CONCETTI INDISPENSABILI PER L’APPLICAZIONE DEL FEDERALISMO. Una proposta per la Sardegna (in 8 tesi), di Gianfranco Contu

Il saggio è stato pubblicato nel libro “L’ora dei Sardi”, ediz. Fondazione Sardinia, Cagliari, 1999, pag. 65 ss.

  1. 1. Le due sconfitte storiche del federalismo italiano (1860) – (1947) e il pericolo di una terza sconfitta.

 

Quando E. Lussu, con il suo memorabile intervento del maggio 1947 all’assemblea costituente, combatteva la sua disperata battaglia per il fede­ralismo (pressoché isolato), era perfettamente conscio che il suo sforzo combattivo – sostenuto da uno sparuto gruppo di deputati azionisti e sar­disti – era perduto in partenza; intuiva cioè che si stava consumando la seconda sconfitta storica dell’idea federalista: la prima sconfitta fu subita nel periodo risorgimentale, fra il 1850 e il 1860, quando gli ideali di Cattaneo, di Ferrari (e quindi anche di Asproni e di Tuveri) vennero sacri­ficati sull’ altare di una unificazione italiana realizzata su basi unitarie e monarchiche (gli stessi seguaci di Mazzini, repubblicani e unitari, contri­buirono inconsciamente a questo nefasto risultato).

Ciononostante, Lussu era convinto che fosse necessario battersi egual­mente, se non altro per poter ripiegare su un progetto di autonomie regio­nali, le più avanzate possibili.

 

2. I termini di un vero e moderno federalismo, come lo concepiva Lussu e come si dovrebbe oggi concepire.

 

Per Lussu (e quindi per gli azionisti e per i sardisti), il federalismo dovrebbe essere uno strumento per la ricostruzione dello Stato; in uno Stato federale dovrebbe esistere un sano e giusto equilibrio fra i poteri riservati al centro federale e quelli riservati agli enti federati. Soprattutto con Lussu viene chiarita in modo categorico la fondamentale distinzione fra l’autonomia(intesa come decentramento di poteri e quindi, compatibi­le anche con uno Stato unitario) e il federalismo (inteso come un proces­so che si sviluppa dal basso). Un altro elemento indispensabile in uno Stato federale è la presenza, accanto a una camera dei deputati che rappre­senta i cittadini dell’intero Stato, di una seconda camera che rappresenti invece i cittadini delle singole unità federate (ad es. le regioni, o i landers in Germania) e che potrebbe essere il senato, o meglio ancora, la camera delle regioni (attualmente in Italia, il senato è un inutile doppione della camera). Lussu sfiorò questo problema, senza però approfondirlo.

 

Mancò, invece, in Lussu, la percezione di un terzo, fondamentale elemento di equilibrio tra i poteri degli enti federati e quelli del governo federale centrale: e cioè la figura di un capo dello Stato che sia eletto direttamente dal popolo e che sia garante del potere esecutivo centrale. Era questo, d’altronde, il pensiero di altri illustri padri della costituente (nonché prestigiosi esponenti del P. d’Azione), quali Leo Valiani e Piero Calamandrei.

 

3. Dopo un lungo silenzio sul federalismo (1948 – 1987), con la nascita della Lega Nord, tutti si scoprono “federalisti”.

 

Come sappiamo, prevalse nella costituente repubblicana un ordina­mento di tipo regionalista: lo Stato rimaneva sostanzialmente unitario, però veniva sancito il principio delle autonomie delle regioni e ad alcune di queste (fra CUI la Sardegna) veniva concesso uno statuto di autonomia speciale. Cosa .siano state queste autonomie speciali è noto a tutti, spe­cialmente a noi sardi.

 

.Ci fu,. poi: un lungo periodo di silenzio (durato circa 40 anni) sul fede­ralismo, il CUI termine era riferito esclusivamente a una fantomatica “unio­ne federale europeà” (il cosiddetto federalismo esterno), che era tutto anco­ra da definire. Sarà la nascita, anzi la crescita tumultuosa, del movimento leghista, verso gli anni 80, che si proclamava “federalistà’ (ma che di fede­ralista aveva ben poco, trattandosi al più di una forma confusa di “confede­ralIS~O” ai limiti del secessionismo), a provocare nel giro di pochi anni l’ac­cettazione, o meglio il diritto di cittadinanza, della tematica federalista in seno a pressoché tutte le forze politiche italiane, tradizionali o nuove. Anche In quelle, fossero di sinistra (come il P.D.S.), oppure di destra (come A.N.), che da sempre avevano .osteggiato:.nel corso storico, nell’ideologia, nei pro­grammi, negli organi di stampa, l Idea federalista.

