincolo sulla base della logica e motivata valorizzazione del criterio temporale e, quindi, della distanza (alcuni anni) tra le condotte dedotte dalla difesa con l’istanza in esame.
4. Il ricorso va, in conclusione, rigettato ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali ai sensi dell’art. 616 c.p.p..
P.Q.M.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 8 maggio 2012.
Depositato in Cancelleria il 28 maggio 2012
Cassazione penale  sez. I,  08 maggio 2012  (udienza) ,  n. 20530
Tutti i diritti riservati – © copyright 2012 – Dott. A. Giuffrè Editore S.p.A.
Top of Form


CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
QUATTORDICESIMA LEGISLATURA
____________________
La risoluzione è stata approvata all’unanimità nella seduta congiunta del 19 luglio 2012.
SECONDA E OTTAVA COMMISSIONI PERMANENTI
(Politiche comunitarie – Adeguamento dell’Ordinamento regionale agli atti normativi comunitari –
Rapporti con la U.E. – Cooperazione internazionale – Diritti civili – Emigrazione ed immigrazione –
Etnie – Informazione)
(Diritto allo studio – Scuole materne – Edilizia scolastica – Cultura – Musei – Biblioteche e Archivi
storici – Sport e spettacolo – Ricerca scientifica – Formazione professionale)
RISOLUZIONE
n. 38
sulla necessità di intervenire a sostegno di adeguati livelli di tutela della lingua sarda in sede di
ratifica della Carta europea delle lingue regionali o minoritarie.
Le Commissioni permanenti Seconda e Ottava del Consiglio regionale,
PREMESSO che la Carta europea delle lingue regionali o minoritarie, redatta a Strasburgo nel 1992,
è entrata in vigore a livello internazionale, a seguito delle cinque ratifiche obbligatorie, il 1° marzo
1998 e attualmente è in vigore in 25 paesi, e che l’Italia, nonostante abbia firmato la Carta il 27
giugno 2000, non ha ancora perfezionato la procedura di ratifica;
CONSTATATO che il Parlamento è in procinto di approvare il disegno di legge n. 5118/ XVI,
concernente la ratifica ed esecuzione della Carta europea delle lingue regionali o minoritarie;
PREMESSO che la legge 482 del 1999 “Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche
storiche” riconosce la minoranza linguistica sarda e quella catalana e prevede specifiche misure
per “la tutela della lingua e della cultura delle popolazioni catalane e di quelle parlanti il sardo”;
PREMESSO altresì che la legge regionale n. 26 del 1997 assicura alla lingua catalana di Alghero, al
tabarchino delle isole del Sulcis, al dialetto sassarese e a quello gallurese la medesima valenza
attribuita alla cultura e alla lingua sarda;
POSTO che l’obiettivo della Carta europea è quello di promuovere e proteggere le lingue regionali
o minoritarie storicamente radicate e di preservarne l’esistenza attraverso misure specifiche da
parte dei paesi membri dell’Unione europea nella considerazione del fatto che “la diversità
linguistica costituisce uno degli elementi più preziosi del patrimonio culturale europeo”;
CONSTATATO che la Carta propone misure specifiche per la salvaguardia delle lingue al fine di
assicurare il rispetto del diritto universalmente riconosciuto e irrinunciabile di utilizzare una lingua
regionale o minoritaria tanto nella vita privata che in quella pubblica;
C ON S I G L I O R E G ION A L E D E L L A S A R D E GN A
2
VALUTATO che l’impostazione della Carta “rispetta i principi della sovranità nazionale” e che
quindi ciascuno Stato è libero, in fase di ratifica, di individuare, non solo le lingue oggetto di tutela,
ma anche le misure da adottare per la loro salvaguardia e che tale flessibilità è funzionale alla
necessità di tenere conto delle grandi diversità esistenti nelle situazioni reali interne ai vari Stati,
tra cui il numero di persone che parlano le lingue e il loro grado di frammentazione;
