FACEBOOK, su libru de sas caras

 

LA NUOVA SARDEGNA – Cultura e istruzione : La limba sarda rinasce nella rete Facebook

30.04.2012

«Sa limba sarda cada siat de sas variantes suas e sas àteras limbas de minòria faeddadas in Sardigna, non sunt galu mortas, su nessi in su mundu virtuale de su Libru de sas caras». Mario Antìogu Sanna, 40 anni, operatore linguistico di Sindia, non esita un secondo a tradurre in sardo Facebook. Su Libru de sas caras, il libro delle facce, proprio come il corrispettivo letterale inglese usato dal giovane studente americano Mark Zuckerberg. Fondatore di un social network che ammazza le lingue minoritarie già sull’orlo del baratro, è l’accusa che gli muovono da tempo alcuni esperti di linguistica storica. La community. «Macché… – contesta subito Mariantonietta Piga – comunicare in sardo in una comunità virtuale come quella di Facebook non solo aiuta a superare i soliti pregiudizi e le iniziali diffidenze, ma risulta essere sempre più naturale ed efficace». Eppure anche lei, nuorese classe 1968, dal 2006 direttrice dell’Uls, s’Ufitziu de sa limba sarda della Provincia di Nuoro, era alquanto scettica fino all’anno scorso. Poi, l’11 marzo 2011, ha aperto la pagina intitolata allo sportello ed è stato un boom di contatti. La scrittura. «Pochissimi scrivono in italiano, quasi tutti lo fanno in sardo – racconta –, ognuno scrive nella sua variante, a norma o a modo suo, e anche le discussioni e le chat vanno in sardo. Superando le remore della scrittura, si impara persino gli uni dagli altri, ci scambiamo le idee, i dubbi, i chiarimenti». Del resto la missione dell’Uls è questa: «Fàghere a manera chi si che torret a faeddare e iscrìere in sardu». Fare in modo che si ritorni a parlare e a scrivere in sardo. E non è certo un caso se anche il sito internet dell’Ufitziu limbasarda.nuoro.it, interamente in sardo, ha registrato 15mila contatti nei primi tre mesi di attività. La grammatica. «È chiaro che con un miliardo di utenti nel mondo, Facebook è una forza immensa – riprende Mario Antìogu Sanna –, di persone come di pensieri, di attività… ma anche di cazzate». I pericoli, insomma, sono sempre in agguato. Eppure il rilancio della limba può passare proprio attraverso Facebook piuttosto che Twitter. Sempre che i puristi non abbiano nulla da ridire, dato che su internet la grammatica è sempre esposta ai venti del momento. I pericoli. Un rischio che sottolinea e smonta allo stesso tempo Tore Sfodello: «Il dibattito “democratico” può creare confusione, è vero, ma non c’è dubbio che Facebook possa essere uno strumento divulgativo per salvare sa limba». Nato a Padru, 62 anni, da oltre quattro decenni residente a Sassari, già componente dell’Osservatorio regionale sulla lingua e la cultura della Sardegna, Sfodello a dire il vero non ci va matto per la rete del web. La promozione. Questione di generazione, forse, ma da buon insegnante qual è stato, da sempre in prima linea sul fronte della limba (ha raccolto le firme per quella che oggi è la legge regionale 26 del 1997 “Promozione e valorizzazione della cultura e della lingua della Sardegna”) riconosce che «Facebook è utilissimo, è uno degli strumenti più efficaci, ha una valenza straordinaria». «Facebook è uno strumento mediatico in più per far veicolare il sardo», aggiunge Diego Corraine, nuorese, 63 anni, professore di letteratura italiana pioniere infaticabile della tutela della lingua sarda. Fondatore e direttore della casa editrice Papiros, primo direttore dell’Ufitziu de sa limba sarda della Provincia di Nuoro, ora alla guida dello sportello Uls dell’Ogliastra. Ha tradotto in sardo decine di libri, soprattutto per ragazzi. La koinè. «Non soltanto… – si associa Maria Vittoria Migaleddu Ajkabache –, l’utilizzo di queste nuove strumentazioni, per una lingua minoritaria come il sardo, è estremamente importante: primo perché consente di creare una community di persone che pur essendo lontane tra loro utilizzano una koinè, fatta da sardi che parlano ognuno con la propria