E’ MORTO MICHELE COLUMBU. Il suo documento della marcia.

La Fondazione Sardinia ricor­da con commozione e gratitudine l’uomo. di profonda cultura, difensore delle radici e identità sarde, socio fondatore della Fondazione, maestro di pensiero e di vita, politico illustre e di grande valore, autonomista ed europei­sta convinto, educatore di intere generazioni di giovani a cui ha trasmesso fierezza e amore, per la Sardegna Patria comune.

 

LA MARCIA ( da  SARDISTI,  vol.II, pag. 415 ss. in questo sito)

 

(dall’intervista a S. Cubeddu, 1989) La cosa mi capitò facendo il sindaco. Ero rientrato già da qualche anno da Milano, dove insegnavo. Pietro Melis, nel 1963, aveva fatto domanda alla Giunta Regionale, di cui faceva parte, perchè venissi assunto anch ‘io tra i 25 esperti del Centro di Programmazione, costituito l’anno prima.

La domanda fu accolta ma, non avendo maturato il minimo della pensione nella scuola e non essendoci ancora leggi sul riaggancio e la riunificazione delle carriere, io rientrai a Caglia­ri come professore, lasciando la famiglia a Milano.

È stato un anno, un pessimo anno, quel 1964-’65: a fare il professore a Cagliari e il sindaco ad Ollolai!

Perchè nel frattempo, nel 1964, mi candidai ad Ollolai, in una situazione scannata, con i democristiani fortissimi (ormai erano passati i tempi in cui erano tutti sardisti!).

Però la spuntai; e diventai sindaco, in una lista civica. L’idea mi venne appunto facendo il sindaco. lo, insegnando a Cagliari, andavo ad Ollolai alla fine della settimana. Col pullmann della Pani fino a Nuoro, poi da Nuoro a Ollolai con la solita corriera, ogni sabato. Domenica facevo consiglio:’ mentre, ora, dapper­tutto, la domenica si riposa, allora anche gli altri consiglieri co­munali gradivano la domenica, perchè durante tutti gli altri giorni lavoravano.

Non c’erano assegni nè gettoni di presenza: era diverso! Co­munque, cosa accade? Che io mi sentivo chiamare da tutte le parti “amministratore!”, Non potevo riparare un selciato, in dis­sesto e pericoloso, perchè non c’era un centesimo nel comune. Ora, arriva una nevicata in febbraio, dopo un pò di bel tempo, e mette nei guai tutti i pastori che avevano osato tornare in mon­tagna per risparmiare il pascolo delle vicine pianure (quelli lon­tani non rientravano!): e, colti da questa bufera di neve che du­ra diverse settimane, sono nei guai.

Poi, i disoccupati: ce ne erano una cinquantina.

lo scrivo prima un espresso all’assessore regionale all’agri­coltura, poi un espresso all’assessore agli enti locali. Questi non rispondono.

Allora feci un telegramma a ciascuno di loro, con risposta pagata.

Non mi hanno risposto.

Allora mi ritiro a Cagliari. Insegnavo e quella domenica non tornai ad Ollolai perchè ero troppo avvilito. Mi avevano, poi, dato pratiche da risolvere; gente che aspettava il contributo per la casa malsana e altro … Ero indignato, col cuore veramente pieno di rabbia. Anche coi sardisti, chè non mi risolvevano i problemi, se mi rivolgevo a loro (Titino Melis faceva il deputa­to: era difficile vederlo).

lo mi trovo a Cagliari, e dovevo fare qualche cosa per ri­chiamare l’attenzione per questo comune (e forse ce ne sarà qualche altro come noi, mi dicevo).

Pensai di fare qualcosa, non sapevo che cosa, quel sabato, quel fine settimana. Pensai persino di scrivere delle ragioni di protesta in foglietti, mettermeli in tasca – (avevo 51 anni, ma ero ancora molto giovane fisicamente: andai ad esplorare tutti quei fili che ci sono in Piazza Yenne, sopra la statua di Carlo Felice) e agganciarmi con un moschettone ad uno di questi fili (senza sapere se poi reggono!) e penzolare in P.zza Yenne a te­sta in giù: perchè è bello, è più drammatico.

Poi, tanto, potevo sempre capovolgermi, tanto era l’esercizio di tutta la vita, da una ramo all’ altro delle piante.

“Ma”, mi dico ancora, “dura troppo poco. Arrivano subito i pompieri. Anche se io avviso prima la radio, la televisione, i giornali, dura al massimo un’ora. La marcia è più lunga, dà mo­do di riflettere. Butto le mie proposte di legge … “

E optai per la marcia. E scrissi il proclama 6.

