I PREDONI DELLA FINANZA, di Rinaldo Gianola
(da L’UNITA’, 16 maggio 2012)
I PREDONI DELLA FINANZA, di Rinaldo Gianola (da L’UNITA’, 16 maggio 2012)
Sulla bilancia dei valori dei mercati internazionali e delle agenzie di rating il peso di una grande banca d’affari come la P G Morgan è molto più rilevante di quello di uno stato sovrano europeo,
come la Grecia. Ma potremmo fare il nome di altre nazioni, la Spagna, l’Irlanda, anche l’Italia visto con quale puntualità e con quale spirito predatorio Moody’s ha declassato il sistema bancario italiano in coincidenza con la profonda, irresponsabile crisi politica di Atene che contagia e minaccia l’intera Unione Europea.
Prima, cioè prima del governo Mario Monti, eravamo accusati di non aver fatto i compiti a casa, di non essere abbastanza corretti, di non avere i conti in ordine e le agenzie di rating ci bastonavano. Ora che i compiti li abbiamo fatti, almeno in larga misura quelli per contrastare il debito e raggiungere il pareggio di bilancio, ci colpiscono ancora, e più duramente, perché scoprono che la recessione indotta da questa insana austerità renderà più difficile perseguire gli obiettivi, perché sono convinti che, se Atene esce dall’euro, noi pagheremo il conto salato del fallimento.
C’è dell’autentica follia in questo sistema, c’è davvero una malattia incurabile che ha colpito l’intero mondo della finanza internazionale che oggi spinge verso il crollo la Grecia che non può rimborsare 260 miliardi di debiti mentre la JP Morgan, che ha perso due miliardi di dollari in una speculazione sui derivati, ha un patrimonio disponibile largamente superiore all’indebitamento di Atene. Certo sono paragoni che possono provocare indignazione ma non portano da nessuna parte se non ci saranno duri e coerenti interventi politici e un cambiamento sostanziale di atteggiamento del mondo del lavoro, dell’industria, dell’opinione pubblica internazionale nei confronti dei “padroni” della finanza e dei mercati che possono decidere di quotare Facebook per oltre 100 miliardi di dollari e di premiare l’amministratore delegato di JP Morgan, Jamie Dirnon, con 23 milioni di dollari, anche se sulla banca indagano l’Fbi e il Dipartimento alla Giustizia, senza mostrare alcun segno di pentimento, o almeno di riflessione. In questo momento tocca alla politica, se ne ha la forza, rimettere in discussione la prevalenza della finanza col suo potere invasivo e incontrollato. La vittoria di Hollande in Francia è un segno positivo. Forse anche l’incidente elettorale della signora Merkel di domenica scorsa è un segnale incoraggiante.
Certamente la furibonda battaglia per la Casa Bianca può offrire una nuova occasione a Barack Obama di riformare Wall Street (obiettivo finora mancato), di impedire che i soldi pubblici destinati a salvare banche e assicurazioni vengano dirottati per operazioni speculative, di democratizzare un mondo oligarchico, di pochi “barbari” con doppiopetto e stock option che dominano i mercati, i governi, e minano il tessuto democratico dei nostri Paesi. Qualcosa si muove e se la politica deve ancora dare il meglio, ci sono sintomi nuovi, qualcosa si muove nel mondo. Ieri a Tampa, in Florida, si sono riuniti in assemblea gli azionisti della JP Morgan accolti dalle proteste di cittadini che hanno perso il lavoro e hanno visto decurtato il loro reddito e le loro speranze di una vita migliore. A New York si sono rivisti i militanti di Occupy Wall Street che non sono affatto scomparsi, come ironizzavano alcuni commentatori italiani, con gli sgomberi della polizia del sindaco Bloomberg. Non sono scomparsi, così come non spariti i critici di questo sistema economico e finanziario planetario troppo ingiusto e ormai anche inefficiente, che si battono per una svolta. Arriverà il momento in cui i governi, tutti i governi, comprenderanno che non possono soccombere davanti alle pressioni e ai ricatti delle banche d’affari, del loro esercito di analisti e dei loro privilegi. A quel punto ci ricorderemo anche del messaggio del presidente della Consob, Vegas: non se ne può più dello spread e del rating.