variante; secondo perché strumenti come Facebook consentono il passaggio dall’oralità allo scritto e dunque mettono in risalto l’esigenza di avere una norma ortografica». Sassarese di nascita, classe 1948, romana d’adozione, Migaleddu porta anche il cognome turco del marito, nato in Siria ma cresciuto in Libano. Due lauree, una in Lettere moderne, l’altra in Pedagogia con tesi sul bilinguismo, un master in Glottodidattica, Migaleddu Ajkabache è da una vita che lavora nel campo della formazione e della scuola. L’apprendimento. Per tre anni ha insegnato italiano al Cairo, in Egitto. Tornata in Italia, la Farnesina l’ha assegnata al settore cooperazione allo sviluppo, più tardi alla direzione generale alla cooperazione culturale. Convinta sostenitrice dei social network (ma anche dei blog), assicura che «mettere i testi scritti in rete permette a ciascuno di costruire il proprio percorso di conoscenza. Scrivere su Facebook è un modo naturale di imparare a farlo, lineare, così come funziona il nostro cervello, istintivo… ». I pregiudizi. «Superate le prime remore – conferma Mariantonietta Piga –, Facebook ti permette di tirar fuori quello che hai ma non sai di avere. Il dibattito è sempre aperto, il clima frizzante e persino molto intelligente. In una comunità virtuale si supera anche la diffidenza» chiude. «Anche se magari quello su Facebook è un sardo parlato male, pieno di errori» aggiunge il padre, Giovanni Piga. Poeta e narratore nugoresu, nato nel 1940, autore di una indimenticabile raccolta di liriche, “Frunzas” (2003), oramai pronto a dare alle stampe una nuova raccolta e un romanzo. Lui, il gioiellino di Zuckerberg lo usa «pro su pacu chi mi servit», ma riconosce che «è sicuramente un mezzo che attira i giovani, perciò può fare soltanto del bene a sa limba nostra». La piattaforma. Con un potenziale che supera radio e televisioni messe insieme. Lo sostiene Francesco Merche, nugoresu de ratza de Oroteddi, nato a Oniferi nel 1944, precursore delle tv private, il primo in Sardegna ad aver mandato in onda un telegiornale in sardo, alla fine degli anni Ottanta. Merche era allora direttore di Telesardegna. Ora conduce una trasmissione radiofonica, Oje in Sardigna, 55 interviste già trasmesse delle 88 previste, su Radio Nuoro Centrale. «La comunicazione in sardo su Facebook ha un’aria di modernità che fa superare ogni scoglio, che zittisce anche sor malignos che dicono che il sardo vero ormai non lo sa parlare più nessuno». «Certo – attacca Diego Corraine –, se anche la piattaforma Facebook, ora in 80 lingue, fosse in sardo non sarebbe mica male… ». La consapevolezza. «A dire il vero, Facebook mi sembra un mezzo fin troppo facile» avverte Loredana Rosenkranz, docente di Filosofia, in pensione da un anno e mezzo. Sessanta due anni, sassarese con chiara ascendenza austriaca, madre di Sassari, nonni campidanesi, è molto critica nei confronti di Facebook tanto da tenersene alla larga. «Non è affatto “democratico” – sostiene –, è uno strumento a “sovranità limitata”, inconsapevole per molte persone che ci giocano dentro… preferisco giri più ristretti, la mail list va benissimo». Questione di principi. Eppure lei stessa, Rosenkranz, spesso coinvolta nella progettazione scaturita dopo la legge regionale 26 del ’97, è la prima a riconoscere che Facebook può essere un mezzo per “salvare” la limba. «L’importante è esserne consapevoli» sottolinea. E subito precisa: «Anche se per scrivere in sardo ci sono tante altre opportunità, per esempio i blog… ». Twitter. Blog e siti interamente in sardo, del resto, ce ne sono parecchi e da parecchio tempo. Ma Facebook è altra cosa. Come altra cosa è Twitter, immediatissimo ma con spazi molto ristretti. A proposito: come si può tradurre Twitter in sardo? Semplice: «Ciu-Ciu, come cinguettio», dice Mario Antìogu Sanna dopo una veloce consultazione dei bocabolarios e mentre da Bosa si prepara a mandare in onda Diariu sardu, su Radio Planargia. ©RIPRODUZIONE RISERVATA

 

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