CONSIDERATO che pur nel rispetto di alcuni parametri precisi, gli Stati membri sono quindi liberi di
scegliere tra le diverse opzioni proposte “il grado di protezione” che si vuole attribuire alla singola
lingua regionale o minoritaria nei diversi ambiti quali insegnamento, informazione, settore
giudiziario e amministrativo, servizi pubblici, vita economica e sociale e attività culturali;
VERIFICATO che, a seguito dell’esame parlamentare, nel testo esitato dalle Commissioni non
vengono garantiti alla lingua sarda, con riferimento ai suddetti ambiti, i massimi livelli di tutela,
come invece avviene per altre lingue regionali o minoritarie come il tedesco, il francese o lo
sloveno, nonostante la tradizione storica secolare e il peso culturale e identitario della stessa
qualifichino il sardo necessariamente come lingua storica;
TENUTO CONTO che, nell’ambito dello Stato italiano, la lingua sarda è tra le lingue regionali o
minoritarie quella parlata dalla popolazione più numerosa e con una vasta portata territoriale e
che inoltre rispecchia perfettamente i criteri di riconoscimento individuati dalla Carta in quanto
“lingua territoriale”, ossia tradizionalmente utilizzata in un’area geografica determinata e presenta
inoltre l’elemento della “coerenza tra il territorio di una lingua regionale o minoritaria e
un’appropriata circoscrizione amministrativa” auspicato dalla stessa Carta europea;
DATO ATTO che la ratifica della predetta Carta, seppure a notevole distanza temporale
dall’originaria adozione a Strasburgo, può rappresentare per la Sardegna un significativo passo in
avanti, rispetto alla pressoché totale mancanza di interesse legislativo, in quanto si prefigge di
estendere la diffusione delle lingue c.d. minoritarie e regionali a partire dall’ambito della
formazione pre-scolastica sino ai livelli di formazione superiore e di educazione per gli adulti e da lì
nei principali settori sociali, economici e culturali;
RITENUTO che, in mancanza di un’adeguata salvaguardia, la lingua sarda rischia di perdere anche
ambiti di utilizzo già praticati e di subire un arretramento rispetto alle misure previste dalla Legge
n. 482 del 1999, alla luce anche della recentissima sentenza della Corte di Cassazione sull’utilizzo
della lingua sarda in ambito giudiziario;
CONSIDERATA la necessità per la nostra Regione di perseguire la strada del bilinguismo completo
che prevede come condizione fondamentale l’utilizzo del sardo nella scuola e il suo insegnamento
nei vari ordini scolastici nell’ambito dei programmi ufficiali, dalla scuola materna fino
all’Università;
DATO ATTO che è proprio il problema dell’effettivo insegnamento nella scuola della lingua sarda a
dare concretezza alla profonda e condivisa esigenza di preservare e diffondere la stessa, restando
altrimenti mere enunciazioni di principio le suddette osservazioni;
VALUTATA l’importanza che avrebbe per la Sardegna disporre di mezzi di informazione nella lingua
regionale e ritenuto che ciò andrebbe assicurato attraverso il massimo livello di sostegno previsto
dalla Carta ossia con la possibilità di “istituire almeno una stazione radiofonica o una rete
televisiva nella lingua minoritaria”, come segnalato anche dal CORECOM Sardegna con nota inviata
C ON S I G L I O R E G ION A L E D E L L A S A R D E GN A
3
alla Seconda Commissione consiliare in data 18 giugno 2012 nella quale si invita a “intraprendere
tutte le iniziative necessarie al fine di creare in Sardegna una stazione radio e televisiva e un
giornale in lingua sarda, fatte salve le ulteriori modifiche necessarie anche in relazione a settori
diversi da quello dei media (…)”;
TENUTO CONTO che il citato disegno di legge n. 5118/ XVI attualmente all’esame del Parlamento