Non ne parlai con nessuno; però, per onestà, pensai di do­verne avvertire Titino Melis: perchè la marcia era contro la so­cietà così com’era costituita, contro la Regione, contro la stam­pa, contro la televisione, contro tutti i partiti; non c’erano ecce­zioni. Questo manifesto lo consegno al fratello Pasquale, mio amico da tempo. Lo legge, rimane molto colpito, lo porta a Ti­tino Melis che partiva in piroscafo, al porto 7. Allora dice: “ma … lascialo fare! Cosa vuoi, che io gli dica di no? Se lui è così, lascialo fare. È un sardista sicuramente … “. Non mi danno risposta (però mi sono accertato: Pasquale mi ha riferito queste incertezze di Titino Melis).

Conoscevo Dessanay e conoscevo Antonello Satta, che era suo cognato e lavorava a una loro rivista, formato tabloid, illu­strata, “Sardegna Oggi”. E dico: “Voi che avete entrature ai giornali, vorrei mandare all’Unione Sarda questo pezzo”. Dice:

“Ma perchè vuoi mandarlo proprio all’Unione?”

“Perchè è un giornale, è un quotidiano!”, rispondo. “Ma questo è un pezzo letterario – osserva Bastiano – te lo mettono

in terza pagina, chissà quando!”

“E allora?”

“Dallo a noi in esclusiva, a “Sardegna Oggi”. Però noi

usciamo giovedì,..”, dice lui.

“Ma io vorrei incominciare la marcia domani!” “E dai… rimedi qualche giorno … !”

Gli ho dato retta, perchè capivo che senza “letteratura”, niente, non serviva a nulla.

Giovedì 8 aprile usciva! “Sardegna Oggi” con questo pro­clama e qualche mia fotografia, fatta appositamente (però ce n’è voluto per convincere il fotografo a farmi tenere il berretti­no in testa: lui preferiva senza … ma io mi preferivo con … ):

 

IL DOCUMENTO DELLA MARCIA

Cinquanta capifamiglia, di Ollolai, sono disoccupati da capo a piedi, chiedono lavoro con arroganza e s’invocano a me Sindaco in modo ossessi­vo, e ho paura che mi mangino; i restanti duemila cittadini, poveri loro, co­me sempre; e litigano per cose che soltanto a chi sta bene, molto bene, pos­sono sembrare sciocchezze; presso il bacino medio del Taloro, in territorio di Ollolai, l’Ente Nazionale di Elettricità (ENEL) con pretesti robadapazzi o anche senza pretesti, non ha voluto e non vuole assumere neppure uno dei miei concittadini.

Nel paese di Ollolai, per natura il più bello dell’Isola, a 1000 metri sul mare, già sede della più nota Civitates Barbariae e centro di questa origina­le civiltà sarda che generò il Giudicato di Arborea e via via gli altri Giudi­cati, nel paese di Ollolai, dico, invano panoramico e ossigenoso centro della Sardegna, che nel nostro cuore è al centro dell’universo, in un territorio in­vano ricchissimo di sorgenti, nel caro e infelice paese di Ollolai, si attende che l’impresario di Urzulei ripari le cadenti scuole elementari – di recente costruzione ma cadenti e ghiacciate nei lunghi inverni, ottime per conserva­re prodotti di macelleria non bambini vivi mal vestiti e mal nutriti – con im­pazienza pari alla secolare pazienza del passato si attende l’inizio dei lavori per l’acquedotto e per la fognatura, inutilmente o per incomprensibile beffa progettati e approvati e finanziati, e tuttavia inesistenti e chissà quando sarà; intanto neppure i più volenterosi pronipoti di Ospitone possono lavarsi le ginocchia nel bagno, quanto al resto, i bisogni dico, una cosa molto seria, li fanno all’antica, come forse l’antico Re Ospitone, per boschi mondezzai, cortili. Nel bellissimo paese di Ollolai un febbraio tutto di neve e di gelo e il seguente marzo pieno di tempeste hanno distrutto strade e muretti e mes­so in pericolo numerose malequilibrate abitazioni di povera gente e io non so che farci perché l’Assessorato agli Enti Locali, a cui abbiamo indirizzato un’accorata invocazione, se ne infischia, nell’identico stile con cui se ne strafotte e dimostra la più meravigliosa indifferenza del mondo l’Assessora­to all’Agricoltura, a cui abbiamo telegrafato aiuto SOS aiuto per il nostro bestiame sotto la neve e nulla, come dire maledizione ai poveri e agli altri rompiscatole, lasciateci lavorare perchè stiamo facendo la rinascita sarda. Per senso di giustizia e di gratitudine sia fatta lode invece al Prefetto di

Nuoro, che non è sardo e ha mostrato di avere orecchie e cuore, e sia pure moderatamente non ha ignorato l’ECA di Ollolai, dove si potrebbe sostene­re che i prefetti sono ancora meglio degli Enti locali eccetera e che un auto­nomista come me è costretto dagli eventi a gridare abbasso l’autonomia.