 

 

4. Il fallimento dell’ultima bicamerale e la ricerca di nuove proposte per le riforme istituzionali (art. 139 o assemblea costituente).

 

È stato questo falso ardore federalistico, ostentato dalle grandi forze politiche, a spianare la strada recentemente ai “grandi incontri” (io la chia­merei piuttosto con il loro vero nome e cioè come l’ennesimo “compro­messo”) fra i due giganti della politica italiana – Forza Italia e il P.D.S. ­per tentare la grande avventura della nuova commissione bicamerale che avrebbe avuto, fra i compiti principali, quello di riformare le istituzioni.

Il fallimento della detta commissione (che non è caduta solo sulle tema­tiche della giustizia, ma anche su quelle istituzionali) sta a dimostrare una sola, grande verità, a parte l’inconciliabilità delle due anime contrapposte: né il P.D.S., né Forza Italia hanno una cultura federalistica; né, a parte i bei discorsi, l’hanno mai avuta in passato. A rileggere i termini del progetto federalista che stava per scaturire dalla bicamerale c’è soltanto da stupirsi: i provvedimenti varati denunciano un’impronta nettamente “statalista”, Apparentemente, sembrava che ci fosse una grossa novità nel testo propo­sto, laddove si leggeva che “tutte le competenze spettano alla regione, tran­ne le funzioni strettamente riservate alla competenza del governo centrale” . Tuttavia, l’elenco delle materie riservate allo Stato era diventata talmente ampio, da far vanificare i vantaggi della lettura precedente.

Ad esempio, ai sensi dell’art. 59 le Regioni venivano praticamente escluse dalla politica ambientale. Ma c’è di più: lo stesso art. 59, nel caso di conflitti di interessi tra Regioni e Stato, recitava testualmente che “spet­ta allo Stato la potestà legislativa per la tutela di preminente e imprescin­dibili interessi nazionali”. Il che significava che, per qualunque legge (in caso di conflitto), lo Stato può pretendere una simile tutela, ma ”l’abor­to” giuridico-istituzionale più grave, che stava per scaturire dalla bicame­rale, è stato quello di ignorare un elemento – cardine (presente in tutti gli stati federali), quello cioè della seconda camera (in Italia, il senato) che doveva essere trasformata in camera delle regioni. Ebbene, il senato veni­va mantenuto tale e quale (come un inutile doppione), mentre veniva creata una sorta di terza camera non ben precisata, chiamata “commissio­ne delle autonomie territoriali”, senza poteri direzionali, ma solo consulti­vi sugli atti delle regioni.

Per fortuna, e non entriamo nel merito delle cause che ne hanno pro­vocato il fallimento, la bicamerale è finita e già si cercano nuove soluzio­ni. Non può essere una soluzione, a mio parere, il ricorso all’art. 139 della vigentecostituzione perché riporterebbe il problema all’esame dell’attua­le parlamento, ricreando lo stesso clima di incomprensione diincomunicabilità che hanno condotto al fal1imento del1a bicamerale.

 

La soluzione, sempre a mio parere, sarebbe quel1a di una nuova assem­blea costituente ristretta, eletta ex-novo con il sistema proporzionale e, il più possibile, svincolata dagli attuali equilibri politici.

 

5. Elementi indispensabili per uno stato federale

 

A questo punto abbiamo abbastanza elementi per poter riassumere ed elencare quelli che sono i fattori irrinunciabili per la costituzione di un nuovo stato federale.

 

a) Prima di tutto: l’equilibrio dei poteri, ossia che venga stabilito con chiarezza quali debbano essere i poteri primari riservati alle Regioni e quali quelli riservati al governo centrale. È chiaro che, in uno Stato fede­rale, al governo centrale debbano essere demandati i poteri delle seguenti materie: affari esteri, difesa, moneta ed inoltre (ma soltanto in un quadro - cornicegenerale: giustizia e finanza). Tutto il resto deve rimanere alla competenza esclusiva e primaria delle Regioni. L’intervento del potere centrale in questa ultima quota deve essere eccezionale e deve essere final­mente chiaro che si intende per “preminenti interessi generali”

 

b) in secondo luogo: la Camera delle Regioni. II Senato deve essere tra­sformato puramente in Camera delle Regioni, espressione esclusiva degli enti federati e deve essere numericamente su base paritaria o quasi parita­ria. In altre parole i rappresentanti del nuovo senato della Lombardia non devono essere molto più numerosi (come accade per la Camera dei depu­tati) di quelli della Sardegna. Inoltre i compiti del nuovo Senato debbono essere differenti da quelli della Camera.