desta notevoli preoccupazioni in quanto contiene delle forti limitazioni per il sardo proprio in due
settori strategici per la promozione della lingua sarda quali l’istruzione e l’informazione, laddove
sarebbe più congruo e auspicabile un assetto di tutela più stringente e adeguato alle
caratteristiche dell’idioma regionale;
RITENUTO che l’elemento identitario della lingua possa costituire un punto di forza per far valere
le ragioni della nostra isola anche ai fini della rivendicazione dei seggi rappresentativi della
Sardegna nel Parlamento europeo, come ribadito dallo stesso Parlamento europeo nel Progetto di
relazione 2007/2207 (INI) che dispone che “gli Stati membri potranno istituire circoscrizioni
speciali per venire incontro alle esigenze delle comunità appartenenti alle minoranze linguistiche”,
INVITA IL PRESIDENTE DELLA REGIONE E TUTTI I PARLAMENTARI SARDI
 a vigilare e a porre in essere tutte le opportune iniziative, in sede di approvazione in
Parlamento del disegno di legge n. 5118/XVI, affinché la lingua sarda possa vedere garantiti
i massimi livelli di salvaguardia e promozione in ogni settore della vita economica e sociale,
con particolare riguardo all’ambito dell’istruzione e dell’informazione, in modo tale da
consentire una sua piena ed effettiva tutela in considerazione del valore storico, identitario
e culturale della stessa.Bottom of Form
CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
QUATTORDICESIMA LEGISLATURA
____________________
La risoluzione è stata approvata all’unanimità nella seduta congiunta del 19 luglio 2012.
SECONDA E OTTAVA COMMISSIONI PERMANENTI
(Politiche comunitarie – Adeguamento dell’Ordinamento regionale agli atti normativi comunitari –
Rapporti con la U.E. – Cooperazione internazionale – Diritti civili – Emigrazione ed immigrazione –
Etnie – Informazione)
(Diritto allo studio – Scuole materne – Edilizia scolastica – Cultura – Musei – Biblioteche e Archivi
storici – Sport e spettacolo – Ricerca scientifica – Formazione professionale)
RISOLUZIONE
n.39
sulla necessità di abrogare, in sede di conversione, il comma 16 dell’articolo 14 del decreto legge
n. 95 del 2012 (Spending review) al fine di evitare un ridimensionamento delle autonomie scolastiche
in Sardegna.
Le Commissioni permanenti Seconda e Ottava del Consiglio regionale,
VISTO l’articolo 19, comma 4, del decreto legge n. 98/2011, (convertito con modificazioni dalla
Legge n. 111/2011) così come modificato dalla L. n. 183/2011 (Legge di stabilità 2012) che ha previsto,
come criterio per l’organizzazione della rete scolastica e il relativo dimensionamento, l’aggregazione
della scuola dell’infanzia, primaria e secondaria di primo grado in istituti comprensivi,
stabilendo che questi ultimi possono acquisire l’autonomia solo se costituiti con almeno 1.000 alunni,
ridotti a 500 per le istituzioni site nelle piccole isole, nei comuni montani, nelle aree geografiche
caratterizzate da specificità linguistiche;
TENUTO CONTO che, a seguito dei ricorsi proposti da diverse regioni italiane, la Corte Costituzionale
ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del suddetto articolo 19, comma 4, del decreto legge
n. 98/2011, stabilendo che tale disposizione statale, nella misura in cui prevede l’aggregazione
degli istituti comprensivi e fissa la soglia rigida dei 1000 alunni, “si risolve in un intervento di dettaglio,
da parte dello Stato, in una sfera che, viceversa, deve rimanere affidata alla competenza
regionale”;
VISTO l’articolo 19, comma 5, del citato decreto legge n. 98/2011 che stabilisce la soglia numerica
necessaria per l’assegnazione alle istituzioni scolastiche di un dirigente prevedendo che “alle autonomie
scolastiche possano essere assegnati dirigenti con incarico a tempo indeterminato solo
