DRAMMATICA ROTTURA DI CGILCISLUIL CON LA CLASSE POLITICA SARDA: “…Crisi senza precedenti della Regione sarda come soggetto regolatore dei bisogni dei sardi e come simbolo massimo dell’autonomia e della specialità dell’Isola”.
ANCHE LA MARCIA PER IL LAVORO HA DETTO BASTA.
IL LAVORO AL CENTRO DELLE PREOCCUPAZIONI DELLA POLITICA
La Marcia per il Lavoro ha reso evidenti, non solo la crisi in cui versa l’ente Regione, ma anche la volontà dei lavoratori e dei pensionati sardi di non arrendersi al declino economico e finanziario che penalizza essenzialmente le categorie più deboli.
La partecipazione alla marcia, in una giornata non di sciopero generale e di caldo afoso, è andata ben oltre le aspettative mettendo in rilievo il lavoro che manca e la necessità che diventi un problema centrale e prioritario della Giunta regionale e dell’intera politica sarda.
Dodicimila partecipanti, con un corteo che si è snodato lungo tutti i quattro chilometri del percorso, hanno reso evidente la volontà di mobilitazione, l’unità dei lavoratori e la rabbia dei territori che diffusamente soffrono di una condizione sociale ed economica al limite dell’insopportabile.
Riguardo al mancato incontro con i Capi gruppo in Consiglio regionale, c’è da evidenziare che in altri tempi questo avrebbe richiesto solo una telefonata e che invece, ora, sembra necessitare di consultazioni e vincoli burocratici tra le forze politiche e le stesse rappresentanze istituzionali.
D’altronde è quel che accade in Consiglio regionale, nel rapporto tra Giunta e Consiglio, nell’inefficacia che riguarda il confronto con lo Stato, nel perdersi della politica in logiche di schieramento, anche rispetto ai drammatici problemi del lavoro e della povertà.
Non si tratta di non riconoscere l’impegno e il lavoro di alcuni Consiglieri, cosa di cui siamo certi e consapevoli, ma della crisi senza precedenti della Regione come soggetto regolatore dei bisogni dei sardi e come simbolo massimo dell’autonomia e della specialità dell’Isola.
È rispetto a questa crisi che non si vede una coerente reazione e un progetto politico e legislativo in grado di avviare una fase costituente riscrivendo statuto e legge statutaria e riformando le istituzioni e l’autonomia attraverso una rinegoziazione del Patto costituzionale, accogliendo e attuando le scelte effettuate in sede referendaria dai cittadini sardi, aprendo alla società il palazzo di via Roma per superare la crisi della rappresentanza politica attraverso un collegamento con la società e le istituzioni locali.
Non c’è la necessaria consapevolezza in una Regione che non riesce a far fronte – non solo per i vincoli del Patto di stabilità – agli impegni di spesa verso le persone e le imprese e alla domanda di lavoro che viene dalle migliaia di disoccupati e da centomila lavoratori che utilizzano gli ammortizzatori sociali.
Ecco perché i lavoratori e i pensionati partecipano in massa alle iniziative del sindacato
confederale e perché chiedono un cambiamento, con sempre maggior forza, alla politica sarda e in primo luogo alla Giunta regionale.
Il tempo dell’attesa si è ormai consumato.
Il lavoro, la famiglia, l’impresa sono il fulcro di una comunità che vuole risposte da quanti si sono candidati a governare la cosa pubblica e a garantire l’efficacia delle istituzioni ben oltre l’impegno personale.
Una buona politica è fatta di istituzioni efficienti e aperte alla società, di riforme condivise, di un programma straordinario per il lavoro, di una sobrietà nella funzione della rappresentanza: è quanto oggi viene gridato e richiesto ormai dall’intera Isola.
L’impegno dei Consiglieri regionali deve trovare riscontro e coerenza nel proprio gruppo, nelle decisioni che vengono assunte nel Consiglio regionale, nell’efficienza complessiva del sistema istituzionale e nell’efficacia dell’azione di governo.
Mentre la nave affonda non basta più proclamare il proprio impegno politico, ma serve
una svolta, se la Giunta regionale è in grado di attuarla, oppure la restituzione del mandato ai cittadini.
By bruno, 30 giugno 2012 @ 11:16
E se i sindacati italioti fossero proprio loro i maggiori responsabili dei problemi di cui cianciano?