Intervista a TZVETAN TODOROV, di Alberto Pupazzi

Messianesimo politico, ultra-liberismo, populìsmo xenofobo: sono perversioni dei suoi stessi principi, nermci intimi, oggi più pericolosi del fascismo e del comunismo. (da La Stampa, 23 maggio 2012)


Filosofo, storico, antropologo, letterato, autore di una trentina di libri dagli Anni 60 in poi, Tzvètan Todorov è un caso quasi unico nella storia della cultura europea, per la ricchezza di orizzonti.del suo eclettismo. Nato a Sofia 73 anni fa, residente a Parigi (dove dirige il Centro di ricerche su arti e linguaggio), si è occupato, fra l’altro, di Michail Bachtin, della conquista dell’America, di Lager e gulag, dei movimenti di migrazione, del nuovo disordine morale mondiale. Lo scorso 24 maggio ha tenuto una conferenza alla Scuola dì Studi Superiori dell’Università . di Torino, terrà una conferenza su «R futuro della democrazia in Europa».

 

Intervista a TZVETAN TODOROV,  di Alberto Pupazzi

Le serpi in seno della democrazia (da La Stampa, 23 maggio 2012)

Messìanesìmo politico, ultra-liberismo, populìsmo xenofobo: sono perversioni dei suoi stessi principi, nermci intimi, oggi più pericolosi del fascismo e del comunismo.

“I nemici più pericolosi per della democrazia, al giorno d’oggi, non sono più quelli che ne minac­ciavano l’esistenza una volta, il fascismo e il comunismo, né i diversi gruppi estremisti e terro­ristici del nostro tempo, che posso­no ferirla ma non farla morire», di­ce il professor Tzvetan Todorov, l’intellettuale bulgaro, ma francese di elezione, che a gennaio ha pubbli­cato il saggio “Les ennemis lntimes de la démocratie (Edìtìons Robert Laf­font) e che il 24 maggio scorso ha tenuto una lezìone alla Scuola di studi superiori di Torino.

 

Chi sono allora, professore, i nuovi nemici della democrazia nel mon­do?

«I nuovi nemici sono piuttosto figli della democrazia stessa, perversio­ni dei suoi principi. Nel mio libro ne considero tre: il messianesimo poli­tico, l’ultra-liberismo e il populismo xenofobo.

Li definisco “intimi” nel senso della prossimità che hanno con ‘la democrazia. Avanzano

sotto apparenze democratiche, ma ogni volta spingono un’idea democratica fino al parossismo».

Come possiamo af­frontarli e combat­terli?

«In . quanto figli della democrazia sono difficili da combattere; spesso non sono nem­meno percepiti come nemici. Si deve pren­dere coscienza del pe­ricolo che rappresen­tano e cercare di ridur­re la loro influenza. Non sono invincibili».

Ma la democrazia  che cos’è: un model­lo ideale di organiz­zazione della società o il livello minimo di regole e garanzie che -rendono possibile la convivenza umana?

 

«La democrazia non è la sola forma di governo legittimo, altri regimi hanno anch’essi regole e garanzie. D’altra parte la democrazia non ci promette il paradiso in terra: d’em­blée si presenta

come un regime imperfetto fatto per esseri imperfetti, – e non per degli angeli o degli eroi, che

però si è dato i mezzi legali per cor­reggere i propri errori e debolezze, cambiando i governi o modificando le leggi, e riconoscendo la libertà di criticare i potenti».

A proposito di democrazia, lei pene sa che sia possibile esportarla? O . invece pensa che dovremmo diffidare dalla tentazione del Bene!, co­me suona il titolo di uno dei suoi libri?

«L’esportazione del Bene con la forza è proprio ciò che io chiamo “messia­nesimo politico”. Gli esempi di Iraq, Afghanistan e Libia mostrano che non è stato corona­to dal successo. Perché la violenza di cui ci serviamo per promuovere. il Bene, e all’occorrenza la democra­zia, lo corrompe dall’interno. Si pre­tende di difendere i diritti dell’uomo, ma si finisce per praticare la tortura e sbeffeggiare la legalità, come illu­strano Abu Ghraib e Quantanamo».

 

In Francia, Italia, Germania, Ingbil. terra e altri Paesi, c’è una tendenza a considerare barbari gli immigrati dalle aree povere del mondo. Que­sto sentimento sta crescendo o lèi vede anche emergere un movimen­to di ospitalità?

«II mondo d’oggi conosce movimenti di popolazioni senza precedenti e nel futuro questi movimenti non potran­no che accelerare. Se l’assenza di discriminazioni verso gli stranieri e gli immigrati deve venire solo dalla no­stra virtù morale e da un moto dì ge­nerosità, c’è da temere che non si im­porrà mai: la buona volontà non è sufficiente per superare i nostri .egoi­smi. Ma l’apertura agli altri può esse­re nel nostro interesse, spirituale e materiale. La ricchezza d’un Paese è creata dalla gente che lo abita e vi lavora, non è una torta di dimensioni stabilite in anticipo che bisogna ri­partire tra un minimo di convitati».

 

Cosa pensa, lei, dell’Europa in que­sta fase piuttosto critica? È come un gigante dai piedi d’argilla?

«L’Unione Europea soffre del fatto che l’integrazione tra le nazioni che ‘la compongono non procede. allo , stesso ritmo nei vari domini. All’unificazione commerciale e monetaria non corrisponde una sufficiente uni­tà sul piano economico né su quello politico. Certi pensano che si debba smantellare la Ue, io sonò invece per­suaso del contrario: abbiamo, biso­gno di più Europa, non di’meno Eu­ropa. Ma deve essere rinforzata la sua funzione democratica: si deve permettere alle popolazioni di espri­mere la propria volontà. L’Unione Europea non deve essere comandata dai dirigenti dei Paesi più potenti, per esempio Germania e Francia. TI suo organismo più democratico è il parlamento, ma non ha sufficiente potere. Bisognerebbe eleggere nel suo seno il presidente d’Europa, una funzione che rimpiazzerebbe il pre­sidente della Commissione e il presi­dènte del Consiglio».

 

Lei ha definito il Novecento il secolo delle tenebre. Dopo i Lager, i gulag e altri orrori alle nostre spalle, è anco­ra possibile creare un sistema di valori morali?

«Le manifestazioni estreme del Male, come i campi di concentramento, non impediscono di pensare ai valori morali. ,Di fronte all’estremo, certi esseri. umani hanno coltivato ciò che io chiamo le “virtù quotidiane”, di cui noi abbiamo sempre bisogno: la di­gnità, la cura dell’altro, la protezione delle attività spirituali. Primo Levi, Etty Hillesum, Germaine Tillion, Va­sìlì] Grossman sono luminosi esempi di comportamento morale in condi­zioni estreme».

 

I suoi scritti coprono un largo spet­tro di argomenti, dai formalisti russi alla conquista dell’America alla me­moria del Male: quale forza li tiene insieme?

 

«È vero che mi sono interessato a molteplici argomenti, ma il tema al quale ho consacrato il mio lavoro ri­torna costantemente: si tratta dei rapporti tra individuo e società, tra etica e estetica, tra politica e morale. Ho l’impressione di essere impegna­to, attraverso differenti esempi, nello stesso combattimento per un po’ più d’umanità».

 

 

 

 

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