Quanto vale un consigliere regionale della Sardegna? di Salvatore Cubeddu

 

Quanto vale un consigliere regionale della Sardegna ?

 

di Salvatore Cubeddu

 

Il trascorrere delle ore e dei giorni allarga la constatazione della straordinaria vicenda vissuta con l’approvazione dei dieci referendum. Essi confermano che in Sardegna esiste un’opinione pubblica che si informa, giudica i propri amministratori (nelle elezioni comunali di Cagliari e Olbia, lo scorso anno), difende il proprio territorio ( il ‘no’ di massa al nucleare), decide delle proprie istituzioni e del trattamento della rappresentanza politica.

Non è antipolitica, questa, ma il massimo della politica. E’ collegabile alle contemporanee elezioni amministrative italiane, ma non è ad esso semplicemente assimilabile. Sono i sardi in anticipo, almeno stavolta. Il 35,5% dell’unica giornata di voto si confronta con il 39,3% del primo giorno del referendum sul nucleare, quando si ottenne  più del 60% di partecipanti al termine del mattino successivo.

Non è chiusura, la fase che ci sta davanti, ma apertura al nuovo che ci aspetta. Si pensi solo se i referendum fossero falliti, alla stagnazione che ne sarebbe seguita e confermata. Invece siamo ad una svolta. Hic Rhodus, hic salta! (volgarmente vuol dire: “è un casino, datti da fare…!) A nessuno è possibile tornare indietro.

Ciò premesso, non possono non cogliersi le ambiguità e le difficoltà alle quali il processo riformatore dovrà fare fronte, che non sono tanto i disagi della destrutturazione di istituzioni peraltro da poco costituite (si troveranno per tali problemi le dovute norme risolutrici), quanto le possibili code polemiche che lasceranno sul terreno.

Dal Consiglio regionale e dalla province soppresse arrivano ai cittadini descrizioni di caos. In realtà i cittadini si ritrovano problemi eccezionali ma del tutto affrontabili. Il caos è tra i tanti consiglieri regionali offesi e irritati per il taglio dei loro stipendi e tra i consiglieri e assessori provinciali che dovranno tornare al loro lavoro.

Sul problema degli stipendi ai consiglieri merita di spendere subito una parola. E’ ora che chi lavora per i cittadini misuri il suo reddito con quelli dei propri rappresentati. Quale è il reddito medio dei cittadini sardi e quanto più alto deve essere quello dei consiglieri regionali (ma anche dei presidenti delle province, fino ad arrivare ai parlamentari da una parte e ai sindaci dall’altra) rispetto alla condizione dei propri elettori? Leggo che ora sia – a seconda di chi fa i calcoli e di cosa ci si mette dentro  – dalle sette alla dieci volte. Cosa fanno di così meritevole questi signori (letteralmente!) per meritarsi tutto questo ben di Dio?  Secondo noi, calcolato il reddito medio annuale del cittadino sardo nel corso dell’anno, il consigliere regionale dovrebbe prendere non oltre tre volte quel reddito, che ovviamente muterebbe annualmente in alto o in basso seguendo il dato reddituale dei cittadini.

Attenzione! Mentre i Sardi iniziano il viaggio per la riforma delle proprie istituzioni, continua a tamburo battente la ri-funzionalizzazione della nostra economia agli interessi esterni e contro i reali interessi della Sardegna.

In questa settimana l’Eni ha strombazzato da Milano le promesse della società  Matrica che, per fare la ‘chimica verde’, riempirà di cardi le pianure irrigue sarde. Qui non si riesce a costruire e diffondere un ragionamento collettivo che difenda la nostra sovranità alimentare. Nessuno in Sardegna risponde alla domanda: se riempiamo di cardi tutte le pianure irrigue, se facciamo di Matrica (e dell’altra fabbrica divoratrice di cardi prevista a Villasor) l’acquirente oligopolista del prodotto (il cardo!) delle nostre pianure, se dobbiamo vendere o affittare a questi le nostre terre, se lasciamo che in esse entrino piantagioni con semi geneticamente modificati: non stiamo aggravando il nostro suicidio economico collettivo?

In queste stesse ore arriva a verifica e a decisione il dramma del ‘salto di Quirra’ e il tema della chiusura della base militare. Perché si è permesso che si arrivasse a questo punto? Che, come bambini scemi e incapaci, lasciamo che chiunque faccia quel che vuole in casa nostra senza rispondere alle più elementari delle nostre domande?

 

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