 

c) Infine: l’elezione diretta del Capo dello Stato. Presidenzialismo all’a­mericana o semipresidenzialismo alla francese?

 

Fra l’una e l’altra forma si può discutere; ciò che importa è che si crei un esecutivo forte, che serva appunto a bilanciare ancora meglio il rap­porto tra poteri regionali e poteri centrali dello Stato.

 

E non ci si venga a dire che il presidenzialismo è una scoperta o una prerogativa della destra e che quindi va rifiutato solo per questo. Basta rileggere le pagine di Calamandrei, di Valiani e altri illustri costituziona­listi ai tempi del1a Costituente, per convincersi che la sinistra, quel1a vera­mente democratica, antifascista, laica e liberalsocialista, non ha aspettato la nascita del M.S.1. o le scoperte di Almirante (e oggi di Fini) per pro­pugnare l’elezione diretta del Capo dello Stato.

 

6. L’Unione Federale Europea.

 

Un breve cenno all’Unione Federale Europea. Noi federalisti siamo da sempre (e non potrebbe essere diversamente) favorevoli alla Federazione Europea, però auspichiamo che questa non diventi una semplice Unione di stati che mantengono sostanzialmente le attuali prerogative sovrane (si avrebbe cioè una federazione di Stati, dove tutto rimarrebbe come prima).

Però auspichiamo anche che l’Unione non divenga neppure una sorta di super stato europeo, con tutti i difetti di un nuovo centralismo a livel­lo più alto. Bisogna quindi lavorare per limitare sempre di più la quota di sovranità dei singoli stati ed alimentare contemporaneamente e sempre di più i poteri delle Regioni e degli Enti Locali (es. i Landers), in Italia, in Francia, nel Regno Unito, in Germania, in Spagna e in tutti quegli stati candidati a entrare nell’Unione (non sarebbe male che gli stati suddetti si trasformassero – quelli che ancora non lo sono – preventivamente in Stati federali).

Soltanto con la creazione di una Unione Europea che sia Federazione trasversale delle varie regioni (o Landers, o territori autonomi, o comunità etniche) si potrà ottenere ciò che può conciliare una maggiore democra­zia dei popoli con il grande ideale del federalismo.

 

7. Una proposta della Sardegna.

 

Un’ultima riflessione riguarda la Sardegna. Il mio – e, penso, il nostro più grande disappunto – è che dalla nostra isola non sia partita una voce, una proposta sul federalismo e, addirittura, nella bicamerale non sedeva alcun sardo.

Eppure, se c’è una regione italiana che ha le carte in regola, direi anzi il diritto sacrosanto di presentare proposte per un ordinamento istituzio­nale di tipo federale, questa è proprio la Sardegna.

 

Perché solo in Sardegna si è parlato, scritto e discusso di federalismo fin dal 1920 (più di 90 anni or sono), ai tempi della carta di Macomer, quando in tutto il resto del paese era in disuso o dimenticato da almeno 60 anni, dopo la prima sconfitta della idea federalista al momento della unità d’Italia.

Quindi noi sardi abbiamo il dovere di far sentire la nostra voce e por­t~re la nostra ~rop~sta federalista allivello competente sia al parlamento, sia, come auspico, In sede di una nuova assemblea costituente.

 

Se un rinnovato ostracismo lo rendesse impossibile, ebbene allora è il momento di una Costituente sarda.

Per ragioni di spazio e di tempo non ho discusso altre due tesi: la n. 9l’inutilità di uno Statuto speciale in un vero stato federale: nei veri stati federali non esistono statuti speciali: perché non ve ne sarebbe bisogno. Infine: 10: la necessità, al contrano, di lottare per un nuovo Statuto speciale, il più avanzato possibile, come male minore, in caso di fallimento dello Stato federale. Potrebbe essere, tempo permettendo, oggetto di ulteriore dibattito.ONCETTI INDISPENSABILI PER L’APPLICAZIONE DEL FEDERALISMO.

 

Una proposta per la Sardegna (in 8 tesi)

di Gianfranco Contu

 

 

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