se costituite con un numero di alunni pari o superiore a 600 unità, ridotto fino a 400 per le istituzioni
site nelle piccole isole, nei comuni montani, nelle aree geografiche caratterizzate da specificità
linguistiche”;
VISTO l’articolo 14, comma 16, del decreto legge 6 luglio 2012, n. 95 “Disposizioni urgenti per la
revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini” (Spending review) che stabiliC
O N S I G L I O R E G I O N A L E D E L L A S A R D E G N A
2
sce che “ai fini dell’applicazione dei parametri previsti dall’articolo 19, comma 5, del decreto legge
6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio, n. 111, e dall’articolo 4,
comma 69 della legge 12 novembre 2011, n. 183, per aree geografiche caratterizzate da specificità
linguistica si intendono quelle nelle quali siano presenti minoranze di lingua madre straniera”;
CONSIDERATO che la previsione legislativa contenuta nel suddetto D.L. n. 95/2012, nel fornire
l’interpretazione autentica sui criteri per l’individuazione delle “aree geografiche caratterizzate da
specificità linguistiche”, alle quali applicare la deroga al criterio generale per l’assegnazione dei dirigenti
scolatici, rende di fatto inapplicabile la deroga alla Sardegna in quanto quella sarda non
può essere considerata “una minoranza di lingua madre straniera”;
CONSIDERATO che il criterio per l’assegnazione dei dirigenti alle autonomie scolastiche, alla luce
dell’interpretazione fornita dall’articolo 14, comma 16, del decreto legge n. 95/2012, riporta di
fatto la base di calcolo a 600 alunni, mentre sin’ora la soglia è stata quella dei 400 alunni, in quanto
area geografica caratterizzata da specificità linguistiche e quindi tutelata dalla Costituzione, dalla
Convenzione quadro delle minoranze nazionali, dalla Carta europea delle lingue minoritarie e
regionali in corso di ratifica e soprattutto dalla legge n. 482 del 1999 che la riconosce il sardo e il
catalano a tutti gli effetti minoranze linguistiche;
RITENUTO che in sede di conversione del decreto legge n. 95/2012 vada necessariamente eliminato
il riferimento contenuto nel comma 16 dell’articolo 14 alla “minoranza di lingua madre straniera”
ripristinando l’interpretazione originaria di tale disposizione e quindi consentendo
l’applicazione della deroga prevista dall’articolo 19, comma 5, del decreto legge 6 luglio 2011, n.
98 a tutte le minoranze linguistiche storiche tutelate dalla legge n. 482/99, tra cui il sardo e il catalano;
CONSIDERATO che gli interventi previsti dal decreto sulla spending review vengono qualificati dal
Governo come misure di “revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini”;
VALUTATO che il ripristino della soglia dei 600 alunni, e quindi il ridimensionamento delle autonomie
scolastiche in Sardegna, potrebbe avere delle gravi ripercussioni sulle autonomie scolastiche
regionali in termini di minori servizi ai cittadini, di rischio di cancellazione di posti di lavoro
nelle scuole sarde e di presidio del territorio in considerazione dell’importante ruolo che queste
ultime rivestono nel tessuto socio economico regionale;
INVITA IL PRESIDENTE DELLA REGIONE E TUTTI I PARLAMENTARI SARDI
 a proporre in sede di conversione del decreto legge 6 luglio 2012, n. 95 “Disposizioni urgenti
per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini” gli opportuni
correttivi all’articolo 14, comma 16, affinchè vada necessariamente eliminato il riferimento
alla “minoranza di lingua madre straniera” ripristinando ’interpretazione originaria
di tale disposizione che consentiva, anche alla Regione Sardegna, l’applicazione della deroga
prevista dal comma 5 anche alle altre minoranze linguistiche storiche tutelate dalla legge
n. 482/99, tra le quali sono ricomprese il catalano e il sardo.
Condividi su:

    Comments are closed.