Ebbè, allora non c’è nulla da fare, come dicono i disfattisti, e finiamola di chiamare amministratori i sindaci. È uno stupido scherzo, la miseria non si amministra, il figlio di Barbara, che ha nove anni e pesa tredici chili, io non posso mandarlo all’ospedale di Nuoro, io non posso rifare il tetto né la pericolosa parete di destra alla casa di Battista, l’operaio disoccupato e ma­lato che lava e pettina la moglie paralizzata e in febbraio liberava la cucina­letto dalla neve a corbule per non restarvi sommerso e congelato coi suoi fi­gli, non posso che dare vaghe speranze di lavoro – e del resto sempre più in malafede ormai – a quanti si rivolgono a me, devo inimicarmi gli impiegati del Comune perché non possiamo deliberare certi aumenti che il bilancio non consente. Non posso aiutare gli ammalati e i vecchi senza pensione, non posso inventare lavoro e redditi per questa gente triste, con pensiero al­la Germania, seconda patria, che però non vuole più manovali, non vuole più autisti né elettricisti, perché avete voluto imparare un mestiere moder­no, giovanotti? Abbiamo un Sindaco professore, dice, bravuomo però buo­no a nulla, che al massimo si fa due passi da Cagliari a Sassari, a che ci ser­ve questo? Noi vorremmo un sindaco come Ospitone che ci guidasse armati dalla montagna alla pianura e glielo faremmo vedere noi ai mercanti carta­ginesi, tanto per un esempio, o bizantini che siano di Oristano e di Cagliari. L’ignoranza dei miei compaesani signori: credono che ci siano ancora bi­zantini e cartaginesi in Sardegna! Ed è vero.

Ad ogni modo, ragazzi, i tempi della violenza sono finiti, è arrivata la civiltà televisione carne in scatola spazzolini per denti lamette, Barbagia senza barba. Il grande capo Ospitone si è battezzato prima di morire, per consiglio del suo buon amico Gregorio I; Ospitone è morto, la sua tomba deserta sul monte S. Basilio di Ollolai, anche i Giudicati morti, vennero gli spagnoli, ahimè, poi l’impiccatore Carlo Felice, poi gli italiani, Sardegna colonia italiana, poi i sardi, Sardegna colonia sarda.

Ora le tribù, della montagna sono come le riserve indiane dei western, e c’è l’agente indiano del Governo, che li frega. E sentite la cosa più triste: ogni indiano di questa riserva sogna di diventare agente del governo. Non c’è altra via di scampo. Per questo chi può manda i figli a studiare, e si dà tante arie aspettando il giorno, mio figlio diplomato, mio figlio laureato, ve­drete, vedrete. Non capiscono che ad un certo punto diventeremmo tutti agenti del governo e dovremmo mangiarci fra noi, perché chi non è agente se ne sarà andato in qualche Germania o in qualche Canada o che so io.

La mia proposta in verità sarebbe questa: emigrare in migliaia, cinque­seicento mila, uomini donne e bambini, tutti quelli che non siamo agenti, né ricchi, né amici degli agenti, né amici dei ricchi, e invadere la Francia per esempio, e fondare la Nuova Ollolai e la Nuova Gavoi, a costo di lasciarci chiamare Gavuà e Ollolé. Ma per ora mi limito a protestare contro la Sarde­gna autonoma, contro il partito sardo a cui è venuta I’infelice idea dell’au-

tonomia, rinascita, etc., contro gli assessorati, contro il governo regionale, contro l’immenso monte di carta che si chiama piano di rinascita, intelli­gente e bello come una Idea platonica, forse, a poterlo leggere e capire, ma astronomicamente lontano dal mio paese, contro il Castello della Regione, presso la cementeria di Cagliari, contro il suo esercito di impiegati-formica intensamente occupati da un ufficio all’altro per la firma la data il bollo il protocollo a rompicollo attivamente a norma di centinaia di leggi e secondo l’articolo ed il capoverso e la modifica successiva la dinamica la congiuntu­ra la percentuale casistica funzione potenziale effettuale interinale settori aie dosaggio marginale orizzontalità verticalità livello basso altissimo infra­strutturale predeterminazionale quantitavizzazionale e simili sconcezze da soffocare qualunque nascita e rinascita, da far rabbrividire la più calda pri­mavera; protesto, ben si intende, contro l’ENEL, protesto contro tutti i Par­titi che esistono solo per preparare e fare le elezioni, quasi semestrali o an­nuali, e perciò tanto noiose, contro questo tipo di democrazia antidemocra­tica, contro i giornali, contro le riviste, contro la radio e contro la televisione.

All’insegna di tante vane proteste mi scrivo addosso SINDACO di OL­LOLAI avanti e dietro, e inizio una sana marcia a piedi, solo e solitario, da Cagliari e Ollolai (228 Km); da Ollolai mi recherò a Sassari km. 142, poi si vedrà.

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