Chiude anche il Billionaire: addio pacchianeria italiana, di Francesco Merlo

 

 

 

 

Chiude anche il Billionaire addio pacchianeria italiana. (da La Repubblica, 14 giugno 2012)

FRANCESCO MERLO

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Un altro segnale, insie­me al naufragio famili­stico-criminale della Lega, al ripristino della fer­mata dell’autobus davanti a Palazzo Graziali. alle derive personali e professionali di maschere come Emilio Fede, Lele Mora, Fabrizio Corona e Marcello Dell’Utri che non c’è più spazio per i falsi capi­tani d’industria e i falsi play­boy.

Non c’è più spazio per i falsi capi di Stato, le soubrette ministre, i falsi giornalisti, le patacche storiografi­che dei falsi intellettuali. Flavio Briatore chiude, da falso gran signore, il suo Billionaire, con la pagliacciata del deluso dall’Italia, la sceneggiata della patria ingrata che non lo capisce e dà del ladro ai “poveri” ricchi come lui. Ma la verità è che il Billionai­re non aveva più clienti, e dunque chiude per fallimento il covo della pacchianeria italia­na.

Ce ne ricorderemo di quest’antropologia che ha dominato il Paese negli ultimi venti anni e che esce di scena insieme all’idea che il farabutto è una risorsa. E speriamo che an­che i nostri colleghi cortigiani, quelli che fe­cero un genere dell’elogio del mascalzone furbo, capiscano quanto era povera e servile quella loro tesi compiaciuta sulla magnifica stoffa del figlio di puttana. Per anni ci è parsa ributtante l’idea che Briatore fosse la versio­ne italiana del maudìt, della simpatica cana­glia alla Belmondo e che ci fosse il genius locii di un’Italia vincente e spiritosa nell’ esibi­zione delle panze da abbuffata, nel brum brum sulla Porsche, nelle donne rifatte, nel turpiloquio da caserma ma anche nelle truf­fe finanziarie del falso capitalismo: capitali immaginari e crediti millantati. Questa ro­baccia che si impose con spavalderia non è stata mai anticonfor­mismo ma sempre e solo patacca confor­mista.

Nacquero, quelli del Billionaire, come ri­proposta farsesca del­le atmosfere della Dol­ce vita e del Sorpasso, ma senza la dimensio­ne romantica dell’Ita­lia del boom né tanto meno l’ironia intelli­gente di Fellini e Dino Risi. E si capì che il loro destino era segnato già nella parodia di PanarieIlo: tutti vedeva­mo che, come nel caso di CettoLaqualunque, era al di sotto della realtà. Pensate: Briatore, nonostante il fallimento, sogna ancora di potersi imporre come modello. Leggo che pre­para il suo debutto in un reality nel quale in­segnerà a tanti poveri aspiranti Briatore co­me divèntare capitalisti e squali, come farsi ricchi e fregare il prossimo. Nonostante il bot­to finale, Briatore dunque vuole una cattedra di pescecane. Visto come gli è andata, è come se Schettino si mettesse a insegnare l’arte del comando.

Ovviamente lo so che la volgarità non si esaurisce con Brìatore, che le sue vie sono infinite. E però … : Briatore e le sue macchi­ne, Briatore e i suoi trucchi esibiti, Briatore e la sua socia Santanché, Briatore e il rullio dello yacht che addormenta il .bambìno, Briatore e i buffi spocchiosi riccastri di Por­to Cervo, Briatore e l’Italia sardoestiva alle ostriche, allo champagne e 43 metri di bar­ca … Oggi intanto finisce Briatore. E speria­mo che da domani, a valanga, scoppieran­no tutte le altre rane che volevano fare i buoi.

 

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